CHIAIA VITTORIO E NAPOLITANO MASSIMO

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CHIAIA VITTORIO E NAPOLITANO MASSIMO

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CHIAIA VITTORIO Bari gennaio 1927 – 2008
NAPOLITNO MASSIMO 1922 – 2004

Insieme hanno firmato diverse importanti opere a seguito di concorsi nazionale ed internazionali, lasciando da protagonisti in Bari segni evidenti degli aspetti più evoluti dell’urbanistica del quartiere murattiano nel secondo dopoguerra

Pochi mesi prima di morire ha donato la sua biblioteca di 15 mila volumi al Politecnico ed il suo archivio di disegni e manoscritti all’Archivio di Stato di Bari.
Pur avendo firmato diverse importanti opere a seguito di concorsi nazionali ed internazionali è sempre stato molto legato a Bari, lasciando il segno più evidente del suo lavoro.
Con l’ingegnere Massimo Napolitano, con il quale condivideva lo studio, ha firmato i lavori più importanti: la filiale barese del Monte dei Paschi di Siena, in via Nicolò dell’Arca, la sede dell’Enel in via Crisanzio, costruzione sollevata dal suolo, che sembre sospesa in aria, il condominio di acciaio, alluminio e vetro all’angolo fra via Sparano e corso Vittorio Emanuele, la villa di Logroscino in viale Salandra.Chiaia è stato sperimentatore di materiali nuovi, come i pannelli di acciaio ceramicato.
Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano possono definirsi i protagonisti degli aspetti più evoluti dell’urbanistica del quartiere murattiano nel secondo dopoguerra barese. I loro interventi sono stati ricchi di elementi di alta qualità ben lontano dai comuni canoni di edilizia abitativa dell’epoca. Con questi caratteri distintivi hanno firmato edifici condominiali, ville, stabilimenti industriali, edifici pubblici, insediamenti turistici, spaziando dall’arredo alla pianificazione con rigore razionalista e applicazione tecnologica innovativa.

 

È il 1954 quando i due esperti, dopo un periodo di ricerche negli Stati Uniti, tornano in Italia e aprono uno studio in via Melo 71. La loro idea è di dar forma alle nozioni apprese da due mostri sacri della materia come Richard Buckminster Fuller e Frank Lloyd Wright.Notizia pubblicata sul

Nei decenni successivi gli “americani di Bari”, così come vengono definiti dall’intellettuale romano Bruno Zevi, lasciano così la loro impronta su 35 costruzioni. Utilizzano artifici innovativi come il “curtain wall”, una struttura di alluminio che sorregge grandi vetrate, lasciando intravedere gli interni. Ma non trascurano la tradizione, impiegando grossi blocchi di pietra pugliese e ricorrendo a mosaici e pitture per decorare le balconate.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.
Oggi, con l’aiuto di alcune pubblicazioni quali “Costruire il moderno – l’architettura di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano” a cura di Antonella Calderazzi e “Lo studio di Chiaia e Napolitano a Bari” di Mauro Scionti, siamo andati a riscoprire i loro capolavori.
La nostra passeggiata parte al confine tra i quartieri Murat e Libertà e precisamente all’incrocio tra via Calefati e via Quintino Sella. Qui sorge Palazzo Dioguardi, inconfondibile grazie ai vistosi pannelli di cemento che ne rivestono le facciate. Dall’aspetto sobrio, quasi austero, è caratterizzato da scalanature che ne solcano anche i balconi, creando un elegante gioco di chiaroscuro.Notizia p
Ci spostiamo quindi su corso Vittorio Emanuele per ammirare all’incrocio con via Sparano Palazzo Borea, eretto nel 1961. Presente livelli con diversa destinazione d’uso, ciascuno dei quali segnalati da precisi dettagli: al piano terra ci sono vetrine a tutta altezza, negli altri due spicca l’assenza di loggiati per gli uffici e nei restanti sei, quelli residenziali, i loggiati si alternano con finestrature a filo. Il tutto comunque regala una generale sensazione di compattezza.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà.

Nel rione Murat non passa inosservato neanche Palazzo Vitti, situato in via Melo ad angolo con via Calefati: del resto è questo l’immobile che accoglieva lo studio dei due architetti. Costruito nel 1967, è il risultato di una sostituzione edilizia accompagnata da un aumento delle volumetrie. pubblicata sul
Il basamento, di ordine gigante, è contraddistinto da ampie vetrate che circondano sia il piano terra, a uso commerciale, sia il primo livello senza balconi, dedicato agli uffici. Sulla sommità spuntano poi due attici, entrambi definiti da un parapetto cieco e continuo, sostenuto da travi strutturali ed estradossate. Quello inferiore è aggettante rispetto alla sagoma sottostante, mentre quello superiore è più arretrato ed invisibile.

Migriamo quindi in corso Cavour, dove ad angolo con via Principe Amedeo si staglia Palazzo Brunetti. Anche in questo caso i vari utilizzi dei piani sono segnalati da appositi dettagli. Al livello stradale figurano vetrine a tutta luce, mentre i due immediatamente superiori si presentano come un blocco unico, discretamente aggettante, la cui superficie è trattata per intero a curtain wall. Balzano all’occhio in particolare le lastre rossicce porcellanate poste appena sotto le finestre. 0

Ci avviciniamo alla Stazione centrale. Stavolta siamo in via Nicolò Dell’Arca, lì dove al civico 21 insiste l’appariscente stabile del Monte dei Paschi di Siena: un trionfo del curtain wall, con un efficace gioco di riflessi creato dal reticolo di montanti in alluminio e cristalli viscromo di colore blu.

Non lontano si trova il singolare fabbricato della Società generale pugliese dell’elettricità, poi passato all’Enel e attuale sede del Dipartimento di formazione, psicologia e comunicazione: sorge in via Crisanzio, ad angolo con via Suppa, di fronte alla facoltà di Giurisprudenza. Progettato nel 1957, è stato il primo esempio nell’Italia meridionale di edificio con facciate a courtain walls, anticorodal e lamierino porcellanato rosso. Pare quasi sospeso, grazie al pronunciato aggetto del piano terra.

Lasciamo il quartiere Murat e approdiamo a Carrassi. Alla fine di via Falcone e Borsellino, lo stradone che collega Parco 2 Giugno con la zona delle casermette, sono visibili le casette a schiera Vilella.Notizia pubblicata sul portale e di sua proprietà.

Qui i due progettisti hanno dimostrato di saperci fare anche con le costruzioni meno imponenti. Munite di due giardini, uno antistante e uno retrostante il portone, le abitazioni sono ingentilite da parapetti in vetro camera, rivestimenti dei marcapiani in alluminio e plafonature delle doghe color rame. La recinzione è composta da pannelli prefabbricati di cemento, bucati allo scopo di far penetrare il verde delle piante.
proprietà.

Concludiamo il nostro viaggio con il primo degli edifici ecclesiastici ideato dal duo: la parrocchia di San Ciro, in piazzale Pugliese, nel periferico rione Mungivacca. Il luogo di culto, creato nel 1954, è formato da due blocchi bianchi adiacenti, uno destinato a torre campanaria e l’altro a ufficio parrocchiale. Una sporgente tettoia rossiccia, sostenuta da due esili pilatri, sovrasta l’ingresso del sito, mentre uno dei lati risulta appositamente segmentato per permettere l’illuminazione naturale dell’aula ecclesiale.

https://www.barilive.it/news/cultura/63210/vittorio-chiaia-e-massimo-napolitano-gli-americani-di-bari/..

Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano: gli “Americani” di Bari

“Costruire il moderno” parte mercoledì 13 gennaio ore 18.00 presso l’Archivio di Stato Archivio di Stato

CULTURA Bari martedì 12 gennaio 2010
di La redazione
Mezzo secolo di architettura in Puglia: l’attività dello studio di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano dal 1954 al 2001 ha segnato in maniera indelebile la cultura della progettazione non solo a Bari, ma nell’intera regione. Ora una mostra apre al pubblico il ricco archivio degli architetti offrendo una selezione del fondo donato dagli eredi di Chiaia all’Archivio di Stato di Bari.

“Costruire il moderno”: così si intitola la mostra, organizzata da Banca Popolare di Bari e Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari, che si apre mercoledì 13 gennaio alle ore 18, presso l’Archivio di Stato in via Pietro Oreste (fino al 25 gennaio).
All’incontro inaugurale, introdotto dalla curatrice della mostra Antonella Calderazzi e dal critico d’architettura Nicola Signorile, interviene il rettore dell’Università Iuav di Venezia, Amerigo Restucci.

Attraverso le fotografie originali, le tavole tecniche, i plastici, gli schizzi e gli acquerelli, la mostra ricostruisce una vicenda complessa ed entusiasmante, nella scansione non cronologica dei progetti, ma proponendo una rassegna dall’ampio raggio d’azione: dall’edilizia residenziale a quella industriale, dall’arredamento all’architettura religiosa, dal turismo alla sanità, alla scuola, alla pianificazione urbanistica.

Accanto alle realizzazioni più note e ammirate da critici come Bruno Zevi che definì Chiaia e Napolitano “gli americani di Bari” – il palazzo dell’Enel a Bari (1957), l’hotel il Faro a Pugnochiuso (1963), la chiesa della Madonna dello Sterpeto a Barletta (1972), la Questura di Foggia (1980) – il visitatore potrà vedere con sorpresa cose meno note come l’arredamento del ristorante del transatlantico Michelangelo (1963) o addirittura inedite, perché mai realizzate, come il palazzo Guaccero, sulla Muraglia di Bari (1971) o il tribunale di Lecce (1962) o la sistemazione di piazza del Ferrarese (1961).
Il sodalizio tra Chiaia e Napolitano – rafforzato da vincoli familiari – inizia a Napoli: in quella scuola d’architettura, che è nel dopoguerra una postazione avanzata del Funzionalismo, si formano entrambi all’Università Federico II. Massimo Napolitano sarà anche giovane docente, mentre Vittorio Chiaia vola in America, dove conosce Gropius, Mies van der Rohe e frequenta Frank Lloyd Wright.

Nella produzione dello studio si riflettono i grandi dibattiti dell’architettura del secondo Novecento, il passaggio dal Razionalismo all’International Style, la crisi del Movimento Moderno e l’opzione organicista, la contraddittoria stagione del Neorealismo che lascia traccia di sé nei concorsi Ina Casa e soprattutto nel progetto della chiesa di San Ciro nella borgata operaia di Mungivacca (1959).

Strettamente intrecciato con l’attività professionale è l’impegno accademico di Vittorio Chiaia, alla guida della disciplina della Composizione architettonica nella facoltà barese di Ingegneria. Anche di questo aspetto c’è testimonianza nella mostra, con l’esposizione di alcune tesi di laurea e dei plastici delle opere dei maestri realizzati nel corso universitario.
Il lavoro, intenso e colto, si conclude con la scomparsa di Chiaia il 6 luglio 2003 e, meno di un anno dopo, di Napolitano (19 marzo 2004).

https://www.ambienteambienti.com/costruire-il-moderno/..

Costruire il moderno

Pubblicato il 22 Gennaio 2010 By Alessandra In AMBIENTI, Urbanistica

Il grande critico e storico dell’architettura Bruno Zevi li definì “i due americani di Bari”. Qualcun altro ha detto di loro che sono stati gli artefici di un’architettura e di una civiltà urbana declinata al futuro anteriore.
Ma una cosa è certa: Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano, con il loro sodalizio professionale durato quasi cinquant’anni, hanno segnato in maniera indelebile la cultura della progettazione architettonica non solo a Bari, ma in tutta la Puglia.
Ora, a pochi anni di distanza dalla scomparsa dei due grandi architetti, una mostra presso l’Archivio di Stato di Bari offre al pubblico la possibilità di intraprendere un percorso inedito ed affascinante tra le carte e i disegni dello studio da loro condiviso dal 1954 al 2001, generosamente donati dagli eredi di Chiaia al Politecnico di Bari e allo stesso Archivio di Stato.
La mostra – promossa dalla Banca Popolare di Bari e dal Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari, sotto l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica – si intitola significativamente Costruire il moderno. Un titolo che allude alla complessa storia di Chiaia e Napolitano, che seppero sapientemente intrecciare attività professionale, lavoro didattico, ricerca scientifica ed impegno politico e civile.
Nella produzione dello studio si riflettono, infatti, i grandi dibattiti dell’architettura del secondo Novecento: l’epoca aurea del Funzionalismo, il passaggio dal Razionalismo all’International Style, la crisi del Movimento Moderno e l’opzione organicista, la contraddittoria stagione del Neorealismo. Mezzo secolo di architettura torna a rivivere attraverso le fotografie originali, le tavole tecniche, i plastici, gli schizzi e gli acquerelli che compongono la mostra, proponendo una rassegna a 360 gradi dell’ampio raggio di attività della coppia.

I progetti e le realizzazioni dello studio Chiaia-Napolitano spaziano, infatti, dall’edilizia residenziale a quella industriale, dall’arredamento all’architettura religiosa, dal turismo alla sanità, alla scuola, passando per esperienze esemplari di progettazione urbanistica. E non mancano neppure significative testimonianze dell’impegno accademico di Vittorio Chiaia, per svariati anni docente di Composizione architettonica presso la Facoltà barese di Ingegneria, attraverso l’esposizione di alcune tesi di laurea da lui seguite e dei plastici realizzati dagli allievi nell’ambito del corso universitario.
Così accanto alle realizzazioni più conosciute e ammirate dai critici, come il palazzo dell’Enel a Bari (1957), l’hotel Il Faro a Pugnochiuso (1963), la chiesa della Madonna dello Sterpeto a Barletta (1972) e la Questura di Foggia (1980), l’esposizione organizzata all’Archivio di Stato accompagna il visitatore alla scoperta di progetti meno noti, tra cui l’arredamento disegnato nel 1963 per il ristorante del transatlantico Michelangelo e i bozzetti realizzati per il concorso Ina Casa e per la costruzione della chiesa di San Ciro nella borgata operaia di Mungivacca (1959). Comprese alcune opere del tutto inedite, perché mai realizzate, come il palazzo Guaccero sulla Muraglia di Bari (1971), il Tribunale di Lecce (1962) o la sistemazione pensata nel 1961 dai due architetti per Piazza del Ferrarese.

La mostra – inaugurata lo scorso 13 gennaio alla presenza delle autorità e visitata in forma privata dal Presidente Giorgio Napolitano, fratello del grande architetto scomparso nel 2004 – resterà all’Archivio di Stato fino a lunedì 25 gennaio e successivamente sarà trasferita presso il Politecnico di Bari, come contributo prezioso per la formazione civile e professionale degli studenti della Facoltà barese, che molto hanno da imparare da questi due grandi maestri dell’architettura e dell’urbanistica pugliese.

http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2003/07/07/Cronaca/ARCHITETTI-ADDIO-A-VITTORIO-CHIAIA/..

ARCHITETTI: ADDIO A VITTORIO CHIAIA, PROGETTO’ PUNTA PEROTTI ALFIERE DEL MOVIMENTO MODERNO – AVEVA 81 ANNI

Roma, 7 lug. – (Adnkronos) – L’architetto Vittorio Chiaia, alfiere del Movimento Moderno e poi dell’International Style, e’ morto a Bari all’eta’ di 81 anni. I funerali si sono svolti oggi nella cappella del Politecnico. Era nato a Bari il 27 gennaio 1927. Pochi mesi fa aveva donato la sua biblioteca di 15mila volumi al Politecnico e il suo archivio di disegni e manoscritti all’Archivio di Stato di Bari.
Pur partecipando a numerosi concorsi nazionali e internazionali, e’ a Bari che Chiaia ha lasciato il segno piu’ forte del suo lavoro. La costruzione di villa Logroscino, in viale Scipione l’Africano, nel 1956 divise la critica nazionale. Chiaia ha difeso strenuamente Punta Perotti, che porta la sua firma e quella dell’ingegner Massimo Napolitano, con il quale condivideva lo studio: si tratta del complesso residenziale di 300mila metri cubi di cemento sul lungomare di Bari che e’ stato ribattezato ‘ecomostro’.
Chiaia ha dato vita con Napolitano ai suoi lavori piu’ importanti: la filiale barese del Monte dei Paschi di Siena, in via Niccolo’ dell’Arca, la sede dell’Enel in via Crisanzio, costruzione sollevata dal suolo, che pare rimanga sospesa in aria, il condominio di acciaio, alluminio e vetro all’angolo fra via Sparano e corso Vittorio Emanuele, che fronteggia il palazzo dei Conti Sabini. Chiaia e’ stato sperimentatore di materiali nuovi, come i pannelli di acciaio ceramicato.

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/03/21/napolitano-architettura-come-storia.html

Napolitano, l’ architettura come Storia

82 anni l’ architetto Massimo Napolitano, uno dei massimi professionisti baresi (pur essendo napoletano: è fratello dell’ ex ministro). L’ architetto Dario Morelli ha tracciato un ricordo per “Repubblica”. dario morelli

Ho da poco dato l’ ultimo “saluto” a Massimo Napolitano. Non è certamente inadeguato il termine “Storia” per descrivere le sue esperienze professionali nella città di Bari. Lo studio Chiaia-Napolitano ha rappresentato nel processo di sviluppo della Bari moderna l’ affermazione e la realizzazione dell’ Architettura. Termine nuovo e inesplorato in una città che negli anni Sessanta e Settanta è stata letteralmente devastata da uno sviluppo residenziale disordinato ed improntato al massimo profitto, al di fuori di una qualità edilizia ed urbana, già presente nella città storica, ma poco coniugabile con i meccanismi economici che hanno supportato le espansioni oltre la ferrovia e le sostituzioni edilizie nel murattiano.
In questo clima di “corsa all’ oro” costruttori, ed ancor più grave, professionisti, hanno con grande superficialità percorso le strade della speculazione e dell’ edilizia di basso livello in ragione di una domanda insoddisfatta di abitazioni che consentivano scorciatoie al complesso e delicato percorso della qualità architettonica. Percorso, che al contrario, nel lavoro di Massimo Napolitano è sempre stato presente.
In soluzioni compositive innovative sia negli aspetti tipologici che nella ricerca di materiali e delle soluzioni tecniche. L’ alto livello qualitativo dei lavori e delle opere dello studio Chiaia Napolitano è immediatamente riconoscibile e identificabile e lo è ancor di più se è rapportato al contesto e al clima nel quale si è sviluppato.
Attraverso le loro opere si è ridato dignità ad un termine Architettura che sembrava dovesse essere riferito solo al passato.
DARIO MORELLI 21 marzo 2004

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