FIORE TOMMASO

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FIORE TOMMASO

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Scrittore e politico con una attenzione, nei suoi scritti, alle condizioni dei pugliesi e meridionali.

Nacque ad Altamura (Bari) da Vincenzo, capomastro, e da Francesca Battista, tessitrice. Avviato agli studi nel seminario di Conversano, manifestò presto una spiccata tendenza per gli studi letterari.
Come scrittore e politico è molto noto, soprattutto in Puglia e nella sua città natale per la sua particolare attenzione nei suoi studi sulle condizioni disumane dei contadini (i cosiddetti “cafoni”) pugliesi e meridionali dell’epoca.
È noto per il suo libro, “Un popolo di formiche” vincitore del Premio Viareggio.
Negli anni ’20 è stato anche sindaco della sua città natale Altamura. Durante il ventennio fascista, si oppose strenuamente al fascismo e fu per questo inviato al confino nel 1942 e incarcerato nel 1943.
Nato in una famiglia operaia, dopo studi classici presso la facoltà di Lettere, insegnò nei licei classici. Come tenace e convinto meridionalista di area socialista, con forte impegno diffuse le sue critiche, lottando per la concessione di autonomie e l’introduzione del federalismo meridionalista.
Ben presto svolse un ruolo di guida di un gruppo di giovani intellettuali, con l’impegno di cercare di migliorare le condizioni del Mezzogiorno e, in particolare, di quelle dei contadini, sottoposti allo strapotere degli agrari. Divenne sindaco di Altamura nel 1920 e fu un tenace oppositore del Fascismo, che lo portò ad essere incarcerato nel 1942 e nel 1943 per l’intensa propaganda antifascista.
Collaborò con «La Rivoluzione liberale» di Piero Gobetti e con «Quarto Stato» di Pietro Nenni e Carlo Rosselli, provvedendo anche alla pubblicazione di un programma socialista per il Mezzogiorno.
Nella strage di via Niccolò dell’Arca a Bari perdette il figlio Graziano il 28 luglio 1943.
Nel dopoguerra curò l’insegnamento di lettere latine nell’Università degli Studi di Bari e fu anche Provveditore agli Studi, accoppiando l’attività accademica con quella di scrittore.
Nel 1952 al suo volume Un popolo di formiche, edizione Laterza fu assegnato il prestigioso Premio Viareggio.
Mori a Bari il 4 giugno 1973

Pubblicazioni:
• Un popolo di formiche, Bari, Laterza, [1951], 2001;
• Il cafone all’inferno, Torino, Einaudi, 1955;
• Tommaso Fiore, diversi articoli in La Rivoluzione liberale, Torino, Energie nove.
• Tommaso Fiore, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
• Tommaso Fiore, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
• Opere di Tommaso Fiore, su Open Library, Internet Archive.
• Mostra documentario e fotografica su Tommaso Fiore, Il circolo delle formiche, su tommasofiore.it.
• Parco Letterario Formiche di Puglia dedicato a Tommaso Fiore

https://www.treccani.it/enciclopedia/tommaso-fiore_(Dizionario Biografico)/#:~:text=FIORE%2C%20Tommaso.,tendenza%20per%20gli%20studi%20letterar/..

FIORE, Tommaso

di Vito Antonio Leuzzi – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 48 (1997)

Avviato agli studi nel seminario di Conversano, manifestò presto una spiccata tendenza per gli studi letterari. Conclusi gli studi liceali, dopo una breve esperienza in un istituto religioso di Anagni, per studiarvi teologia, si iscrisse nel 1903 all’università di Pisa.
Le lezioni di G. Pascoli, seguite con estrema attenzione, e le teorie di P. Gori favorirono l’incontro con il socialismo libertario, molto diffuso a Pisa e nella Lunigiana. Sempre durante il soggiorno pisano il suo orizzonte teorico si arricchiva con la lettura del Materialismo storico di A. Labriola e dell’Estetica di B. Croce.
Il ritorno ad Altamura nel 1907 coincise con una fase particolarmente intensa delle lotte contadine. L’intervento nella vita politica locale. dominata dalle logiche trasformistiche del giolittismo e dallo strapotere degli agrari, non fu immediato. In questa fase fu preminente l’impegno intellettuale, che si manifestò in scritti d’occasione e in interventi sistematici sulla rubrica “cronache di prosa” della Rassegna pugliese. Particolarmente rilevante è la riflessione sul pensiero di Tolstoj per l’intreccio di razionalismo cristiano, di socialismo umanitario e di anarchismo non violento che il F. non mancò di evidenziare (Lo sviluppo del pensiero di Tolstoj, in Rassegna pugliese, XXVII [1910], pp. 408-416), temi essenziali per la comprensione della sua formazione morale e politica.
In tale amibito venivano a delinearsi le prime esperienze nella vita politica locale. Nel 1913, dalle colonne di un giornale di Altamura, il Solco, condusse una dura polemica contro un deputato filogiolittiano in occasione delle elezioni politiche, provocando l’intervento censorio della sottoprefettura di Altamura.
L’esigenza di cambiamento postulata dal F. nei suoi primi interventi si definiva con maggior forza nella battaglia democratico-interventista, posizione che lo accomunava a G. Salvemini e ad altri intellettuali meridionali. La reazione morale contro un sistema politico in crisi, nella speranza “che la guerra sia moralizzatrice, sia liberatrice”, veniva ribadita dal F. in due articoli apparsi sulla rivista di G. Prezzolini (La Voce, edizione politica, 22 giugno e 22 luglio 1915).
Partito per il fronte nel 1916, egli fissava l’esperienza della trincea in due libri (Uccidi! Taccuino di una recluta, Torino 1924; Eroe svegliato asceta perfetto, ibid., 1924); il primo era stato pubblicato a puntate nel 1918 sulla rivista Humanitas di P. Delfino Pesce.
Al ritorno a casa nel marzo del 1919 il F. riprendeva la lotta politica, schierandosi a fianco dei reduci, che manifestavano la loro rabbia per le cattive condizioni di vita e contro i soprusi delle cricche di potere locali. Uno dei primi scritti di questa esperienza politica apparve sull’Unità di Salvemini nel 1919 (ora raccolto nel volume Incendio al Municipio, Manduria 1962). Il F. intuì la carica antagonistica insita nel movimento combattentistico, che poteva essere indirizzata in una prospettiva di trasformazione democratica. In questo contesto nelle elezioni del 1919 appoggiò la candidatura di Salvemini, e significativa fu la sua esperienza di sindaco di Altamura (era stato eletto sull’onda di una grande mobilitazione popolare), dal 1920 al 1922, e di consigliere provinciale di Bari.
Nel 1923 il F. iniziava la collaborazione alla Rivoluzione liberale di P. Gobetti sul terreno dell’analisi del Mezzogiorno e del fascismo con una serie di articoli. Egli coglieva lucidamente i nessi tra giolittismo e fascismo, spiegando al contempo l’adesione passiva del Mezzogiorno alla nuova situazione con “la speranza di cambiare padrone”. La sua attività pubblicistica s’infittì in questo periodo. Pubblicava, infatti, su Critica politica e su Humanitas numerosi articoli, in cui analizzava compiutamente il fascismo, considerato espressione della reazione autoritaria ed antioperaia (si veda Subito dopo la marcia su Roma. Il fascismo ed il nazionalismo in Puglia, in Critica politica, 25 genn. 1923).
La sua preoccupazione costante era comunque rivolta alla questione meridionale, che con l’avvento del regime veniva ad aggravarsi. La necessità di salvare il Mezzogiorno, di rompere con il vecchio Stato accentrato, rivalutando la riflessione di C. Cattaneo sul federalismo (Ritorniamo a Cattaneo, in Humanitas, 4 febbr. 1923, ora in Incendio al Municipio), coincideva con la battaglia antiautoritaria.
Dopo l’omicidio di G. Matteotti il F. si avvicinò al Partito socialista unitario, intensificando i rapporti con Gobetti e moltiplicando l’attività giornalistica e politica. Per la sua attività antifascista ed in seguito ad una perquisizione con sequestro di materiale propagandistico, il prefetto di Bari chiedeva il suo allontanamento dall’insegnamento (Arch. centrale dello Stato, Casellario pol. centrale, Fiore 1076).
Sempre nel 1924 il F. dava inizio alla stesura delle prime lettere (pubblicate nel 1925) destinate alla Rivoluzione liberale di Gobetti; le ultime due furono pubblicate, dopo la soppressione della rivista, nel 1926, su Conscientia, che era diretta da G. Gangale (riunite successivamente nel volume Un popolo di formiche, Uterza 1951).
Sempre nel 1924 il F. dava luogo alla compilazione di un sussidiario di cultura regionale, pubblicato in due edizioni a distanza di un anno (Arsa Puglia, Palermo 1925; nella seconda mutava il titolo in Puglia laboriosa). Nel volume, che contiene un notevole materiale folclorico (liriche, proverbi, racconti), la rappresentazione della condizione contadina viene ad assumere un taglio esplicitamente letterario, con un’attenzione alle diverse forme di rappresentazione del mondo proprie del ceto rurale, per certi aspetti simile a quella tendenza emologico-antropologica pienamente delineatasi nelle ricerche di E. De Martino nel secondo dopoguerra.
Il F. partecipò nel 1926 all’intenso dibattito avviato dalla rivista Quarto Stato, fondata da C. Rosselli e P. Nenni, con un articolo a commento del libro di G. Dorso La rivoluzione meridionale, con proposte sul processo di unificazione delle forze socialiste e con interventi sui fondamenti teorici del socialismo (ora raccolti da D. Zucàro, Il Quarto Stato di Nenni e Rosselli, Milano 1977).
Il suo meridionalismo giungeva a maturazione in questo periodo. Il F. condivideva la scelta liberista ed anticentralista di Dorso, ma al contempo recuperava le posizioni di Salvemini con un apporto autonomo ed originale. Le possibilità di lotta al fascismo e di costruzione di una prospettiva democratico-socialista erano legate alla formazione di un nuovo blocco sociale, non limitato all’alleanza “contadini-operai”, ma comprendente fasce di piccoli produttori della campagna e della città.
Il F. svolse inoltre un’intensa azione di raccordo tra le forze intellettuali meridionali (Dorso, A. Lucarelli, G. Carano Donvito), indicando con forza a Gobetti e Rosselli la necessità di una nuova riflessione sul Mezzogiorno. Negli anni Trenta, costantemente sottoposto a controlli di polizia, riprese a coltivare l’originario interesse per gli studi classici, pubblicando su una rivista che annoverava tra i suoi collaboratori B. Croce e N. Sapegno un articolo sulla quarta ecloga di Virgilio (Il Baretti, n. 9., settembre 1928). Due anni dopo completava il suo studio con la pubblicazione La poesia di Virgilio, Bari 1930.
La sua tesi interpretativa, accolta favorevolmente dalla critica non asservita al regime, poneva l’accento sulla indipendenza della poesia di Virgilio dal potere politico, costituendo – secondo il Rostagni – una delle riflessioni più rigorose ed approfondite sull’opera del poeta latino.
L’operosità culturale del F., che si era trasferito nel 1928 con la famiglia a Bari, si svolgeva nell’insegnamento liceale (ottenne nel 1937 la cattedra di latino e greco al liceo classico di Molfetta) e nella collaborazione con la casa editrice Laterza.
Contribuì alla conoscenza e diffusione del pensiero pedagogico di B. Russell con la traduzione del saggio L’educazione dei nostri figli (Bari 1934), evidenziando nella presentazione al volume gli aspetti antiautoritari e libertari del pensatore inglese. Sempre nello stesso periodo tradusse l’Ethica di B. Spinoza (Bari 1934) e lo Studio su Virgilio di C.A. Sainte-Beuve, preceduto da un’ampia disamina della cultura francese dell’Ottocento. Curò e tradusse l’Aesthetica di A.G. Baumgarten (Bari 1936), pubblicata dall’editore Laterza per il settantesimo compleanno di Croce.
L’attività di ricerca del F. si arricchiva in questi anni con un saggio su T. Moro a prefazione della traduzione di Utopia (Bari 1942) e con una interessante introduzione all’erasmiano Elogio della pazzia (Torino 1943). Negli ultimi due lavori il F. insisteva sul carattere critico-razionale della teologia di Moro ed Erasmo, considerati nell’ambito dei pensiero cattolico e collocati nel contesto più ampio della cultura italiana ed europea del Quattro-Cinquecento.
La revisione delle posizioni liberalmoderate di B. Croce, con il quale conservò sempre uno stretto legame di amicizia, e la ridefinizione del pensiero socialista su nuove basi (divenne uno dei primi teorici del liberalsocialismo: Catechismo liberal-socialista del Partito d’azione, Putignano 1945) spinsero il F. a ristabilire con più forza i collegamenti con A. Capitini, G. Calogero, L. Ginzburg, A. Monti, G. Dorso e con gli esponenti più noti del movimento “Giustizia e libertà”. La febbrile opera di propaganda antifascista ed i frequenti incontri politico-culturali nei diversi comuni della Puglia determinarono l’intervento dell’OVRA (anche la sua famiglia fu colpita dalla repressione con il fermo e l’arresto dei tre figli) e la conseguente condanna al confino (Arch. centrale dello Stato, Casell. pol. centr., Fiore 2074), da cui fu liberato dopo alcuni mesi. Poco prima della caduta del regime il F. fu nuovamente arrestato e rinchiuso nel carcere di Bari assieme a G. Calogero, G. De Ruggero, M. Cifarelli e altri esponenti dei movimento liberalsocialista barese. La sua scarcerazione avvenne il 28 luglio 1943; nello stesso giorno ricevette la dolorosa notizia della morte del figlio Graziano, ucciso dalla polizia nel corso di una manifestazione pacifica per la scarcerazione dei prigionieri politici.
Dopo il 25 luglio 1943 il F. rappresentò un punto di riferimento per la ripresa della vita politica, civile e culturale dell’intera regione. In prima linea nella lotta per il ripristino della libertà di stampa, contro i tentativi trasformistici messi in atto dalla monarchia e dal governo Badoglio per impedire ai partiti dei Comitato di liberazione nazionale di svolgere un ruolo autonomo, il F. divenne uno dei protagonisti di una vivace esperienza politica nel Partito d’azione. Fu uno dei promotori del primo congresso dei Comitati di liberazione nazionale dell’Italia libera (Bari, gennaio 1944), in cui svolse una relazione che denunciava la collusione della monarchia con il fascismo (O. Valentino – C. Bonanno, Atti del I Congresso dei Comitati di liberazione nazionale, Bari 1944).
Nominato provveditore agli studi di Bari nel 1944, il F. s’impegnò a fondo nel processo dì rinnovamento e defascistizzazione della scuola e della società contro il disegno di restaurazione autoritario delle forze monarchico-badogliane (I partiti della libertà contro il trasformismo politico, Trani 1945). Fu deciso assertore della ripresa della battaglia meridionalistica (Una soluzione dei problemi del Mezzogiorno, Trani 1944), con numerosi interventi sulla stampa nazionale (L’Italia libera, Il Paese, Il Lavoro, Il Mondo, L’Avanti) e meridionale (Italia del popolo, Nuovo Risorgimento, La Voce, La Gazzetta del Mezzogiorno). Non meno rilevante fu la battaglia che condusse per l’autonomia della cultura laica. Collaborò alla rivista diretta da L. Pepe Quaderni di protesta laica, con un interessante scritto sulla figura di Guido Dorso, Manduria 1949.
Dal 1946 al 1954 il F. occupò la cattedra di letteratura latina presso il corso di lingua e letteratura straniera della facoltà di economia e commercio dell’università di Bari, pubblicando le sue lezioni sotto forma di dispense (L’Ovidio, Bari 1948; Virgilio prima delle Ecloghe, Bari 1950; ora raccolti in volume a cura di P. Fedeli, Tommaso Fiore dal Virgilio minore alla poesia di Ovidio, Manduria 1987). Pubblicò sempre in questo periodo, dopo un paziente lavoro di esplorazione archivistica, lo scritto dell’economista settecentesco G.M. Galanti, Relazione sull’Italia meridionale, Milano 1952.
L’attività di ricerca del F. negli anni Cinquanta si aprì alla comprensione della nuova realtà europea, caratterizzata dalla guerra fredda e dalle discussioni sul socialismo reale, e raccolse le sue osservazioni di viaggio in alcuni paesi socialisti (Icorvi scherzano a Varsavia, Roma 1953; Al paese di Utopia, Bologna 1958; Sull’altra sponda, Manduria 1960). Sulla rivista Il Ponte, nell’ottobre del 1953, presentò le sue riflessioni sulle nuove condizioni di emarginazione contadina ed operaia in alcune città pugliesi (raccolte poi nel saggio Il cafone all’Inferno, Torino 1955). Le problematiche meridionalistiche rimasero al centro dei suoi interessi politici (Tesi meridionalistiche dinanzi al XXIV Congresso del PSI, Napoli 1961) e culturali.
Nel 1958, a sostegno di una coraggiosa iniziativa editoriale dedicata dall’editore Lacaita ai “contadini del Mezzogiorno”, pubblicò assieme a G. Pepe, E. Lussu, L. Russo, Nascita di uomini democratici (Manduria 1958). Nella seconda metà degli anni Cinquanta s’intensificarono i suoi interventi su riviste nazionali e locali (Il Ponte, La Ragione, Clizia, Belfagor), con articoli su P.P. Pasolini, G. Pascoli, D. Dolci, C. Levi e su temi specifici (il socialismo, il dialogo, la pace). Con Formiconi di Puglia (Bari 1963), spaccato della vita sociale, politica e culturale pugliese nell’arco di tempo 1900-1945, il F. ripercorreva la storia delle lotte per la democrazia e la libertà, riproponendo alla riflessione le nobili battaglie dei repubblicani, dei socialisti, dei comunisti, dei liberali. Alcuni anni dopo raccoglieva in una sorta di antologia ideale una serie di scritti antichi e nuovi (Terra di Pluglia e Basilicata, Cosenza 1966) e procedeva alla pubblicazione di altri lavori (Stampacchia uomo dell’Ottocento, Bari 1967; Salento antifascista, ibid. 1968; La realtà è storia, ibid. 1968).
Le ultime energie intellettuali dei F. si concentrarono attorno alla direzione della rivista Il Risveglio del Mezzogiorno (bimensile di letteratura e politica, Bari 1970-1972), costituendo un punto di riferimento e di aggregazione tra poeti meridionali. La rivista ebbe il merito di dar risalto a fenomeni culturali periferici, fornendo con viaggi-inchieste uno spaccato delle diverse realtà sociali e intellettuali presenti in alcune aree del Mezzogiorno. In quest’ambito va considerata la traduzione delle poesie di Albino Pierro (Bari 1966), che il F. ebbe il merito di proporre all’attenzione del pubblico e della critica. Nel 1970 fu protagonista della fondazione dell'”Istituto regionale pugliese per la storia dell’antifascismo e della Resistenza” con l’intento di costituire un centro di documentazione sulle lotte contadine ed operale in Puglia nel primo e nel secondo dopoguerra.
Il F. morì a Bari il 4 giugno 1973.
Fonti e Bibl.:
Il fondo Fiore della Bibl. naz. di Bari contiene il carteggio del periodo 1926-1965 e gli interventi su riviste e quotidiani nazionali e locali; la biblioteca, altre lettere, manoscritti (autobiografie) e documenti relativi all’attività politica sono custoditi nell’archivio della Bibl. prov. “G. De Genimis” di Bari.
Si veda, inoltre: A. Monti, rec. a Uccidi!, in Corriere della sera, 4 ag. 1921;
A. Rostagni, La poesia di Virgilio (rec.), in Riv. di filol. e di istruz. classica, VIII (1930), pp. 358-363;
C. Perrotta, La poesia di Virgilio (rec.), in Pegaso, II(1930), pp. 358-363;
E.N. Alfieri, La poesia di Virgilio (rec.), in La Critica, XXVIII (1930), pp. 351-354;
G. Pepe, in T. Fiore, Un popolo di formiche, Bari 1952, pp. 7-16;
A. Monti, rec. a Un popolo di formiche, in L’Unità, 30 genn. 1952;
F. De Martino, rec. a Un popolo di formiche, in Movimento operaio, V (1952), n. 3, pp. 22-23;
G. Salvemini, rec. a Un popolo di formiche, in Il Ponte, VIII (1952), pp. 1145-1148;
C. Muscetta, Elogio della pazzia meridionale, in Letteratura militante, Novara 1953, pp. 289-293 (ora in Realismo, neorealismo, controrealismo, Milano 1976, pp. 544-548);
A. Seroni, Leggere e sperimentare, Firenze 1957, pp. 196-198;
N. Sansone, rec. a Il Cafone all’Inferno, in Cronache meridionali, III (1956), n. 3, pp. 191 s.;
O. Zuccanni, Il Cafone all’Inferno, in Comunità, X (1956), pp. 53-55;
L. Basso – L. Anderlini, Le riviste di P. Gobetti, Milano 1961, pp. 503-516;
Per gli ottant’anni di T. F., Bari 1964 (scritti di C. Muscetta, A. Rostagni, G. Salvemini, A. Omodeo, P. Alatri, A. Monti, G. Pepe);
W. Mauro, Cultura e società nella narrativa meridionale, Roma 1965, pp. 231-233;
L. Tamburrano, La Capitanata nell’opera di T. F., Foggia 1965;
M. Melino, Carissimo Mario, 14 lettere di T. F., Milano 1966, pp. 8-11;
T F., n. speciale della Rassegna pugliese, II (1967), nn. 4-7;
C. Ievi, T. F., in Rassegna pugliese, II(1967), p. 517;
M. Palmieri, La Puglia di T. F., Bari 1967;
B. Marniti, T. F., in Realtà del Mezzogiorno, X (1970), pp. 75-78;
L.M. Personè, Pensatori liberi nell’Italia contemporanea, Firenze 1970, pp. 57-74;
T. Pedio, La lezione di T. F., in Rassegna Pugliese, VII (1972), pp. 27-30;
G. De Gennaro, T. F. maestro, ibid., VIII (1973), pp. 147-150;
T. F., in Cronache della Regione Puglia, a. II (1973), nn. 12-13 (inserto speciale);
G. Monno, T. F. formicone di Puglia, in Basilicata, 1975, nn. 9-10;
P. Sorrenti, T. F., in Rep. bibliografico degli scrittori pugliesi, Bari 1976, pp. 256-257;
M. Dilio, Puglia antifascista, Bari 1977, pp. 273-282;
M. Rossi Doria, in Un popolo di formiche, Roma-Bari 1978, pp. VII-XXX;
G. Galasso, T. F. nella società e nella storia del Mezzogiorno, in Basilicata, 1978, nn. 7-9, pp. 4-7;
Meridionalismo democratico e socialismo. La vicenda politica e intellettuale di T. F., Bari 1979;
F. Grassi, in T. F., scritti politici 1915-1926, Bari 1980, pp. 7-99;
G. Custodero, Due intellettuali nella provincia del Sud, Bari 1980, pp. 51 ss.;
Id., Nel Mezzogiorno tra Giolitti ed il fascismo, Bari 1982, pp. 73-81;
A. Contarino – M. Tedeschi, Dal fascismo alla Resistenza, in Letteratura italiana, diretta da C. Muscetta, LXIV, Roma-Bari 1982, pp. 108-112;
G. Dotoli, T. F.,umanista, scrittore e critico, Manduria 1986;
V. Fiore, G. Salvemini e T. F., in G. Salvemini tra politica e storia, Bari 1986, pp. 426-460;
B. Anglani, Salvemini e F., in Alla scoperta delle identità regionali, la Puglia, Torino 1987, pp. 83 P. Fedeli, in T. F. dal Virgilio minore alla poesia di Ovidio, Manduria 1987, pp. 5-7;
V. Fiore, L'”asse” Dorso – F., in G. Dorso e i problemi della società meridionale, Avellino 1989, pp. 175-200;
G. De Donato, Paradigmi meridionali, Fasano 1988, pp. 55-91;
V. Fiore, Il meridionalismo socialista, in La sinistra meridionale nel secondo dopoguerra, Napoli 1988, pp. 29-41;
A. Leone De Castris, I grandi intellettuali e lo Stato, in Storia d’Italia, La Puglia, Torino 1989, pp. 641 s.;
F. Martina, Ritratti critici di contemporanei. T. F., in Belfagor, XLV (1990), pp. 417-433;
G. Bartoli, Interpretazione sui classici della questione meridionale nel secondo dopoguerra, in La questione meridionale tra il 1943 ed il 1946, Galatina 1992, pp. 205-253.

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/422052/fiore-e-i-suoi-formiconi-cinquant-anni-fa-lanalisi-sugli-intellettuali-pugliesi.html
Fiore e i suoi «Formiconi» Cinquant’anni fa l’analisi sugli intellettuali pugliesi
di VITO ANTONIO LEUZZI

Una delle più significative ricostruzioni dell’identità storico culturale della Puglia del Novecento venne tracciata cinquant’anni fa esatti, nel dicembre del 1962, da Tommaso Fiore nel volume «Formiconi di Puglia». Vita e cultura in Puglia (1900-1945), edito dall’editore Piero Lacaita di Manduria. Erano trascorsi poco più di dieci anni dalla pubblicazione di «Un popolo di formiche», apparso nella collana Libri del tempo, ideata da Vito Laterza, che aveva ottenuto un significativo riconoscimento nazionale nel 1952 con il premio Viareggio. Tutto questo in una regione che mutava radicalmente volto, segnata da veloci trasformazioni
22 Dicembre 2012

di VITO ANTONIO LEUZZI

Una delle più significative ricostruzioni dell’identità storico culturale della Puglia del Novecento venne tracciata cinquant’anni fa esatti, nel dicembre del 1962, da Tommaso Fiore nel volume «Formiconi di Puglia». Vita e cultura in Puglia (1900-1945), edito dall’editore Piero Lacaita di Manduria. Erano trascorsi poco più di dieci anni dalla pubblicazione di «Un popolo di formiche», apparso nella collana Libri del tempo, ideata da Vito Laterza, che aveva ottenuto un significativo riconoscimento nazionale nel 1952 con il premio Viareggio. Tutto questo in una regione che mutava radicalmente volto, segnata da veloci trasformazioni: dalla caduta dell’egemonia produttiva dell’agricoltura alla presenza di massicci flussi migratori verso le grandi città del Nord Italia e dell’Europa.

L’umanista, scrittore e critico di Altamura concentrava l’attenzione sulla storia della cultura regionale, ponendo, al centro dell’analisi, il rapporto intellettuali-politica nel corso del Novecento. Quest’ultima scelta si collocava in una fase storica ricca di cambiamenti, in particolare l’ingresso dei socialisti per la prima volta in una compagine governativa (Centro-sinistra) e l’avvio dei processi di industrializzazione che, dagli inizi degli anni Sessanta investirono alcune aeree della Puglia centro- meridionale. Si avvertiva in particolare l’urgenza, per il rinnovamento dello Stato, di una larga mobilitazione culturale di cui lo scrittore era un punto di riferimento anche nazionale. Esigenza prioritaria per Fiore era quella di sostenere l’azione dal basso, assieme alla necessità di evidenziare, in modo critico, il risveglio della regione e il ruolo attivo degli intellettuali («minoranze critiche»), che svolsero un altissimo compito di elevazione etico-civile sin dagli albori del Risorgimento e in particolare nel primo Novecento.

In quest’ambito la figura e l’opera di Gaetano Salvemini rappresentavano un modello insuperato di analisi critica della realtà e di filosofia etico- civile. Ma un posto di primo piano fu riservato agli analisti del territorio, il geografo Carlo Maranelli, originario del Molise, ma «fattosi pugliese» (diresse per molti anni la Scuola superiore di studi del commercio), e gli economisti, Giovanni Carano Donvito di Gioia del Colle e il salentino Antonio De Viti De Marco, per le storiche lotte contro il protezionismo nell’età giolittiana e per aver mantenuto la schiena diritta davanti al regime.

Fiore indicò anche gli aspetti politici e culturali più importanti della Puglia del dopo fascismo tra cui il Congresso di Bari dei Comitati di Liberazione del 28 e 29 gennaio 1944 e il primo convegno di studi meridionalistici che si svolse nel dicembre di quello stesso anno anno, nel quale i grandi «Formiconi del Mezzogiorno», da Adolfo Omodeo a Guido Dorso, da Manlio Rossi Doria ad Antonio Lucarelli e Mario Assennato solo per indicarne alcuni, accesero i riflettori sulla Questione meridionale, oscurata negli anni della dittatura.

In «Formiconi» assunse rilievo il problema del rinnovamento culturale delle istituzioni educative (università e scuola) e si concentrò l’attenzione su una folta pattuglia di docenti sparsi in diversi licei della regione, impegnati in una non facile opera di formazione culturale e civile. L’elenco degli artisti, dei narratori e dei poeti che alimentavano «una nuova corrente d’aria e ad una sprovincializzazione» era ben rappresentato dal Salento, con Michele Saponaro, Aldo Vallone, Mario Marti, Vittorio Pagano, Vittorio Bodini, Francesco Lala; dalla Capitanata con Angelo Fraccacreta e Mario Simone e infine dalla Terra di Bari con Armando Perotti e il numeroso gruppo del Sottano, tra cui il figlio Vittore.

Fiore nutrì una forte fiducia nella capacità della cultura di incidere sui processi di democratizzazione ricostruendo la straordinaria attività dell’editore Giovanni Laterza e il suo rapporto con Benedetto Croce, nonché di una numerosa schiera di intellettuali che negli anni Quaranta costituirono il movimento liberal-socialista, tra cui Cesare Teofilato, Michele Cifarelli, Fabrizio Canfora, Ernesto De Martino. Tuttavia, le parole più alte e significative della coscienza civile della Puglia del Novecento furono rivolte al simbolo della lotta per l’emancipazione e la redenzione degli umili, dei cafoni: «Colui che più di tutti operò per ridurre a cittadini i selvaggi di Puglia fu Peppino Di Vittorio, che, con piena coscienza, ha fatto, per la redenzione del proletariato italiano e mondiale e per l’avanzamento di tutto il vivere civile, un dono, il maggiore forse di tutti, espresso dal suo strato più umile».

Il volume di Tommaso Fiore, accolto con entusiasmo tra le comunità degli emigrati pugliesi a Torino e a Milano, suscitò l’attenzione del giurista Alessandro Galante Garrone, figura di spicco dell’antifascismo torinese che, in una densa recensione sul quotidiano torinese la Stampa, affermò: «Così che, dalle sue pagine, viene in luce tutto un filone di dignità civile, di oscure lotte per “ridurre a cittadini i selvaggi di Puglia”»: insomma, come dice Fiore, «la faccia seria della cultura pugliese, accanto alla faccia buffa».

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