SAPONARO NICOLA

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SAPONARO NICOLA

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Bari, 8 dicembre 1935 – 24 gennaio 2015

Drammaturgo pugliese contemporaneo, radicato nella sua regione in scena per oltre mezzo secolo, con esperienze anche nazionali di notevole risonanza e livello artistico.

Nicola Saponaro nacque a Bari l’8 dicembre 1935, figlio di Giacomo Saponaro e Anna Fano, da una famiglia storicamente impegnata nel commercio di stoffe presso il magazzino allocato in via Melo.

Dopo aver conseguito la laurea in Economia e Commercio nel 1959, con una tesi su La teoria delle classi sociali nel pensiero di Wilfredo Pareto, dedicò la sua vita alla cultura ed al teatro, diventando drammaturgo, poeta e scrittore, nonché uno tra i maggiori commediografi italiani della seconda metà del Novecento. Durante la sua lunga carriera, oltre ad essere stato autore di 33 spettacoli teatrali, rappresentati in Italia e all’estero, ha prodotto una grande mole di scritti, tra cui lettere, articoli, poesie e aforismi.

La sua scrittura teatrale, calandosi nella realtà e nella cultura della sua regione, ne interpreta in pieno la dimensione imprenditoriale e commerciale, anche sulla base di una rinomata attività di famiglia.

Attivo dagli anni Sessanta nel Centro Universitario Teatrale, colleziona presto, per la sua attività di drammaturgo, una prestigiosa serie di riconoscimenti nazionali quali i Premi Marzotto (1963); Ugo Betti – medaglia d’oro del Presidente della Repubblica (1965); Riccione (1969), cui si aggiungeranno in seguito Daunia (1980) e Magna Grecia (1996).

Parallelamente, s’infittiscono le rappresentazioni, a livello nazionale, delle sue opere: Le ripetizioni (Roma 1969); La traccia (Roma 1970); I nuovi pagani (Roma 1970); Il caso di Sara T. (Catania 1971); Giorni di lotta con Di Vittorio (Bolzano 1972); Fuori i Borboni (Cosenza 1976); Rocco Scotellaro. Vita scandalosa del giovane poeta (Roma 1976); L’alba è nuova (Foggia 1978); La mafia non esiste (Roma 1984); I girovaghi (Barletta 1985); Erasmo (Verona 1988).

Negli anni Settanta-Ottanta, Saponaro viene riconosciuto, nel panorama italiano, tra le voci più significative del teatro-documento e d’impegno civile.

Diverse sono le sue presenze in ambito nazionale e internazionale con le seguenti produzioni: La fedeltà (Roma 1995); Il ventre molle (Le ventre mou) (Parigi 2000); Weekend with a killer, New York 2010 e, nel 2006, l’ideazione del progetto Il filo di seta sulla maschera di Marco Polo (per il Carnevale di Venezia dedicato alla Cina e diretto da Maurizio Scaparro).

Dagli anni Novanta in poi, s’infittisce la sua collaborazione con i gruppi teatrali pugliesi (Anonima GR, Casa di Pulcinella, Piccolo Teatro di Bari, Teatro Abeliano ecc.), rilanciando un attento e qualificato discorso sul Mezzogiorno, sulla cultura e la lingua del Sud.

Fra i molti registi che hanno lavorato sui suoi copioni e rispetto ai quali Saponaro si è sempre posto come un “poeta di compagnia” ovvero insieme come drammaturgo e Dramaturg, si ricordano, tra gli altri, Franco Molè, Romano Bernardi, Ruggero Jacobbi, Maurizio Scaparro, Bruno Cirino, Cosimo Cinieri, Mario Santella, Armando Pugliese, Augusto Zucchi, Giancarlo Nanni, Walter Manfré ecc.

Nel 2013, Saponaro ha voluto rendere fruibile il suo Archivio privato, contenente una ricca serie di documenti teatrali dal 1952 in poi, donandolo alla Teca del Mediterraneo di Bari.

I suoi testi sono stati pubblicati n varie collane e riviste. Nel 2008 la casa editrice Spirali ha pubblicato le sue Opere (commedie e aforismi)con la prefazione del Prof. Franco Perrelli dell’Università di Torino, e nel 3023 Sentieri Meridiani Edizioni di Foggia ha pubblicato le sue Nuove opere con introduzione dell’italianista Daniele Maria Pregorari dell’Università di Bari. Infine il Cutamc dell’Università di Bari, coordinato dalla prof. Grazia Di Staso e la Biblioteca del Consiglio Regionale Pugliese gli dedicano un Premio biennale nazionale di critica e storia del teatro riservato a giovani commediografi e ricercatori teatrali.

L’Associazione culturale Porta d’Oriente-Libero sviluppo mediterraneo ha intitolato a suo nome il Premio Nazionale Letterario che si svolge ogni anno a dicembre all’interno del Teatro Petruzzelli, in concomitanza con la data di nascita di Nicola Saponaro e la cui giuria è composta da illustri esponenti della narrativa italiana.

 

Opere:

Nicola Saponaro, Opere, prefazione di F. Perrelli, Milano, Spirali, 2008;

Nicola Saponaro, Nuove Opere, prefazione di D.M. Pegorari, Foggia, Sentieri Meridiani, 2013.

 

Prime rappresentazioni teatrali:

  • I girovaghi, commedia, due tempi,1962;
  • La traccia, dramma, due tempi, 1964;
  • I nuovi pagani, commedia, due tempi, 1965;
  • Le ripetizioni, commedia, atto unico, 1968;
  • Erasmo, dramma, 1968;
  • Il caso di Sara T., dramma, due tempi,1970;
  • Giorni di lotta con Di Vittorio, dramma, due tempi, 1971;
  • Fuori i Borboni, dramma, coautore Alessandro Giupponi,1975;
  • Rocco Scotellaro, Vita scandalosa del giovane poeta, dramma, un atto, 1975:
  • La mafia non esiste, dramma, un tempo, 1983;
  • Il figlio venuto dal mare, dramma in un atto, 1991

 

Bibliografia:

  1. Perrelli, Un poeta di compagnia. Il teatro di Nicola Saponaro, Fasano, Schena, 1998.

Mario Adda Editore

Introduzione

Mary Sellani*

 

Il teatro, essendo per eccellenza uno spettacolo dal vivo, è notoriamente materia labile e delicata. Se attualmente le tecniche di riproduzione di video-suono ne consentono, in parte, una testimonianza un pò meno transeunte che non in passato, è vero comunque che tutto ciò che si è prodotto e realizzato nei teatri fino a venti-trenta anni fa affonda nelle nebbie della memoria, affidato com’è alle fragili tracce rimaste (purtroppo non sempre) in articoli di giornale, in locandine, programmi di scena, inviti, foto, ecc. Questo perché il teatro non è esattamente riproducibile in video, né lo si trova sui social-network. Ogni replica di lavoro teatrale è un organismo vivente. Inoltre, ed è questo il fascino speciale del teatro, è il suo consistere in un rapporto che si rinnova ogni volta tra gli attori, il pubblico, il testo e lo spazio scenico. Ed è questa un’altra sua caratteristica: il teatro arricchisce l’anima, la tecnologia no.

Per queste ragioni si è ritenuto opportuno pubblicare a stampa tutti i manifesti degli spettacoli di Nicola Saponaro, i quali documentano pressoché un cinquantennio della sua attività di drammaturgo della seconda metà del Novecento, essi sono la condensazione di una vita intera dedicata alla sua grande passione con cui viene archiviata definitivamente anche la traccia “visiva” della sua opera, la quale è comunque già raccolta nei testi pubblicati in precedenza.

I manifesti originali, accuratamente fotografati dal prof. Michele Roberto, sono conservati nelle due abitazioni di Nicola (la casa di Corso Cavour e la villa di Santo Spirito), tutti incorniciati o plastificati per proteggerli dai tarli e appesi alle pareti del suo studio e del salotto: luoghi dove si trovano pure molti altri ricordi di lui tra libri, fotografie, quadri, copioni di commedie rappresentate e non rappresentate, riviste di teatro, dischi, quadri, premi ricevuti, documenti personali, lettere, oltre al suo guardaroba custodito gelosamente nei grandi armadi della camera da letto. Nell’elenco dei manifesti pubblicati in questo volume di Adda sono compresi pure quelli di spettacoli tratti dalle riduzioni fatte da Saponaro di testi di drammaturghi del passato. In questo caso si tratta di rielaborazioni che lui compiva con l’impegno di tutte le sue facoltà intellettuali ed emotive, quasi uno sdoppiamento, pur di restare fedele il più possibile allo spirito dell’autore in questione, anche se la traduzione da un linguaggio altrui è sempre, com’è noto, un po’ un “tradimento”.

Uno sforzo editoriale che noi familiari ci siamo assunti grazie anche alla disponibilità dell’editore Giacomo Adda, e che si aggiunge all’onere e all’onore di un Archivio dello stesso autore allestito presso la Teca del Mediterraneo-Biblioteca del Consiglio Regionale della Puglia, la quale da alcuni anni ha instaurato un lodevole “sistema di archiviazione” sullo spettacolo in Puglia nella prospettiva operativa di una ricerca in progress nell’ambito di un’attività rivolta alla trasmissione dei saperi artistici e culturali del nostro territorio.

Riteniamo tuttavia che questo compito sarebbe stato sicuramente più confacente ad una istituzione come un Teatro Stabile regionale; istituzione per la quale lo stesso Nicola si era battuto invano fin dagli anni Settanta. Ma ora sembra arrivato il momento giusto – anche grazie al ritorno in vita del Teatro Piccinni a Bari dopo due lustri di restauro – affinché l’ipotesi di realizzare il Teatro Stabile in Puglia sia più plausibile. Un segnale importante in questa direzione l’ha dato oltretutto un nome eccellente come Michele Mirabella, secondo il quale, con un Teatro Stabile, Bari farebbe un altro salto di qualità nel campo della cultura e dello spettacolo proprio adesso che si è completata la restituzione alla città oltre che del Petruzzelli e del Piccinni, anche del Margherita e dell’Auditorium Nino Rota – manca solo il Kursaal (su cui la Regione dovrebbe presto bandire apposita gara di restauro) — insieme al nascente polo dell’Arte, ovvero ad agenzie come Apulia Film Commission e Puglia Sounds, insieme a un vivace teatro pubblico pugliese (il Tpp), e uno

privato (Teatro Team, Forma, Palazzo, Anchecinema). Mirabella ritiene infatti che la soluzione per realizzare finalmente il Teatro Stabile stia nel concetto di “Sistema di teatri”. E pensa al Petruzzelli e alla sua Fondazione con cui si potrebbe collaborare. La soluzione starebbe cioè nella pluralità dell’offerta artistica, collegando appunto i teatri di Bari e armonizzando l’attività anche con gli altri teatri della Puglia, come abbiamo detto, sia quelli pubblici che quelli privati: un’alleanza che alimenterebbe il dibattito culturale e la pluralità delle proposte artistiche.

Per potenziare la capacità pugliese di Saponaro produrre spettacolo, Nicola auspicava anche la creazione di un Centro di Produzione Rai nella nostra regione, progetto di cui si parlava animatamente tra giornalisti, artisti, scrittori e intellettuali pugliesi quando negli anni Ottanta si istituì la Terza Rete Rai. Infatti, già negli anni Settanta, con le trasmissioni radiofoniche della sede Rai di Bari, Nicola aveva lavorato spesso con attori e registi di livello nazionale che venivano apposita mente a Bari per le loro prestazioni. Purtroppo, invece, con l’istituzione della Terza Rete, il Centro di produzione fu assegnato dalla Rai alla Regione Campania.

Infine, Nicola Saponaro è stato un fervente sostenitore dell’introduzione per legge nelle scuole di ogni ordine e grado delle attività didattiche connesse al Teatro. Se è vero, infatti, che la scuola deve formare il futuro cittadino, il teatro è un contributo fondamentale alla crescita della collettività. Ed era molto felice quando veniva invitato in alcune scuole di Bari a tenere lezioni sulla storia del teatro o sulla esposizione di suoi lavori teatrali, riscontrando sempre interesse ed entusiasmo negli studenti che, dopo averlo ascoltato, gli facevano domande intelligenti, affascinati dal suo modo divertente di trattare gli argomenti e di dialogare con loro. Invitava i ragazzi a pensare alle cose del mondo senza atteggiarsi alla supponenza di un contegno artatamente serioso, a sfidare insomma i grandi dilemmi della vita con le armi del riso, con ironia, fantasia e umorismo.

Questo suo desiderio di istituzionalizzare il teatro a scuola come attività didattica, non solo come tempo libero, si è realizzato poco dopo la sua morte con la legge 13 luglio 2015.

Perché la scuola, diceva, ha un indiscusso ruolo chiave per lo sviluppo delle giovani generazioni, il cui scopo è altresì quello di creare la futura generazione di spettatori.

A teatro si impara a stare insieme invece di rinchiudersi in camera davanti a videogiochi o a chattare, è un antidoto alla solitudine. Inoltre, in questi tempi in cui bambini e ragazzi sono tutt’uno con tablet e smartphone, il teatro è il primo social che l’uomo abbia inventato. Ecco perché le arti dello spettacolo in particolare, con la loro rilevanza pedagogica, se utilizzate in funzione didattico-educativa, sono tanto più efficaci quanto più le scuole saranno consapevoli delle ragioni di questa scelta rispetto all’evoluzione storica e ai nuovi bisogni educativi.

“Il teatro ha bisogno dei cittadini” diceva Paolo Grassi, cioè di tutti i cittadini, anche di quelli delle periferie urbane, lontani dai teatri che sorgono quasi sempre nel cuore delle città, in modo da sradicare l’idea che il teatro sia qualcosa di elitario, e ricucire dunque una distanza fisica e morale tra cittadini di una stessa città. Un concetto perfettamente condiviso da Nicola Saponaro che di Grassi è stato amico ed estimatore; e per accorciare appunto le distanze tra fruitori di teatro e no, negli anni Settanta egli si adoperò non solo nella costruzione di una “macchina” di produzione e distribuzione di spettacoli teatrali in tutta la regione, il Teatro Pubblico Pugliese, ma allo stesso tempo di promozione del pubblico, spingendosi a collaborare ad iniziative delle periferie per far nascere laboratori teatrali urbani.

Queste sue idee hanno faticato a svilupparsi, spesso hanno incontrato ostacoli e incomprensioni, ma alla fine sono riuscite a imporsi e diventare strutture stabili  nella realtà teatrale del territorio regionale.

Inoltre il Teatro Pubblico Pugliese, fondato nel 1979, ha di recente ampliato le sue competenze fra le agenzie partecipate della Regione, divenendo anche Consorzio regionale per le Arti e la Cultura. Tra i suoi soci ci sono quasi 60 comuni pugliesi, e, rafforzando nel tempo il suo profilo identitario, esso ha superato anche i confini regionali e nazionali.

Un altro impulso importante Saponaro lo ha dato nel progetto di creare a Bari una rete di piccoli teatri, perché sono proprio i piccoli teatri a ricoprire quella funzione sociale per la quale sono nati nell’antichità, per contribuire cioè alla vitalità delle periferie e garantire ai giovani la possibilità di esprimersi e creare aggregazione. Con questo intento, egli collaborò, per esempio, con Eugenio D’Attoma nell’incentivare l’impresa teatrale da lui messa su, e fu proprio Nicola a suggerirgli di intitolare il locale adibito in via Borrelli “Piccolo Teatro”, così come Paolo Grassi aveva chiamato nel dopoguerra un modesto locale di Milano “Piccolo Teatro”.

In questo modo il teatro di D’Attoma è stata la prima struttura teatrale decentrata sorta a Bari, allestita in un quartiere periferico che, negli anni, ha contribuito a formare attori, registi, maestranze diventate poi figure di spicco dello spettacolo e del teatro nazionale, ma anche a diffondere una pioneristica opera di decentramento e alfabetizzazione teatrale non solo nella regione, ma in tutta l’area centromeridionale.

L’opera pioneristica avviata da Saponaro insieme ad altri pochi teatranti a Bari e in terra di Bari a partire dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento nel promuovere l’attività teatrale pure dove il teatro non c’era mai stato, oppure era chiuso e destinato all’oblio, ha impresso un rinnovato impulso anche a cittadini e paesi pugliesi a riappropriarsi di vecchi teatri, talvolta secolari, o vecchie sale teatrali, risvegliando in essi il gusto di quest’arte antica ma sempre giovane.

Così in questi ultimi dieci, quindici anni, sono rinati a nuova vita il Teatro Traetta di Bitonto, il Mercadante di Altamura, il Radar di Monopoli, i teatri di Acquaviva e Putignano, e da ultimo il teatro civico di Noicattaro, finito di restaurare nel mese di gennaio di quest’anno, un teatro realizzato all’inizio dell’Ottocento in un ex frantoio ipogeo che ha 50 posti a sedere. Numeri che lo rendono, come si vede, un piccolo scrigno di storia e architettura, ma soprattutto fanno di questo politeama all’italiana il più piccolo teatro d’Europa. Simbolo della voglia di riscatto della comunità di Noicattaro dopo l’ondata di peste che colpì l’Europa tra il 1815 e il 1816, in passato il teatro è stato utilizzato come cinematografo, rifugio di famiglie di sfollati, deposito di segnali stradali e altro ancora. Nel 2005 il Comune ne rimosse i mattoni riportandolo alla luce con il sostegno anche del Fondo Ambientale Italiano. Nicola, che è sepolto nella cappella di famiglia proprio nel cimitero di Noicattaro, da lassù sarà certamente contento.

  • Mary Sellani, salentina di nascita barese di adozione, laureata in Scienze Politiche all’Università di Bari, è stata compagna di vita di Nicola Saponaro. Come giornalista ha collaborato per lunghi anni al quotidiano del Psi Avanti! e dal 1989 alla Gazzetta del Mezzogiorno. Collabora anche con la rivista Espressosud e con il Quotidiano di Bari.

 

Testimonianza per Nicola Saponaro

da un’amica poetessa

Anna Santoliquido*

Quando penso a Nicola Saponaro sono certa di essere di fronte a una delle figure letterarie più eleganti che la Puglia abbia avuto nella seconda metà del Novecento, e infatti, come drammaturgo, Nicola è stato il più rappresentato tra gli autori pugliesi.

Egli si considerava “un poeta di compagnia” ed è proprio sul binario della poesia che si è cimentata la nostra amicizia. Il suo era un teatro colto e popolare allo stesso tempo. Era vicino al mondo degli umili, poiché riteneva che una delle funzioni essenziali del teatro fosse quella di elevare il popolo, soprattutto i meno fortunati. Intellettuale a tutto campo, si pone in rapporto dialogico con la politica, in quanto il teatro è anche il luogo dell’incontro e della rappresentazione di tutte le forze sociali. Da barese radicato nella sua città ha scritto capolavori come I girovaghi del 1962, l’opera di esordio nella quale affronta il tema della “trasformazione della società barese da ambulante in stanziale”, e La bottega dei sogniLa memoria del Petruzzelli del 1995, in cui trattava la genesi del politeama di Bari.

Desidero qui citare un episodio che rievoca un momento significativo della nostra collaborazione. Nel 1996 invitai Nicola a partecipare in veste di autore drammatico agli eventi del concorso artistico-letterario Arcobaleno di cui mi sono occupata per vent’anni. Un progetto di ampio respiro che si svolgeva nella scuola media statale “Luigi Lombardi” al quartiere San Paolo di Bari, e che ha coinvolto numerosi scrittori e artisti italiani e stranieri. L’istituto era stato adottato dal Gruppo Dioguardi, per cui ci siamo avvalsi dell’intelligenza e dell’affabilità del fondatore, l’ingegnere e intellettuale Gianfranco Dioguardi. Il tema di quella ottava edizione era: “Bari, la sua anima, la sua realtà”. Ritenni che fosse un abito su misura per Saponaro che, difatti, accettò subito. Furono scelte due sue commedie, appunto I Girovaghi e La bottega dei sogni. I ragazzi, guidati dai loro docenti, lavorarono per cinque mesi, producendo una rielaborazione personale delle stesse commedie, realizzate con l’ausilio di diverse forme espressive. Utilizzarono la recitazione, la mimica, la lettura, la danza, la musica, per rendere al meglio ciò che avevano assorbito delle opere dello scrittore barese.

Il 5 marzo 1997, data stabilita per la Sezione Teatro, trascorremmo una mattinata memorabile, in perfetta sintonia con il pensiero del drammaturgo, il quale si stupì piacevolmente sin dal suo ingresso nella Scuola nel cui atrio avevamo ricostruito un pezzo di Bari vecchia, persino con la nota figura della donna che fa le orecchiette e le espone sul davanzale di casa sua.

Il teatro era gremito di ragazzi, docenti, famiglie. La scenografia era il prospetto del Petruzzelli. Noi organizzatori eravamo un po’ in ansia perché volevamo essere all’altezza del compito e, soprattutto, desideravamo che gli alunni mostrassero la loro capacità inventiva. Il progetto era nato per incentivare la creatività, esaltare i sentimenti e il lavoro di squadra, per sconfiggere la violenza e l’abbandono scolastico, problemi propri del quartiere San Paolo. Lo spettacolo superò le aspettative, Nicola ne rimase

affascinato e disse: “Mi sono trovato di fronte ad un teatro di qualità”. E visibilmente commosso per la buona interpretazione dei suoi lavori da parte dei ragazzi, rivolgendosi a loro proferì a gran voce: “Dite agli amministratori di questa città: vogliamo il Teatro Petruzzelli al quartiere San Paolo!”. Gli alunni andarono in visibilio, ci furono applausi a scena aperta. Quel grido di Nicola era espressione del suo dolore per il rogo del Petruzzelli, allora non ancora ricostruito, ma anche di rabbia per l’incuria culturale della nostra comunità. E per ironia della sorte, qualche tempo dopo, pure il teatro della Lombardi fu bruciato, ma come è accaduto per il Petruzzelli, anch’esso è stato ricostruito a significare che l’arte non muore. Ma credo che Nicola Saponaro meritasse di più dalla sua città natale.

Anna Santoliquido, nata a Forenza (P2) vive a Bari dove ha insegnato Inglese nelle scuole. Poeta, scrittrice e saggista, dal 1981 ha pubblicato ventuno raccolte di poesie, un volume di racconti e curato diverse antologie. È autrice dell’opera teatrale Il Battista. | suoi versi sono stati tradotti in 22 lingue. Ha conseguito numerosi riconoscimenti letterari nazionali e internazionali. La bibliografia sulle sue opere è vastissima.

IL TEATRO

QUESTA MAGNIFICA OSSESSIONE

Racconto fotografico intorno alla figura di Nicola Saponaro

a cura di

Michele Roberto

Mary Sellani

Mario Adda Editore

 

Ci sono ricordi da custodire

e tramandare alle generazioni future

 

Nicola Saponaro è stato un uomo che ha dato al teatro tutta la sua vita, con quella ostinazione propria di chi è rapito ineluttabilmente da una magnifica ossessione.

La parabola della sua esistenza inizia con la nascita a Bari l’8 dicembre 1935 e termina con la morte avvenuta nella stessa Bari il 24 gennaio 2015.

Ma pur sbarcando nel 2000, possiamo dire che il più autentico passaggio della sua vita non è stato questo secolo, bensì il ventesimo secolo: quella breve e lunghissima stagione caratterizzata da una tempesta di idee, di traumi, di passioni infuocate, di scoperte, di colori vividi in cui anche attraverso il teatro si immaginava di poter cambiare il mondo.

Nell’indimenticabile slogan del Sessantotto “L’immaginazione al potere” c’era appunto l’idea che il teatro, l’arte, la creatività fossero un motore d’innovazione e un propellente insostituibile per l’avanzamento della società.

Anche sul piano politico gli anni Sessanta sono stati gli anni delle riforme e della modernizzazione, gli anni in cui l’intervento straordinario nel Mezzogiorno affrontò i grandi nodi delle infrastrutture, dell’agricoltura, dell’industrializzazione, mentre una nuova domanda di cultura apparve sulla scena, e Bari, anche grazie al CUT (Centro Universitario Teatrale) diventa centro propulsore di teatro, inserendosi in un circuito nazionale ed internazionale dello spettacolo dal quale prima era escluso.

Nella sua vocazione drammaturgica Nicola era convinto che il teatro fosse realmente uno strumento di conoscenza e di partecipazione civile, persino di felicità collettiva. A livello personale questa vocazione ha reso certamente la sua vita meno banale, ricca di umanità e di poesia. Come commediografo, tuttavia, Nicola non si riteneva affatto un intellettuale organico, il suo credo andava oltre le dottrine dell’ottimismo e del pessimismo con cui si è fatta la morale dei regimi totalitari e di quelli normalizzanti nel ventesimo secolo in Europa.

Ma poi quell’ epoca è scomparsa, perché il teatro, luce della cultura nel mondo, entra in crisi in tutto il vecchio continente annaspando tra scuotimenti epocali. Col ventunesimo secolo si approda nell’era del consumismo coatto di comunicazione virtuale, dell’avanspettacolo globale, dello strapotere massmediale, tutte cose che nulla hanno a che fare con la magia dell’arte teatrale povera, più a misura d’uomo.

Proprio per questo riteniamo dunque che la memoria di quella stagione esaltante non vada dispersa, che resti vivo nel nostro ricordo il viaggio di quel ceto intellettuale che seppe farsi avanti sulla ribalta delle innovazioni e delle passioni culturali. Nel caso di Nicola Saponaro la passione del teatro appunto, che si è proiettata dalla sua città natale e dal territorio regionale verso gli orizzonti nazionali ed europei.

E, come dice il poeta latino Orazio “Non omnis moriar”, con questo racconto fotografico vogliamo ricordare più da vicino la figura di Nicola attraverso i luoghi dove è vissuto, che erano divenuti parte inscindibile del suo corpo e della sua anima, le persone che hanno fatto parte del suo mondo, i suoi affetti, le sue emozioni, ’amore grandissimo per la sua terra natia.

Le storie delle persone sono anche le storie dei loro volti. Non sono solo storie biologiche determinate dal tempo cronologico: i volti, in quanto mappe umane, segnalano invece i vissuti nell’epidermide attraverso tracce visibili, espressioni o pieghe che celano emozioni e sentimenti, o rinviano ad altro da sé.

Qui ogni fotogramma è un istante dell’identità umana di Nicola fermata nel tempo, fino all’ultima foto, scattata circa due mesi prima di morire, i in cui il suo volto appare invecchiato, smagrito, con i solchi segnati dal i tempo, ma con lo sguardo ancora fervido. In quel volto a me sembra racchiuso tutto il mistero di quello che è stato per quarant’anni il compagno della mia vita. Quel volto mostrato nella sua inerme nudità suscita in me un indelebile sentimento di amore e di dolore. Ora quel volto si dissolve e si trasforma in ricordo. Quegli occhi che guardano e nello stesso tempo si allontanano non sono che memoria e nostalgia. Quando lo conobbi la prima volta Nicola aveva negli occhi la forza e la fantasia di un ragazzo creatore d’immagini.

Come uomo Nicola era onesto, mite, tenero come un padre affettuoso e benedetto dall’umiltà. L’umiltà è la via per la sapienza, è la virtù dell’ascolto, segno di ampiezza mentale e profondità spirituale. lo credo che si possano adattare a Nicola le parole del filosofo Cartesio: “Di solito soltanto gli uomini molto nobili sono molto umili”. (…)

Nel concludere questo breve racconto fotografico, siamo certi che nell’immaginario di tutti coloro che lo conoscevano, Nicola è rimasto sempre un uomo giovane, mai vecchio nel fisico e nella mente, dall’eleganza sobria e dal carattere mite e gentile, anche se per strada camminava alquanto distratto, tanto che spesso non salutava per primo le persone che incontrava. Possiamo dire che l’ “lo sono là dove non penso” di Jacques Lacan si adattava bene a lui che possedeva quel fascino dell’inquietudine proprio delle persone geniali, anticonformiste, un po’ folli, sempre sospese tra la terra e il cielo.

Per Nicola essere ‘poeta di compagnia’ non significava soltanto mettere la sua scrittura di autore al servizio dello spettacolo nel suo farsi, ma entrava proprio emotivamente nello svolgimento del lavoro teatrale, partecipava con tutto se stesso alla rappresentazione in atto. Era così vicino agli attori, alla loro interpretazione, ai sentimenti che trasparivano nella loro recitazione, all’atmosfera che si creava sul palcoscenico, che preferiva assistere da solo allo spettacolo, non distratto da nulla, appartato dal pubblico e raccolto in sé stesso; tanto era attraversato appunto, per tutta la durata della messa in scena, dai moti dell’animo suo. (…)

Mary Sellani

1998

UN POETA DI COMPAGNIA

Il teatro di Nicola Saponaro

A metà degli anni Settanta un critico veneziano, Franco Perrelli, incontra un autore barese, Nicola Saponaro. Nati in due città marinare, scoprono entrambi di voler navigare nelle acque avventurose del teatro. Si trovano a frequentare il Centro Universitario Teatrale di Bari, una fucina da cui provengono Egidio Pani, Michele Mirabella, Maurizio Micheli, Carmela Vincenti, Vito Attolini, Gianni Attolini, Ettore Catalano, Franco Damascelli, Rino Bizzarro, Pasquale Bellini e altri.

Perrelli, come un segugio, fiuta, osserva, scruta, intervista il suo autore, lo legge e va a vederlo non appena lo rappresentano a teatro; finché nel ‘75, a ventitré anni, pubblica a Firenze su Politica e Mezzogiorno un saggio che analizza il primo decennio della “Drammaturgia di N. Saponaro (1962-72)””.

Questo singolare e raro rapporto critico-autore non si arresta nel tempo anzi continua in varie tappe ed ecco qui, vent’anni dopo, un secondo saggio di Perrelli, che abbraccia la lunga attività di Saponaro e tenta di situarla in una prospettiva più focalizzata. È chiaro che il giudizio di Perrelli è ancora aperto e sospeso, tanto da interrompersi con un punto interrogativo, perché l’autore «con le sue armi polemiche» va avanti a scrivere copioni, a mettere in discussione se stesso e la sua produzione, a mischiare le carte e le scene, alla ricerca di una linea drammaturgica, spezzata senza requie dal caos della nostra società.

In un mondo culturale, devastato dalla tv spazzatura e da gran parte della stampa che finisce per scimmiottarla, può esistere ancora l’indagine scrupolosa, scientifica di un critico, che mette la sua lente d’ingrandimento sull’«utopia scenica»e sulla «sequenza di scatti» evolutivi di un autore?

A questa domanda si diverte a rispondere Un poeta di compagnia, che racconta il viaggio visionario di un affabulatore in «un paradiso abitato dai diavoli».

Franco Perrelli

Franco Perrelli, nato a Venezia nel 1952, vive a Bari e insegna Storia dello Spettacolo. È autore di traduzioni per il teatro (allestite da G. Lavia, G. Nanni, W. Pagliaro) e di una serie di drammi e romanzi di August Strindberg per vari editori nochè dei volumi Strindberg e Nietzsche (Adriatica, 1984); Strindberg Sul dramma moderno e il teatro moderno (Olschki, 1986); Un quaderno teatrale (Adriatica, 1986); Introduzione a Ibsen (Laterza, 1988); Introduzione a Strindberg (Laterza, 1990), Henrik Ibsen. Vita dalle lettere (iperborea, 1995). Di recente pubblicazione; un saggio sul drammaturgo svedese Par Lagerkvist (iperborea) e, in preparazione, la prima edizione italiana dell’epistolario strindberghiano (Einaudi).

Critico teatrale, ha scritto sulle più importanti riviste nazionali (Hystrio, Primafila e Sipario) e, da studioso, ha pubblicato, in Italia, saggi su Il Castello di Elsinore, Teatro e Storia; in Svezia, su Strindbergiana.

In copertina: Giustino Durano, giocatore delle tre carte, Giorni di lotta con Di Vittorio (foto Luigi Ciminaghi).

Brani tratti dal predetto libro di Franco Perrelli

“Del 1962 sono I girovaghi, l’opera prima di Saponaro, preparata da un periodo di esperimenti e da una fase di partecipazione alle attività del CUT/Bari.

Per il suo dramma d’esordio, Saponaro non imbocca strade di moda, ma rivisita il verismo, sia perché ancora sentito nella cultura meridionale sia per il diretto influsso di letture giovanili. Tra queste, Verga in particolare s’impone al giovane autore come maestro di pessimismo e modello per la costruzione di un dramma in cui il destino del singolo venga a coincidere con quello della classe di appartenenza, in cui si organizzi un discorso sul fatalismo e l’immobilismo del Sud. L’autore si propone così di affrontare dimensioni essenziali del cosmo spirituale del meridione, cercando di comprendere se e quanto sia mutato il Mezzogiorno dopo i Borboni, Giolitti e Mussolini. Il dramma è ambientato in un paesino pugliese calato nel grande sonno degli anni Trenta, dopo il primo assestamento del regime fascista.

La Premessa spiega chi sono questi girovaghi:

Nel periodo fra le due guerre, i girovaghi, venditori di tele e di stoffe variopinte, erano molto numerosi nel Sud e andavano per i paesi a piedi o a dorso di mulo a vendere le loro mercanzie. Pare che il colorito bruno e gli occhi accesi, lo spirito mercantilistico e l’istinto errabondo di questa gente discendano dalle secolari scorrerie dei mercanti arabi lungo le coste del Mediterraneo.” (…)

“1 girovaghi costituiscono una parabola sull’autoritarismo e sulla sua principale conseguenza: la passività. Il potere ducesco di Raffaele, il piccolo borgo | sprofondato nel sonno del fascismo, la norma delle tradizioni partoriscono solo sconfitte, sconfitte piccole, che forse troppo lentamente disgregano l’ordine autoritario e, solo su lunghissime imponderabili distanze, possono avviare nuovi processi sociali. Al di là dell’ispirazione verghiana, l’autore considera il Sud con un peculiare lucido disincanto, che conferisce al realismo o verismo di fondo del dramma un colore più novecentesco di spassionato approccio sociologico”.(…)

”I girovaghi sono stati pubblicati insieme al dramma La traccia in un volume Cappelli, Bologna 1967, con prefazione di M. Apollonio. Hanno vinto il premio selezione Marzotto del 1963; sono stati radiotrasmessi sul programma nazionale, con la regia di Ruggero Jacobbi, nel 1971 e, di nuovo, su Radio 2, nel 1988, con la regia di Cris Chiapperini. Il 28 febbraio 1985 hanno debuttato al Teatro Curci di Barletta, con la compagnia del Teatro Abeliano {V. Signorile, G. Ferraiola, T. Tempesta, L. Abbattista, P. Morizio, A. Porfido, R. Negri, G. Capuzzi, G. Sigrisi, S. Indrio), scene e costumi di E. Tolve, musiche di R. Bianchini e la regia di Giancarlo Nanni. Sono stati ristampati con 1 nuovi pagani e La mafia non esiste in un volume della collana Teatro Italiano Contemporaneo Siad, Editori & Associati, Roma 1996.”

La traccia

“La traccia (1964) è un tentativo di sperimentare, in un periodo in cui Saponaro ha i primi timidi contatti con la realtà teatrale italiana, un discorso intimista, ricco di spunti ermetici, crepuscolari e decadenti ®. Tuttavia, sia per la forma sia per il suo distacco dai temi meridionalisti, questo dramma non avrà sviluppi nell’evoluzione dell’autore barese, dimostrandosi una tipica opera di transizione e orientamento.

La traccia ha vinto il premio Ugo Betti-Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica, 1965. La sua prima rappresentazione è stata data a Roma alla Ringhiera (F. Molé, C. Allegrini, L.Troschel, ]. Sanchez, C. Bernabei), con scene e costumi di I. Cantelli, musiche di P. Franco e la regia di Franco Molé, il 23 febbraio 1970.

In precedenza, dalla collaborazione di Saponaro con questo teatro era nato, il 23 aprile 1969, l’allestimento di un atto unico, Le ripetizioni (1968).

Lo snodo del Sessanotto

“I nuovi pagani sono stati pubblicati da Sampietro, Bologna 1968, con una prefazione di F. Doglio e, insieme a I girovaghi e La mafia non esiste, ristampati nel vol. cit. degli Editori & Associati del 1996. La loro prima trasmissione radiofonica è avvenuta nel 1970 (4 repliche) sul Terzo Programma, con la regia di Ottavio Spadaro. La prima rappresentazione teatrale è stata data al Teatro Quirino di Roma, il 30 maggio 1970, dalla compagnia Teatro-Insieme (V. De Toma, E. Conti, R. De Daninos, L. Biella, U. Ceriani, S. Versace, R. Bernardi, E. Borioli, G. Carrara, U. Verdoni, D. Gatti, S. Wilder, A. Ferro, U. Liberati). Lo spettacolo ha avuto due edizioni consecutive, con scenografia e costumi di C. Savi, musiche di G. Negri e la regia di Romano Bernardi”. (…)

“Né I nuovi pagani, scritti fra il 1958 e il 1968, la separazione fra scena e sala appare invece decisamente annullata. Il teatro diviene un foro, un parlamento dove la comunità si riunisce e attori e pubblico si confondono sulle gradinate nell’anfiteatro della scena. L’autore introduce così il disamo e la plateale rivelazione delle illusioni teatrali; gli interpreti vestono e svostono i costumi alla vista del pubblico, tutto si fa gioco scoperto” (..)

“Da questo copione si avvia la linea del teatro totale di Saponaro, che culminerà in Erasmo e nella più matura essenzialità di Giorni di lotta con Di Vittorio. I nuovi pagani sì configurano, infatti, come uno dei vari sintomi di quella crisi della «scena come servizio» che Paolo Puppa colloca alla fine degli anni Sessanta. In questo periodo, di fronte alla «tumultuosa domanda di partecipazione politica» che si leva dalla società, il teatro «non vuole restare indietro, né fuori»? e tende a riproporsi prevalentemente come assemblea e tribunale, sperimentando più ampie forme di partecipazione che, nel Living Theater di Julian Beck e Judith Malina (in Italia dal 1961 e a Bari, per la prima volta, nel 1967) 3, trovano la doppia realizzazione di un teatro eversivo, intensamente socializzato, e di un modello compiuto di compagnia-collettivo.” (..)

“Nel 1975-6, troviamo due nuovi drammi di forte impronta meridionalistica: Fuori i Borboni! (scritto, ancora una volta, in collaborazione con un regista, Alessandro Giupponi) e Rocco Scotellaro. Vita scandalosa del giovane poeta”.

Fuori i Borboni! sviluppa un discorso revisionistico sul Risorgimento, denunciando che si trattò in gran parte di un’annessione militare del Sud al Nord, aggravata dalla falsa promessa garibaldina di una democratica divisione delle terre. Non si tratta, ovviamente, di un dramma neoborbonico, ma di una disincantata riflessione storica sulla sempre aperta questione meridionale, che di recente ha persino dato adito a una complementare, meno nitida, questione settentrionale.

Vita scandalosa è invece incentrata sulla vicenda di Rocco Scotellaro, il poeta socialista che mette nella valigia le sue poesie, l’abbozzo di romanzo. L’uva puttanella, e va a Torino da un grande editore, che non lo degna della minima considerazione. Rifà il suo viaggio, alla Levi, da Torino a Eboli, ma qui non si ferma, cambia treno e ritorna a Tricarico, consapevole che l’impegno politico, più dei suoi stessi versi, può aiutare la sua terra e fa dono così della sua fantasia alla politica e alle lotte contadine. Scotellaro è naturalmente un fratello di Di Vittorio («un Di Vittorio che ha studiato», lo definisce Saponaro) e questo testo, come Fuori i Borboni! si muove ancora sulla scia di Giorni di lotta. In particolare, Vita scandalosa, con la regia di Bruno Cirino, si è prestata ad allestimenti in stadi e arene, sempre nello stile del teatro di piazza e di popolo degli anni Settanta, dando a Saponaro la soddisfazione di poter vedere la propria utopia scenica concretamente realizzata.

Ancora nel 1983, Saponaro scrive un ultimo testo di teatro documento di alto impegno civile, «amarissimo e necessario», La mafia non esiste’, che ripropone il celebre caso del sindacalista siciliano Rizzotto. Si tratta di un’inchiesta del giovane capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa, che si trasfigura in una «lotta d’intelligenze», quella criminale mafiosa contro quella dello Stato, che viene sconfitta. Il tema è lo stesso de Il giorno della civetta di Sciascia, ma, nell’autore barese, il trattamento appare molto pessimisticamente condizionato dalla recente impressione

dell’omicidio dello stesso Dalla Chiesa, cui pochi giorni prima della messinscena del testo si aggiungerà l’uccisione di Giuseppe Fava.

Questa morte sintonizzerà tragicamente la rappresentazione del dramma con la cronaca e l’allestimento sarà recensito su I siciliani del febbraio-marzo 1984, il primo numero del periodico di Fava a uscire senza la sua firma.

Il testo finisce così per diventare una testimonianza nel corpo stesso degli avvenimenti, non priva comunque di un suo peculiare spessore metaforico, ché la lotta di Dalla Chiesa contro l’onnipotenza mafiosa è anche, secondo l’autore, «il grido d’incapacità dell’intellettuale di contrastare il disordine del Sud».

https://www.barinedita.it/cronaca/n3635-bari-un-area-pedonale-di-corso-cavour-intitolata-al-commediografo-nicola-saponaro

Bari, un’area pedonale di corso Cavour intitolata al commediografo Nicola Saponaro mercoledì 6 novembre 2019 COMUNICATO STAMPA DEL COMUNE DI BARI

BARI – Su proposta del vicesindaco e assessore alla Toponomastica Eugenio Di Sciascio, la giunta comunale ha approvato l’intitolazione dell’area tra le due carreggiate di Corso Cavour, compresa tra via Matteo Imbriani e via Cardassi, a Nicola Saponaro, commediografo barese conosciuto e stimato quale illustre esponente della letteratura teatrale pugliese e italiana del secondo Novecento.

Il provvedimento accoglie la petizione firmata da numerosi cittadini baresi attivi nel mondo dell’arte, della cultura, della ricerca e dell’imprenditoria, accomunati dal desiderio di onorare il ricordo del commediografo barese attraverso la toponomastica, intesa nella sua funzione civile e di alta didattica, capace di stimolare il ricordo, la riflessione e la partecipazione alla costruzione di un’identità comune. La delibera di intitolazione sarà trasmessa in Prefettura per la autorizzazione in deroga alle norme vigenti in materia di toponomastica.

“Ci sono uomini che lasciano alla propria comunità un’eredità importante fatta di opere d’ingegno in cui un’intera città si riconosce – commenta il sindaco Antonio Decaro – e che per questo vengono amati e ricordati nel tempo: Nicola Saponaro è uno di questi. La sua passione per il teatro, per la scrittura, la sua cultura e il suo sguardo acuto lo hanno reso uno dei commediografi italiani più significativi del panorama meridionale, di cui è stato esponente originale e orgoglioso per quasi 50 anni.

Per questa ragione, abbiamo voluto accogliere la richiesta di molti nostri illustri concittadini che chiedevano di dedicargli uno spazio pubblico. In questo modo proseguiamo nel percorso che ci vede impegnati a legare la città, con i suoi luoghi, le strade e le piazze, alla nostra storia passata e recente, facendone un elemento di costruzione della memoria collettiva che è terreno della nostra stesa identità”.

Nicola Saponaro nacque a Bari l’8 dicembre 1935, figlio di Giacomo Saponaro e Anna Fano, da una famiglia storicamente impegnata nel commercio di stoffe presso il magazzino allocato in via Melo.

Dopo aver conseguito la laurea in Economia e Commercio nel 1959, dedicò la sua vita alla cultura ed al teatro, diventando drammaturgo, poeta e scrittore, nonché uno tra i maggiori commediografi italiani della seconda metà del Novecento. Durante la sua lunga carriera, oltre ad essere stato autore di 33 spettacoli teatrali, rappresentati in Italia e all’estero, ha prodotto una grande mole di scritti, tra cui lettere, articoli, poesie e aforismi.

È ricordato per aver partecipato alla fondazione del Cut Bari (di cui il Cutamc è erede ideale), dell’associazione “Attraverso lo spettacolo”, del Piccolo Teatro di Bari, del Consorzio del Teatro Pubblico Pugliese e del Comitato Bari Teatro di cui è stato anche presidente e per aver ottenuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui nel 1963 il premio Marzotto per I Girovaghi e nel 1965 il premio Ugo Betti e la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica per La Traccia.

Attraverso la riflessione sulla realtà storica e sociologica del Meridione, della Puglia e di Bari, sempre presente all’interno delle sue opere, l’importanza storica e culturale di Nicola Saponaro consiste nell’aver introdotto all’interno dello scenario culturale dell’epoca la realtà e le problematiche del nostro Paese, mediante stralci biografici, satire, drammatiche riflessioni, scene e dialoghi di vita quotidiana.

Tra le sue e opere più legate alla nostra città si ricorda La Bottega dei Sogni, sulla storia del Petruzzelli e delle figure di don Onofrio e don Antonio Petruzzelli, commercianti di stoffe (come la famiglia Saponaro) e costruttori del Politeama. La commedia fu messa in scena per la prima volta nel 1995 al Kursaal Santalucia e poi riproposta nel 2014, in una versione musicale, proprio sul palco del Petruzzelli.

Nicola Saponaro si è spento nel 2015 all’età di settantanove anni.

Foto del sito www.spirali.it

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