CASTELLANETA GIOVANNI

nuova puglia d'oro_total white

CASTELLANETA GIOVANNI

nuova puglia d'oro_total white

Gravina in Puglia, 11 settembre 1942

Diplomatico ed esponente di società,Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Giovanni Castellaneta nasce a Gravina in Puglia – in provincia di Bari, ma al confine con la Basilicata –, piccola e operosa cittadina dell’Alta Murgia adagiata sul ciglio di un profondo crepaccio, l’11 settembre del 1942.
Si laurea in Giurisprudenza a Roma, all’Università La Sapienza, nel 1965.
La prima parte della sua vita è dedicata interamente alla diplomazia: nel 1967 infatti, a seguito di un esame di concorso, viene nominato Volontario nella carriera diplomatica.
Il suo primo incarico dei tanti che lo vedranno girare il mondo lo vede Secondo segretario in Somalia, a Mogadiscio, nel 1969; segue la nomina a Capo del Vice consolato a Chambery, nel 1972.
Ancora, è Primo segretario commerciale a Lisbona nel 1974.
Nel 1981 è Consigliere per la stampa e l’informazione a Parigi 1981 e Consigliere di ambasciata nel 1982.
Nel 1985 è nominato Primo consigliere alla Rappresentanza permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali in Ginevra.
La prima nomina ad Ambasciatore è del 1992: Giovanni Castellaneta è in Iran, a Teheran.
Nel 1998, invece, ricopre il ruolo di Ambasciatore dalla parte opposta del mondo: a Canberra, in Australia. Viene inoltre accreditato, con credenziali di ambasciatore, anche in numerose isole dell’oceano Pacifico: a Suva-Viti-Levu, per le Isole Figi; a Port Morsby, per la Papua Nuova Guinea; a Port Vila, per la Repubblica di Vanuatu; ad Honiara, per le Isole Salomone; a Palikar, per la Micronesia; infine a Nauru.
Dal 2001 e sino al 2005 ricopre il ruolo di Consigliere Diplomatico del Presidente del Consiglio, di cui sarà rappresentate per i vertici del G7; nel 1992 ricopre il ruolo di ambasciatore a Washington, oltre a ricevere l’accredito a Nassau, nelle Bahamas.
Nel 2008 viene accreditato come Osservatore permanente presso l’Organizzazione degli Stati Americani.
La carriera diplomatica di Giovanni Castellaneta termina nel 2009. Tuttavia, un talento di tale portata non poteva certo rimanere inespresso: a partire da tale data, infatti, orienterà i suoi interessi in altri ambiti.
Giovanni Castellaneta è stato infatti amministratore di Finmeccanica (oggi Leonardo) e SACE; dal 2013 al 2017 è stato presidente di Itafondiario Spa, dal 2013 al 2018 presidente di Torre sgr, dal 2014 al 2018 presidente di Milanosesto Spa.
Dal 2013 è inoltre presidente della Bizzi & Partners Development LLC, dal 2015 presidente di DoValue Spa (primo operatore del Sud Europa attivo nei servizi di gestione di crediti e asset immobiliari), dal 2017 segretario generale di Iniziativa Adriatico Ionica.
È inoltre Presidente del Consiglio di Amministrazione della Castellaneta & Partners, dell’associazione Diplomatia (con finalità di carattere culturale e divulgativo su temi d’interesse internazionale) e dell’Associazione Nazionale Cavalieri di Gran Croce dell’OMRI.

Nel 2020 nell’ambito di un piano di investimenti promosso da parte di Exprivia – società di progettazione e sviluppo di tecnologie software innovative con sede nel barese – con la concessione di un prestito di 20 milioni di euro con garanzia Sace da un pool di banche (Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Banca Popolare Pugliese, Banca Finanziaria e Sace Agent), Giovanni Castellaneta viene integrato, con delega allo sviluppo del business, nel Consiglio di amministrazione della società. Tale programma permetterà alla Exprivia, quotata in Borsa Italiana nel mercato MTA, di completare il piano di investimenti dei prossimi 2 anni destinato a finanziare l’innovazione e la crescita della società in Italia attraverso lo sviluppo di progetti di innovazione e digitalizzazione, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza in favore di una maggiore competitività nel mercato domestico e internazionale.

Come riconoscimento per la sua lunga carriera diplomatica e non solo, Giovanni Castellaneta è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana nel 2005. Nel dicembre 2019 è stato nominato Presidente dell’Associazione dei Cavalieri di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
A ciò vanno aggiunte le onorificenze ricevute all’estero: ha infatti ricevuto anche l’onorificenza di ufficiale dell’Ordine della Legione d’Onore della Repubblica Francese e quella di compagno onorario con stella dell’Ordine nazionale al Merito di Malta, entrambe nel 2005.

L’esperienza acquisita negli anni di Ambasciatore ha consentito a Giovanni Castellaneta di mettere su carta le sue autorevoli opinioni in ambito di politica estera, con un occhio di riguardo a quella degli Stati Uniti: tra le pubblicazioni divulgative, infatti, vanno ricordate Obama e l’ombra cinese. Prospettive per il futuro (Guida, 2010) e In prima fila. Quale posto per l’Italia nel mondo? (Guerini e Associati, Milano, 2019), in cui
In questo più recente volume, Castellaneta passa in rassegna gli avvenimenti internazionali a cui ha potuto assistere, appunto, in “prima fila”, in virtù della sua lunga esperienza diplomatica. A ciò, si aggiungono riflessioni e prospettive affinché l’Italia possa riconquistare il suo posto nel mondo.

Nel 2021, in seguito all’elezione di Joe Biden a Presidente degli Stati Uniti d’America, pubblica A proposito di Joe. Presente e futuro degli Stati Uniti d’America (Paesi edizioni), in cui racconta, alla luce dei suoi numerosi incontri, il Biden uomo e il Biden politico, e spiega ai lettori italiani quale è la linea del nuovo Presidente, quali le difficoltà sia sul piano interno che nella politica estera.

Onorificenze

Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
il 27 12 1990
Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
il 2 6 2002

Nominato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana il 2 6 2005

 

Nominato Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (Francia)

 

Nominato Compagno onorario con stella dell’Ordine nazionale al merito (Malta) il 20 gennaio 2004

https://formiche.net/2021/08/europa-post-merkel-commento-castellaneta/
Merkel-out. Tutte le strade portano a Roma (e a Draghi)?

Di Giovanni Castellaneta | 01/08/2021 –

Con le elezioni tedesche e francesi nei prossimi mesi, la geografia politica europea sta per cambiare. E così, grazie alla stabilità del governo e al prestigio internazionale del premier Draghi, l’Italia è un punto di riferimento fondamentale nel processo di integrazione. Il commento dell’Ambasciatore Giovanni Castellaneta
Roma (da Formiche.net) – Nel 2022 la geografia politica europea potrebbe andare incontro a profondi cambiamenti. La Germania, dopo 16 anni di “regno” di Angela Merkel, avrà un nuovo cancelliere e andrà incontro inevitabilmente a una nuova fase. In Francia invece si terranno le elezioni presidenziali, che potrebbero provocare un “terremoto” di entità significativa se Emmanuel Macron dovesse essere costretto a lasciare l’Eliseo. In questo quadro va aggiunto anche il fatto che il Regno Unito sarà fuori dall’Unione europea da ormai più di un anno: la nuova relazione tra Bruxelles e Londra è ancora largamente da definire, ma quel che è certo è che il tradizionale ruolo del Regno Unito come contrappeso all’asse franco-tedesco è ormai venuto meno senza possibilità di tornare indietro.
In questa situazione potenzialmente incerta e rischiosa per l’Unione europea nel suo complesso, che ruolo si potrebbe immaginare per l’Italia? Il nostro Paese, per una volta, si trova in una posizione di forza rispetto agli altri principali Stati dell’Unione. La stabilità del governo attuale (che, a meno di attualmente improbabili scossoni politici, dovrebbe durare fino al 2023), unita al prestigio internazionale del presidente del Consiglio Mario Draghi, rendono Roma un punto di riferimento fondamentale a livello europeo, di cui gli altri Paesi dovranno tenere sicuramente conto. Ecco perché Macron si è affrettato a cercare di stabilire una solida relazione personale con Draghi ed è tornato a premere affinché si possa concludere un trattato di amicizia italo-francese simile a quello che Parigi ha concluso con Berlino nel 2019 ad Aquisgrana. All’epoca l’Italia era vittima di un deficit di reputazione politica a livello internazionale, ma nel giro di due anni la situazione è drasticamente cambiata. Dunque, come può il nostro Paese cercare di approfittare al meglio di questa congiuntura eccezionalmente favorevole?

L’Italia, a differenza di Regno Unito e Francia, non è una potenza nucleare e non siede nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Inoltre, la sua forza economica non è paragonabile a quella della Germania (che può vantare, per esempio, un surplus commerciale con la Cina). Tuttavia, il valore aggiunto di Roma è quello di essere un Paese fondatore dell’Unione europea e di poter vantare buoni rapporti con tutti i principali attori internazionali, il che ci può rendere oggi un interlocutore affidabile e desiderato. Dunque, piuttosto che cercare di sostituirci ad assi consolidati da decenni come quello franco-tedesco, obiettivo dell’Italia dovrebbe essere quello di sostenere ulteriori progressi nel processo di integrazione europea, favorendo il ruolo dell’Unione europea come entità omogenea e compatta che possa davvero porsi alla pari delle grandi potenze globali come Stati Uniti, Cina e Russia.
Come riuscirci? Innanzitutto, sostenendo un approfondimento dell’integrazione economica: la decisione di ricorrere a emissioni di debito comune per reperire risorse per il finanziamento della Recovery and Resilience Facility ha segnato un passo avanti storico verso una vera Unione economica. Bisognerebbe dunque insistere su questa strada, cercando anche iniziative comuni in ambito fiscale oltre che finanziario (a questo proposito, l’unione bancaria attende di essere completata già da troppi anni). Un altro passo importante, parallelo a quello dell’integrazione economica, dovrebbe essere quello di un’Unione più solida anche nell’ambito della sicurezza e della difesa comuni. Immaginare un vero e proprio “esercito europeo” è al momento un’utopia, soprattutto nel quadro di un’Europa allargata a 27 membri con interessi e orientamenti spesso contrastanti. Si potrebbe dunque pensare a un primo passo in avanti da parte del nucleo dei Paesi fondatori, creando delle prime vere unità militari sovranazionali (una cosa ben diversa rispetto alla somma di reggimenti nazionali che vengono aggregati per missioni specifiche).
Insomma, un’Italia più forte nel mondo può esserlo solamente attraverso un’Unione europea più unita e coesa. Il governo Draghi ha davanti a sé una fase di opportunità potenzialmente irripetibili, che derivano dal curriculum di primo livello del presidente del Consiglio, da un ministero per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale che si sta affermando sotto la guida del ministro Luigi Di Maio come interlocutore affidabile e di forte ancoraggio atlantico ed europeo e da una congiuntura economica e politica favorevole. L’auspicio è che il nostro Paese decida di assumere la leadership in Europa indicando la strada per un futuro da protagonisti.

Intervista di Gino Dato a Giovanni Castellaneta, apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 9 luglio 2019

QUALE POSTO PER L’ITALIA NEL MONDO? PER RISPONDERE A QUESTA DOMANDA STRATEGICA CI SOCCORRE L’AMBASCIATORE GIOVANNI CASTELLANETA. A SUA FIRMA APPARE UN SAGGIO PER GUERINI E ASSOCIATI, IN PRIMA FILA.
Quale posto per l’Italia nel mondo? L’interrogativo aleggia nella storia contemporanea del nostro paese ma pulsa nella coscienza di ciascun italiano, specie in un momento come quello attuale in cui gli assetti geopolitici sono sottoposti a mutazione da variabili, protagonisti e vicende che non avevamo messo in conto. Per rispondere a questa domanda strategica ci soccorre l’ambasciatore Giovanni Castellaneta, la cui carriera diplomatica ha toccato numerosi paesi (tra i quali Iran, Australia, Stati Uniti d’America). È stato inoltre consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana e suo rappresentante personale per i Vertici del G8 del 2001 e del 2005, oltre che amministratore di grandi aziende come la Sace. A sua firma appare un saggio per Guerini e Associati, In prima fila. Quale posto per l’Italia nel mondo? (pp. 166, euro 18,50, prefazione di G. Amato, postfazione di P. Bianco). Il volume, come premette Giuliano Amato, “è costruito su tre assi, che si intersecano e si integrano a vicenda: quello delle esperienze personali dell’autore […]; quello della narrazione delle singole vicende che hanno segnato il trascorso trentennio, dalla caduta del muro di Berlino alle guerre balcaniche, dalla guerra del Golfo all’11 settembre e quindi l’Afghanistan e l’Iraq, sino al crescere da ultimo del fenomeno migratorio e del terrorismo, mentre l’Unione Europea, dopo la svolta di Maastricht, ne viveva le conseguenze, buone ma anche cattive; infine il terzo asse, quello della visione complessiva, dal mondo com’era quando il trentennio iniziò a come è oggi, con gli inquietanti problemi che ci pone”.
D. Comincerei dalla domanda principe che sottotitola il suo stesso libro: “Quale posto per l’Italia nel mondo”? Focalizzando soprattutto sull’oggi, alla luce della sua esperienza e della storia

L’Italia di per sé è un grande Paese e potrebbe aspirare a un ruolo importante nell’area euro-mediterranea, compreso il Medio Oriente. Tuttavia la mancanza, a volte, di lungimiranza politica ha fatto sì che, nonostante le potenzialità, essa non riesca a sfruttarle al massimo, rimanendo rilegata diverse volte a ruoli marginali. Basti pensare, per rimanere nell’attualità, alla difficoltà dell’Italia a essere attore “di peso” nello scenario libico, sempre più intricato, ma di fondamentale importanza per i nostri interessi nazionali.

D. Se dovesse aiutare un giovane a capire con una metafora questo ruolo quali immagini, quali paragoni userebbe?

R. Come immagine mi piace pensare a un cavallo alato impossibilitato a volare perché legato a terra da numerosi lacci.

D. Il quadro degli equilibri mondiali, anche ormai fuori dalla Guerra Fredda e lontani dal Muro di Berlino, quali incertezze e instabilità esprime oggi?

R. Quest’anno ricorre l’anniversario dei trent’anni dalla caduta del muro di Berlino. Il mondo è cambiato molto da allora. Per prima cosa, la fine della Guerra Fredda ci ha portati da uno scenario con due poli principali a uno dove i “centri di gravità” si sono moltiplicati. Ci sono ancora gli Stati Uniti, ma con un peso relativo sempre minore. Attori come la Cina e l’India sono sempre più importanti dal punto di vista economico, ma anche da quello militare. Poi c’è la Russia che economicamente non può competere con gli altri, ma la cui forza militare è ancora notevole. Tra tutti questi attori c’è poi l’Unione Europea, gigante economico certo, ma ancora mancante di quella forza politico-diplomatica che potrebbe essere raggiunta tramite la creazione di una vera difesa comune per affiancare al soft-power quell’hard-power che funga da deterrente.

D. E il posto dell’Italia?

R. L’Italia dovrebbe continuare a rimanere nella sua linea d’appartenenza (Atlantico-europea) per contribuire al dialogo con le altre potenze, soprattutto per quanto concerne lo sviluppo dell’Africa. Il raggiungimento di questo obiettivo sarebbe un bene per tutti: aumenterebbe il benessere degli abitanti del continente, riducendo la spinta migratoria e aprendo nuove opportunità di mercato.

D. Quali sono le controversie e le aree nelle quali ci siamo distinti per capacità diplomatica?

R. L’Italia è stata presente nella maggior parte dei dossier internazionali importanti. Ad esempio, per rimanere negli ultimi trent’anni, nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Libia. In tutti questi teatri, il nostro contributo militare è sempre stato di alta qualità, ricevendo il plauso dei nostri alleati e spesso anche delle popolazioni locali. Quella che ci è mancata è la leadership complessiva della nazione, la classe dirigente e il sostegno anche patriottico della popolazione. Quest’ultimo è più forte in altri Paesi simili a noi come dimensioni: Regno Unito, Francia, Spagna e Germania. Ogni Paese ha la politica estera che si merita. Impariamo a tifare per l’Italia, non solo per i nostri club di calcio o per la nostra nazionale ai mondiali.

D. E le controversie invece in cui non abbiamo per niente brillato, se non demeritato?

R. Come dicevo prima, l’assenza di una leadership coesa ha fatto sì che fossimo sempre “a mezza classifica”. Per tornare al calcio, giochiamo al massimo in Europa League, mai Champions League. Preferiamo sempre uno 0-0 senza provare a rischiare per vincere, magari poi essendo sconfitti, ma cadendo in piedi.

D. Qual è il ruolo attuale dell’Italia nel consesso europeo e si è rasserenato l’orizzonte?

R. Il punto principale è che non possiamo permetterci di rimanere isolati politicamente in Europa. Le ragioni sono molte: prima di tutto da soli, economicamente e non solo, non possiamo andare da nessuna parte e rischieremmo di finire nella sfera d’influenza di altre potenze più grandi di noi. Inoltre, ci sono dossier, come quello dell’immigrazione, che non possiamo gestire da soli. Per questo motivo dobbiamo fare un lavoro diplomatico per costruire alleanze forti e davvero convenienti. Una via per contare di più al tavolo delle trattative è sicuramente mantenere in ordine i conti pubblici e avviare una crescita economica stabile.

D. Infine, una domanda molto personale: la missione più interessante della quale è stato protagonista nella sua carriera diplomatica.

R. Il primo e ultimo amore non si scordano mai. La mia prima missione, in Somalia, con l’entusiasmo del giovane diplomatico per la sua gente, i suoi spazi, il desiderio di contribuire a far uscire il Paese dal giogo del colonialismo. Poi gli Stati Uniti, la mia seconda patria, dove ho potuto confrontarmi con una società multietnica, incredibilmente ricca di risorse culturali e umane oltre che economiche, e portare l’Italia a rinsaldare e migliorare il tradizionale rapporto storico provando anche il “punching over the belt”, ossia cercando di dare al nostro Paese un maggior peso nelle relazioni rispetto alle sue dimensioni.

Intervista di Gino Dato a Giovanni Castellaneta, apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” dell’8 marzo 2021

A COLLOQUIO CON L’AMBASCIATORE GIOVANNI CASTELLANETA, OSSERVATORE ACUTO DELLE VICENDE A CAVALLO TRA L’USCITA DI SCENA DI DONALD TRUMP E L’INSEDIAMENTO DI JOE BIDEN. DA ALCUNE SETTIMANE È APPARSO IL SUO SAGGIO A PROPOSITO DI JOE. PRESENTE E FUTURO DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

La geopolitica è il crivello attraverso cui misurare le relazioni tra le potenze mondiali, tra gli Stati, e l’evoluzione della loro storia e di quella dei popoli. Se prendiamo in esame quella più recente degli Usa, un diplomatico come Giovanni Castellaneta, lunga carriera da civil servant al di sopra delle parti, numerosi incarichi diplomatici (tra cui consigliere diplomatico e sherpa per il G7/G20 del Presidente del Consiglio e Ambasciatore a Washington), appare perciò l’osservatore più acuto e duttile delle vicende a cavallo tra l’uscita di scena di Donald Trump e l’insediamento di Joe Biden.
Nel suo nuovo libro, A proposito di Joe. Presente e Futuro degli Stati Uniti d’America (Paesi Edizioni, pp. 176, euro 18, in collaborazione con Emiliano Battisti e Davide Tentori, Prefazione di Gianluca Comin), Giovanni Castellaneta squaderna, con lo sguardo dell’osservatore attento e diretto di molti degli eventi, la società americana più recente, fino al drammatico epilogo trumpiano e all’avvento di Biden, la cui vita e storia occupa le più pagine del saggio.

D. Eccellenza, ha conosciuto Biden personalmente? E che idea ha maturato di lui quando non era ancora in odore di presidenza?

R. Sì, l’ho incontrato in numerosissime occasioni sia da Presidente della Commissione Esteri del Senato sia nel primo periodo della Presidenza Obama, da Vicepresidente, qualche volta anche con la moglie Jill, come sappiamo di origine italiana. Abbiamo parlato spesso di temi di politica estera, ad esempio di Iran dove sono stato ambasciatore, delle problematiche mediorientali, della questione israelo-palestinese e del ruolo della Italia nel Mediterraneo allargato. Mi è sempre sembrato molto preparato, data anche la sua lunga esperienza oltre che una persona cordiale, schietta e anche ironica.

D. Le sue origini e la sua vita personale, di uomo temprato dalla sofferenza per le vicende familiari, quanto hanno influito sulla sua figura di politico?
R. La storia umana di Biden e della sua famiglia meriterebbe non solo uno, ma forse più libri dedicati. Dobbiamo immaginare un uomo di origini umili che, al momento di quello che sembra essere il culmine della sua carriera politica, essere eletto Senatore a pochi giorni dai suoi 30 anni, vede morire moglie e figlia in un tragico incidente stradale, in cui anche i figli maschi rimangono seriamente feriti. Nonostante ciò, non si perde d’animo e continua a servire il suo Paese facendo il pendolare tutti i giorni tra Washington DC e la sua casa in Delaware per stare vicino ai figli. È per questo che fu soprannominato “Amtrak Joe”. Un uomo normale insomma. Ultimamente, l’“uomo normale” è una figura molto ricercata in politica. Questo porta sicuramente dei vantaggi, ad esempio gli permette di rivolgersi agli americani da pari, come fosse uno di loro. Non va però dimenticato che la maggioranza degli elettori repubblicani ritiene il neo Presidente illegittimo, perché ha creduto alle teorie del complotto sui brogli alle elezioni presidenziali, gonfiate dall’ex Presidente Trump. Su di loro, questa “normalità” non avrà effetto, almeno non nel breve periodo.

D. Qual è l’essenza più profonda dello slogan di “vincere la battaglia per l’anima dell’America”, più volte ripetuto in campagna elettorale?

R. Si tratta del tentativo di sanare, o quantomeno mitigare, la profonda ferita che divide gli statunitensi in questo momento. Anni di polarizzazione politica e sociale hanno reso la situazione incandescente, fino a esplodere durante l’amministrazione Trump, che ha accentuato le divisioni. Sarà un compito difficilissimo stanti le attuali condizioni e visto anche quello che è successo il 6 gennaio al Congresso. Inoltre, c’è l’obiettivo di ristabilire l’immagine degli Stati Uniti come leader delle democrazie occidentali e portatori di idee di libertà e democrazia, prima di tutto recuperando i rapporti con gli alleati europei.

D. Quali sono le maggiori insidie che dovrà affrontare sul piano della politica interna così come su quello delle relazioni internazionali?

R. In politica interna, certamente l’ostilità dei repubblicani, ancora molto “trumpiani” se mi concede il termine, a cui aggiungere le divisioni interne ai democratici tra l’ala più moderata e centrista, che vorrebbe trovare punti d’incontro con gli avversari, e quella più liberal, incarnata da Alexandria Ocasio-Cortez, che invece di collaborare con i repubblicani non ne vuole proprio sentir parlare e spinge per sfruttare il momento per far passare misure molto “di sinistra” per gli standard americani, come ad esempio il salario minimo universale.
In politica estera, il dossier al momento più scottante è quello iraniano. Biden vorrebbe far ripartire l’accordo sul nucleare, ma Teheran chiede compensazioni per le sanzioni subìte dopo l’uscita degli USA voluta da Trump prima di sedersi al tavolo negoziale. Poi c’è la rivalità strategica, commerciale e tecnologica con la Cina, sulla quale la Casa Bianca vorrebbe anche uno schieramento compatto degli europei, al momento difficile da ottenere. Lo stesso discorso vale con la Russia.

D. Mi indica i primi significativi atti della sua nuova presidenza?
R. Il Presidente Biden ha fatto un numero record di executive orders nei primi giorni alla Casa Bianca, la maggior parte dei quali per smontare diversi provvedimenti dell’amministrazione Trump. Il più significativo a livello planetario penso sia il rientro nell’Accordo di Parigi sul clima. La presenza di Washington è fondamentale per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, oltre al fatto che Biden è consapevole di non poter lasciare la leadership in questo campo alla Cina.

D. A cavallo tra Trump e Biden, gli Stati Uniti hanno attraversato un momento assai grave. Di che salute gode la democrazia americana?
R. Indubbiamente il sistema ha retto. Tuttavia, le azioni di Trump prima, durante e dopo le elezioni hanno messo in luce tutte le crepe di un sistema che fu pensato nel 18° secolo per la situazione di quel secolo e per uomini di quel secolo e che, nonostante numerose modifiche, ne possiede ancora la maggior parte dei tratti. Per farle un esempio: le regole sulle contestazioni elettorali non sono molto chiare. I ricorsi di Trump, basati sul nulla, sono stati fermati solo grazie alla fermezza di giudici e amministratori federali e statali (soprattutto nominati dai repubblicani) che hanno scelto di non sottrarsi ai propri doveri e di resistere alle pressioni del Presidente.
Per concludere, Biden avrà il compito difficile di ristabilire nella popolazione la fiducia nelle istituzioni in quanto tale, non a corrente alternata in base a chi si trova in quel momento al Governo, che è il problema che stanno attraversando molte delle democrazie occidentali negli ultimi anni.

Intervista di Gino Dato a Giovanni Castellaneta, apparsa su “La Gazzetta del Mezzogiorno” dell’8 marzo 2021

A COLLOQUIO CON L’AMBASCIATORE GIOVANNI CASTELLANETA, OSSERVATORE ACUTO DELLE VICENDE A CAVALLO TRA L’USCITA DI SCENA DI DONALD TRUMP E L’INSEDIAMENTO DI JOE BIDEN. DA ALCUNE SETTIMANE È APPARSO IL SUO SAGGIO A PROPOSITO DI JOE. PRESENTE E FUTURO DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

La geopolitica è il crivello attraverso cui misurare le relazioni tra le potenze mondiali, tra gli Stati, e l’evoluzione della loro storia e di quella dei popoli. Se prendiamo in esame quella più recente degli Usa, un diplomatico come Giovanni Castellaneta, lunga carriera da civil servant al di sopra delle parti, numerosi incarichi diplomatici (tra cui consigliere diplomatico e sherpa per il G7/G20 del Presidente del Consiglio e Ambasciatore a Washington), appare perciò l’osservatore più acuto e duttile delle vicende a cavallo tra l’uscita di scena di Donald Trump e l’insediamento di Joe Biden.
Nel suo nuovo libro, A proposito di Joe. Presente e Futuro degli Stati Uniti d’America (Paesi Edizioni, pp. 176, euro 18, in collaborazione con Emiliano Battisti e Davide Tentori, Prefazione di Gianluca Comin), Giovanni Castellaneta squaderna, con lo sguardo dell’osservatore attento e diretto di molti degli eventi, la società americana più recente, fino al drammatico epilogo trumpiano e all’avvento di Biden, la cui vita e storia occupa le più pagine del saggio.

D. Eccellenza, ha conosciuto Biden personalmente? E che idea ha maturato di lui quando non era ancora in odore di presidenza?

R. Sì, l’ho incontrato in numerosissime occasioni sia da Presidente della Commissione Esteri del Senato sia nel primo periodo della Presidenza Obama, da Vicepresidente, qualche volta anche con la moglie Jill, come sappiamo di origine italiana. Abbiamo parlato spesso di temi di politica estera, ad esempio di Iran dove sono stato ambasciatore, delle problematiche mediorientali, della questione israelo-palestinese e del ruolo della Italia nel Mediterraneo allargato. Mi è sempre sembrato molto preparato, data anche la sua lunga esperienza oltre che una persona cordiale, schietta e anche ironica.

D. Le sue origini e la sua vita personale, di uomo temprato dalla sofferenza per le vicende familiari, quanto hanno influito sulla sua figura di politico?
R. La storia umana di Biden e della sua famiglia meriterebbe non solo uno, ma forse più libri dedicati. Dobbiamo immaginare un uomo di origini umili che, al momento di quello che sembra essere il culmine della sua carriera politica, essere eletto Senatore a pochi giorni dai suoi 30 anni, vede morire moglie e figlia in un tragico incidente stradale, in cui anche i figli maschi rimangono seriamente feriti. Nonostante ciò, non si perde d’animo e continua a servire il suo Paese facendo il pendolare tutti i giorni tra Washington DC e la sua casa in Delaware per stare vicino ai figli. È per questo che fu soprannominato “Amtrak Joe”. Un uomo normale insomma. Ultimamente, l’“uomo normale” è una figura molto ricercata in politica. Questo porta sicuramente dei vantaggi, ad esempio gli permette di rivolgersi agli americani da pari, come fosse uno di loro. Non va però dimenticato che la maggioranza degli elettori repubblicani ritiene il neo Presidente illegittimo, perché ha creduto alle teorie del complotto sui brogli alle elezioni presidenziali, gonfiate dall’ex Presidente Trump. Su di loro, questa “normalità” non avrà effetto, almeno non nel breve periodo.

D. Qual è l’essenza più profonda dello slogan di “vincere la battaglia per l’anima dell’America”, più volte ripetuto in campagna elettorale?

R. Si tratta del tentativo di sanare, o quantomeno mitigare, la profonda ferita che divide gli statunitensi in questo momento. Anni di polarizzazione politica e sociale hanno reso la situazione incandescente, fino a esplodere durante l’amministrazione Trump, che ha accentuato le divisioni. Sarà un compito difficilissimo stanti le attuali condizioni e visto anche quello che è successo il 6 gennaio al Congresso. Inoltre, c’è l’obiettivo di ristabilire l’immagine degli Stati Uniti come leader delle democrazie occidentali e portatori di idee di libertà e democrazia, prima di tutto recuperando i rapporti con gli alleati europei.

D. Quali sono le maggiori insidie che dovrà affrontare sul piano della politica interna così come su quello delle relazioni internazionali?

R. In politica interna, certamente l’ostilità dei repubblicani, ancora molto “trumpiani” se mi concede il termine, a cui aggiungere le divisioni interne ai democratici tra l’ala più moderata e centrista, che vorrebbe trovare punti d’incontro con gli avversari, e quella più liberal, incarnata da Alexandria Ocasio-Cortez, che invece di collaborare con i repubblicani non ne vuole proprio sentir parlare e spinge per sfruttare il momento per far passare misure molto “di sinistra” per gli standard americani, come ad esempio il salario minimo universale.
In politica estera, il dossier al momento più scottante è quello iraniano. Biden vorrebbe far ripartire l’accordo sul nucleare, ma Teheran chiede compensazioni per le sanzioni subìte dopo l’uscita degli USA voluta da Trump prima di sedersi al tavolo negoziale. Poi c’è la rivalità strategica, commerciale e tecnologica con la Cina, sulla quale la Casa Bianca vorrebbe anche uno schieramento compatto degli europei, al momento difficile da ottenere. Lo stesso discorso vale con la Russia.

D. Mi indica i primi significativi atti della sua nuova presidenza?
R. Il Presidente Biden ha fatto un numero record di executive orders nei primi giorni alla Casa Bianca, la maggior parte dei quali per smontare diversi provvedimenti dell’amministrazione Trump. Il più significativo a livello planetario penso sia il rientro nell’Accordo di Parigi sul clima. La presenza di Washington è fondamentale per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, oltre al fatto che Biden è consapevole di non poter lasciare la leadership in questo campo alla Cina.

D. A cavallo tra Trump e Biden, gli Stati Uniti hanno attraversato un momento assai grave. Di che salute gode la democrazia americana?
R. Indubbiamente il sistema ha retto. Tuttavia, le azioni di Trump prima, durante e dopo le elezioni hanno messo in luce tutte le crepe di un sistema che fu pensato nel 18° secolo per la situazione di quel secolo e per uomini di quel secolo e che, nonostante numerose modifiche, ne possiede ancora la maggior parte dei tratti. Per farle un esempio: le regole sulle contestazioni elettorali non sono molto chiare. I ricorsi di Trump, basati sul nulla, sono stati fermati solo grazie alla fermezza di giudici e amministratori federali e statali (soprattutto nominati dai repubblicani) che hanno scelto di non sottrarsi ai propri doveri e di resistere alle pressioni del Presidente.
Per concludere, Biden avrà il compito difficile di ristabilire nella popolazione la fiducia nelle istituzioni in quanto tale, non a corrente alternata in base a chi si trova in quel momento al Governo, che è il problema che stanno attraversando molte delle democrazie occidentali negli ultimi anni.

Fonti:

Merkel-out. Tutte le strade portano a Roma (e a Draghi)?


https://www.corrierecomunicazioni.it/lavoro-carriere/exprivia-lex-ambasciatore-usa-castellaneta-entra-nel-cda/

www.esteri.it/mae/resource/doc/2015/01/stati_servizio_cessati.pdf

“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 8 luglio 2019

“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 8 marzo 2021

POTREBBE INTERESSARTI