TONELLI LEONIDA

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TONELLI LEONIDA

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Matematico, tra i maggiori analisti italiani del Novecento. Insegnò in varie Università italiane, ed ebbe un grande ruolo nel risollevare gli studi matematici presso l’Università di Pisa. Socio dell’Accademia dei Lincei, da cui nel 1927 gli fu conferito il Premio Reale per la Matematica. Tonelli ha ricevuto la Medaglia di Bronzo al valor militare per alcune sue gesta durante la Prima guerra mondiale.

Leonida Tonelli nacque a Gallipoli il 19 aprile 1885. La famiglia era di origine veneta: il padre, Gaspare Tonelli, si era trasferito nel leccese qualche anno prima come impiegato presso l’ufficio doganale, accompagnato da sua moglie Giuseppina Bichi. La prima infanzia di Tonelli passò, baciata dal sole salentino, tra le sabbiose costiere gallipoline e la marcata vivacità pugliese, che tanto differiva dal temperato spirito veneto. La famiglia ebbe poco tempo per integrarsi nella società della “Perla dello Jonio”, dove il soggiorno fu ridotto per i trasferimenti di lavoro che resero per diversi anni la famiglia itinerante lungo lo Stivale. Presto gli impieghi paterni portarono i destini altrove, a Gemona, poi Pavia e infine Pesaro. Nella città marchigiana Leonida Tonelli completò i suoi studi superiori con ottimi risultati frequentando il locale istituto tecnico. Sui banchi scolastici il giovane studente accrebbe l’attrazione per la matematica, che lo affascinò in particolar modo con l’analisi.

Nell’autunno del 1902 Tonelli scelse di iscriversi alla Facoltà di Matematica dell’Università di Bologna, centro assai prestigioso per questo tipo di studi. Di fatto, tra i suoi maestri vi furono alcuni tra i nomi più celebri della matematica di inizio Novecento, come Salvatore Pincherle, Federico Enriques, Luigi Donati e Cesare Arzelà. Quest’ultimo, che a Bologna insegnava Calcolo, fu il docente prediletto per completare il percorso universitario: nell’estate del 1907, con un minimo ritardo dovuto a motivi di salute, Tonelli discusse con Arzelà una tesi sui Polinomi di approssimazione di Tchebychev. Ne conseguì una memoria di 73 pagine, che venne pubblicata sugli Annali di Matematica nel 1908. Incoraggiato dal maestro e vista spiccata predisposizione verso la regina delle scienze esatte, lo studente scelse di proseguire con la ricerca. Dopo la laurea conseguita con lode, e malgrado il disappunto del suo relatore, divenne assistente di Salvatore Pincherle, col quale si occupò principalmente di Algebra e Geometria analitica. In questo periodo, Tonelli si occupò di diversi insegnamenti e corsi di esercitazioni, sia per conto di Pincherle che del suo primo maestro Arzelà. Il fatto che i due grandi matematici si contendessero l’aiuto del promettente allievo era chiara prova del suo talento matematico.

Nel 1910, mentre proseguiva i suoi studi e portava avanti l’insegnamento nei corsi a lui affidati, Tonelli conseguì la libera docenza in Analisi infinitesimale. Fu il trampolino di lancio da cuiavviare la sua carriera. L’anno successivo tentò il concorso in Analisi infinitesimale all’Università di Parma, dove risultò vincitore. Ma, per ritardi burocratici e per l’intercorsa infermità di Arzelà, l’espletamento del concorso non venne più convalidato, e il posto rimase vacante. Fortunatamente, Tonelli aveva tentato anche un concorso a Cagliari, dove, ancora vincitore, venne nominato professore di Analisi infinitesimale nel 1913. Ma Parma, evidentemente, era nel suo destino. Nel 1914, una volta riaperto il concorso ingiustamente non assegnato in precedenza, riuscì a stabilirsi presso l’Ateneo tanto ambito, dove restò titolare fino al 1922. Nel luglio del 1917, poco più che trentenne, venne promosso a professore ordinario. L’Italia, però, aveva fatto il suo ingresso nella Grande guerra, e ciò comportò il distacco, per il periodo bellico, dagli studi matematici e la conseguente sospensione della ricerca attiva.

Alla Prima guerra mondiale Leonida Tonelli partecipò come volontario: seppur ritenuto non idoneo alla vita militare, si sottopose a un intervento pur di prendervi parte. Per i primi due anni fu di stanza in Macedonia; venne poi trasferito sulle Alpi, alla VII armata, dove, a detta dei suoi superiori, il giovane militare-matematico si distinse come ufficiale di eccezionali qualità. Tonelli fu tra i protagonisti della riconquista di Mezzolombardo; fu il primo, si ricorda, a issare la bandiera italiana la mattina del 4 novembre 1918, una volta che il territorio tornò sotto il dominio italiano. Per la sua azione militare, vennero conferiti a Tonelli la Medaglia di Bronzo al Valor militare, la Croce al Merito di guerra, due promozioni e due encomi. Così recita la motivazione per la Medaglia: «A capo di una audacissima pattuglia portava arditamente lo scompiglio tra le truppe nemiche in ritirata, catturando reparti e materiali, e, primo tra tutti, issava la bandiera d’Italia in Mezzolombardo, facendovi prigioniero un comandante di divisione austriaco». Conclusa la guerra, tornò dunque all’insegnamento a Parma.

Con i primi anni Venti, il matematico fece ritorno nel suo ateneo di formazione. Nel 1922, anche grazie al sostegno di Pincherle, venne chiamato a Bologna per insegnare Analisi superiore. Nel 1928, per via del pensionamento del suo maestro, fu proprio Tonelli a sostituirlo sulla cattedra di Analisi infinitesimale. Con la posizione ricoperta e per la notorietà che andavano guadagnando i suoi studi, gli anni Venti portarono successi e riconoscimenti: nel 1923 l’analista matematico vinse la Medaglia d’oro dell’Accademia nazionale delle Scienze; divenutone socio per corrispondenza, fu premiato anche con il Premio Reale per la Matematica dell’Accademia dei Lincei del 1925. In questo periodo videro la luce importanti studi: i due volumi sui Fondamenti di Calcolo delle variazioni, scritti tra il 1921 e il 1923, e le Serie trigonometriche del 1928. Non fu, comunque, un periodo di crescita soltanto dal punto di vista matematico: nel 1927 Tonelli sposò Maria Rondelli, zoologa, con cui ebbe due figli. Nel maggio del ’25, Tonelli fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Eppure, col fascismo, il matematico avrebbe mantenuto un rapporto critico ma a lungo formale, probabilmente in conseguenza del ruolo accademico ricoperto.

Il dissenso non bastò, comunque, a far sottacere riguardo la sua fama scientifica. Su invito e insistenza del filosofo Giovanni Gentile, allora Commissario della Scuola Normale Superiore, nel 1930 Leonida Tonelli fu chiamato a Pisa.

Non per un motivo qualunque: nella convinzione di Gentile, Tonelli era l’unico in grado di poter risollevare gli studi matematici del prestigioso centro pisano. E, in effetti, Gentile ebbe ragione, in quanto il matematico fu in grado di ridare luce ai fasti dell’Istituto col suo insegnamento e con la sua attività di ricerca. Negli anni Trenta, d’altronde, la fama scientifica di Leonida Tonelli era giunta già al suo apice. Della fortuna del suo insegnamento approfittarono numerosi studenti, tra i quali si distinsero presto diversi allievi che avrebbero influito sulla matematica nazionale dei decenni successivi. Con la sua attività, ridiede lustro anche agli Annali della Scuola Normale di Pisa, rivista di cui divenne direttore. Di fatto, Tonelli è stato uno dei maggiori analisti matematici del XX secolo, che rivestì un ruolo di primo piano nel calcolo delle variazioni e delle trigonometrie, di cui si era principalmente occupato. Ebbe anche grande interesse anche verso l’Analisi reale, nel cui campo contribuì con il teorema di Fubini-Tonelli.

Tra le riscoperte glorie pisane, Tonelli restò docente alla Normale di Pisa per il resto della sua vita, salva una parentesi di insegnamento condivisa con Roma tra il 1939 e il 1942 (più che altro nominale). A Roma fu docente aggregato anche per l’INdAM (Istituto Nazionale di Alta Matematica). Nella città toscana, a Seconda guerra mondiale ormai nel vivo, il “vecchio” militare si distinse ancora per qualche azione che andava oltre la sola competenza matematica: durante l’occupazione tedesca mise in salvo numerose opere dell’Istituto pisano, e, sciolta ogni riserva nei confronti del regime, collaborò con i partigiani mettendo a disposizione dei nascondigli. Di Pisa, ormai, era più che un illustre docente. A guerra conclusa, venne coinvolto nella vita politica e nominato vicesindaco del comune toscano. Non avrebbe vissuto a lungo nel Dopoguerra, tuttavia. Il 12 marzo 1946, a sessant’anni, morì a Pisa a causa di un attacco renale. Fu sepolto nel cimitero monumentale cittadino insieme ad altri nomi illustri che avevano arricchito la fama scientifica della città. Autore di più di cento memorie e note matematiche, Leonida Tonelli ha lasciato un segno indelebile del suo passaggio nella matematica italiana, di cui è rimasta traccia attraverso gli studi successivi di suoi validi allievi come Lamberto Cesàri, Alessandro Faedo o Guido Stampacchia.

Il ruolo scientifico di Leonida Tonelli venne riconosciuto negli anni della sua attività anche attraverso numerose nomine in comitati scientifici, riviste e società scientifiche: fu membro del consiglio direttivo del Circolo matematico di Palermo e membro del comitato di redazione degli Annali di matematica pura e applicata. Inoltre, oltre che socio dei Lincei per corrispondenza, venne eletto membro della Pontificia Accademia delle Scienze, componente tra i XL della Società Italiana delle Scienze, socio dell’Accademia delle Scienze di Bologna e socio dell’Istituto lombardo di scienze e lettere. Non ultimo, Tonelli divenne anche socio dell’Accademia delle scienze di Torino. Nella natia Gallipoli, che mai ha dimenticato il celebre cittadino, una via è intitolata in suo nome. Nel cortile universitario di Pisa, una lapide in suo onore racconta ai più il suo passaggio: «L’Università ricorda tra i suoi maestri più insigni Leonida Tonelli, matematico che dischiuse nuove vie alla ricerca, modello di civiche virtù in pace e in guerra».

Fabio Lusito

Quella passione per i numeri ecco le beautiful mind pugliesi

La matematica non è poi proprio «materia di conti», semmai questi ultimi sono solo un corollario utile agli aspetti economici e statistici della vita giornaliera. Nella sua essenza la matematica è una forma di rappresentazione e di articolazione di idee ed è indifferente se queste ultime siano il frutto di sogni o scaturiscano dall’ osservazione della realtà fisica tangibile. Una volta che siano rappresentate con un linguaggio, che è poi quello costituito dai simboli che albergano le formule, delle idee si analizzano le connessioni e le si organizza in maniera consequenziale, nello sforzo continuo di renderle quanto più possibile scevre da forme di precomprensione, tutto sommato di pregiudizio. Il manifesto di Isaac Newton, hypotheses non fingo (cioè «alla base del mio ragionamento non vi è alcuna ipotesi che non abbia esplicitamente dichiarato»), è una sorta di imperativo morale, l’impegno alla pulizia dei pensieri, essenzialmente l’impegno a non millantare. Non è forse diffusa la percezione che la terra di Puglia abbia una consistente tradizione nella ricerca matematica. Eppure, questa tradizione esiste, è profonda ed è caratterizzata da personalità non usuali. Il mero elenco delle persone coinvolte fornisce la corretta misura.

Leonida Tonelli nacque a Gallipoli nel 1885 e si spense a Pisa nel 1946. A lui si devono i metodi diretti del calcolo delle variazioni, metodi che permettono di qualificare (e talvolta quantificare) quel principio “economico” che suggerisce che in natura i corpi tendano ad assumere stati in cui la quantità di energia che essi devono “contenere” è minima. I metodi diretti ed il calcolo delle variazioni tutto ebbero successivamente un drastico impulso con l’opera ricca ed immaginifica di Ennio De Giorgi, nato a Lecce nel 1928 e spentosi a Pisa nel 1996. De Giorgi ha aperto interi campi di studio, scavando nuove strade, indicando analogie, suggerendo congetture, risolvendo problemi quali il diciannovesimo dei ventitré problemi fondamentali che David Hilbert pose nel 1900 alla comunità scientifica durante una quasi oscura conferenza al quadriennale congresso mondiale dei matematici a Parigi. De Giorgi era maestro nella sostanza e nella forma dell’insegnamento: l’impegno indefesso sia nella ricerca che nelle organizzazioni in difesa dei diritti umani sono la cifra dell’uomo. La storia non finisce qui, e, invero, neanche comincia qui. Già prima di Tonelli, studiosi pugliesi si erano distinti nella matematica pura ed applicata. Federico Schiavoni (Manduria, 1810; Napoli, 1894) fu astronomo e geodeta e scrisse il primo trattato di geodesia in Italia. Orazio Tedone (Ruvo di Puglia, 1870; Pisa, 1922) si distinse nella fisica matematica, intraprendendo una strada che avrebbe poi portato Hermann Minkowki a suggerire una struttura metrica unica per lo spazio-tempo. Alla sua attività scientifica si accompagnò anche l’impegno sociale in supporto degli emigranti meridionali. L’ oggi è multiforme. I Dipartimenti di matematica delle Università pugliesi lavorano attivamente ed hanno nel loro personale docente molti giovani e meno giovani che nella Puglia hanno avuto i natali. Pugliesi che della matematica hanno frequentazione costante lavorano in altri atenei italiani o esteri (ricordo uno per tutti: Luigi Ambrosio che insegna alla Scuola Normale Superiore di Pisa e di De Giorgi è stato allievo). La storia della matematica non è solo, però, mera collezione di date di onori e scoperte e racconto di aneddoti. Essa fornisce indicazioni essenziali sull’ intimo, reale sviluppo delle idee ad essa connesse. L’ immagine che la matematica nasca di per sé come un corpus logico essenzialmente consequenziale è solo l’effetto del modo in cui sono strutturati i trattati che distillano il lavoro di anni e di decine, a volte di centinaia, di studiosi. La realtà è molto più fervida: un ricercatore prima sente (nel senso che percepisce) la natura di un teorema, poi e solo poi cerca il modo di dimostrarlo (e spesso si dispera nel farlo, in taluni casi scontrandosi con l’insuccesso).

In questo processo la matematica rivela d’ essere una forma d’arte, ma essa è anche un linguaggio, uno strumento qualitativo e quantitativo che è essenziale per le altre scienze pure ed applicate nella descrizione dei fenomeni di cui esse si occupano. Ad esempio, è completamente illusorio pensare che la formazione tecnologica superiore possa prescindere da una formazione matematica di base “ragionevolmente” profonda. è sano e produttivo che, nella scelta del percorso universitario, gli studenti seguano le proprie inclinazioni: si riduce in tal modo la possibilità di frustrazioni personali e si incrementa la probabilità di un lavoro perché ciò che piace viene fatto bene ed il far bene aiuta. Talvolta però la curiosità e la propensione personale verso le materie scientifiche, in particolare verso la matematica, sono frenate dalla «paura delle formule». La conoscenza di come le idee si sono formate e del tipo di attività giornaliera che hanno coloro che di formule si occupano probabilmente è un buon mezzo per allontanare questa paura e seguire la propria inclinazione. è altresì anche una strada (valida poi per qualsiasi disciplina) che spinge lentamente ad andare a fondo, ad avere una percezione quanto più profonda possibile delle cose di cui ci si occupa e che si studiano. Il seguirla genera una consapevolezza che aiuta a distinguere la sostanza dall’ apparenza, l’oro dall’ ottone, l’argento dal peltro, sebbene argento e peltro possano essere presentati da alcuni in maniera luccicante. L’importanza che tutto ciò ha per uno studente che prepara sé stesso a inserirsi e operare nella società non ha bisogno di ulteriori commenti. (l’autore è docente all’Università di Firenze).

 

PAOLO MARIA MARIANO 01 settembre 2007 La Repubblica

 

Link: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/09/01/quella-passione-per-numeri-ecco-le-beautiful.html

LEONIDA TONELLI

Leonida Tonelli era nato a Gallipoli (Lecce) da famiglia veneta il 19 aprile 1885; è morto a Pisa il 12 marzo 1946.

Studiò all’Università di Bologna avendo come maestri, fra gli altri, Cesare Arzelà e Salvatore Pincherle e vi si laureò nel 1907. Nel 1913 fu nominato professore di Analisi algebrica all’Università di Cagliari dove rimase un anno. Nel 1914 passò, per concorso, alla cattedra di Analisi infinitesimale all’Università di Parma che tenne fino al 1922 salvo la parentesi della guerra a cui partecipò volontariamente. Nel 1922 fu chiamato all’Università di Bologna; nel 1930 passò a Pisa, su invito di Giovanni Gentile che gli promise condizioni molto favorevoli nella fondata speranza che egli potesse, come effettivamente avvenne, risollevare le sorti di quella scuola matematica che, per alcuni anni, era stata la prima in Italia. E a Pisa egli restò, di fatto, sino alla morte, nonostante un trasferimento all’Università di Roma nel 1939-42, che restò sostanzialmente solo nominale. A Pisa Tonelli diede, fra l’altro, nuovo lustro agli Annali della Scuola Normale Superiore e formò vari, valorosi allievi. È sepolto, accanto a Ulisse Dini e a Luigi Bianchi, nel famoso Cimitero Monumentale della città.

Tonelli fu uno dei maggiori analisti italiani di questo secolo. Ha impresso la sua orma soprattutto nel Calcolo delle variazioni, con un utilizzo assai sofisticato dei cosiddetti “metodi diretti”. I funzionali che in esso compaiono, nel cosiddetto “problema più semplice del Calcolo delle variazioni”, pur non essendo in generale continui, sono però quasi sempre semicontinui e questo basta per assicurare l’esistenza del loro minimo o del loro massimo. Altri suoi importantissimi lavori riguardano le serie trigonometriche, specie quelle doppie, cui dedicò un grosso trattato. Si interessò molto di Analisi reale: è degli anni immediatamente successivi alla laurea il classico teorema (noto come “teorema di Fubini-Tonelli”) relativo al calcolo di un integrale doppio mediate due successivi integrali semplici, seguito da poderosi studi altri studi sulla moderna Teoria dell’integrazione e della quadratura delle superfici in forma cartesiana.

Fu socio dell’Accademia dei Lincei – che nel 1927 gli aveva conferito il Premio Reale per la Matematica – e di varie altre Accademie, fra cui la Pontificia.

Necrologio: “Rend. Lincei”, (8) 4 (1948), pp. 594-619 (G. Sansone); “Riv. Univ. Parma”, 1 (1950), pp. 157-188 (A. Mambriani); «In Memoriam», vol. commem. a cura dell’Univ. di Pisa (1958).

MATEPristem

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