D’ELIA MICHELE e D’ELIA BELLI PINA

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D’ELIA MICHELE e D’ELIA BELLI PINA

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Valorizzatore di beni architettonici ed artistici di Puglia e Basilicata, dal1982 direttore dell’Istituto centrale del Restauro di Roma; sua moglie

D’ELIA BELLI PINA, 1934 – 2018 storica dell’arte, responsabile della Pinacoteca provinciale di Bari e docente di Storia dell’arte medioevale all’Università.

Lo storico dell’arte Michele D’Elia (Grumo Appula, 1928 – Bari, 2012) ha legato la sua notorietà in particolare allo studio e valorizzazione del patrimonio culturale del Mezzogiorno e all’attenzione dedicata ai temi del restauro e della formazione dei restauratori.
È stato funzionario, e in seguito soprintendente, nei ruoli del Ministero dei Beni Culturali, e docente universitario.
Negli anni 1988-1991 è stato Direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro (ora ISCR).
Nel 2008 gli era stata conferita la cittadinanza onoraria di Matera. La creazione della sede SAF di Matera deve molto al suo impulso e al suo progetto maturato negli anni di direzione ICR.
I temi affrontati

Durante la sua carriera di storico dell’arte al servizio dello Stato e delle comunità locali, Michele D’Elia ha affrontato e posto all’attenzione dei politici, dell’amministrazione pubblica e dei cittadini, alcuni dei problemi cruciali del patrimonio artistico.

Sull’importanza del censimento dei beni culturali D’Elia scrisse già nel 1972, raccomandando alle Soprintendenze la predisposizione di un “inventario dei beni storico artistici” quale utile strumento contro i numerosi furti e specificando che il passaggio dal concetto di opera d’arte a quello di bene culturale aveva portato a un notevole incremento di numeri ai quali far fronte con un allargamento dei catalogatori.

L’idea peraltro si rivelò predittiva e felice quando poté fronteggiare l’emergenza post-terremoto.

Un panino e un bicchiere d’acqua,i compagni che sono bastati in aeroporto a colpirmi di Michele D’Elia. E’ con Raffaello De Ruggiero,aspettano il volo per Roma dove hanno una coincidenza per Pisa. Loro,il gruppo di Zetema,la società che si occupa di valorizzazione di beni architettonici e artistici della Basilicata, i restauratori della Cripta del Peccato Originale, sono stati chiamati a risolvere i problemi della Torre di Pisa, metterci un puntello per evitare che crolli nei prossimi cinquant’anni. Non è cosa da poco.
Di D’Elia sento parlare da decenni, da quando un primo volume di saggi in suo onore ne festeggiò i settant’anni,ma un secondo delle edizioni Paparo si è aggiunto in questi giorni per gli ottanta, che Michele ha compiuto battendosi da leone contro la malattia più insidiosa del secolo. Volumi poderosi prefati da stringati racconti di Pina Belli,la compagna di una vita,cioè dal 1957,quando per caso si sono incontrati in Francia. Lui era allora allievo di Adriano Prandi in Storia dell’Arte a Bari e di Mario Salmi alla Scuola di Perfezionamento a Roma. Andava inseguendo a quei tempi Francesco Laurana,lo scultore che ha legato il suo nome al Castello Aragonese di Napoli. Laurana forse era stato in Puglia,si diceva a Santeramo e una bella maternità, un bassorilievo di marmo,oggi nella cattedrale del paese murgiano,si accompagnava a un paio di sculture sistemate in una cappella funeraria. Su Laurana avrebbe pubblicato degli “Appunti per la ricostruzione dell’attività” e delle “Ipotesi sull’attribuzione del bassorilievo”. Perchè questa degli storici dell’arte è diventata un’attività da detective o da cani da tartufo. C’erano molti se e molti ma sul Laurana,il giovane D’Elia si allenava a quello che sarebbe stato il suo mestiere futuro,il cercatore di presenze,il cacciatore di beni d’arte che dessero dignità alle regioni del Sud.
Scrivere lui ha scritto poco,per nulla preoccupato di lasciare una traccia. Ha scritto per necessità, articoli brevi,saggi circostanziati ma con finalità civili, o al più prefazioni a cataloghi di mostre delle quali era curatore. Michele D’Elia è un pragmatico,un uomo indefinibile,appassionato di storia dell’arte,un tecnico,ma anche un politico,un provocatore di eventi e un appassionato difensore dei beni del territorio. Io amo di lui proprio questa passione,oltre all’uomo che consuma panini,ti parla con affabilità,dimentico che potrebbe essere oggi un Ministro dei Beni Culturali o un Rettore Magnifico. L’uomo che una sera a Matera, a palazzo Lanfranchi mi chiede un passaggio fino a Bari e che risponde con dolcezza alle mie curiosità,mi racconta le guerre combattute dopo il terremoto dell’80 per evitare la dispersione dei fondi ministeriali, quelle avviate per creare a Matera un Istituto del Restauro, le sue scarpinate tra conventi badie chiese rupestri cattedrali,in cerca di Icone da salvare,di opere alle quali cercare una paternità, una lunghissima indagine tra dipinti orfani e sculture abbandonate. Come dire, un profeta che prova a chiamare a raccolta un popolo,per dirgli che custodisca il suo patrimonio,perché lo possiede e non lo sa,lo ha ereditato e non se n’è ancora accorto.
Si fa partire tutto dal 1964,anno in cui si inaugura una mostra epocale sull’ Arte in Puglia dal Tardo Antico al Rococò. Tre anni dopo Michele abbandona la politica e l’università per accettare la nomina di Ispettore Storico dell’Arte alla Soprintendenza di Bari. Che allora comprendeva anche la Basilicata.
Amministratore nella natia Grumo Appula e ricercatore a Bari,aveva deciso di far scoppiare la propria esistenza e lasciare l’Accademia. Non faceva per lui,troppe pastoie. A quei tempi aveva studiato Giorgio da Sebenico e Costantino da Monopoli,ma si era fatto un’idea precisa di ciò che occorreva,un museo che accogliesse la produzione artistica pugliese e una qualche attenzione dell’università al territorio. Aveva battuto l’indice sul tema del territorio, con studenti e politici, troppa distrazione,troppi occhi chiusi. Dal Gargano al Salento aveva visitato le sagrestie e le chiese, in treno,aveva chiesto in prestito opere che i preti non custodivano con rispetto ma di cui diventavano improvvisamente gelosi. Nel ’65,Michele compila finalmente una Storia della Pittura in Puglia per la Sansoni e fonda quella Pinacoteca Provinciale che più tardi sarebbe stata diretta da Pina Belli e oggi da Clara Gelao.Nel frattempo pubblica saggi su Carlo Rosa e su Cesare Fracanzano,su Paolo Finoglio e i pittori alla corte di Conversano, sul Barocco pugliese. Intanto si preoccupava di sostenere la fondazione dei musei di Foggia e il Pomarici Santomasi di Gravina,la Galleria d’Errico a Matera,il Museo Nicolaiano di Bari. Bisognava tutelare un patrimonio che si scopriva ricchissimo, sparso tra Puglia e Basilicata, affidato alla noncuranza dei sacerdoti se non abbandonato a se stesso e minacciato dai furti e dal degrado.
La Proposta per un censimento apparsa in una rivista del ‘72 lancia una nuova idea, quella di organizzare gruppi di ricerca nelle province,mentre si snocciolano sondaggi sullo stato dei beni in forma di articoli,da Il mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto a una Lettera sulla Veterana di Bitetto a La civiltà rupestre medievale nel Mezzogiorno d’Italia. Fino alla monumentale mostra del 75 sul Romanico in Puglia e nel 79 a Palazzo del Seminario a Potenza sui Restauri delle opere lucane di età rinascimentale. Nel 1987 la nomina a direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro, qualche anno prima del pensionamento. Ma D’Elia non è tipo da mettersi in pantofole,ama la Basilicata quanto e più della Puglia e accetta di occuparsi di Zetema. Su e giù allora col treno delle Appulo-lucane per avviare il museo laboratorio della Casa di Ortega a Matera e poi quel Musma di cui la città dei Sassi va oggi orgogliosa,il museo della scultura contemporanea in Palazzo Lanfranchi,al quale appongono la propria firma De Ruggiero e Peppino Appella.

Raffaele Nigro

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/403661/morto-a-bari-ad-84-anni-michele-delia-e-larte-di-difendere-la-cultura.html

Michele D’Elia e l’arte di difendere la cultura
di GIACOMO ANNIBALDIS

È stato un pioniere, un ricercatore di pepite d’oro, Michele D’Elia, scomparso ieri a Bari, all’età di 84 anni. Un uomo che non si era rassegnato a pensare alla sua Puglia e alla Basilicata come territori di un patrimonio culturale minore; e che aveva applicato tutte le sue energie alla riscoperta e alla valorizzazione dell’arte e delle sue tracce nelle nostre regioni. In ciò ha costituito insieme alla sua compagna Pina Belli una formidabile macchina da guerra per il recupero della nostra identità
16 Ottobre 2012

È stato un pioniere, un ricercatore di pepite d’oro, Michele D’Elia, scomparso ieri a Bari, all’età di 84 anni. Un uomo che non si era rassegnato a pensare alla sua Puglia e alla Basilicata come territori di un patrimonio culturale minore; e che aveva applicato tutte le sue energie alla riscoperta e alla valorizzazione dell’arte e delle sue tracce nelle nostre regioni. In ciò ha costituito insieme alla sua compagna Pina Belli una formidabile macchina da guerra per il recupero della nostra identità, che è fatta di tesori invidiabili, eppure poco noti. Difatti, se si lancia uno sguardo a ritroso, risulta difficile pensare al nostro patrimonio culturale senza accostarlo alla sua figura, alla sua energica attività.

Per oltre mezzo secolo Michele D’Elia è stato al servizio della nostra cultura. Iniziò infatti nel 1958, giovane «conservatore» della Pinacoteca provinciale di Bari, la sua operosa attività di «scavo» – un lungo percorso di riscoperta e di affermazione – tra i tesori apulo-lucani che erano lì sotto gli sguardi di tutti, ma che apparivano invisibili. Si potrebbe quasi parlare di una marcia vittoriosa che lo impegnò nel triennio 1960-‘63 a una campagna sistematica di ricognizione del patrimonio di opere d’arte «mobili» (statue, quadri, arredi…) di Puglia. I risultati confluirono nella fondamentale «Mostra dell’arte in Puglia dal Tardo-antico al Rococò», inaugurata nel luglio 1964 nella Pinacoteca di Bari. Fu costituita allora una «pietra angolare», che Michele D’Elia rievocava così nel 2008, allorché gli fu dedicato a Bari, dal presidio «LibrArte», un «omaggio» per i suoi 80 anni: «Allora ero un incosciente. E con una moglie altrettanto incosciente (Pina Belli) battevo tutta la Puglia, il sabato e la domenica, per paesi e città. La macchina ci era stata offerta da Matteo Fantasia. Mettemmo insieme più di duecento opere per la rassegna».

Ma la mole delle opere catalogate – confidava – era senza dubbio maggiore. D’Elia era convinto che non si ama ciò che non si conosce (quasi si potesse parafrasare il celebre spot contro l’Aids, ma all’inverso: «Se lo conosci, lo apprezzi»). Rovistare nelle chiese, negli archivi, nelle sacrestie, e poi: inventariare, catalogare. Questo è il primo comandamento per salvare ciò che di bello ci circonda. E D’Elia lo ribadì quel giorno, sottolineando le sue origini di Grumo Appula (Bari): «Sono meridionale, e dell’interno. Come risolvere il problema? Fomentando la nascita di associazioni culturali locali. Come fiancheggiatori, e come tutori. Ce n’erano già qua e là, a Massafra per esempio, e a Matera. Ma io ne favorivo la nascita anche presso le parrocchie e i comuni. Facevo loro delle lezioni di catalogazione e di pre-inventario».

Lo stesso coinvolgente metodo fu applicato in seguito anche in Basilicata, allorché nel ‘77 D’Elia divenne sovrintendente ai Beni artistici e storici della regione lucana, con sede a Matera. E anche qui si rivelò di un’efficacia sorprendente, soprattutto quando, nel 1980, la regione fu colpita dal sisma: grazie alle associazioni e agli inventari fino allora compilati, si poté salvare tutto. C’era insomma una ricchezza considerevole in Puglia e in Lucania, e bastava, come nella fiaba del campo e del tesoro, scavare, dissodare… La salvezza di opere d’arte è ormai affidata all’aneddotica: a Giovinazzo, per fare un esempio, si ritrovò un’icona della Vergine negli interstizi dell’abside della cattedrale; era tagliata in due e rischiava di essere «gettata via»; lui la salvò e restaurò, esponendola in Pinacoteca (ma dopo molti anni è stata reclamata dalla cittadinanza).

A Conversano, invece, grazie al suo interessamento poté arrivare il ciclo della «Gerusalemme liberata», i meravigliosi teleri del Finoglio che erano stati messi all’asta e furono comprati dalla Provincia e affidati alla città. Pittori, scultori, ceramisti, ebanisti… il patrimonio pugliese e quello lucano incominciarono a riemergere dalle nebbie dell’indi – stinto. E accanto ad esso iniziò anche a configurarsi il patrimonio «immobile», quello delle chiese, dei castelli, delle cripte rupestri, dei palazzi… che ancora oggi dona più lustro, soprattutto alla Puglia. Fu infatti nel 1975 che ai pugliesi fu offerto uno sguardo d’insieme – e quanto sorprendente! – nella celebre mostra «Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo», sempre alla Pinacoteca di Bari.
Dal 1982 Michele D’Elia fu impegnato in cariche nazionali, tra le quali spicca senza dubbio la direzione dell’Istituto centrale del Restauro di Roma. Il testimone fu lasciato a Pina Belli e ai suoi numerosi «allievi». E tuttavia mai D’Elia se n’è stato con le mani in mano. Ad esempio, da ultimo – forte delle sue conoscenze romane e convocando i maggiori restauratori d’Italia – è stato il fautore con gli amici di Zètema (l’associazione per la valorizzazione del patrimonio artistico lucano) della rinascita di quella «Sistina rupestre» che è la cripta del Peccato Originale, presso Matera.

Orgogliosamente, D’Elia sosteneva, con un certo campanilismo: «La nostra arte comincia un po’ prima di Giotto». Un lungo «apostolato» quello di Michele D’Elia. Largo e democratico, per quella voglia di coinvolgere la comunità; e non delegare tutto alle istituzioni e alla politica. Questo il suo lascito testamentario.

http://www.pinacotecabari.it/index.php/servizi-al-pubblico/biblioteca-specializzata

Biblioteca d’arte “Michele D’Elia”

La biblioteca d’arte “Michele D’Elia”, aperta al pubblico dal 12 febbraio 2013, è situata al 3° piano del Palazzo della Provincia; consta di un notevole patrimonio bibliografico specializzato in storia dell’arte, costituito da oltre diecimila volumi e da circa tremila numeri di riviste di settore, ai quali vanno aggiunti i libri e i documenti di alcune donazioni (Lanave, Cifariello, Grieco, Colella e Di Renzo).
Sezioni
Puglia; monografie; cataloghi musei; cataloghi mostre; Italia meridionale, centrale, settentrionale; sezione generale; didattica e strumenti; arte contemporanea; arte applicata; atti; architettura e urbanistica; fotografia; scritti d’arte; critica d’arte; scritti in onore; restauro; iconografia; guide e repertori; biblioteconomia; storia; accademie; letteratura; dizionari; estratti; archivi e donazioni.

Giornalemio.it CULTURA
TUTTO SULLA SCUOLA INTITOLATA A MICHELE D’ELIA

FRANCO MARTINA — 4 MARZO 2017

Profilo dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro
L’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro (ISCR) è un organo tecnico del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo specializzato nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio culturale. Ha sede a Roma, nel complesso monumentale del San Michele a Ripa Grande. Fu fondato nel 1939 dallo storico del’arte Giulio Carlo Argan ed ebbe come primo direttore il fondatore della teoria del restauro, Cesare Brandi.
I suoi compiti istituzionali sono principalmente la ricerca tecnica e scientifica applicata al restauro e alla conservazione, la realizzazione di restauri di particolare complessità e la formazione dei restauratori con la Scuola di Alta Formazione (SAF). La novità della sua impostazione consiste nell’unicità di un organismo in cui si svolgono contemporaneamente la ricerca, la formazione, l’attività sistematica e continua di restauro e di sperimentazione. Al suo interno convivono storici dell’arte, architetti, archeologi, fisici ed esperti nei controlli ambientali, chimici, biologi e restauratori delle diverse tipologie di materiali: dipinti, tessuti, opere d’arte su carta, metalli, ceramiche, pietre, cuoio, legno. La consapevolezza della interdisciplinarietà costituisce il fondamento di una corretta e precisa pratica del restauro.
La Scuola di Alta Formazione rappresenta un percorso d’eccellenza per chi vuole svolgere la professione di restauratore, acquisendo una preparazione solida, basata su attività tecnico-didattiche condotte direttamente su manufatti individuati come beni culturali e soggetti alle disposizioni di tutela. La Scuola, al termine del corso quinquennale, rilascia un Diploma equipollente alla Laurea Magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali abilitante alla professione di restauratore di beni culturali (classe LMR/02).
Dal novembre 2015 oltre alla sede di Roma, è attiva anche la nuova sede SAF-ISCR di Matera.

L’Istituto è stato protagonista in Italia di interventi di restauro su capolavori del nostro Patrimonio: i dipinti murali delle tombe etrusche di Tarquinia, di Pompei, della Domus Aurea, di Giotto ad Assisi e agli Scrovegni, di Mantegna a Mantova, le statue bronzee di Marco Aurelio a Roma, dei guerrieri di Riace, del Satiro Danzante di Mazara del Vallo, la Torre di Pisa, le grandi tele di Caravaggio e quelle di Guercino, Lorenzo Lotto, Carpaccio, le tavole di Antonio Vivarini.
Prodotto d’eccellenza dell’Istituto è il Sistema Informativo Territoriale della Carta del Rischio del Patrimonio Monumentale, un insieme di banche dati che documenta la vulnerabilità del patrimonio, monumentale e archeologico, italiano in relazione ai principali fenomeni di rischio naturale (terremoti, frane, alluvioni, condizioni meteoclimatiche, inquinamento) e antropico (furti, incendi, abuso turistico).
L’Istituto svolge da anni un ruolo fondamentale anche a livello internazionale e partecipa regolarmente a progetti promossi dal Ministero degli Affari Esteri, dalla Commissione Europea e dal Comitato per il Patrimonio mondiale dell’UNESCO. In particolare si occupa della formazione permanente di tecnici che siano in grado di affrontare i problemi della conservazione e del restauro delle aree archeologiche, dei siti monumentali, degli oggetti d’arte del proprio paese. Tra gli altri, ha operato in Algeria, Afghanistan, Egitto, Iran, Iraq, Kosovo, Siria, Argentina, Cina, Giappone, India, Malta, Messico, Portogallo, Serbia, Sudan e Turchia.
Direttore ISCR: arch. Gisella Capponi
Direttore SAF-ISCR Roma: arch. Donatella Cavezzali
Direttore SAF-ISCR Matera: dott.ssa Giovanna De Palma
Scuola di Alta Formazione “Michele D’Elia” ex Convento di Santa Lucia Nova, via Luigi La Vista 5 – Matera
COMUNICATO STAMPA
Giunge a compimento con l’inaugurazione ufficiale alla presenza delle autorità, il lungo percorso che ha portato alla istituzione della nuova sede di Matera della Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro intitolata a Michele D’Elia.
Sabato 4 marzo (ore 10.30) all’inaugurazione della sede nell’ex Convento di Santa Lucia Nova saranno presenti il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, il Presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, il Sindaco di Matera Raffaello De Ruggieri, il Direttore ISCR Gisella Capponi e il Direttore SAF-ISCR della sede di Matera Giovanna De Palma.
La SAF di Matera (che ha aperto i battenti il 1° dicembre 2015) festeggia l’avvenimento con l’apertura della mostra RestaurAnno Primo, che illustra i risultati dell’attività didattica degli allievi del primo anno di corso.
La Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro ha sempre rappresentato un percorso d’eccellenza per chi vuole svolgere la professione di restauratore, riconosciuta dal 2011 con una Laurea Magistrale abilitante. L’insegnamento del restauro era stato fissato fin dalla fondazione dell’Istituto come uno degli scopi da perseguire. Creare una nuova figura professionale di “restauratore scientifico”, svincolata dalla tradizionale formazione di bottega, era uno dei principali obiettivi che Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi avevano posto all’interno del progetto dell’Istituto Centrale del Restauro fondato nel 1939. Una nuova figura che l’allora Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, aveva così delineato: “ Il restauratore non è né un mago né un artista gli si chiede di essere un tecnico accurato cosciente attentissimo: e non è poco. Così potrà nascere anche la prima scuola di restauro, che veramente meriti questo nome con corsi regolari di storia dell’arte, di chimica, di fisica, di scienze naturali, con un vastissimo e controllato tirocinio. Pochi dovranno essere gli allievi, ma ne usciranno dei tecnici perfetti.” (Dichiarazione rilasciata il 1° giugno 1939 in occasione dell’inaugurazione del nuovo Regio Istituto Centrale del Restauro)
La Scuola dell’ISCR opera oggi su due sedi: quella esistente a Roma sin dal 1942 e la nuova sede di Matera, attiva dal 2015, promossa dal MiBACT e dagli enti locali della Basilicata. Questa prestigiosa nuova sede nel Sud dell’Italia è stata fortemente voluta da Michele D’Elia, direttore dell’Istituto negli anni 1988-1991, a cui la Scuola è stata intitolata.
La Scuola di Alta Formazione di Matera, in piena continuità con le esperienze svolte in più di settant’anni nella storica sede di Roma, ha attivato due percorsi formativi professionalizzanti, il primo dedicato alle superfici decorate dell’architettura (PFP1 Materiali lapidei e derivati; superfici decorate dell’architettura) e il secondo ai dipinti (PFP2 Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti). L’insegnamento teorico pratico del restauro occupa tra il 50 e il 65% della didattica ed è svolto su opere spesso di grande importanza; una percentuale non inferiore all’80% delle attività tecnico-didattiche deve infatti essere svolta su manufatti qualificabili come beni culturali ai sensi del Codice,
Il percorso formativo si conclude dopo cinque anni con un esame abilitante all’esercizio della professione di Restauratore di Beni Culturali e il conseguimento del Diploma equipollente alla Laurea Magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali (classe LMR/02).
La mostra RestaurAnno Primo. Lavori di restauro degli allievi del 66° corso ISCR a.a. 2015-16 porterà all’attenzione dei visitatori i risultati dell’attività didattica condotta durante il primo anno accademico della SAF di Matera. Si tratta di interventi su opere pertinenti al 1° anno del percorso formativo professionalizzante PFP1 (Materiali lapidei e derivati, superfici decorate dell’architettura) e al PFP2 (Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile), con la prevalenza di manufatti dal territorio della Basilicata, quale la Madonna policroma in calcare locale (provenienza ignota, recuperata dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, databile alla metà del XVII sec.), capitello, elementi di colonne, rilievi reggistemma e leoni in calcare locale provenienti dal Museo Ridola di Matera e di altre opere in pietra provenienti da chiese della Basilicata (Angeli capoaltare in marmo di Carrara, 1783, dalla Chiesa del Carmine, Muro Lucano (PZ); Bifore in calcare locale, Abbazia di San Michele a Montescaglioso (MT); statua di Evangelista in calcare locale, Chiesa la Diruta, Grottole (MT).
Fa eccezione la Croce dipinta dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti (Firenze), databile tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec. che ha visto all’opera allievi e docenti del 1° anno del PFP2.
Tutti gli interventi sono stati realizzati secondo la consolidata metodologica dell’Istituto che vede il restauro non come mera operazione meccanica, ma come atto di coscienza critica frutto di studio e riflessioni.
Nell’anno accademico in corso gli allievi sono impegnati su opere provenienti dalle aree del sisma del 2016 (vedi scheda allegata Opere d’arte dal terremoto a Matera) e altre recuperate al patrimonio pubblico grazie all’impegno dei Carabinieri del Comando TPC. Tra queste una scultura in marmo di età Giulio Claudia raffigurante un uomo togato, e due affreschi entro un tondo raffiguranti rispettivamente l’Agnus Dei e il Salvatore benedicente (XII-XIII sec.).
Scuola di Alta Formazione “Michele D’Elia”

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