AMATI FAMIGLIA

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AMATI FAMIGLIA

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Cisternino

Il continuatore moderno della Famiglia Amati di Cisternino può considerasi:
Luigi Amati (1837-1905).
Questi sposò in 1° nozze Francesca Cenci da cui ebbe Filomena, sp. col giurista Nicola Framarino dei Malatesti, dei Patrizi di Giovinazzo. In 2° nozze sposò la Nob. Emerenziana Miani di Polignano, da cui ebbe : Nicola, Rosa sp. Cesare Lamberti dei Patrizi di Bari e Fulvia sp. Luigi Bianchi di Fasano.
Nell’excursus storico sulla famiglia Amati, che si dispiega sino agli anni ’30 dello scorso secolo, è delineata con maggiore visibilità la figura di:

Nicola Amati (1883-1942)
Questi all’epoca guidava degnamente le sorti del patrimonio ereditato, appena ventiduenne, dal padre Luigi scomparso il 2 novembre del 1905.

Nicola Amati

La sua storia continua, ma per un breve lasso di tempo.Nel 1939 acquisiva anche la bellissima masseria denominata Sant’Angelo de’ Grecis o San Lorenzo in agro di Fasano, inclusa nella quota ereditaria ricevuta dalla sorella Filomena.
All’età di 58 anni, il 4 giugno del 1942, Nicola Amati si spegneva nella dimora padronale della sua masseria Gianecchia, in agro di Cisternino, particolarmente amata sin dall’infanzia e da lui definita ‘culla degli avi miei’.
La sua improvvisa e prematura dipartita lasciava nel più profondo sconforto i suoi quattro giovani figli Luigi, Emerenziana, Angelo e Vittorio, orfani di una guida autorevolmente protettiva, e privava di un lungo e felice legame matrimoniale l’adorata moglie Antonietta Cantore di Castelforte, incontrata poco più che ventenne a Napoli.

Nicola con la moglie Antonietta Cantore di Castelforte e figli Luigi, Emerenziana, Angelo e Vittorio

Nessuno degli otto nipoti ha potuto conoscere ed apprezzare il nonno Nicola, ma la grande devozione per la famiglia, l’alta statura morale nella gestione sia degli incarichi pubblici sia del patrimonio privato, la grande signorilità e generosità che lo avevano contraddistinto sono state sempre messe in risalto con grande rimpianto nei racconti ascoltati sia in famiglia sia da parenti, amici, semplici conoscenti e fedeli collaboratori.
Alla sua scomparsa, il suo cospicuo patrimonio fu suddiviso secondo disposizioni testamentarie fra i suoi quattro figli e alla vedova, per espressa volontà del consorte, venne accordata la libertà di scegliere la quota legale di usufrutto nonché il godimento di abitazioni di suo gradimento e dei proventi di terreni a sua scelta.

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Luigi Amati (1908-1982)
Al figlio primogenito Luigi, nato a Cisternino il 15 aprile del 1908, fu dato mandato dai coeredi di amministrare l’intero asse ereditario sino alla redazione
dell’atto di divisione, fidando nelle sue competenze giuridiche rivenienti dal conseguimento di una laurea in Giurisprudenza, nella sua capacità imprenditoriale e in una puntuale rendicontazione.
Con la meticolosità che lo caratterizzava portò a termine il suo mandato finché, con atto di divisione del 31 luglio 1945, ciascun erede entrò nella disponibilità della sua quota, pur se parzialmente limitata dalla titolarità materna del diritto di usufrutto o di godimento,
Le due proprietà più rappresentative della tradizione storica familiare furono incluse nella quota ereditaria di Luigi: Palazzo Amati inserito, con la sua torre risalente al tardo Medioevo, nella cinta muraria dell’antico centro storico di Cisternino, ininterrottamente patrimonio di famiglia, e l’imponente dimora padronale della masseria ‘Gianecchia’, unitamente a fabbricati rurali e terreni degradanti dalle sovrastanti colline boscose verso la Piana degli Ulivi secolari.

Palazzo Amati – la torre medievale – Cisternino

Palazzo Amati – Il loggiato – Cisternino

Palazzo Amati – Salone – Cisternino

Penalizzato da una forma acuta di ipoacusia che non gli aveva consentito di intraprendere la professione legale, Luigi si dedicò con competenza alla gestione del suo patrimonio, garantendo una vitale sopravvivenza sia alle antiche residenze di famiglia sia al comprensorio agricolo della sua masseria, prevalentemente costituito da uliveti e ai vigneti ereditati in agro di Cisternino.
Continuò altresì a sfruttare e commercializzare le antiche cave di marmo di Gianecchia ed incrementò in Torre Canne la sua proprietà immobiliare, inizialmente costituita da una antica Torretta, permutando terreni ereditati in quella frazione balneare fasanese ed investendo altresì in azioni della società ‘Fonti Torre Canne’ che gestiva le Terme locali.
Per la sua esperienza e per la stima di cui godeva fu eletto componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Comunale Agricoltori del Comune di Fasano, al quale peraltro donò un terreno della sua masseria per la costruzione di una palestra di formazione ed educazione civile in memoria del padre Nicola.
Con grande disponibilità, dettata da un profondo vincolo affettivo con il suo paese natio, collaborò con l’Associazione turistica Pro–Loco del Comune di Cisternino al quale, con l’analogo intento di onorare la figura paterna, donò un orto, antistante il palazzo di famiglia, per destinarlo a giardino pubblico, attualmente denominato ‘Largo Nicola Amati’, con magnifica vista panoramica della Valle d’Itria.
Nell’adempimento dei suoi numerosi impegni personali, non trascurò di offrire, fino alla sua scomparsa nel 1968, un costante e valido sostegno di carattere amministrativo all’amatissima madre, non soltanto usufruttuaria di proprietà appartenute a suo marito ma anche titolare di beni ricevuti in eredità dalla sua famiglia e dislocati sia a Napoli, sua città natale, sia in Puglia.
La sua condizione di scapolo convinto, pur se con frequentazioni femminili assolutamente discrete, gli consentì di dedicarsi in piena libertà, oltre che ad una accurata gestione delle sue proprietà, alla passione della sua vita, lo sport automobilistico, condivisa sin da ragazzo con il padre.
Pilota già a venti anni, disputò durante la sua lunga attività agonistica (1929 – 1962) oltre cento competizioni, anche di rilievo nazionale fra cui le Mille Miglia e la Targa Florio.
Con grande maestria organizzò o diresse molteplici eventi sportivi, prevalentemente nella sua Puglia: immancabile nei suoi piacevoli racconti il ricordo dell’esaltante esperienza vissuta quale attivo componente dell’eccellente staff organizzativo del Gran Premio di Bari, gara di velocità internazionale disputata sul circuito della Fiera del Levante (1947 – 1956), ideata dall’avv. Francesco Chieco, all’epoca presidente del locale Automobile Club nonché suo carissimo parente.
Fu altresì Presidente della prima Scuderia costituitasi in Puglia nel 1947, la ‘Scuderia Japigia’, poi denominata ‘Auto Scuderia Apulia’ (1955) che annoverava i migliori piloti dell’epoca, sia veterani sia giovani per i quali costituì un importante punto di riferimento.
Il conferimento della prestigiosa Stella CONI al merito sportivo nel 1974 costituì il meritato riconoscimento al suo brillante curriculum sportivo, avvalorato da incarichi nell’ambito dell’Automobile Club di Brindisi e di Bari, di cui era socio sin dal 1929, del PANATHLON Club Bari e di numerose associazioni nazionali quali ANCAI (Associazione nazionale corridori automobilisti italiani), CSAI (Commissione sportiva automobilistica italiana), FISA (Federazione Italiana Scuderie Automobilistiche).
Nel suo archivio privato una ricchissima documentazione puntuale consente di ripercorrere la storia dell’automobilismo pugliese dalla metà degli anni ’20 alla fine degli anni ’70, oggetto peraltro di una sua pubblicazione, 50 anni di automobilismo sportivo in Puglia, ristampata nel 2010 a cura dell’Old Cars Club in occasione della I rievocazione del Gran Premio di Bari.
Senza alcun sentore di una fine imminente, pur se seriamente diabetico, inaspettatamente Don Luigi, così chiamato con affettuoso rispetto da chi lo stimava per le sue grandi doti umane ed il tratto signorile che aveva sempre informato ogni sua attività in ambito sia imprenditoriale sia sportivo, si spense nella sua amata Masseria Gianecchia il 29 aprile del 1982.
Il suo cospicuo patrimonio fu ereditato dai suoi tre carissimi fratelli Angelo, prescelto quale esecutore testamentario, Vittorio ed Emerenziana.

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Angelo Amati (1914-1997)

Terzogenito figlio di Nicola e Antonietta Cantore di Castelforte, Angelo nacque l’1 febbraio del 1914 a Bari in un palazzo ottocentesco del quartiere murattiano acquistato dal padre nel 1905, prima di convolare a nozze, con l’intento di offrire alla sua futura famiglia vantaggiose opportunità che la sua Cisternino all’epoca non poteva offrire.
Scolaro molto diligente, fu inviato dai genitori a proseguire la sua formazione scolastica a Frascati presso il ‘Nobile Collegio Mondragone’, fra i più prestigiosi convitti dell’epoca gestito dai Gesuiti.
Conseguito nel 1940 il diploma di laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari, frequentò a Firenze la Scuola Allievi Ufficiali e con il grado di Sottotenente Medico fu chiamato a svolgere servizio attivo durante il periodo bellico.
Rientrato in famiglia, nel 1947 sposò Maria Giovanna Basile di Martina Franca ed in quella cittadina stabilì la sua residenza continuando ad esercitare la professione di medico. Ma il doloroso fallimento del suo matrimonio ad appena otto anni dalla sua celebrazione lo indusse a trasferirsi a Bari, con le sue due piccolissime bambine Antonietta e Vincenza a lui giudizialmente affidate, nel grande appartamento in cui era nato e che aveva ereditato dal padre, coabitando con la madre, suo prezioso e sempre disponibile sostegno.
Profondamente segnato dalla sua vicenda familiare, maturò nel tempo la
decisione di accantonare, pur se con grande rammarico, l’esercizio della sua professione e di dedicarsi unicamente alla gestione del patrimonio ereditato dal padre.
In continuità con la tradizione familiare sovrintese alla conduzione, già affidata a validi fittavoli, dell’esteso complesso agricolo costituito da uliveti secolari, mandorleti, vigneti e boschi di due antiche masserie, ‘La Volpe’ in agro di Fasano e ‘Montereale’ in agro di Cisternino e Ostuni, apportando migliorie ai fabbricati rurali destinati all’allevamento e ammodernando nel pieno rispetto delle originali prerogative le dimore padronali, dove soggiornava nei mesi estivi con le sue figlie.

Masseria La Volpe – Fasano (BR)

Alla scomparsa della madre nel 1968 ereditò una terza azienda agricola denominata ‘Parco del Vaglio’, in agro di Locorotondo, caratterizzata da una imponente dimora padronale edificata nel punto più alto e panoramico di una collina boscosa prospiciente la Valle d’Itria, accanto al nucleo originario costituito da fabbricati rurali ed un agglomerato di una trentina di trulli.
Un tempo inclusa nell’ampio feudo dei duchi Caracciolo di Martina Franca ed assegnata quale bene dotale ad una discendente, Mariangela Caracciolo, fu venduta con il consenso del coniuge marchese Nicola Masola di Trentola nel 1839 a Maria Antonietta Cassano De Bernardis, bisnonna materna di Angelo, e poi ereditariamente pervenuta nel patrimonio della famiglia Cantore di Castelforte.

Masseria Montereale – Cisternino (BR)

Alla scomparsa della madre nel 1968 ereditò una terza azienda agricola denominata ‘Parco del Vaglio’, in agro di Locorotondo, caratterizzata da una imponente dimora padronale edificata nel punto più alto e panoramico di una collina boscosa prospiciente la Valle d’Itria, accanto al nucleo originario costituito da fabbricati rurali ed un agglomerato di una trentina di trulli.
Un tempo inclusa nell’ampio feudo dei duchi Caracciolo di Martina Franca ed assegnata quale bene dotale ad una discendente, Mariangela Caracciolo, fu venduta con il consenso del coniuge marchese Nicola Masola di Trentola nel 1839 a Maria Antonietta Cassano De Bernardis, bisnonna materna di Angelo, e poi ereditariamente pervenuta nel patrimonio della famiglia Cantore di Castelforte.

 

Masseria Parco del Vaglio – Prospetto neoclassico Parco del Vaglio – Vista aerea – Locorotondo

Infine il fratello Luigi, deceduto nel 1982, espresse nelle sue disposizioni testamentarie la volontà che ad Angelo fosse assegnata anche la proprietà di Palazzo Amati nella sua interezza con la preghiera di conservarlo e non abbandonarlo.
Agli inizi degli anni ’90 nella consapevolezza di essere affetto, sia pure allo stadio iniziale, da malattia che avrebbe determinato una condizione sempre più invalidante e quindi la necessità di essere costantemente assistito da sua figlia Vincenza, nubile, affidò l’onere di gestire con procura il suo intero patrimonio alla figlia Antonietta, fidando peraltro nel prezioso sostegno che avrebbe potuto offrirle suo marito, l’avvocato Nunzio Canta, che godeva della sua incondizionata stima.
Docente universitaria ma priva di esperienza gestionale in ambito prevalentemente agricolo, Antonietta si dedicò nel tempo libero da impegni professionali ad onorare al meglio il gravoso compito affidatole dal padre, nel rispetto peraltro della mentalità di un proprietario terriero d’altri tempi, fino alla sua scomparsa in Bari il 28 aprile del 1997.
L’intero suo patrimonio è attualmente nella disponibilità di sua figlia Antonietta e della nipote Maria Antonietta Canta Amati, coniugata con il commercialista Raffaele Carella, che ha raccolto l’eredità della zia Vincenza Amati, scomparsa il 24 febbraio del 2019, consistente nell’abitazione nel centro murattiano di Bari e nella Masseria ‘Montereale’ in Valle d’Itria.
Nella consapevolezza del privilegio di fruire di antiche proprietà di famiglia, ‘luoghi del cuore’ colmi di ricordi di una vita vissuta con una nonna straordinaria, uno zio affettuoso ed un padre esemplare, è stato da tempo avviato un piano di salvaguardia e di valorizzazione delle masserie, preservandone l’originaria destinazione d’uso e rispettandone le prerogative originali anche con riguardo agli arredi delle dimore padronali. La promozione turistica e culturale del territorio e l’indubbio fascino di inalterate testimonianze della tradizione rurale locale ne hanno favorito la richiesta quali locations per eventi, shootings o produzioni cinematografiche, determinando una alternativa fonte reddituale, pur se occasionale.
Attualmente è in corso un impegnativo restauro conservativo di Palazzo Amati che ne consenta una ottimale fruibilità in ambito turistico o culturale.
L’impegno profuso, gratificante ma indubbiamente gravoso, trova una non secondaria valida motivazione nella certezza di tramandare quei tanto amati ‘luoghi del cuore’ ai piccoli Giulio e Dario Carella Amati che ne potranno conoscere la narrazione storica attraverso documenti secenteschi vergati in bella grafia con penna d’oca e inchiostro sino a files digitali preservati nell’archivio di famiglia.

Emerenziana Amati (1910-1995)
L’insolito nome della nonna paterna Emerenziana Miani fu prescelto per la secondogenita, nata a Bari il 15 aprile del 1910, unica donna dei quattro figli di Nicola Amati e Antonietta Cantore di Castelforte.
Emerenziana, confidenzialmente chiamata Emery, visse in famiglia fino alle sue nozze, affiancando validamente la mamma, straordinaria padrona di casa, e coltivando tante belle amicizie grazie al suo carattere molto socievole ed estroverso.
Nel 1950 si sposò nella cappella privata della Masseria Gianecchia con il dott. Domenico De Carolis, farmacista, e si trasferì a Fasano nel settecentesco palazzo Morelli – De Carolis, riveniente dal nonno Alberico De Carolis, già sindaco di Fasano. Nell’ottobre del 1951 nacque Giulia, loro unica figlia, che attualmente risiede nell’antico palazzo con il marito, l’ingegnere Francesco Romito e le due figlie Gabriella Dora, architetto, e Fulvia, veterinaria.
Alla scomparsa del padre Nicola, Emery ha ereditato Masseria ‘Capece’, confinante con ‘Gianecchia’, proprietà fino alla fine del ‘700 del ramo pugliese della nobile famiglia dei Capece di Napoli, ed il comprensorio agricolo denominato ‘Capo di Lupo’, in agro di Cisternino, un tempo considerato parte integrante della adiacente Masseria Montereale, caratterizzato da antichi trulli.

il corpo centrale di Masseria ‘Capece’

Il suo patrimonio fu successivamente incrementato dalle proprietà pervenutele in via ereditaria dalla madre e dal fratello Luigi.
Nella gestione amministrativa poté contare sul sostanziale e valido sostegno offertole nel tempo dal caro fratello Luigi e dall’amatissimo marito, poi deceduto il 19 gennaio del 1985.
Trascorse serenamente gli ultimi anni della sua vita continuando a risiedere con la figlia e la sua famiglia nella dimora coniugale, dove si spense il 26 giugno 1995.
La figlia Giulia, già docente di lingua inglese, è l’unica erede del suo patrimonio, maggiorato dalle proprietà ereditate dal padre Domenico De Carolis.
Nell’intento di conservare e valorizzare la Masseria Capece, nel 2010 ha iniziato l’opera di restauro del complesso edilizio padronale con l’annesso antico frantoio, l’agrumeto, le abitazioni dei coloni, le stalle, le corti e la caratteristica aia, trasformandola in azienda agrituristica, validamente coadiuvata dal marito, l’ingegnere Franco Romito, e dalle giovani figlie Gabriella e Fulvia.
Inserita nell’Albo regionale degli insediamenti agrituristici, nell’ottobre del 2018 Masseria ‘Capece’ ha ottenuto una menzione speciale dai club UNESCO di Italia per l’accurato restauro conservativo, attuato nel rispetto delle originali prerogative tipologiche e architettoniche.
Con analogo intento di destinarlo a fruizione turistica è stato restaurato il comprensorio di trulli della masseria “Capo di Lupo”.
Anche nella discendenza del ramo femminile della famiglia Amati continua quindi a perdurare la volontà di garantire una ottimale sopravvivenza del patrimonio ereditato.

Vittorio Amati (1918 – 1988)

Vittorio Amati sposò Giulia Colucci, dell’antica famiglia Colucci di Fasano, ed ebbero 5 figli: Nicola, Alessandro, Antonia, Angela e Raffaella.
Alessandro (1955) e Nicola (1948) si resero protagonisti di una importante opera di recupero e rilancio delle avite aziende delle famiglie Amati e Colucci.
Ripresero a condurle direttamente e le valorizzarono sia a livello agro-alimentare che turistico, tra i primi in Puglia. Impiantarono circa ventimila piante di pregiati cultivar d’olivo, il cui olio cominciarono ad imbottigliare e commercializzare con l’effige arcaica della famiglia. Realizzarono inoltre, circa trent’ anni fa il primo Museo dell’olio d’oliva in Italia, in Abbazia di San Lorenzo a Fasano, all’interno di un frantoio del XVII secolo, creando così una location per eventi tra le più famose.
Realizzarono inoltre, a Masseria Eccellenza in agro di Pezze di Greco, un famoso night club ed un agriturismo/relais a Masseria San Marco.

Masseria San Marco

Sono ora in attesa di altre idee, da sviluppare alla Masseria Gianecchia, continuando così nel solco delle tradizioni familiari.

Masseria Gianecchia – Sec. XVIII°

Infatti, non da meno era stata la generazione precedente, quella di Luigi Amati e Gianmatteo Colucci, che avevano dato risalto alle famiglie, con la fondazione del Gran Prix di Formula uno di Bari, negli anni 1946-1957 (con la collaborazione del papà Nicola, dei Di Cagno Abbrescia e dei cugini Chieco Bianchi) e con la creazione dello Zoo Safari di Fasano.
La nuova generazione, con Vittorio e Luigi avvocati e manager, mostrano già evidenti segni di attaccamento alle tradizioni di famiglia, dopo aver acquisito esperienze internazionali nei migliori studi legali milanesi e in business di hotellerie.

Masseria Sant’Angelo dé Grecis – anni 25/30 – Fasano Coll. Archivio Framarino dei Malatesti

Masseria S. Angelo dé Gecis detta anche Abbazia di S. Lorenzo – Fasano

 

S. Angelo o Abbazia di S. Lorenzo – La grande cappella

Aggiornamento della scheda “Famiglia AMATI” di “Puglia d’Oro” di Renato Angiolillo Vol. 11°ed 1936, Laterza & Polo pag. 76 e della ristampa dei 3 volumi curata dalla Fondazione Carlo Valente Onlus, edizione Giuseppe Laterza, Prima edizione Marzo 2008, Prima Ristampa Novembre 2018, pag. 92 . (Vedi prima edizione)

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