PANTALEO LEO

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PANTALEO LEO

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Alberobello, 27 dicembre 1939 – Taranto, 13 aprile 2017

Regista, attore, ha lavorato per mostri sacri come Giuseppe Patroni Griffi, Fellini, Visconti e Pasolini; è stato diretto da Rossellini, Comencini e Strehler.

Ha iniziato la sua carriera artistica recitando con i “Ragni” a Taranto. Frequenta il corso di recitazione a Milano interpretando al saggio finale i sonetti di Shakespeare.

Nel 1969, con il Teatro Stabile dell’Aquila, recita nel Coriolano di William Shakespeare, diretto da Antonio Calenda ed interpretato da Luigi Proietti e Mario Scaccia.

Notato da Giuseppe Patroni Griffi, prende parte al lavoro di Raffaele Viviani in Napoli notte e giorno. Nel 1975, sempre con Patroni Griffi, recita al fianco di Massimo Ranieri al Festival dei Due Mondi a Spoleto in Napoli chi resta e chi parte.

Ha diretto come regista varie opere rilevanti tra le quali “Anna Fougez – Il mondo parla, io resto” con Adriana Palmisano; l’ultima, “Solstizio d’estate”. Va inoltre ricordata la sua partecipazione come attore nel ruolo di Macrobio nel film di Roberto Rossellini Agostino di Ippona.

Nel 2002 partecipa come attore al cortometraggio Passeggiata in paradiso di Stefania Galegati. Nel 2005 ha diretto il lavoro teatrale di Giovanni Morgioni “Epistolario sulla strada per Arles”.

Nel febbraio 2006 raccoglie in piazza della Vittoria firme di solidarietà a favore del sindaco di Taranto Rossana Di Bello.

Buonasera | News (tarantobuonasera.it)

In un libro la storia della vita straordinaria dell’istrionico Leo Pantaleo

14/04/23

Sarà l’agorà della Biblioteca “Acclavio”, in zona Bestat, ad ospitare domenica, 16 aprile, alle ore 17, la presentazione della biografia “Chiamatemi Leo” del regista, attore e costumista Leo Pantaleo, nato nel 1939 e scomparso a Taranto nell’aprile del 2017, scritta dalla giornalista Roberta Morleo ed edita dalla Scorpione Editrice

Il libro

L’opera che porta anche la firma dell’istrionico artista percorre le molteplici tappe della storia straordinaria di Leo Pantaleo. Una storia ricca di colpi di scena e mai uguale a se stessa così come era ed è stato fino alla fine il suo poliedrico protagonista, imprevedibile e innamorato dell’arte in tutte le sue forme.

Sono 300 le pagine in cui il libro si sviluppa, riccamente illustrate con foto per la gran parte inedite. Roberta Morleo cominciò a scrivere la storia della vita, privata e professionale di Pantaleo attraverso i racconti del regista suo amico, quando, agli inizi degli anni duemila, ne curava le pubbliche relazioni nel piccolo teatro di via Matteotti, a Taranto.

Leo Pantaleo è stato per Taranto una figura importante sul piano artistico e culturale, dall’enorme spessore umano e dalla forte personalità. Nato ad Alberobello, vissuto fra Taranto e Roma, ha calcato i più prestigiosi palcoscenici italiani, lavorando con registi del calibro di Fellini, Patroni Griffi, Comencini, Rossellini e Strehler, portando il suo personalissimo talento anche all’estero. Il suo teatro e i corsi teatrali da lui realizzati sono stati fucina di giovani aspiranti attori che ora calcano le scene nazionali.

La sua scheda biografica – curata anch’essa da Roberta Morleo – è consultabile al Mudit, il Museo degli Illustri Tarantini, inaugurato a Taranto ad ottobre 2022. L’incontro alla Biblioteca Acclavio sarà introdotto dall’assessore alla Cultura del Comune di Taranto, Fabiano Marti. Dialogano con l’autrice l’editore, Piero Massafra e i giornalisti Simona Giorgi e Angelo Caputo.

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 15 aprile 2023

L’anniversario Tarantino d’adozione, visse a Roma, morì il 13 aprile 2017

 

Sogni d’arte e regia di Leo Pantaleo nella “Dolce vita”

Lavorò con Rossellini e Comencini

di Alessandro Salvatore

 

“Ad Alberobello, paese dove sono nato, in una notte d’infanzia ho distinto i primi colori: quelli delle bombe che cadevano su Taranto. Lo spettacolo rende tragica la preghiera di donne senza uomini. Ci sono gli elementi del dramma ed io, pur ignorando questa forma d’arte, e fantasticando di una famiglia felice, invento uno spettacolo che oggi potrei intitolare “Scene di vita coniugale” nell’orto di casa. Servendomi del vestito della prima comunione di mia sorella Nina, interpreto sia mio padre che mia madre nel ruolo di giovani sposi…». È il 1943, Leo Pantaleo ha 4 anni ed è già un attore-regista. Oggi l’artista camaleontico adottato e amato-odiato da Taranto, non c’è più. Se n’è andato nel suo stile rumoroso, il 13 aprile del 2017, il Giovedì Santo popolare per la città jonica.

Quel bambino che per arricchire con scene e costumi i suoi spettacolini, falsificava con più zeri la carta della lira biglietto d’ingresso, abitua i suoi paesani ad aggirare il nome «irritante» Nardino con cui suo padre si ostinerà a chiamarlo, a dimostrazione di un duraturo rapporto conflittuale. «Chiamatemi Leo. Affiancato al mio cognome Pantaleo sembra un nome d’arte inventato».

E Chiamatemi Leo è il titolo del libro scritto a quattro mani con la giornalista Roberta Morleo, edito da Scorpione, che oggi alle 17 sarà presentato alla biblioteca «Acclavio» di Taranto.

Dalla Puglia Pantaleo punterà alla «Dolce vita» romana, firmando nel 1967 il primo contratto d’attore nello spettacolo La bottega del Caffè di Goldoni, diretto da Patroni Griffi, che si rivelerà un mentore per un Leo talentuoso ma controverso, combattuto tra lo star system con cui scendere a patti e il vizio di dire la «verità, che è raccontata nel luogo finto del teatro» scrive Morleo nella biografia sul Pantaleo attore, regista, pittore, impresario, costumista e. mercante d’arte che arriva a conoscere Andy Warhol con cui si scambia bigliettini a Posillipo; espone a Piazza Navona con Paul Getty III prima che la ndrangheta lo sequestri tagliandogli un orecchio; assapora Via Margutta e vive una relazione artistica con Novella Parigini; ma adora soprattutto Trinità dei Monti, suo luogo espositivo dove s’innamora del restauratore libanese Roy Sarajan.

Leo recita al fianco di Panelli, Valori, Ranieri, Proietti, Scaccia, Pagano e Sordi. Col caratterista nazionale interpreta l’amico di borgata ne Lo Scopone Scientifico. L’esperienza è traumatica: «Al primo ciak, in una scena che dovevo recitare con Silvana Mangano e Sordi, lui, prima che aprissi bocca, esclamò “Stop!” Dopo si appartò col regista e dal suo ritorno sul set il mio ruolo si perse di scena in scena. Di seguito appresi la verità da Mario Carotenuto: Sordi aveva dichiarato che la mia faccia era troppo “importante” e che nel film doveva passare inosservata». Tale episodio è l’indizio di una carriera al chiaroscuro per Pantaleo, il quale sfiorò solo la possibilità di lavorare per mostri sacri come Fellini, Visconti e Pasolini- Sarà però diretto da Rossellini, Comencini e Strehler, come testimonia Leo a Morleo in un diario intenso costruito tra il 1999 e il 2000 in quel suo «teatro-bonsai» di via Matteotti a Taranto. Nella città a cui dedicherà la struggente Ballata dei due mari, ritornerà nel 1985, dopo la sbornia capitolina lunga 18 anni, nei quali mescola gli amati lustrini e paillettes con Patty Pravo e Renato Zero. Le radici, seppur ispide, lo richiamano. È la Taranto della stella del varietà Anna Fougez, che Pantaleo fa risorgere tributandola con mostre e spettacoli. La stessa devozione per Rodolfo Valentino, il mito del cinema muto, nato a pochi passi da Taranto, a Castellaneta, che conserva nel suo museo reperti donati da Pantaleo. Lui penna dei divi e lui altrettanto divo. Chiamatemi Leo mantiene accese le luci della ribalta su un maestro enigmatico.

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