PASCALI GIUSEPPE

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PASCALI GIUSEPPE

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Bari, 19 ottobre 1935 – Roma, 11 settembre 1968

Artista dai molteplici interessi, dotato di una personalità poliedrica e complessa, è considerato uno dei più significativi e influenti del dopoguerra in Italia. Rielaborando le esperienze Neo-Dada e Pop, le sue opere si pongono in un rapporto singolare con l’oggetto raffigurato, che è reinventato, alterato e artefatto con ironia. Nei suoi lavori si denota il desiderio di giocare con il proprio fanciullo interiore e allo stesso tempo il bisogno di rappresentare criticamente la società, attraverso un linguaggio che mira a dare centralità all’arte, non più intesa come mera riproduzione del reale.

La breve e intensa vita di questo artista fuori dagli schemi, amante del paradosso e dalla personalità vulcanica comincia a Bari, dove nasce da Francesco – funzionario di polizia originario di Aquara, in provincia di Salerno – e da Lucia Pomodoro, insegnante e cugina dei celebri scultori Arnaldo e Giò Pomodoro. In piena guerra (1940-1941) i Pascali si trasferiscono in Albania: lo scultore si porterà dentro per sempre il ricordo infantile di quel periodo drammatico. Successivamente la famiglia torna in Puglia e si stabilisce a Polignano a Mare, poco frequentata dal giovane Pino, che studia e ha tutti gli amici a Bari, città teatro delle innumerevoli scorribande di un ragazzo dal carattere molto vivace e inquieto.

 

 

Dopo aver frequentato inizialmente il liceo scientifico, passa all’artistico che completa a Napoli nel 1954. L’anno successivo si trasferisce a Roma, dove studia all’Accademia di belle arti, diplomandosi presso la scuola di scenografia col massimo dei voti nel 1959. In particolare, attraverso l’insegnamento di Toti Scialoja, che era stato poco prima negli Stati Uniti, entra in contatto con tutti i padri dell’espressionismo astratto americano come Jackson Pollock, Arshile Gorky, Willem de Kooning e Robert Rauschenberg, dedicandosi anche allo studio di artisti italiani come Alberto Burri. Scialoja, infatti, stimola gli allievi del suo corso a riflettere non solo sul teatro, ma anche più in generale sull’arte figurativa e no, sulla letteratura e sulla filosofia contemporanee. Quanto appreso lo porta a sperimentare nelle sue prime opere i materiali più disparati come il bitume, le latte, il metallo, la sabbia, il cuoio, gli smalti, il petrolio, i diluenti al nitro, cimentandosi in tecniche come il collage, la pittura materica, le “muffe” e le colature, ossia il cosiddetto dripping tipico di Pollock. E sono proprio elementi caratteristici degli espressionisti astratti, come l’energia vitale, il ritmo caotico e privo di ogni forma ragionata, ad attrarre lo studente. Tuttavia, distinguendosi dagli artsti che predilige, Pascali non abbandonerà mai la figurazione nei suoi lavori.

Nelle prime sperimentazioni, Pascali mescola petrolio e polveri varie, dipingendo su lastre che possono essere di lamiera, polistirolo, zinco, metallo, legno. Dal 1956 al 1960 realizza opere come Pannello con fucili e pistolePannello con fucili; Pistole, oltre a una serie di quadri su legno del ciclo Le navi. In questi lavori Pino fa tesoro della sua grande passione per il modellismo, dimostrando già le sue qualità di ottimo disegnatore e di sperimentatore di materiali innovativi: in particolare Le navi segnano un primo successo, con una discreta richiesta commerciale.

Pascali torna a questi temi tra il 1964 e l’anno successivo, quando esegue – utilizzando le stesse tecniche materiche (lamiere, catrame, polveri, metalli punzonati) – Treno (che fa parte di una collezione privata a Triggiano, Bari), Guerrieri (Bologna, collezione privata), Nave (Bari, collezione privata) e diverse altre opere, sempre dedicate alle imbarcazioni.

Ancora prima di ottenere il diploma in Accademia, Pascali per potersi mantenere inizia a lavorare nel mondo della pubblicità cinematografica e televisiva, collaborando prima con la Incom e poi con la Saraceni Cinematografica Pubblicitaria e la Lodolofilm, dal 1958 fino al 1967. Ed è proprio dal sodalizio creativo e dalla stretta amicizia tra Sandro Lodolo – titolare dell’omonima casa di produzione – e Pino che nascono innumerevoli spot e disegni animati utilizzati nei messaggi promozionali, come testimoniano i tanti disegni, schizzi, sigle televisive e bozze per Carosello realizzati nel tempo. Sono numerose le pubblicità – anche a colori – ideate tra il 1958 e il 1966, per le quali Pascali è animatore, grafico, creativo, sceneggiatore, scenografo televisivo, fotografo e perfino attore: tra queste ricordiamo quelle per Algida gelati (in totale 12 pubblicità), ditta Alberti, prodotti Arrigoni, Autonoleggi Maggiora, Cera Sutter, Agip, Confezioni Monti, conserve di pomodori Cirio (nelle quali è lui stesso a travestirsi da Pulcinella), getto insetticida SquibbAtlante Geografico CurcioArgo StufaCaffè Camerino, Koo-Koock, Confetture ArlecchinoCarta Sana, Biscotti Maggiora.

In contemporanea Pascali collabora con la Rai come aiuto-scenografo e grafico, lavorando anche a programmi molto popolari come la Biblioteca di Studio 1 (1964): in particolare crea le scenografie per diversi numeri musicali come Primula RossaLa storia di Rossella O’HaraI tre moschettieri, Al Grand Hotel, Il Fornaretto di Venezia, arrivando anche a cimentarsi nel disegnare i costumi per alcune coreografie delle gemelle Kessler. Inoltre, realizza una serie di sigle per diverse trasmissioni come Prima Pagina, la campagna per gli abbonamenti Rai Radiotelefortuna, dove utilizza i disegni della serie Africa e Giappone, Incontri, TV7, Prossimamente, Tictac, oltre all’animazione per le Ferrovie dello Stato, attraverso i disegni Storia del treno.

Tranne che per un contributo critico di Sandra Pinto del 1969, quest’attività è inizialmente giudicata secondaria e ignorata dagli studiosi, per poi essere rivalutata a partire dalla mostra alla Pinacoteca provinciale di Bari del 1983, curata da Anna D’Elia, tanto da essere sempre presente in tutte le sue grandi retrospettive, come quelle del 1991 al Musée d’art de le ville de Paris e a Castel Sant’Elmo di Napoli nel 2004. Infine, nel 2003 il critico cinematografico e autore televisivo Marco Giusti colma definitivamente la lacuna, raccogliendo il materiale disponibile nel film-tv prodotto da Rai3 Pino Pascali o le trasformazioni del serpente, per il quale il regista riceve nello stesso anno il Premio Pino Pascali.

La critica ha sottolineato come l’attività di pubblicitario e scenografo televisivo di Pascali –testimoniata ancor oggi da story-board, disegni e filmati, custoditi anche in collezioni private –presenti alcune caratteristiche tipiche del suo percorso artistico, che possiamo notare anche nelle sue opere più importanti. Ad esempio, vi ritroviamo l’ironia e l’amore per i giochi di parole, che ricorrono anche nei titoli di molte sue sculture, con una chiara eco dell’arte Dada: Bachi da setola o Ponte lavatoio, per citarne due, fanno esplicito riferimento ai materiali che le compongono. Inoltre, derivano da queste sue esperienze lavorative l’attitudine alla performance d’ispirazione teatrale e la propensione verso un linguaggio visivo semplificato, accompagnato da un irresistibile istinto narrativo, favolistico e ludico.

Forte dell’esperienza da scenografo, in quegli anni Pascali si cimenta in assemblaggi che spesso riutilizzano pezzi di scarto; nascono così una serie di opere Neo-Dada, andate quasi tutte distrutte, che sopravvivono solo in una serie di fotografie. Partecipa ad alcune rassegne giovanili, insieme ai compagni dell’Accademia, anche se la prima mostra importante per lui è la personale ospitata nel 1965 dalla galleria “La Tartaruga”, dove espone una serie di rappresentazioni in miniatura dei monumenti storici della Capitale, come Ruderi su prato (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, GNAM) e Colosseo (Reggio Emilia, collezione Maramotti), oltre ai Pezzi anatomici di donna, una serie di sculture che comprende La gravida/Maternità (Roma, Museo d’Arte Contemporanea, MACRO), Torso di negra (Roma, GNAM), Omaggio a Billie Holiday (Torino, Galleria d’arte moderna), Labbra rosse (Nantes, Museo di Belle Arti) e Primo piano labbra (Roma, GNAM).

In queste opere a metà fra pittura e scultura, che hanno per soggetto il corpo femminile, l’autore ingigantisce alcuni frammenti anatomici, utilizzando pannelli a muro con tele estroflesse: l’artista si ispira ai Gobbi di Alberto Burri, scegliendo però solo uno o due colori, stesi in modo uniforme e impersonale, secondo un’estetica tipica della Pop Art americana, giunta in Italia con grande clamore alla Biennale di Venezia del 1964. Analogamente ad altri italiani come Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Pascali ne sente l’influenza pur rielaborandone i temi in un modo del tutto personale, secondo una versione italiana. L’occhio dell’artista si trasforma uno zoom fotografico ingrandendo i particolari, quasi a voler rimarcare la finzione dell’arte: in particolare sembra chiaro il riferimento ai lavori che riproducono su larga scala oggetti comuni di Claes Oldenburg. Tuttavia, lo scultore pugliese aggiunge un tocco di eros e di sensualità tutta mediterranea, completamente assente negli artisti Pop, che puntano a un “congelamento” della realtà.

Per la serie dei Pezzi anatomici di donna Pascali si lascia influenzare dal contesto che lo circonda: la moda, con le prime minigonne create dalla stilista inglese Mary Quant, il cinema con l’episodio “Bevete più latte” di Boccaccio ’70 (1962), nel quale Federico Fellini dirige Peppino De Filippo, nei panni di un moralista sconvolto dai manifesti pubblicitari con le procaci forme di Anita Ekberg, o la musica, con le incisioni della grande interprete Billie Holiday, stella del jazz e del blues scomparsa prematuramente nel 1959. In questo clima nasce questa serie dal forte impatto emotivo, che risente anche del tipico immaginario del Surrealismo, e in particolare di Salvador Dalì.

Dal lavoro come pubblicitario di Pascali emerge la vocazione teatrale e l’amore per le performance dell’artista che lo accompagnerà per tutta la sua carriera. Un esempio è l’happening del 22 luglio 1965 in una mostra dedicata a Corradino di Svevia e organizzata dalla galleria “La Salita” alla fortezza di Torre Astura a Nettuno: l’azione si svolge davanti all’opera Requiescat (conservata a Roma, presso la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea), un altare di tela e materiale lanoso, montati su una struttura in legno, e collocato in una cripta dello spazio espositivo. Pascali, mascherato e vestito con abiti medioevali celebra un rito funerario, accompagnato da musiche antiche e fumi d’incenso. Questa rappresentazione è sicuramente influenzata dagli spettacoli della compagnia newyorkese del Living Theatre, che lo scultore ha conosciuto da spettatore a Roma solo qualche mese prima.

L’attitudine alla performace appare spesso nella carriera di Pascali nelle tante fotografie in cui, spesso utilizzando travestimenti, si fa riprendere accanto ai suoi lavori o nella partecipazione al cortometraggio di Luca Maria Patella SKMP2 (1968), l’ultima opera prima della morte, dove una sua scena in spiaggia appare insieme con quelle dedicate ad altri artisti legati alla galleria romana “L’Attico”. Infatti, il titolo della pellicola deriva dalle iniziali del proprietario Fabio Sargentini, di Kounellis, Mattiacci e Pascali. Questa non è l’unica apparizione dello scultore nel cinema d’arte: lo ritroviamo con Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci, Mario Schifano, Nanni Balestrini e altri anche in Libro di Santi di Roma Eterna di Alfredo Leonardi (1968).

Per Pascali la fotografia è un mezzo rilevante, perché gli permette di catturare tutti gli attimi carichi di significato, che diventano parte del suo blocco di appunti e bozzetti. Infatti, realizza un vero e proprio taccuino personale con quegli scatti che bloccano un dato pensiero avuto in un determinato istante, da cui ripartire per elaborare il processo creativo. La fotografia quindi gli permette di stabilire una relazione tra tutto ciò che vede e la rielaborazione di quel concetto, fino alla creazione materiale dell’opera d’arte.

Dal 1965 la fama di Pascali inizia a oltrepassare i confini nazionali, grazie a una serie di mostre collettive come L’Art actuel en Italie (Casino municipal di Cannes, 1965 e 1966), Troisième Exposition International de sculpture contemporaine (Museo Rodin di Parigi), VI Annuale Porec, Jugoslavija-Italij (1966), V Biennale di Parigi (1967, presentazione di Palma Bucarelli), IX Biennale di San Paolo del Brasile (1967), Expo ‘67 di Montréal, Contemporary Italian Art di Tokyo (1967), Young Italians (Boston, Institute of contemporary art; New York, Jewish Museum, 1968). Dopo qualche tempo, inizia a esporre anche in diverse personali alla Galerie Ars Intermedia di Colonia (1967), alla Galerie Thelen di Essen (1967) e alla Galerie Alexandre Jolas di Parigi (1968).

Sin dal suo arrivo a Roma, Pino si immerge nell’ambiente culturale della capitale, partecipando ai cicli di conferenze sull’arte contemporanea presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna e frequentando numerosi altri giovani artisti come Salvatore Venditelli, poi diventato uno scenografo d’avanguardia, Ettore Innocenti, Jannis Kounellis, conosciuti tutti in Accademia, oltre a Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Maurizio Mochetti, Eliseo Mattiacci, e soprattutto Renato Mambor, con il quale è legato da una forte amicizia. Insieme formano la cosiddetta “Scuola di Piazza del Popolo”, che trova spazio – con Mario Schifano e Mario Ceroli – in due gallerie della Capitale: “La Tartaruga” di Plinio De Martiis e “L’Attico” di Fabio Sargentini.

Sempre nel 1965 Pino Pascali si cimenta in una nuova serie, quella delle Armi, con opere come il Cannone Bella Ciao (apparso in un’asta di Christie’s nel 2005), la Contraerea (Roma, collezione Franchetti), il Missile colomba della pace (Toyota, Municipal Museum of art), che non convincono il gallerista De Martiis, tanto da essere esposte solo nel 1966 – su segnalazione di Michelangelo Pistoletto – da Gian Enzo Sperone a Torino.

Pascali nutre da sempre una grande passione per le armi e le divise: queste nuove sculture sono delle armi-giocattolo, del tutto inoffensive, realizzate in grandi dimensioni assemblando diversi residuati meccanici, vecchi carburatori, rottami, manopole, tubi idraulici, e caratterizzate da un perfetto illusionismo, ottenuto attraverso una verniciatura grigio-verde mimetica, che riesce a rendere uniformi i diversi oggetti di bricolage che le compongono. Quindi l’artista ricostruisce quasi in scala reale mitragliatrici, cannoni e bombe, che però non possono essere davvero minacciosi, perché inutilizzabili. Giocando ai soldatini, come sembra dalle fotografie in cui è ritratto vicino ai suoi lavori in perfetta tenuta militare, Pino vuole ironizzare sulla guerra, esorcizzandola. Inoltre vuol riprendere la riflessione tipica di René Magritte sul rapporto tra realtà e finzione nell’arte, ricreando le armi con pezzi di scarto e sfruttando la somiglianza ingannevole per compiere un estremo sberleffo alla violenza dell’uomo. La libertà di un artista consiste quindi anche nello svincolare la forma dal contenuto.

Risulta chiaro l’intento dell’autore di portare l’infanzia e il gioco nel mondo dell’arte, attraverso questi lavori che non sono più strumenti di morte inquietanti, riservati ai “signori della guerra” e rifiutati dalla coscienza civile, ma solamente dei grandi giocattoli innocui. E per farlo utilizza la memoria delle sue esperienze da bambino durante il secondo conflitto mondiale e i ricordi familiari lagati al padre, funzionario di polizia, trasformando le armi, che lo avevano sempre attratto, in oggetti d’arte.

In queste opere Pascali introduce un nuovo concetto, in grado di mettere in crisi il linguaggio tradizionale della scultura: quello dell’ambiguità. A differenenza dei lavori di altri artisti suoi contemporanei – Ceroli, Pistoletto o gli esponenti dell’arte povera – che, pur operando una mutazione negli oggetti rappresentati, esplicitano sempre il materiale utilizzato, arrivando a esaltarlo, con il ciclo delle Armi, l’intera raffigurazione è falsata, sia nelle dimensioni, mai del tutto corrispondenti a quelle reali, sia nella struttura, che sembra vera, ma nasconde in sé metalli, cartone, pezzi di scarto e rifiuti vari, reinventati e fatti apparire come veri. Quindi nelle immagini che lo ritraggono come soldatino imbronciato accanto alle sue opere, lo scultore vuole sottolineare ancora una volta, con sottile ironia, come nell’arte sia tutto finto, tutto un gioco.

Un’ulteriore evoluzione della sua cifra poetica avviene con la serie successiva, quella della Decapitazione degli animali, realizzata con tela monocroma bianca tesa su strutture curve di legno, utilizzando una tecnica a metà fra scenografia e aeromodellismo. Queste opere, esposte nel 1966 in due mostre alla galleria “L’Attico”, sono definite da Pascali «finte sculture» e appaiono come sagome semplificate, che sembrano citare il mondo della pubblicità e del fumetto, realizzando un’inedita mescolanza di generi. Questa tecnica torna in Pellicano (Roma, collezione Gavazza), Grande rettile (Livorno, Museo civico Giovanni Fattori), Cascate (Strasburgo, Musée d’art moderne et contemporain) e Mare (Osaka, Museum of modern art), con le sue onde schematizzate – montate su armature quadrate centinate, in modo che la tela bianca assuma una forma concava – colpite da un fulmine nero.

Le opere di questa serie si dividono sostanzialmente in due filoni: gli animali preistorici come balene, dinosauri, delfini, pescecani e rettili, si contrappongono a sculture che si ispirano alla natura incontaminata, con scogliere, cascate, il mare e distese di bambù. Infatti, la loro forte componente scenografica si unisce a elementi surreali, all’ironia tipica dello scultore pugliese e perfino alla sua passione per i fumetti di B.C. creati dal disegnatore statunitense Jonny Hart.

A differenza delle Armi, in questo ciclo lo scultore non si interessa alla verosimiglianza con il reale, ma si sofferma sui materiali, con la tela tagliata e usata con una tecnica simile a quella del tappezziere che prepara la struttura di un divano (non è un caso che Pascali realizza anche un salotto per l’abitazione dei genitori). Queste “finte sculture” sono di una grandezza notevole, ma leggere some una nuvola, perché vuote internamente. Quindi l’autore, in questi lavori dai tagli netti e precisi, introduce un altro elemento nuovo nel linguaggio della scultura, privando le sue opere di una caratteristica significativa come il peso.

Inoltre, gli animali bianchi vogliono richiamare le sculture e i bassorilievi tipici del romanico pugliese, ben noto a Pascali e opportunamente rielaborato dalla sua fantasia. Per la critica, infatti, pur senza essere mai citati in modo esplicito, i luoghi e le memorie della sua infanzia e adolescenza in Puglia riemergono nella poetica, nelle forme, nel linguaggio e nei temi trattati attraverso una visione mediterranea, che si fonde con le esperienze artistiche internazionali del periodo.

A testimonianza di ciò vi è la raffigurazione del mare che ritorna in alcune opere in cui l’artista utilizza anche l’acqua vera, come 32 mq di mare circa (Roma, GNAM), presentata nel 1967 a Foligno nella mostra Lo spazio dell’immagine. Il ricorso ai materiali della natura caratterizza anche l’esposizione Fuoco Immagine Acqua Terra alla galleria “L’Attico” (a cura di Maurizio Calvesi), considerata tappa fondamentale per l’arte povera, prima ancora che il giovane critico Germano Celant ne coniasse il nome. Nella mostra romana lo scultore presenta 9 mq di pozzanghere (Bari, Pinacoteca provinciale), 1 mc di terra, 2 mc di terra (entrambe a Roma, GNAM), creazioni caratterizzate da una dialettica tra l’elemento naturale e la forma geometrica. Questi lavori sono riproposti alla galleria “La Bertesca” di Genova (1967, con presentazione di Germano Celant), in quella che è considerata la prima vera esposizione di Arte povera, e alla galleria “Jolas” di Milano, in una personale in due tempi (1967 e 1968, con presentazioni di Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan), in cui appaiono insieme ad alcune “finte sculture” e ai più recenti Campi arati (Roma, GNAM) e Canali di irrigazione (Roma, GNAM), che riportano ai caratteri tipici della civiltà contadina.

L’autore si spinge sempre più a invadere lo spazio, occupandolo con opere di dimensioni tali da diventare delle vere e proprie installazioni, utilizzando per realizzarle elementi primari come la terra e l’acqua. La cultura mediterranea di Pascali, dove la Natura è vista come una Madre dispensatrice di vita e abbondanza, si contrappone alla freddezza del Minimalismo americano. Gli elementi naturali sono trasformati in oggetti scultorei ben definiti, ad esempio circoscrivendo i 32 mq di mare in vaschette di zinco, contenenti ciascuna una variazione del colore del mare, in un riuscito tentativo di coniugare ciò che è naturale con l’artificiale.

Nelle Botole o nelle Pozzanghere l’elemento primario dell’acqua è accostato a materiali freddi come l’asfalto e l’eternit, che rappresenta una novità. I coperchi delle Botole possono essere spostati, aperti e chiusi, mentre l’acqua delle pozzanghere tende a evaporare a seconda delle condizioni climatiche.

La riscoperta dell’opera di Giacomo Balla e la visita nel 1966 a una mostra di Richard Serra presso la galleria romana “La Salita”, caratterizzata dalla presenza di animali vivi e impagliati, portano Pascali a proseguire la sua fantasiosa Ricostruzione della natura, con opere in lana d’acciaio, in materiale industriale come gli scovoli di acrilico dei Bachi da setola, o in peluche sintetico (Vedova Blu), esposte alla galleria “L’Attico” nella personale del 1968, insieme a Trappola (Londra, Tate Modern) e a Ponte (New York, Museum of Modern Art, MoMA). Così si va a completare una nuova Arca di Noè, di grandi animali sovradimensionati, ingigantiti dall’occhio di un bambino. Come sottolinea Argan, in queste creazioni Pascali si allontana dal Nuovo Realismo: ad esempio nei Bachi da setola «la spazzola di plastica colorata non è esibita, né utilizzata come spazzola», ma è impiegata «come forma o struttura, sapendo che la struttura, in definitiva, non è altro che una intuizione di spazio e di tempo che gli uomini necessariamente immettono nelle cose che fanno».

Nel giugno 1968 Pascali è invitato ad allestire un’intera sala personale alla XXXIV Biennale di Venezia: in piena contestazione studentesca lo scultore si rifiuta di interrompere la sua esposizione, a differenza di molti colleghi. Infatti, di fronte alle proteste degli studenti contro l’arte e l’organizzazione della Biennale, Pascali mantiene la propria presenza alla mostra, confrontandosi a lungo con i ragazzi e difendendo le sue ragioni. In queste accese discussioni l’artista rivendica il ruolo assoluto dell’arte; come commenta Achille Bonito Oliva in quest’occasione Pascali sostiene il «principio dell’immaginazione al potere. Del resto, c’è una grande differenza tra l’arte e la politica: l’arte fa domande sul mondo, la politica dovrebbe dare le risposte al mondo». A Venezia presenta opere in lana d’acciaio come Tela di Penelope, LianeCesto (tutte a Roma, GNAM) insieme con Ponte lavatoio (Vaduz, Kunstmuseum Liechtenstein), Le penne di Esopo (Parigi, Centre Georges Pompidou) e altri lavori ricoperti di pelo acrilico come Contropelo, Pelo (Roma, GNAM) o Solitario (Milano, collezione Prada). La sua presenza alla Biennale si conclude con una consacrazione postuma, attraverso il Premio Internazionale di Scultura.

Pascali usa il pelo acrilico anche per Vedova blu (Vienna, Museum Ludwig), un enorme ragno che sembra ispirarsi a Black widow, uno stabile di Alexander Calder, e che è esposto anche nella mostra Arte povera + azioni povere, curata da Germano Celant (Amalfi, Arsenali, 1968).

Mentre sta preparando dei lavori ad ambientazione rustica per una grande esposizione prevista a New York, che a detta di molti gli avrebbero spalancato le porte del mercato americano, il 30 agosto Pino Pascali ha un grave incidente con la sua motocicletta al sottopasso del Muro Torto a Roma, dove è travolto da un’automobile: dopo alcuni giorni di coma, muore prematuramente l’11 settembre, poco prima di compiere 33 anni.

La fama di Pascali cresce esponenzialmente dopo la sua tragica scomparsa. Sono numerose le retrospettive che ne analizzano l’opera, a partire da quella curata da Palma Bucarelli nel 1969, alla GNAM di Roma. Già nel 1968 la mostra La povertà dell’arte (1968; Bologna, galleria De Foscherari) si dedica al suo intenso rapporto con la natura, tema poi ripreso in numerose collettive come Conceptual art-Arte povera-Land art (Torino, Galleria civica d’arte moderna, 1970), Arte povera (Monaco, Kunstverein, 1971), la Biennale di Venezia Dalla natura all’arte – Dall’arte alla natura (1978), Identité italienne (Parigi, Centre Georges Pompidou, 1981); Coerenza In Coerenza, dall’Arte povera al 1984 (Torino, Mole Antonelliana, 1984); le mostre sull’arte povera di Madrid e a New York (1985); la mostra itinerante Zero to infinity: Arte povera 1962-1972 (Londra, Minneapolis, Los Angeles, Washington, Roma 2001-2003). Inoltre, è presente in diverse esposizioni che mirano a ricostruire storicamente gli anni ’60 in Italia.

Si è molto discusso del rapporto di Pascali con l’Arte povera. Come molti colleghi, lo scultore si interessa all’antropologia sociale, in un periodo di forte crisi delle culture metropolitane: in quegli anni in molti focalizzano la loro attenzione sul mito delle civiltà preindustriali. Due sono le principali espressioni artistiche di queste correnti intellettuali: la Land Art americana e l’Arte povera italiana, movimento nato nel 1967, non a caso, nell’industriale Torino. A teorizzare questa corrente è il giovane critico Germano Celant, che invita espressamente Pascali a farne parte. Di certo l’artista pugliese è legato al movimento dalla condivisione di molti ideali, come il recupero di una certa libertà creativa, senza rimanere ancorati ai limiti che la società continua a imporre, e per l’utilizzo inedito di materiali poveri, industriali e di scarto.

Tuttavia, una personalità complessa come quella di Pascali non è facilmente incasellabile in un qualsiasi movimento artistico. Nel suo caso le opere che utilizzano elementi naturali, come l’acqua, la terra o la paglia, hanno una doppia valenza: alla critica al tecnologismo incalzante e all’eccessiva urbanizzazione si accompagna una rielaborazione poetica inconscia delle memorie giovanili e dei miti mediterranei, insieme a una costante presenza delle icone della cultura di massa della sua epoca come il fumetto, il cinema e la moda. Sia quando s’ispirano alla tradizione mediterranea, sia quando si rifanno alle forme del gioco e dell’avventura tipiche dell’infanzia, le sculture rispecchiano l’anticonformismo di Pascali, che spesso le realizza utilizzando materiali effimeri e fragili, tanto da portare gli esperti a interrogarsi sulle tecniche di restauro più corrette per il contemporaneo.

Le tante esposizioni che si sono succedute hanno cercato di mettere in luce gli aspetti ancora poco noti di un artista capace di ottenere in soli tre anni un ampio riscontro da parte della critica, tanto da essere notato da influenti galleristi in tutto il mondo, anche per la sua capacità di anticipare movimenti come la Body Art o l’arte concettuale degli anni ‘70. Ad esempio, nella mostra Pascali Sciamano alla Fondazione Carriero di Milano (2017) si evidenziano i legami tra Pino e l’arte tribale africana. Infatti, lo scultore arriva a essere paragonato a uno “sciamano” per la sua poetica che – in contrapposizione ai miti della società moderna – ha punti di contatto col primitivismo, la cultura africana e la concezione della Natura-Madre degli antichi. L’artista, proprio come uno sciamano, è colui che svela, che vede dove gli altri non vedono e che si pone come mediatore tra illusione e realtà. È lo stesso Pascali a spiegare che «l’uomo primitivo non crea una forma, ma dà origine a un mondo che prima non c’era. Per far questo impiega tutta la sua energia. Non è un’opera per l’opera. È l’ardore che presiede alla creazione di una civiltà».

Dopo la morte di Pino, i genitori tornano a Polignano a Mare, nel cui cimitero sono conservate le spoglie dell’artista. Nel 1969, per onorare la memoria del figlio, Franco e Lucia Pascali istituiscono il Premio Pascali, presieduto inizialmente da Palma Bucarelli e poi da Bruno Mantura e Italo Faldi, soprintendenti della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che nominano i membri della giuria di ogni edizione. I vincitori, premiati con una somma di denaro, una targa e l’allestimento di una personale a loro dedicata sono Maurizio Mochetti (1969), Vettor Pisani (1970), Vincenzo Agnetti (1972), Luca Patella (1976) e Jannis Kounellis (1978). La morte dei genitori di Pino porta a una sospensione del premio durata una ventina d’anni, fino al 1997.

Per diversi anni la Puglia sembra prestare poca attenzione uno degli artisti più rappresentativi dell’arte italiana del Novecento, se non fosse per le numerose opere ospitate nelle collezioni private e per l’acquisizione nel 1981, da parte della Pinacoteca Provinciale di Bari – sotto la direzione di Pina Belli d’Elia – di 9 metri quadrati di pozzanghere, che per lungo tempo rimane l’unica opera significativa del periodo più maturo di Pascali conservata nella regione.

Nel 1998 nasce a Polignano a Mare il Museo Pino Pascali, dopo che la famiglia dell’artista dona al Comune un importante lascito di opere e cimeli a lui appartenuti. È organizzata per l’occasione una mostra retrospettiva e antologica su Pascali (curata da Achille Bonito Oliva e Pietro Marino), alla quale faranno seguito numerosi altri eventi ed esposizioni dedicati all’arte contemporanea. Nel 2010 il Museo si trasforma in Fondazione Pino Pascali, alla quale partecipano la Regione Puglia e il Comune: nel 2012 questo ente (premiato nel 2013 come Miglior Fondazione d’Arte Contemporanea d’Italia) trova casa nei locali sul mare dell’ex Mattatoio comunale.

Questi spazi oggi espongono le opere dei più significativi artisti pugliesi e dei vincitori del premio annuale. Infatti, con l’istituzione del Museo, è ripristinato anche il Premio Pino Pascali per l’arte contemporanea, che va ogni anno a un artista o personaggio, selezionato tra una rosa di nomi proposti da una giuria di esperti, nominata di volta in volta dalla storica direttrice, Rosalba Branà (alla quale recentemente è succeduto Stefano Zorzi). Per rispettare lo spirito originario del Premio, nella scelta dei premiati sono privilegiati la predisposizione verso la multimedialità e l’utilizzo di più linguaggi e tecniche espressive, focalizzandosi su quelle figure non ancora storicizzate e consacrate dalla critica d’arte, ma in via di affermazione, per le quali sia possibile scommettere su una promettente evoluzione.

Oggi il riconoscimento consiste in una grande mostra personale del vincitore al Museo Pascali con pubblicazione di un catalogo monografico, nell’acquisto di una sua opera, che entra nella collezione permanente del Museo, e in una statuetta in ceramica bianca che riproduce Coda di balena di Pino Pascali, realizzata dall’Istituto Statale d’Arte di Bari. Sono stati premiati il critico Achille Bonito Oliva (1997), lo scultore Giovanni Albanese (2002), il critico cinematografico Marco Giusti (2003), il gruppo milanese Studio Azzurro (2005), l’afgana Lida Abdul (2006), l’albanese Adrian Paci (2007), il belga Jan Fabre (2008), i fratelli inglesi Jake e Dinos Chapman (2010), gli italiani Bertozzi & Casoni (2011), gli svedesi Natalie Djurberg e Hans Berg (2012), l’inglese Matt Collishaw (2013), Fabrizio Plessi (2014), il collettivo russo AES+F (2015), la tedesca Christiane Löhr (2016), il belga Hans Op de Beck (2017), il gallerista Fabio Sargentini (2019), il cinese Zhang Huan (2020), il ghanese Ibrahim Mahama (2021) e il veneto Nico Vascellari (2022).

Nel 2020 il montatore e regista barese Walter Fasano realizza Pino, un documentario prevalentemente in bianco e nero – premiato come miglior film nella sezione italiana.doc della trentottesima edizione del Torino Film Festival 2020 – che vuole ripercorre la “prepotenza immaginativa” di Pascali. Per farlo Fasano parte dall’acquisizione da parte della Fondazione Pascali di Cinque bachi da setola e un bozzolo (1968), opera ceduta dallo storico gallerista e amico dello scultore Fabio Sargentini, in occasione del cinquantennale della scomparsa dell’artista: da abile montatore, il regista utilizza solamente gli scatti fotografici di Pino Musi, che documentano l’evento, e altre fotografie di Pascali stesso, scattate tra il 1963 e il ’68, in occasione delle sue ricerche per le pubblicità da realizzare, donate alla fondazione dalla vedova di Sandro Lololo. La sequenza di immagini fotografiche, rese dinamiche dalla tecnica di Fasano, si accompagnano a una narrazione fuori campo, in diverse lingue, con le voci femminili di Monica Guerritore, Alma Jodorowsky e Suzanne Vega.

L’opera di Pascali oggi è ancora attuale, grazie alla sua capacità di «interrogare la realtà attraverso i materiali», vivendo in una dimensione atemporale, come osserva Achille Bonito Oliva, che evidenzia come con l’artista pugliese «nasce il bisogno dell’arte di trovare una sua forma definitiva, di avere una centralità e non essere solo una postilla della realtà», una sua semplice riproduzione. Il tutto avviene con una forte influenza delle sue radici e dei ricordi dell’infanzia. Del resto, nel catalogo della sua ultima personale, Pino usa il dialetto berese, con cui da sempre ama giocare, e scrive questi versi dedicati alla sua scimmia Cita:

 

Alé! Alé! Cita

iei vogghie bene a Cita

la scimmie de Tarzàn

en ge vogghie acchià u sesteme

mpe potelle ntrappolà.

Vincenzo Camaggio

FAMOSO PER

 

Personaggio poliedrico, Pino Pascali nel suo percorso artistico è riuscito a esprimere attraverso tutti i mezzi espressivi che gli erano propri lo spirito del suo tempo. Infatti, non è stato semplicemente un originale scultore ma anche scenografo, fotografo, performer e disegnatore, in grado di esprimere una ragionata critica sociale nei suoi lavori, che hanno influenzato profondamente l’arte italiana del secondo dopoguerra.

 

Pino Pascali e Carla Lonzi. Discorsi.

Pubblicato per la rivista Marcatrè, 1967

 

Io cerco di fare ciò che amo fare, alla fine è l’unico sistema che mi funzioni. Non credo che uno scultore faccia un lavoro faticoso: egli gioca, anche il pittore gioca; come tutti coloro che fanno ciò che vogliono. Il gioco non è solamente appannaggio dei bambini. Tutto è gioco, non è d’accordo? Ci sono persone che lavorano… È che i giochi dell’infanzia si trasformano in giochi dell’adolescenza, poi i giochi dell’adolescenza diventano giochi dell’età adulta. Ma sono pur sempre giochi. In un dato momento qualcuno è in ufficio: se il lavoro è poco interessante, egli avrà voglia di una macchina potente per andare a farsi un giro. Proprio perché costui svolge un lavoro che non lo interessa.

Ma se gli piace, questo lavoro è per lui un gioco, ed egli vi si dedica completamente. Con tutto questo non si vuole parlare di gioco in senso di “puro divertimento” (è un’altra cosa!), bensì inteso come attività normale dell’uomo. E il gioco, anche per i bambini, è una cosa seria, è un modo per conoscere. I giochi dei bambini sono veramente fatti per permettere loro di sperimentare e scoprire le cose, per conoscere e nello stesso tempo superarle. Ma che cosa si intende per bambino? Qualunque sia la loro età, gli uomini possono restare “bambini” fino alla fine della loro vita. Evidentemente se qualcuno si batte la testa con un cucchiaio è perché è un cretino! Ma se questi riesce a vivere come vuole, per esempio come i ragazzini felici di andare a scuola, allora egli gioca… Sì, io amo il mare, la pesca subacquea, futilità del genere… Amo gli scogli circondati dal mare: io sono nato in riva al mare, ci ho giocato da bambino… Amo gli animali, in quanto mi appaiono come degli intrusi, degli esseri che non appartengono alla nostra specie, che possono spostarsi. Ce ne sono in città, in campagna, si tenta di conoscerli. Poi si conclude “bene, bene” e si ritorna indietro. Ma guardare un cavallo procedere nella strada, o vedere un albero che cresce su un metro quadrato di marciapiede, io non so proprio dire che effetto mi faccia tutto ciò. Io lo vedo, lui, l’albero, e non fa solamente parte dell’essenza “albero”; io ci sono affezionato, perbacco! Ma per me un animale è una realtà del tutto diversa. È già un fenomeno straordinario veder passare delle pecore vicino alle case, o vicino ad un uomo. Si brucia una tappa, la pecora non fa parte di ciò che è organizzato, si profila un’altra cosa. È molto più strano percepire un cavallo piuttosto che vedere una macchina, o un missile lanciato a 7000 Km all’ora… mi spiego? Come si può ben capire il mio universo interiore, il mio mondo immaginario sono stati decisamente segnati dai romanzi d’avventura piuttosto che da tutti i libri molto intelligenti che ho potuto leggere dopo. Questi ultimi mi sono serviti per capire, per essere efficace. È stato come ritornare per una seconda volta a scuola. E, del resto, ho letto poco, dopo. Ad un certo punto, ho letto tutto insieme, come non bisognerebbe leggere; di colpo, adesso, non riesco più a concentrarmi su un libro, preferisco guardare delle immagini, che mi offrono un altro tipo di apertura. Certo i ragionamenti ben costruiti, tutto ciò che riguarda la realtà organizzata, il mondo mentale, tutto questo mi va bene, è un aiuto, sì, ma mi annoia terribilmente.

E se seguissi all’infinito questo tipo di ragionamento, questo mi distruggerebbe completamente. Esattamente come un punto che gira senza fine, su un foglio di carta. Tutto il foglio potrebbe essere riempito, senza che ne esca una qualche immagine significativa. Certo tutto questo mi aiuta a capire. Si tratta di un lungo tragitto, e ciò mi permette di creare degli incroci, ma in definitiva, per me, il risultato non è che una serie di punti, una linea. Di questo stesso pezzo di carta, alcuni ne parleranno come di una specie di planimetria, o immagineranno una quantità di storie, ma non è il mio modo di procedere; in questo ambito io non sono incluso? Che cosa vorrei? Essere il più naturale possibile, ma non naturale in un certo modo, e sono incapace di spiegare che cosa bisogna intendere per naturale.

V.C.

DICONO DI LUI

 

«La fantasia di Pascali non ha nulla di arbitrario, di irrazionale: è procedimento legittimo per il recupero di una spazialità che, anche solo per il fatto di essere contestata e repressa dall’antistoricismo della società dei consumi, si può a ben diritto definire storica. Sì da potersi supporre che lo scopo ultimo di questo designer ribelle alle regole della fabbrica, che indubbiamente opera nelle posizioni più avanzate dell’avanguardia sperimentale, sia ancora il riscatto, contro l’inflazione di segni e segnali della società dei consumi, di un’intrinseca storicità e strutturalità della forma».

Giulio Carlo Argan, critico d’arte

«Sono passati più di 50 anni e sempre più l’opera di Pascali vive una situazione di attualità. La sua capacità di interrogare la realtà attraverso i materiali e portarli ad una forma conchiusa è la motivazione della durata del suo lavoro. Pascali in questo senso è atemporale, fuori dalle circostanze degli anni in cui ha lavorato. Non c’è nessun sospetto che abbia realizzato dell’archeologia culturale, ovvero opere segnate dal tempo.

Ciò ha avuto molta Influenza sulle generazioni successive, ma non in senso didascalico. Con lui nasce il bisogno dell’arte di trovare una sua forma definitiva, di avere una centralità e non essere solo una postilla della realtà».

Achille Bonito Oliva, critico d’arte

 

Segreti di vita e di morte del genio Pino Pascali

Alberto Selvaggi, La Gazzetta del Mezzogiorno, 5 luglio 2018

 

Pino ha frequentato poco Polignano. E il suo mito in loco e fuori è stato promosso sopratutto da critici e operatori d’arte baresi. Suo padre Francesco, «don Ciccio», per la moglie Franco, era nato il 14 maggio 1901 ad Aquara (e non «Acquara» come riporta erroneamente il registro di Polignano), nel Salernitano, via Giordano Bruno 139 alle 7.20, figlio del geometra Giuseppe, domiciliato nel paesino sul mare, e di Rosalba Posa. Un «questurino» (definizione sua) in carriera per il grado di vicequestore a Roma, benemerito con medaglie d’oro della P.S. e P.I. Tosto e destrorso come molti nella sua schiatta. Sua madre, Lucia Pomodoro, cugina di primo grado di Arnaldo e di Giò, figlia di Vitangelo e Palma Ruggieri, era nata a Monopoli il 14 giugno 1905, insegnante medaglia d’oro della P.I, figura dolce incline a mediare i contrasti tremendi tra figlio e padre. Si sposarono il 27 marzo 1927 a Bari (registro 171).

Nel capoluogo l’artista, vissuto tra l’Albania, Napoli e Roma, compì la prima fase di studi e si formò. C’erano «zio Giovanni», lo zio ingegnere dell’Ufficio tecnico di Bari. Forse soltanto nei primissimi anni dormì nella culla polignanese di casa Pascali, a ridosso della Pensione Sportelli. Qualche visita a «zio Vito il geometra» in vico Moro, facciata Palazzo del Conte, agrimensore, studio in via Matteotti. Una puntatina, se ci fu, dai vari Donato, vico Porto, dopo l’arco di Sant’Antonio, Teresa, Nicola. E poi più nulla.

Il creativo che ha ridotto l’infinità marina in metri quadrati di pozze non aveva amici polignanesi, non parlava polignanese, a differenza del padre che lo masticava alternandolo al barese e all’italiano puro. Peppino, come lo chiamavano a Bari ai tempi della scuola, dal Madonnella di via Dalmazia e dintorni al Murat della residenza prossima al porticciolo dei pescivendoli bruti, amava Bari, il vernacolo, che citava sui quaderni perfino trasferito a Roma, e che esibiva in scioglilingua ultrasonici con i bestemmiatori.

Amava i baresi, soprattutto se compari suoi. Franco Dentamaro, leggenda degli oli, omone scanzonato e pacioso per il quale il genio dipinse una stupenda cascata multicolore con un cerchio bianco centrato da un punto. Walter Cernò, assurto al ruolo di manager farmaceutico d’alto bordo, Franco Favia, farmacista che tiene ancora esposto in casa un quadro che Pascali regalò a sua madre contenendo i guizzi d’eversione. Ninì Giorgio, commerciante di tessuti, tutti «dicagnini» doc (studenti del rinomato liceo Di Cagno Abbrescia). Adorava la scimmia Cita che tirava i capelli a tutti e che coccolava nella sua casa di via Montenegro 4, zona umbertina nobile, androne niveo con ascensore in legno e ferro battuto. Da sempre era pazzo per le moto: modificò la sua Lambretta color fuoco, foggiandola a MV Agusta «Disco Volante» allucinatoria, in sella alla quale si schiantò davanti agli amici anche contro una saracinesca della Latteria Principe, negozio storico: «Ou, non dite niente a mamma!».

Goliarda della ciurma del Fortino e del Club del Cus, era tra gli habitué dell’Ormada, davanti all’Hotel Oriente in corso Cavour. Affrescò con due pesciolini che si scoccavano baci muti l’ex garage sulla via per Carbonara riattato a sala da ballo con gli altri scavezzacolli. A Carnevale si travestì da SS e venne fermato dalle forze dell’ordine. Si distinse in più di un arrembaggio al Circolo della Vela tuffandosi con gli altri goliardi dal Molo Sant’Antonio.

PRINCIPALI MOSTRE

 

Mostre personali – in vita

Pascali, Galleria La Tartaruga, Roma, 1965.

Pino Pascali, Galleria Sperone, Torino, 1966.
Pino Pascali, nuove sculture, Galleria L’Attico, Roma, 1966.

Pino Pascali, Galerie M.E. Thelen, Essen, 1967.
Pascali, Galleria Alexander Iolas, Milano, 1967.

Pino Pascali, Galerie Ars Intermedia, Colonia, 1968.
Pino Pascali: les sculpture blanches. Les éléments de la nature, Galerie Alexandre Iolas, Parigi, 1968.
Pino Pascali, Bachi da setola ed altri lavori in corso, Galleria L’Attico, Roma, 1968.
Pino Pascali, 34. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, Venezia, 1968.

 

Mostre personali – post mortem

Pino Pascali, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1969.

Pino Pascali, Galleria Alexandre Iolas, Milano, 1970.
Le Armi di Pino Pascali, Modern Art Agency, Napoli, 1970.
Pino Pascali, Galleria Alexandre Iolas, Parigi, 1970.
Pino Pascali, Galleria Christian Stein, Torino, 1970.

Pascali, Pinacoteca Provinciale, Bari, 1973.

Pascali, Galleria Il Fauno, Torino, 1974.
Pascali, Galleria LP 220, Torino, 1974.
Pascali, Galleria Marin, Torino, 1974.

Pino Pascali, Galleria La Tartaruga, Roma, 1976.

Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne, Parigi, 1981.

Pino Pascali su Commissione. Grafiche pubblicitarie, scenografie, decorazioni 1955-1965, Pinacoteca Provinciale, Bari, 1983.

Pascali 1965 – Le armi, Galleria Franz Paludetto, Torino, 1984.

Pino Pascali, Centre d’Art Contemporain Le Consortium, Digione, 1987.
Pino Pascali, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 1987.

Pino Pascali, Salvatore Ala Gallery, New York, 1988.
Pino Pascali, ponti sull’acqua, Galleria L’Attico, Roma, 1988.

Galleria Peccolo, Livorno, 1989.
Salvatore Ala Gallery, New York, 1990.

Castello Svevo, Bari, 1990.
Pino Pascali. Opere 1958-1964, Galleria Peccolo, Livorno, 1990.
Pino Pascali, Studio Durante Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 1990.

Pino Pascali, Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo, 1991.
Pino Pascali, Musee d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi, 1991.
Pino Pascali, Galleria d’Arte Niccoli, Parma, 1991.
Pino Pascali, Galleria Arco D’Alibert, Roma, 1991.
Pascali Performer, Galleria L’Attico, Roma, 1991.
Pino Pascali. Opere su commissione, Palazzo Comunale, Salò, 1991.
Pascali. Corpi di cartone, XXI Festival Internazionale del cinema di Taormina, Taormina Arte 91, Taormina, 1991.

Omaggio a Pascali, Cala Paura, Polignano a Mare, 1992.
Pino Pascali. La reconstrucción de la naturalezza 1967-1968, IVAM Centre Julio Gonzáles, Valencia, 1992.

Pino Pascali: pubblicità d’artista, Galleria Trisorio, Napoli, 1993.
Pino Pascali. Slittamenti, XLV Biennale Internazionale d’arte, Venezia, 1993.
Pino Pascali: slugs & slides, Salvatore Ala Gallery, New York, 1993.

Pino Pascali, Galleria Milano, Milano, 1995.
Pino Pascali, Galerie Liliane & Michel Durand-Dessert, Parigi, 1995.

Pino Pascali, Galleria Cesarea De Ferrari, Genova, 1996.
Pino Pascali: sculptures and drawings, Akira Ikeda Gallery, Tokyo, Taura, Nagoya, 1996.

L’Isola di Pascali 1968-1998. Pino Pascali trent’anni dopo, Palazzo Pino Pascali, Museo Comunale d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 1998.

Pino Pascali. L’arte come gioco, Galleria Granelli, Livorno, 1999.

Pascali Geometrico, Galleria L’Attico, Roma, 2000.

Pino Pascali. La reinvención del mito mediterráneo, Palacio de Velázquez, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, 2001.
Drawings by Pino Pascali, Esso Gallery and Books, New York, 2001.
Pino Pascali: Africa. Œuvres de Pino Pascal et des Ejagham, Galerie Liliane & Michel Durant-Dessert, Parigi¸ 2001.
Galleria L’Attico, Roma, 2001.

Pascali: Cartoons, Galleria Free Time Club, Cesena, 2003.

Pino Pascali, Castel Sant’Elmo, Napoli, 2004.

Galleria Gate24 Contemporary Art, Falconara Marittima (AN), 2005.
Pino Pascali, lavori su commissione e pubblicitari, Galleria Peccolo, Livorno, 2005.
Pino Pascali. Il Mare ecc., Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2005.
Buon Compleanno Pino! 70 anni dalla nascita di Pino Pascali, Palazzo Pino Pascali, Museo Comunale d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2005.

Pino Pascali. Genio ribelle tra libertà e committenza, Galleria Colossi Arte Contemporanea, Brescia, 2006.
Pino Pascali, lavori per la pubblicità, Galleria Frittelli Arte Contemporanea, Firenze, 2006.
Pino Pascali, Gagosian Gallery, New York, 2006.

Omaggio a Pino Pascali, Galleria Pananti, Firenze, 2007.

Pino Pascali. 40 anni dopo, 1968-2008, Palazzo Pino Pascali, Museo Comunale d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2008.
Pino Pascali. Il disegno del mondo, ex chiesa di San Francesco, Como, 2008.
Pino Pascali. Disegni per la pubblicità, Galleria Emme Otto, Roma, 2008.

Pino Pascali, AG Arte Contemporanea, Roma, 2010.

Pino Pascali. A multitude of soap bubbles which explode from time to time. Pino Pascali’s final works 1967-1968, Camden Arts Center, Londra, 2011.
Pino Pascali. Ritorno a Venezia. Puglia Arte Contemporanea, 54. Biennale Internazionale d’Arte, Venezia, 2011.
Il mondo di Pino Pascali: arte/gioco/pubblicità, Chiostro delle Clarisse, Noci (Bari), 2011.
Fantasia della trasformazione. Pino Pascali, Galleria Granelli, Livorno, 2011.
Pino Pascali-Giungla, Galleria BLUorg, Bari, 2011.

Pino Pascali. L’altro Pascali: un itinerario attraverso le opere per il cinema e la TV, Fondazione Pescheria, Centro arti visive, Pesaro, 2012.
Pino Pascali. Cinque bachi da setola e un bozzolo, Fondazione Museo Pino Pascali, Museo d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2012.
Pino Pascali e il cinema anni ’60, Fondazione Museo Pino Pascali, Museo d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2012.

Pino Pascali. Cinque bachi da setola e un bozzolo, Galleria L’Attico-Fabio Sargentini, Roma, 2013.

Pino Pascali, l’africano, Museo Civico di Castelbuono, Castelbuono (PA), 2015.

 

Mostre collettive

Casino Municipal, Cannes, 1965.
Galleria del Gruppo 70, Firenze, 1965.
XIX Premio Nazionale di Pittura Michetti, Francavilla a Mare, 1965.
Galleria Civica d’Arte Moderna, Palermo, 1965.
Libreria Feltrinelli, Roma, 1965.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1965.
Palazzo del Comune, Termoli, 1965.
Galleria La Salita, Torre Astura, 1965.
Galleria Ferrari, Verona, 1965.

Palazzo del Liceo, Avezzano, 1966.
Casino Municipale, Cannes, 1966.
Galleria Del Deposito, Genova, 1966.
Galleria Il Centro, Galleria Il Quadrante, Napoli, 1966.
Libreria-Galleria Guida, Napoli, 1966.
Musée Rodin, Parigi, 1966.
VI annuale di Porec Jugoslavija-Italija, Porec, 1966.
Galleria La Tartaruga, Roma, 1966.
Galleria L’Obelisco, Roma, 1966.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1966.
Palazzo Collicola, Spoleto, 1966.
Ca’ Giustinian, Venezia, 1966.

Palazzo del Liceo, Avezzano, 1967.
Galleria De’ Foscherari, Bologna, 1967.
Palazzo Trinci, Foligno, 1967.
Galleria La Bertesca, Genova 1967.
Palazzo della Cultura, Livorno, 1967.
Galleria Civica, Milano, 1967.
Expo 67, Montreal, 1967.
Palazzo Reale, Napoli, 1967.
Galerie Stadler, Parigi, 1967.
Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi, 1967.
Galleria G.S., Pescara, 1967.
Palazzo dei Congressi, Repubblica di San Marino, 1967.
Galleria Il Cerchio, Roma, 1967.
Galleria L’Attico, Roma, 1967.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1967.
Qui Arte Contemporanea, Roma, 1967.
Museu de Arte Moderna de São Paulo, San Paolo del Brasile, 1967.
Palazzo Ancaiani, Spoleto, 1967.
The National Museum of Modern Art, Tokyo, 1967.
Galleria Sperone, Torino, 1967.

Arsenali, Amalfi, 1968.
Galleria De’ Foscherari, Bologna, 1968.
Institut of Contemporary Arts, Boston; Jewish Museum, New York, 1968.
Galleria L’Attico, Roma, 1968.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1968.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1968.
Centro Arte Viva Feltrinelli, Trieste, 1968.
Palazzo Zachete, Varsavia, 1968.

Kunstverein Hamburg, Amburgo, 1969.
Kunsthalle Bern, Berna; ICA, Londra, 1969.
Museen Haus Lange / Haus Esters, Krefeld, 1969.
Galleria Il Centro, Napoli, 1969.
Musée des Arts Décoratifs, Parigi, 1969.
Galleria La Tartaruga, Roma, 1969.
Kunstverein Hamburg, Amburgo, 1969.

Palazzo dei Musei, Modena, 1970.
Palazzo Pretorio, Prato, 1970.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1970.
Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino, 1970.

Roc 71, Dublino, 1971.
Kunstverein, Monaco di Baviera, 1971.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1971.
Moderna Galerija, Zagreb; Museum Belgrado, Belgrado, 1971.
Akademie der bildenden Kunste, Vienna, 1971.

Parcheggio di Villa Borghese, Roma, 1973.

Galleria De’ Foscherari, Bologna, 1974.

XXII Fiorino d’Oro, Biennale Internazionale d’Arte, Forte di Belvedere, Firenze, 1975.

Galleria Civica d’Arte Moderna, Bologna, 1976.
Kunsthalle, Düsseldorf, 1976.

Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino, 1977.

XXXIX Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Venezia, 1978.

The National Museum of Art, Osaka, 1979.

Palazzo Collicola, Spoleto, 1980.

Rheinhallen Messegelände, Colonia, 1981.
Musée de l’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1981.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1981.
Circolo Culturale del Comune, Senigallia, 1981.
Palazzo della Gran Guardia, Verona, 1981.

Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna, 1982.
Hayward Gallery, Londra, 1982.
Tokyo, 1982. 

Studio Carrieri, Martina Franca, 1983.
Galleria Marino, Galleria La Tartaruga, Roma, 1983.
Chiesa di san Samuele, Venezia, 1983. 

Mole Antonelliana, Torino, 1984. 

Calouste Gulbenkian Foundation, Lisbona, 1985.
Palacio de Velázquez, Madrid, 1985.
Institute for Art and Urban Resources, New York, 1985. 

Castello Svevo, Bari, 1986.
Musée de l’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi, 1986.
XLII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Venezia, 1986.

Palazzo delle Mostre e dei Congressi, Alba, 1987.
Musée Savoisien, Chambéry, 1987.
Musée d’Art Contemporain, Nîmes, 1987.
Palazzo Comunale, Palazzo Catena, Procida, 1987.
Galleria L’Attico, Roma, 1987.
École Régionale Supérieure d’Expression Plastique, Turckheim, 1987.

Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Monaco di Baviera, 1988.
The Murray and Isabella Rayburn Foundation, New York, 1988.
Studio La Città, Verona, 1988.
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Forti, Verona. 1988.

Rheinhallen der Kölner Messe, Colonia, 1989.
Grazer Kunstverein, Graz, 1989.
Royal Academy of Arts, Londra, 1989.
PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano, 1989.

Fortezza da Basso, Firenze, 1990.
House of Cyprus, Atene, 1990.
Castello Svevo, Bari, 1990.
Palacio de Cristal, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, 1990.
Studio Marconi, Milano, 1990.
Castello di Rivara, Rivara, 1990.
Palazzo Civiltà del Lavoro, Roma, 1990. 

Galleria d’Arte Niccoli, Parma, 1991.
Galleria L’attico, Roma, 1991.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1991.
Museum des 20. Jahrhunderts, Vienna, 1991. 

Cala paura, Polignano a Mare, 1992.
Galleria L’Attico, Roma, 1992.
Nouveau Musée, Villeurbanne, 1992.

Fortezza da Basso, Firenze, 1993.
Musée d’Arte Contemporain, Nîmes, 1993.
Galleria L’Attico, Roma, 1993.

Guggenheim Museum, New York, 1994.
Galleria Sperone, Roma, 1994.

Neue Galerie Graz am Landesmuseum Joanneum, Graz, 1995.
Palazzo Ducale, Venezia, 1995.

Athens School of Fine Arts, Atene, 1996.

Martin Gropius Bau, Berlino, 1997.
Neues Museum Weserburg Bremen, Brema, 1997.
Ausstellungshalle zeitgenössische Kunst Münster-AZKM, Münster, 1997.
Kunsthalle Nürnberg, Norimberga, 1997.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1997.
Württembergischer Kunstverein, Stoccarda, 1997.
Palazzo Querini Dubois, Venezia, 1997.

Centro di Arte Contemporanea, Palazzo delle Papesse, Siena, 1999.

Palau de la Virreina, Barcellona, 2000.
Scuderie Papali al Quirinale, Mercati di Traiano, Roma, 2000.

Italian Institute of Culture, Londra, 2001.
The Museum of Modern Art, Ibaraki, 2001.
City Museum of Art, Kagoshima, 2001.
Galleria Peccolo, Livorno, 2001.
Tate Modern, Londra, 2001.
Walker Art Center, Minneapolis, 2001.
Galleria L’attico, Roma, 2001.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2001.
Palazzo Bice Piacentini, San Benedetto del Tronto, 2001.
Museum of Contemporary Art, Sapporo, 2001.
Palazzo Ducale, Sassuolo, 2001.
Toyota Municipal Museum of Art, Toyota, 2001.
CSW Centrum Sztuki Wspolczesnej / Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia, 2001.
Palazzo Ducale, Venezia, 2001.
Galleria Studi La Città, Verona, 2001.
Museum of Art, Yokohama, 2001.

Museo Archeologico Regionale, Aosta, 2002.
The Geffen Contemporary at MOCA, Los Angeles, 2002.
Spazio Oberdan, Chiostro del Palazzo Isimbardi, Milano, 2002.
Walker Art Center, Minneapolis, 2002.
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 2002.
Galleria Comunale d’Arte, Faenza, 2002.
Shimane Art Museum, Shimane, 2002.
Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington D.C., 2002.

Collection Lambert, Avignone, 2003.
Parlamento Europeo, Bruxelles, 2003.
Kloster Unser Lieben Frauen, Magdeburgo, 2003.
Palazzo della Ragione, Padova, 2003.
Muséè des beaux-arts, Mons, 2003. 

Villa Croce Museo d’Arte Contemporanea, Genova, 2004.
Palazzo Pino Pascali, Museo Comunale d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2004.

Il Chiostro Arte Contemporanea, Saronno, 2005.
Assab One, Milano, 2005.
Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano, 2005.
Galleria Civica di Modena, Modena, 2005.
Scuderie del Quirinale, Roma, 2005.
Kunstmuseum Liechtenstein, Vaduz, 2005.

Galleria Arte e Arte, Bologna, 2006.
XII Biennale Internazionale di Scultura di Carrara, Carrara, 2006.
Kunst Meran, Merano, 2006.
Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Milano, 2006.
La Maison Rouge-Fondation Antoine de Galbert, Parigi, 2006.
MOCA Shanghai, Shanghai, 2006.

Museion – Museum für moderne und zeitgenössische Kunst, Bolzano, 2007.
Cesac – Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee, Caraglio, 2007.
Kunstforum Halle, Halle, 2007.
Galleria Tega, Milano, 2007.
Esso Gallery and Books, New York, 2007.
Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna, Pescara, 2007.
Galleria Oredaria Arti Contemporanee, Roma, 2007.
Musée d’Art Moderne de Saint-Étienne, Saint-Étienne, 2007.
CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco, 2007.
Rossoquarantuno, Trani, 2007. 

Kunsthaus Graz, Graz, 2008.
P.S.1 Contemporary Art Center, Long Island, New York, 2008.
CO2 Contemporary Art, Roma, 2008.
Galleria De Crescenzo & Viesti, Roma, 2008.
Galliera Civica d’Arte Moderna-Palazzo Collicola, Spoleto, 2008.
Palazzo Grassi, François Pinault Foundation, Venezia; Museum of Contemporary Art, Chicago, 2008. 

Ex convento di Santa Scolastica, Bari, 2009.
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo, 2009.
Unschuld Kunsthalle Bielefeld, Bielefeld, 2009.
Museum of Contemporary Art, Chicago, 2009.
Centro Italiano di Arte Contemporanea, Foligno, 2009.
MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Roma, 2009.
Studio Angeletti, Roma, 2009.

Fundación PROA, Buenos Aires, 2010.
Museo Civico Fattori – Villa Mimbelli, Livorno, 2010.
Galleria Traghetto, Roma, 2010.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2010.
Galleria in Arco, Torino, 2010.
Museo dei Campionissimi, Novi Ligure, 2010.
Galleria Civica d’Arte Moderna, Palazzo santa margherita, Modena, 2010.
Galleria Maria Grazia del Prete, Roma, 2010.
Centro per l’Arte Contemporanea Open Space, Catanzaro, 2010.
Museo Civico Giovanni Fattori – Villa Mimbelli, Livorno, 2010.
Fiera del Levante – Cineporto, Bari, 2010.
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, 2010.
MACRO, Roma, 2010.
Allegretti Contemporanea, Torino, 2010.
Galleria Biasutti & Biasutti, Torino, 2010.
Room 26, Roma, 2010.
999 Gallery, Roma, 2010.

Triennale di Milano, Milano, 2011.
M&D Arte, Gorgonzola (MI), 2011.
Museo Archeologico di Santa Scolastica, Bari, 2011.
Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea Castello Colonna, Genezzano (RM), 2011.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2011.
Palazzo Pergoli, Falconara marittima (Ancona), 2011.

MACRO Testaccio, Roma, 2012.
Chiesa di san Francesco da Paola, Taormina, 2012.
Complesso Monumentale del san Giovanni, Catanzaro, 2012.

Galleria Frittelli Arte Contemporanea, Firenze, 2013.
MEB Arte Studio, Borgomanero, 2013.
Fondazione Museo Pino Pascali, Museo d’Arte Contemporanea, Polignano a Mare, 2013.

Villa Croce, Genova, 2014.
Galleria Granelli, Livorno, 2014.
Fondazione Museo Pino Pascali, Museo d’Arte Contemporanea, Polignano, 2014.

LVI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, Venezia, 2015.
Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare, 2015.

Museo delle Genti d’Abruzzo, Pescara, 2015.

Biblioteca Nazionale Unoversitaria, Torino, 2015.

Triennale, Palazzo dell’Arte, Milano, 2015.

Palazzo Platamone, Palazzo della Cultura, Catania, 2016.

Marianne Boesky Gallery, New York, 2016.

Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, 2016.

FONTI BIOGRAFICHE, SITI WEB E VIDEO

 

Pascali, presentazione mostra personale, C. Vivaldi, Galleria La Tartaruga, Roma Gennaio 1965.

Pascali, presentazione mostra personale, M. Calvesi, V. Rubiu, Galleria Sperone, Torino 1966.

MamborPascali, presentazioni, A. Bonito Oliva, M. Fagiolo (catalogo Libreria Guida), Napoli 1966.

Presentazione mostra personale, M. Calvesi, Galleria L’Attico, Roma, Ottobre 1966.

Presentazione personale, C. Brandi, Gallerie Jolas, Milano, 1967.

Pino Pascali e Carla Lonzi. Discorsi, Marcatrè Rivista di cultura contemporanea, 1967.

Nuove dimensioni della scultura, U. Kultermann, Feltrinelli, Milano, 1967.

Intervista a Pino Pascali, Tecniche e materiali, M. Volpi Orlandini, Marcatré Rivista di cultura contemporanea, VI (maggio 1968).

Le pure fantasie di Pascali, C. Brandi, in Le Arti, n°5 Giugno 1968.

Arte Povera, AA.VV., catalogo De Foscherari, Bologna, 1968.

Morto lo scultore Pascali, Corriere della Sera, 12 settembre 1968.

Presentazione della mostra personale alla Gallerie Jolas, Giulio Carlo Argan, Parigi, 1968.

Ceroli, Kounellis, Marotta, Pascali: 4 artistes italiens plus que nature, M. Calvesi, (catalogo), Parigi–Milano, 1969.

Pascali nella storia dell’arte italiana dal 1956 ad oggi, S. Pinto, supplemento a D’Ars Agency, maggio 1969.

Il territorio magico, A. Bonito Oliva, Edizioni centro DI, Firenze 1971.

Pascali, V. Rubiu, De Luca, Roma 1976.

Avanguardia di massa, M. Calvesi, Feltrinelli, Milano 1978.

Pino Pascali dieci anni dopo, AA.VV., Atti del Convegno a cura dell’Associazione Amici dell’Arte, Castello Svevo, Bari 1979.

Pino Pascali, Anna D’Elia (a cura di), Laterza, Bari, 1983.

Arte povera. Storie e protagonisti, G. Celant, Electa, Milano, 1985.

Pino Pascali, F. d’Amico, S. Lux, Mondadori, Milano, 1987.

Pino Pascali: ponti sull’acqua, testi di A. Bonito Oliva, V. Rubiu (catalogo), galleria L’Attico, Roma 1988.

Pensieri spaziali. Coletta, Gastini, Icaro, Mattiacci, Nagasawa, Nunzio, Pascali, F. D’Amico–F. Gualdoni (a cura di), con Luigi Ballerini, (catalogo), Cagli, Ravenna, 1989.

Pino Pascali. Disegni per la pubblicità, V. Rubiu (catalogo mostra), Salò, Luglio 1991.

Pascali performer, a cura di F. Sargentini, (catalogo) galleria L’Attico, Roma, 1991.

Pino Pascali, la reconstrucción de la naturaleza 1967-1968, Millet, A. Soldaini (a cura di), catalogo della mostra (Valencia, IVAM Istitut Valencià d’Art Modern, Centre Julio González, 24 settembre – 22 novembre), IVAM Institut Valencià d’Art Modern, Valencia, 1992.

Pino Pascali, L. Caramel, (catalogo), galleria Arte 92, Milano, 1993.

Pascali: un’intervista inedita del ’68, F. Facilla, OttoNovecento I, 1996.

Pino Pascali, E. Crispolti, D. Falasca (a cura di), Ed. Fuoricentro, Castelnuovo di Porto (Roma), 1998.

L’Isola di Pascali, Achille Bonito Oliva, P. Marino (a cura di), catalogo Museo Comunale d’Arte contemporanea – Palazzo Pino Pascali – Polignano a Mare, Edizioni Zelig, Polignano a Mare, 1998.

Pascali e la “sua” Africa, in “Africa, ouvres de Pino Pascali et des  Ejagham, S. Lodolo, catalogo mostra Galerie Liliale & Michel Durant – Dessert, Parigi, 2001.

Fiato d’artista, P. Pitagora, Sellerio, Palermo, 2001.

Pino Pascali. La reinvencion del mito mediterraneo, in “La reinvencion del mito mediterraneo 1961-1968”, S. Pinto, catalogo mostra Palcio de Velazquez, Museo Nacional Reina Sofia, Madrid, 2001.

Il pensiero selvaggio: Fautrier, Nagasawa, Nunzio, Pascali, Ragalzi, F. Sargentini–C. Dandrieu (catalogo), Roma, 2002.

Arte Povera, C. Bakargiev, Phaidon Press, 2002.

Natura: da De Chirico a Renoir, da Pascali a Boetti, 1910-1999, L. Gavioli (catalogo), Matera, 2004.

Pino Pascali. Lavori su commissione e pubblicitari, F. Gualdoni–S. Lodolo (catalogo), Livorno, 2005.

Pino Pascali. Lavori per la pubblicità, AA. VV. (catalogo, Firenze 2006-2007), Carlo Cambi Editore, Siena, 2006.

Pino Pascali, 40 anni dopo 1968-2008, R. Branà (catalogo), Polignano a mare, 2008;

Pascali 1935-1968, Leoncillo 1915-1968: due artisti a confronto, L. Velani–M. Tonelli–G. Carandente (a cura di), GCAM, Spoleto, 2008.

Pino Pascali. Nuove sculture, Alberto Boatto; Maurizio Calvesi, Edizioni L’Attico, Roma, 1966.

Pino Pascali, Anna D’Elia (a cura di), Electa, Milano, 2010.

Pino Pascali. Il libero gioco della scultura, Marco Tonelli, Johan & Levi, Monza, 2010.

Pino Pascali. Catalogo generale delle sculture 1964-1968, Marco Tonelli, De Luca Editori d’Arte, Roma, 2011.

Pino Pascali. Ritorno a Venezia. Puglia arte contemporanea, R. Branà–G. Caroppo (a cura di), Marsico Libri, Modugno, 2011.

Pino Pascali. Mediterraneo metropolitano, E. Bergantino–R. Romito, Carlo Cambi Editore, Parma, 2012.

Lo sguardo espanso. Cinema d’artista italiano 1912-2012, Bruno Di Marino; Marco Meneguzzo; Andrea La Porta (a cura di), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2012.

Pino Pascali. L’altro Pascali. Un itinerario attraverso le opere per il cinema e la televisione, D. Ferraria, J. Niccolini, (catalogo mostra di Pesaro), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2012. 32 anni di vita circa. Pino Pascali raccontato da amici e collaboratori, Claudia Lodolo, Carlo Cambi Editore, Poggibonsi, 2012.

Vita eroica di Pascali, V. Rubiu, Castelvecchi, Roma, 2013.

Pino Pascali, Io sono un bambino selvaggio 1968-2018, Santa Fizzarotti Selvaggi e Valentina Bonomo, Edizioni Fides, Bari, 2018.

Achille Bonito Oliva: «Pascali incarnò il ’68 portando al potere la sua immaginazione», Antonella Marino, Repubblica, 25 maggio 2018.

Segreti di vita e di morte del genio Pino Pascali, Alberto Selvaggi, La Gazzetta del Mezzogiorno, 5 luglio 2018.

Un dialogo su Pascali, Pasolini e Pazienza, La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 aprile 2021.

 

www.museopinopascali.it/

www.archiviopinopascali.org/it

it.wikipedia.org/wiki/Pino_Pascali

 

www.youtube.com/user/museopinopascali

 

Pino Pascali/Sandro Lodolo – I Postero’s (cortometraggio d’animazione realizzato nel 1968 da Sandro Lodolo per una sigla di “Intermezzo” tratto dai personaggi de “I Postero’s” di Pino Pascali – tratto da “BlobCartoon”, Rai3, 1992):

https://www.youtube.com/watch?v=IrzEfcVC1p0

 

Il Museo Pino Pascali si racconta in pochi minuti (2016):

https://www.youtube.com/watch?v=kpZ9L0tesHM

 

Conferenza di Valérie Da Costa, Senior Lecturer in Contemporary Art History, University of Strasbourg “Pino Pascali: tra Arte Povera e Mediterraneo” svolta presso Magazzino Italian Art Foundation, New York (maggio 2020):

https://www.youtube.com/watch?v=vAKSh1qRfdw

 

Le attività della Fondazione Pino Pascali, raccontate dalla direttrice Rosalba Branà (dicembre 2020):

https://www.youtube.com/watch?v=kF9U4mYzx3A

 

Trailer di “Pino”, documentario di Walter Fasano racconta la storia dell’artista Pino Pascali (2021):

https://www.youtube.com/watch?v=1DCj-TGTg_s

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