PASANISI RAFFAELE

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PASANISI RAFFAELE

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1887 – 1965

Magistrato, imprenditore agricolo, presidente Unione Provinciale degli Agricoltura, Cavaliere del Lavoro

Nel 1919 lasciò la carriera di magistrato e si dedicò all’agricoltura, curando la tenuta di famiglia in agro di Maruggio in provincia di Taranto.

In essa diede vita a nuove coltivazioni di vitigni americani e di uve da tavola precoci, intensificò la coltivazione dell’olivo, provvide a una vasta rete di irrigazione e introdusse la meccanizzazione agricola.
Usò per primo su larga scala apparecchi fumogeni contro le gelate tardive, dotò la sua azienda modello di ampie strade, di abitazioni coloniche e di catene di frangivento. Su suo interessamento fu eseguita, a spese dello Stato, la bonifica di due sorgenti veicolanti la malaria, risanando così l’agro di Maruggio.

Si interessò anche del rimboschimento di una difficile zona ionica, con conseguente riconoscimento da parte del Ministero dell’agricoltura. Nel campo della beneficenza accolse generosamente ogni richiesta di aiuto da parte di autorità civili e religiose.
Fu presidente dell’Unione provinciale degli agricoltori e ricoprì numerose cariche in istituzioni pubbliche e private.

Onorificenza

Nominato Cavaliere del Lavoro il 06 06 1959
Settore Agricoltura Puglia

Gli uomini che fecero l’impresa. E quelli che la fanno tuttora. Perché il tempo non consumi le tracce, le facce, le storie di quanti, “almeno” dal 1932 (almeno, perché il primo nucleo si era aggregato già nel 1928), fanno la storia di un grande vino d’Italia, e si fregiano, giustamente, del titolo di “Maestri in Primitivo”. Gli uomini, e qualche donna, prima ancora della terra – che è terra buona, vocata, coltivata con passione, s’intende – e prima ancora della cantina (che è comunque il luogo dove nasce il vino, perché se l’enologo e le attrezzature non sono di gran livello, anche se l’uva è buona il vino riesce mediocre).

È questo il filo rosso – rosso vino, va da sé che lega le 270 pagine, sontuosamente illustrate, di “Maestri in Primitivo” di Nino D’Antonio, edito da Le Città del Vino sotto gli auspici del Consorzio Produttori Vini di Manduria, terzo volume di una serie (non si fermerà alla trilogia…) dedicata al vino simbolo del territorio jonico. Perché è qui, nel versante orientale della Provincia di Taranto, tra Sava Campomarino di Maruggio e Manduria, che anche grazie alla stazione ferroviaria da cui partivano grandi cisterne gli darà il nome, che il Primitivo, pur proveniente da Gioia del Colle (parliamo di tempi storici, non delle origini), ha trovato la sua patria d’elezione, il microclima più adatto per sprigionare le sue esplosive qualità.

Le vicende della Cooperativa, insomma, dei suoi presidenti (Raffaele Pasanisi, Giuseppe Schiavoni, Aldo Schiavoni, Tommaso Schiavoni, Fulvio Filo Schiavoni), dei suoi enologi, dei suoi soci. Quasi una indagine antropologica, se non fosse che l’estroso Nino D’Antonio, giornalista, documentarista, già docente di Letteratura italiana, è scrittore di vaglia, e non compila schede, narra storie…

Per mesi Nino D’Antonio ha incontrato i soci del Consorzio; molto spesso è andato a trovarli nelle loro masserie o nelle loro campagne; ha udito le loro narrazioni, quasi confessioni, ha chiesto, ma ha soprattutto ascoltato; e poi ha narrato le storie di 19 di loro, tutte così differenti:il nobile, l’ex mezzadro, l’enologo, il cavaliere del lavoro (uno dei pochissimi dell’area salentina, ancor più scarsi nel comparto agricolo), il comandante della Vespucci, il commediografo in vernacolo, l’ex ragazzo di cantina diventato responsabile della produzione, il ragioniere, il reduce di Salò, l’organizzatrice culturale innamorata della poesia, la volontaria ospedaliera, l’ateo, il fervente credente, il presidente del Consorzio di tutela del vino Primitivo… diffidenti, all’inizio (“ma chi è questo? e che vuole sapere? perché?”), poi convinti dalla “loro” affidabilissima e vulcanica responsabile delle pubbliche relazioni Anna Gennari, si sono aperti e raccontati, hanno capito che quel napoletano estroso era interessato veramente, ed esclusivamente, alle loro storie di padri e madri del Signor Primitivo.

Completano il ricco volume dal singolare formato quadrato un saggio di Luigi Moio ed Angelita Gambuti (Università Federico II di Napoli), “Il colore e l’odore del primitivo” Sulle caratteristiche dell’uva e del vino, ed uno di Antonio Calò e Stefano Meneghetti, “I lunghi viaggi del Primitivo”, su origini e diffusione del Primitivo, a partire dalla “scoperta” che lo Zinfandel californiano era assolutamente identico al nostro vitigno, indietro nel tempo.

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