COLONNA MARTINO

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COLONNA MARTINO

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Mola di Bari 30 gennaio 1905 – 28 novembre 1994

Docente di Chimica in diverse Università degli Studi (Bari, Perugia, Bologna, Trieste); In collaborazione col Prof. Angelo Mangini (1905-1988), suo concittadino, contribuì alla nascita della Chimica Organica moderna.

Nato a Mola di Bari il 30 gennaio 1905, nello stesso anno e nella stessa città dove era nato il compianto Prof. Angelo Mangini. Dopo aver fatto gli studi medi all’istituto tecnico di Iesi in provincia di Ancona, era passato all’Università di Pavia dove aveva conseguito la laurea in Chimica Pura.

Successivamente trasferitosi all’Università di Bari presso la Facoltà di Farmacia otteneva il diploma in Farmacia ed iniziava nella stessa Facoltà la sua carriera di docente.

Dopo la breve parentesi barese era passato all’università di Perugia nel 1935, dove sotto la guida del Prof. Cesare Finzi iniziava la sua lunga attività di ricercatore ed il sodalizio scientifico con Mangini. Di quel periodo raccontava: “Noi non avevamo tutto quello che avete voi oggi: un giorno per avere un pò di nitrometano, l’ho dovuto comprare con i soldi mei”. Semplici affermazioni che mettono in evidenza la voglia di fare e il desiderio di ottenere un risultato da descrivere: episodi ed aneddoti che mettono in luce lo spirito di sacrificio e la chiara coscienza di doversi costruire il destino con il proprio sudore e con le proprie capacità.

Negli anni trascorsi all’università di Perugia insieme con Mangini, inizia ad occuparsi delle reazioni di sostituzione arormatiche, sulla base delle teorie sviluppate da Bonino ed il frutto di questo lavoro sarà poi pubblicato con il titolo “Reazioni di sostituzione negli anelli aromatici e loro applicazioni”. Nel 1938 passa alla Facoltà di Chimica industriale di Bologna. È in questa sede che, tolta una parentesi di quattro anni trascorsi all’università di Trieste, il Professore rimarrà per tutto il resto della sua vita. Inizia la sua attività bolognese in perfetta sintonia con Mangini sviluppando lo studio della reattività dei sistemi aromatici cercando di dare una giustificazione dei risultati attraverso l’applicazione delle tecniche spettroscopiche. Questa attività, che caratterizza la chimica organica-fisica bolognese, contribuirà allo sviluppo della “chimica degli elettroni”, che fa della chimica organica una scienza razionale e non una noiosa sequenza di formule e simboli da imparare a memoria. Adolfo Quilico scriverà poi: “Mentre in Italia la chimica organica veniva insegnata secondo i vecchi schemi, a Bologna i nuovi concetti erano già lingua volgare”. È mia opinione che il Professor Colonna abbia contribuito non poco a tale sviluppo.

Quante volte ho sentito dire da lui: ” Poi c’è stata la guerra!”. Certo che questo tremendo periodo deve aver lasciato in lui un segno profondo: però se da un lato ha costituito un ostacolo per le sue ricerche e per la sua carriera, dall’altro gli ha portato la felicità di diventare padre tante volte, tante quanti sono i nuclei dell’anello piridinico (cinque carboni, cinque maschi; un azoto, una femmina), e questa “piridina di figli” (era solito dire) era una delle sue sintesi più riuscite, come raccontava spesso ai colleghi che venivano a trovarlo. La piridina fu una delle sue passioni: lo studio spettroscopico e della reattività che ne fece, lo spinsero ad ampliare le sue ricerche agli N-ossidi delle basi eterocicliche azotate ed in particolare agli N-ossidi di piridina e di chinolina con i loro derivati metilici. È il periodo in cui il Professore si divide fra Trieste e Bologna, ma per lui questo non costituisce un motivo di distrazione: attiva i laboratori di quelle sedi e lavora incessantemente sia a Bologna che a Trieste, dove spianerà la strada al suo allievo Amerigo Risaliti, purtroppo anch’egli recentemente scomparso. Rientrato a Bologna nel 1952, nell’istituto di Chimica degli Intermedi, continuerà le sue ricerche sulla attivazione degli N-ossidi aromatici, che lo porteranno a stringere una stretta amicizia con Eiji Ochiai. Sul finire degli anni 50 inizia lo studio di un grande capitolo che si basa su quelle che lui stesso aveva definito: “Analogie e sintesi eniche”: è il momento in cui intraprende lo studio dell’l-idrossi-2-fenilindolo e del 2- fenilindolo intesi come en-idrossilammina ciclica il primo ed en-ammina ciclica, il secondo.

E’ maneggiando l’ l-idrossi-2-fenilindolo che il Professore si ritrova fra le mani un magnifico prodotto “verde scuro dai riflessi metallici”, che si rilevò essere un bis nitrone indolico. Era il tempo in cui si pensava, forse in analogia con i Centri F, che una sostanza del genere dovesse essere un radicale o un biradicale; la sostanza era nota fin dai tempi di Angeli, però ci voleva quel sesto senso che il Professore aveva per i fatti chimici, per capire che quel composto contenesse realmente un radicale.

Quindi nel momento in cui in Italia pochi ricercatori si occupavano di chimica dei radicali e di spettroscopia EPR, il Professor Colonna cominciò a fare risparmi per poter acquistare un EPR e ad avviare i suoi allievi allo studio dei Processi di Trasferimento Elettronico.

Nel 1969, aveva la soddisfazione di installare all’istituto Chimico della Facoltà di ingegneria, dove era passato nel 1964 come direttore e come titolare della cattedra di Chimica organica industriale, un EPR Varian E4, che servì per lo studio e le caratterizzazioni di tutta quella serie di radicali dei quali ancora oggi gli allievi studiano la reattività e l’applicazione. In quegli stessi anni il Professore pubblica le prime reazioni redox fra composti organici.

Quando ancora la maggior parte dei chimici organici aveva la convinzione che certi processi ossido-riduttivi avvenissero attraverso il trasferimento di idrogeno, lui li interpretava correttamente attraverso processi di trasferimento elettronico. La reazione fra le azopiridine con i reattivi di Grignard del 1969, interpretata sulla base di un processo di trasferimento elettronico, precorre di ben 15 anni lo studio della reazione fra azobenzene e Grignard eseguito da Holm e considerato il primo nel suo genere. Soprattutto, lo studio dei processi ossidoriduttivi occuperà la mente del Professore nella sua lunga vita di pensionato (19 anni in tutto di cui tre come fuori ruolo) e lo porterà a razionalizzare da una parte i sistemi a basso potenziale di ossidazione e dall’altra i sistemi ossidanti, attraverso i loro potenziali di riduzione e “l’effetto a” che in genere li caratterizza.

Non ho fatto esperienze didattiche con il Professor Colonna, se non quella durata più di vent’anni davanti ad una lavagna del laboratorio o del suo studio, però sono certo che le sue lezioni, improntate sull’entusiasmo di raccontare le cose scientifiche in modo semplice ed efficace, hanno lasciato un ricordo indelebile nei suoi allievi: infatti ne ho visti tanti venire a fargli visita.

Colonna non ha mai ricoperto importanti cariche pur essendo stato membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna e membro attivo nell’ambito della Società Chimica Italiana, ma ciò è in perfetta linea con il suo modo di vita semplice e schivo della notorietà. Al di là della chimica che ci ha insegnato, desidero ricordare il Professore per la sua grande umanità, per l’attaccamento al lavoro, all’onestà, alla famiglia e ai grandi valori della vita. Pochi anni or sono, ad un congresso sui radicali, seduti a tavola con altri amici, in un momento di grande gioia e serenità mi ero lasciato andare a raccontare le sue “prodezze” di laboratorio: per esempio la rottura della provetta durante una prova di cristallizzazione con la soluzione che finiva sui pantaloni, (“Ah! Mia moglie” ne era la conclusione), o l’incendio sulle sue mani sempre durante una prova di cristallizzazione (“Non lo faccia!” diceva a me che ero lì, pronto con l’estintore). Fra le risate di tutti, lui compreso, mi disse: “Un giorno, quando sarà il momento, vorrò che sia tu a ricordarmi”. Anche questo è stato un grande insegnamento: voler essere ricordato per le cose semplici, per i fatti di tutti i giorni vissuti in armonia, in serenità ed allegria, lavorando sodo. E noi, caro Professore, la vogliamo ricordare così ma, soprattutto, per averci insegnato a rispettare il prossimo anche nell’ambiente di lavoro, e più ancora per averci fatto capire che l’università è fatta di aule, di laboratori, di biblioteche e che il “corridoio” ha altre funzioni.

 

Link

LA CHIMICA ITALIANA

https://www.soc.chim.it › sites › files › Chimici Italiani

 

PD

Tratto da “La chimica italiana” a cura del prof. Gianfranco Scorrano, Padona 2008

https://www.citta-nostra.it/2013/06/08/luniversita-di-bologna-ricorda-il-prof-colonna/

L’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA RICORDA IL PROF. COLONNA

8 Giugno 2013 Redazionale

Il prossimo 12 giugno, l’Università degli Studi di Bologna ricorderà il prof. Martino Colonna, uno dei suoi insigni docenti, intitolando alla sua memoria la sala del Consiglio ex Discam.

Il Prof. Martino Colonna, nato a Mola di Bari 1905 e morto a Bologna 1994, laureatosi in Chimica pura a Pavia e diplomatosi in Farmacia a Bari, insegnò nella Università di Bari, Perugia, Trieste e a Bologna dove si era trasferito nel 1938. Qui, collaborando col Prof. Angelo Mangini (1905-1988), suo concittadino, contribuì alla nascita della Chimica Organica moderna. Nel 1964 fu chiamato dalla Facoltà di Ingegneria a dirigere l’Istituto Chimico, diventato successivamente DICASM (Dipartimento di Chimica Applicata e Scienza dei Materiali), e a ricoprire inizialmente la cattedra di Chimica Organica Industriale e successivamente quella di Chimica Organica.

Dal suo arrivo alla Facoltà di Ingegneria incominciò ad occuparsi di Chimica dei Radicali, passione che coltivò fino alla fine dei suoi giorni. È stato autore di oltre 200 articoli su prestigiose riviste nazionali ed internazionali e di capitoli di libri ed enciclopedie. Era Professore Emerito dell’Ateneo Bolognese.

Martino Colonna (i meno giovani lo ricordano ancora) tornava ogni estate nella “sua” Mola e lo si vedeva passeggiare sul lungomare o intrattenersi con amici e conoscenti a San Domenico oppure in piazza. Uomo semplice, aperto, schietto, pronto alla battuta di spirito, non disdegnava di parlare, in perfetto dialetto molese, anche con i più umili.

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