CATALANO ETTORE

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CATALANO ETTORE

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Bari 1946

Professore ordinario di Letteratura Italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Salento

Ha insegnato in qualità di professore ordinario Letteratura Italiana nel corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione della
Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari ed è stato incaricato di Letteratura teatrale italiana nel Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione attivato nella sede di Taranto e di Tecniche della scrittura scenica ( Laurea Magistrale) in quello di
Bari. E’ attualmente professore ordinario di Letteratura Italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Salento.
Negli ultimi anni ha pubblicato i volumi : Foscolo “Tragico” (2000), Le trame occulte (2002), Il dialogo comunicante nell’opera di Raffaele Nigro (2002), Il carro di Tespi e la barca d’Acheronte (2004), Raccontare con dolcezza e tempestosità (2004), La
saggezza della letteratura (2005) La metafora e l’iperbole. Studi su Vittorini (2007) e numerosi articoli su riviste e studi miscellanei.
Si è attivamente interessato alle problematiche legate al teatro pirandelliano, alla messinscena ed al lavoro dell’attore con testi relativi alla tradizione teatrale meridionale ed alla sua drammaturgia, all’opera drammaturgica della scrittrice marchigiana Anna Bonacci , alle metamorfosi del “tragico” nel teatro italiano del Novecento.

E’ autore nel 2003 della prima monografia completa sull’opera di Raffaele Nigro ( Il dialogo comunicante nell’opera di Raffaele Nigro,Bari, Giuseppe Laterza Editore), cui ha fatto seguito la pubblicazione, a sua cura, di un volume che raccoglie studi e saggi sempre sull’opera letteraria di Nigro ( Raccontare con dolcezza e tempestosità ,Bari 2004).

Insieme ad un team di colleghi delle varie Università pugliesi e di critici militanti, ha curato il volume Letteratura del Novecento in Puglia 1970-2008 ( Progedit, Bari 2009)

Sempre per l’editore Giuseppe Laterza dirige una collana di saggistica, la “Biblioteca Europea” e per le edizioni Progedit di Bari dirige la collana “Letterature”.

Svolge anche una intensa attività di operatore teatrale, in qualità di drammaturgo ( nel 2006, la riscrittura drammaturgica del Berretto a sonagli per la Compagnia di Flavio Bucci e la regia di Nucci Ladogana e nel 2007 per la stessa Compagnia la riduzione dell’Enrico
IV ) e di regista (ha allestito per il Teatro Abeliano nel 2006 Ulisse il narratore,spettacolo tratto dall’ Odissea ed ha curato nel dicembre 2009 la regia teatrale de Il principe porcaro di Nino Rota): collabora con le più importanti formazioni professionistiche pugliesi, in particolare col Teatro Abeliano di Bari (è responsabile scientifico della sede di Brindisi).

E’ membro di numerose giurie in premi letterari di prestigio ed è Presidente del Comitato di Brindisi della Società “Dante Alighieri”.

Catalano

La zattera della Medusa riveste la ricca antologia che l’Università del Salento e l’editore Gino Dato della Progedit hanno dedicato a Ettore Catalano andato in pensione dall’insegnamento, Nei cieli di carta- Studi per E.C.

Il dipinto di Gericault racconta di una zattera e di naufraghi che avvistano la terra ferma, ma nel caso del pensionamento,l’approdo è una triste condizione di abbandono del mondo produttivo e una premessa alla chiusa del fiume. Un prepensionamento che per Ettore, conoscendone l’indole, non significa affatto abbandono.
Classe 1946,Catalano è stato una risorsa straordinaria per la sistemazione della letteratura meridionale e pugliese in particolare. Iniziò scavando nel mondo di Pavese e Vittorini, due autori che hanno dato una svolta alla Letteratura nazionale nell’immediato dopoguerra,aprendo all’esperienza letteraria americana senza voltare le spalle a un comunismo non allineato col mondo sovietico. Mentre cercava in Pirandello le radici della letteratura europea del ‘900,tra psicanalisi e indagini sull’assurdo e sulla frammentazione dell’io, Catalano si accostava al teatro,ne intuiva la necessità di viverlo oltre che di interpretarlo, perché non basta un teatro scritto,occorre concretizzarne registicamente la messa in scena, la resa sul pubblico. Erano gli anni in cui Bari si ritrovava con un Petruzzelli distrutto e un Piccinni chiuso in attesa di adeguamento alle norme europee. Ettore lavorò affianco al teatro Abeliano e trasferitosi da Bari a Brindisi, affianco a un Teatro Pubblico Pugliese che proseguiva nel consumo di opere prodotte altrove senza mai imporre le compagnie e gli autori della regione.
Ciò che Catalano stava praticando e ha continuato a praticare negli anni è stata una critica di impegno, proprio ciò che gli aveva insegnato Vittorini, affianco alla interpretazione dei testi in un rapporto costante con gli eventi sociali e con una lettura marxista della scrittura e del mondo,come veniva dalla scuola di Arcangelo Leone De Castris del quale è stato allievo e prosecutore. Ne scrisse già nel 1973 nel saggio Teoria e ruolo dell’arte rivoluzionaria. Ma Catalano si è guardato intorno costantemente,provando a sistemare la produzione letteraria di Puglia e Basilicata. Dirigendo collane per Giuseppe Laterza prima e per Progedit poi. Azzardando con coraggio premonitore a includere autori viventi e non ancora accreditati, scardinando quel timore panico dell’Accademia,attenta a non imbragarsi con la militanza, con le biografie non chiuse. Ne ricordo uno studio del 1986,Le rose e i terremoti. La poesia in Basilicata. E successivamente la Letteratura del Novecento in Puglia (1970-2008). Chiamava a raccolta le menti migliori della regione,le invitava a scandagliare la produzione degli ultimi quarant’anni,partendo dalle antologie di Accrocca e Ulivi che proprio negli anni Settanta avevano individuato un certo numero di autori che potevano fungere da progenitori di una letteratura pugliese del Novecento. Fu un lavoro faticoso, immane, utilissimo, perché raccolse materiali dispersi tra le biblioteche municipali, tra gli studioli di un numero sterminato di poeti e scrittori non ancora codificati dalla critica ufficiale. Ettore ha continuato in questi anni a scandagliare il mondo della scena in Teatro comico in Puglia e poi Teatro tragico-drammatico in Puglia e aggettandosi su ciò che la Sicilia ha prodotto durante e dopo la presenza di Leonardo Sciascia, un autore al quale ha dedicato un saggio memorabile,per spiegare la proliferazione dei giallisti negli anni che viviamo, da Camilleri a Carofiglio. Ma non ha mai dimenticato i narratori e i poeti di casa nostra, con una infaticabile capacità di leggere e interpretare, da Carlo Francavilla a Vittorio Bodini, fino a Cristanziano Serricchio,del quale prevede per l’autunno ancora un convegno di studi e provando a interpretare le istanze poetiche di autori contemporanei,da Lino Angiuli ad Anna Santoliquido,a Raffaella Spera,Franco Tilena e a Enzo Garganese e Lorenzo Caiulo, Maria Marcone, Antonio Rossano e Gerardo Trisolino. Un fiume di prefazioni, saggi,monografie.
Posso dire insomma che con Catalano si è sdoganata la letteratura meridionale dei viventi, che finalmente vivi e morti vanno a braccetto sui banchi delle università e che altri docenti hanno fatto cerchio insieme a lui, si sono dati una mano avviando una nouvelle vague della scrittura critica,penso ai salentini Lucio Giannone e Carlo Alberto Augieri e alle baresi Vanna Zaccaro, Maria Pagliara e Silvana Ghiazza,che ad esser sinceri già avevano fatto squadra con i loro maestri, Gigliola De Donato e Michele Dell’Aquila. L’impegno di Ettore prosegue tutt’oggi con l’adesione alle manifestazioni estive del comune di Ostuni. La “Passione chiamata libro” prosegue infatti dopo la direzione di Anna Maria Mori sotto quella di Catalano,al quale si devono anche la fortuna del premio di narrativa giovanile “Il castello volante” di Carovigno e l’attività promozionale della Dante Alighieri nell’area brindisina. Un’attività instancabile e di grande passione, la cui funzione è ottenere alla letteratura pugliese quel riconoscimento di dignità e di prestigio che tutto il Novecento non è stato in grado di procurarle.

LA NAZIONE Firenze
https://www.lanazione.it/firenze/cultura/un-infezione-latente-da-dante-al-noir-arriva-il-nuovo-commissario-tanzarella-1.5761983
29 novembre 2020
“Un’infezione latente”. Da Dante al noir, arriva il nuovo commissario Tanzarella
Da Dante al noir, i tre romanzi di Ettore Catalano

Firenze, 29 novembre 2020 – Ettore Catalano è un professore dell’Università del Salento, un vero investigatore letterario, che conosce bene il canone delle ricerche classiche, coltivate con rigore, ma curioso di capire, provincia per provincia, quali sono gli autori che hanno caratterizzato nel tempo la cultura di un territorio, ad esempio ne ‘La letteratura del Novecento in Puglia’ ne ‘Le rose e i terremoti’ o in ‘Strategie di scrittura nella letteratura italiana’ da Dante ad Andrea Pazienza: una vera miniera, un fiume talvolta sotterraneo eppure vivo. Ed è un fiume che attraversa le città.
“Con Firenze ho un legame dantesco – spiega – In un mio libro ho inserito molte letture di Canti della Commedia e naturalmente conoscevo i colleghi italianisti della scuola di Lanfranco Caretti. Sono riconoscente alla Toscana perché qui mi è stato assegnato un premio per la saggistica nel 2005, Il Molinello d’oro”.
Questo suo talento esce ora dai canali accademici e approda alla narrativa diretta. Catalano cioè ha dato vita a un commissario, Donato Tanzarella, colto e scanzonato, alle prese con le declinazioni del vivere, del morire, dell’amore e del delitto, nella provincia brindisina, a Ostuni. Una scrittura magnetica e attrattiva, che dà prova di sé, dopo ‘Rosso Adriatico. Il delitto della Lamia’ (2018), in ‘Una mare di follia’ (2019) e ora con ‘Un’infezione latente’, appena dato alle stampe da Progedit, editore anche degli altri due nella collana ‘Indizi’.
“E chi po’ sapiri… pirchì unu tanti voti arrobba, pirchì unu tanti voti ammazza… Cumpatisciu puru li delitti”, recita un brano di Luigi Pirandello che è stato scelto per accompagnare i tre volumi, caratterizzati da una grafica elegante, che propone un autoritratto di Egon Schiele su uno sfondo di colori (e di titoli, naturalmente) sempre diversi.
Nel primo volume Donato Tanzarella era alla prese con gli oscuri traffici di medici e mercanti slavi. Nel secondo, ‘Un mare di follia’, l’emergenza ambientale, con quelle trivelle che sembrano dinosauri pronti a immergersi nelle acque e ad aggredire tutto, si prestava a un’esplorazione delle personalità volubili dei protagonisti, buoni e cattivi, della vicenda. In ‘Un’infezione latente’ la trama tocca le corde malate del razzismo. Bisogna cogliere quella bella capacità che ha l’autore di sedimentare il racconto nel racconto, mentre continua il suo affinamento nel noir. Proponiamo a riguardo questo brano di ‘Un mare di follia’: “Dopo cena, salutai i miei e mi sorpresi ad accarezzare il volto di mio padre, una cosa che non avevo mai fatto con lui, perché le tenerezze le avevo riservate a mia madre, che si era sempre stupita, lei di famiglia contadina, dei baci che quel figlio poliziotto cercava di darle e a cui si sottraeva con dolce movimento di quelle braccia che mi avevano cullato. Mio padre mi rivolse uno sguardo intenso che non dimenticherò più: non era sorpresa, era qualcosa di più fondo e terribile, uno sgomento che conteneva una domanda che non ebbe il coraggio di rivolgermi”.

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