DI VAGNO GIUSEPPE

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DI VAGNO GIUSEPPE

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Conversano 31 gennaio 1922 – Bari 14 settembre 2013

Avvocato, politico del movimento socialista, parlamentare, Sottosegretario di Stato all’Intervento Straordinario nel Mezzogiorno, all’Interno ed all’Industria, presidente dell’Isveimer

Giuseppe Di Vagno junior, figlio del Deputato socialista Giuseppe Di Vagno (1880-1921) ucciso a Mola di Bari il 25 settembre 1921, nasce a Conversano il 31 gennaio 1922; si spegne a Bari il 14 settembre 2013.
Compie i suoi studi prima nelle Scuole di Conversano, poi a Roma, Università La Sapienza, dove si laurea in giurisprudenza. Avvocato nel 1944 esercita la professione forense nello studio dell’Avv. Giuseppe Papalia, che fu amico di suo Padre e sarà Parlamentare socialista; nel 1947 viene a mancare anche sua Madre e nel 1949, incoraggiato a tanto dal Sindaco Antonio Greppi, decide di trasferirsi a Milano dove esercita con successo la professione di avvocato penalista.
Sposa nel 1946 la sig.na Giuseppina Cipriani. Hanno due figli gemelli Marina e Leonardo.Aderisce al movimento socialista e nel 1947 partecipa alla fondazione del PSLI di Giuseppe Saragat, a seguito della scissione dal PSI.
“Di Vagno – scrive Rino Formica nel 2014 – vi entra in punta di piedi per due ragioni. La prima, vive nel dolore familiare che non ammette drammatiche riedizioni del passato. La seconda, è legata all’esigenza di fare bene e senza vendetta il processo agli assassini del padre. L’ingresso in politica fu gestito – è sempre Formica – con saggia e doverosa prudenza per rispettare la memoria, per non aggiungere altre nuove apprensioni per la Madre e per riprendere il filo spezzato del Gigante buono, difensore legale e politico dei contadini e dei braccianti pugliesi”.
A Milano aderisce al PSI e nel 1960 è candidato alle elezioni comunali della città di Milano, ma non viene eletto.
È nominato nel Consiglio di Amministrazione della Società Esercizi Aeroportuali (SEA) di cui diviene Vice Presidente.
Nel 1963, richiesto dai socialisti di Conversano, la sua città natale, è candidato al Parlamento nella lista per il PSI nel Collegio Bari-Foggia, ed è eletto con largo suffragio.
Resta in Parlamento fino al 1983.
Nel corso dell’attività parlamentare è nominato tre volte Sottosegretario di Stato: all’Intervento Straordinario nel Mezzogiorno con il Ministro Paolo Emilio Taviani, all’Interno con il Ministro Virgilio Rognoni, all’Industria con il giovanissimo Ministro Romano Prodi.
“Quando Peppino Di Vagno ritorna nella sua terra agli inizi degli anni ‘60 il Mezzogiorno è nel pieno di una “rivoluzione” industriale particolare, – è sempre Formica – una rivoluzione diretta dall’alto e sta conoscendo ritmi di sviluppo intensi, scanditi dall’intervento straordinario dello Stato, forse il più straordinario programma pubblico di investimenti mai tentato in Italia. Sono anni decisivi per la Questione meridionale e per i grandi partiti di massa che su questo terreno giocano una partita “nazionale” in quanto consapevoli non solo della eccezionalità e del valore “storico” delle politiche interventiste ma del rapporto che diventerà sempre più stringente ed evidente tra “qualità” dell’intervento al Sud e qualità del modello economico e sociale complessivo del Paese”.
Più volte membro della Direzione nazionale del Partito Socialista con una particolare vocazione verso il grande tema del Mezzogiorno; non a caso per conto del suo Partito si occupò delle ripetute modifiche della legislazione straordinaria sul Mezzogiorno approvata dal Parlamento negli anni ‘70-‘80 del novecento; fra i protagonisti negli stessi anni delle annuali “giornate del Mezzogiorno” ideate da Vittore Fiore all’interno della Fiera del Levante di Bari.
Di Vagno, infatti, aderisce alla linea del meridionalismo democratico che trovava ascolto nelle aree urbane e nella nuova generazione antifascista e liberalsocialista. Sono anni in cui si gioca il destino della Questione meridionale. Un destino di fallimenti e nuove fratture di cui non si può comprendere la genesi senza una profonda riflessione sul “mancato incontro” tra il movimento di massa e della coscienza civile che in quegli anni si sviluppò al Sud e nel paese e le generose esperienze di programmazione democratica che furono tentate.
Fu Sindaco della sua Città due volte: nel 1964 e nel 1983.
In previsione dell’avvicendamento fra i dirigenti nazionali del Psi nel ruolo di Parlamentare, nel novembre 1982 Giuseppe Di Vagno viene nominato presidente dell’Isveimer, uno dei tre Istituti di credito speciale per il Mezzogiorno, per consentire al Sen. Rino Formica nelle elezioni previste per la tarda primavera del 1983 di assumere il ruolo di capolista del Psi per la circoscrizione Badi Foggia: ruolo già appartenuto allo stesso Di Vagno.
Una nomina coerente con le esperienze da lui maturate in Parlamento e nell’attività politica e di Partito.
I primi istituti a medio e lungo termine furono fondati negli anni Venti e Trenta da Alberto Beneduce nell’ambito nel programma di intervento dello Stato nell’economia, volto a aiutare le imprese nella riconversione all’industria civile alla fine della prima Guerra mondiale e successivamente ad uscire dalla crisi del ’29.
Questi istituti erano l’Istituto Mobiliare Italiano, il Crediop e l’ICIPU, che erano controllati insieme dalla Cassa Depositi e Prestiti, dall’Istituto Nazionale Assicurazioni e dall’INPS. Nel 1946 fu fondata Mediobanca su iniziativa delle tre banche d’interesse nazionale.
Nello stesso anno le banche popolari diedero vita al loro istituto di credito a medio e lungo termine, Centrobanca, mentre le Casse di Risparmio avevano già il loro, l’Italcasse.
Nel 1949 fu trasformata in istituto di credito speciale anche Efibanca, controllata dalla Banca Nazionale del Lavoro insieme ad alcune banche private. Ancora altre banche private costituirono Interbanca nel 1961.
Nel 1953 furono creati tre istituti specializzati nel finanziamento degli investimenti nell’Italia meridionale, che erano controllati dalla Cassa per il Mezzogiorno, insieme, rispettivamente, al Banco di Napoli, al Banco di Sicilia e al Banco di Sardegna: si trattava dell’ ISVEIMER, dell’Irfis e del Credito Industriale Sardo.
Di Vagno nella Presidenza dell’ISVEIMER avvicendò il Presidente Ferdinando Ventriglia (nel frattempo nominato nella Direzione Generale del Banco di Napoli) e assicurò all’Istituto una visibilità politica che mai aveva manifestato con le precedenti gestioni.
Non a caso con la Presidenza Di Vagno l’ISVEIMER perde la sua fisionomia quasi tutta “campana” (se non napoletana) per estendere la sua azione di sostegno del credito ad importantissime aziende produttive della Puglia (alcune di terra di Bari) e della Calabria, attuando una sorta di “redistribuzione” del sostegno dello sviluppo industriale nell’intero territorio di competenza; nonostante visto dai napoletani come “papa straniero” si dedica all’Istituto con forte impegno al punto che per l’accresciuta mole di attività s’avverte la necessità di trasferire la sede da quella ormai troppo piccola di viale Marittima ad una delle torri realizzate dalla società Risanamento nella nuova area di sviluppo della capitale partenopea (nei pressi del nuovo Palazzo di Giustizia).
Nel decennio della sua Presidenza (1982-1992) Di Vagno era ben consapevole della centralità politica della questione meridionale con la disoccupazione sempre più concentrata nel Mezzogiorno e con la concorrenza, rispetto alle principali produ¬zioni di quell’area, dei paesi che di recente avevano aderito alla Comunità econo¬mica europea sempre più intensa; e che negli ultimi anni, pur con l’affermarsi di una nuova fase di crescita, contraddistinta da una forte espansione degli investi¬menti, non si era avviato un processo di riduzione del divario fra il Mez¬zogiorno e il resto del Paese; infine che l’economia italiana nel suo com-plesso continuava a soffrire di croniche fragilità, prima fra tutte la condizione delle pubbliche finanze.
Ciò rafforza il convincimento che l’eliminazione dei fattori di instabilità e, con essi, dei vincoli a uno sviluppo sostenuto e duraturo dell’economia richiedeva un utilizzo più produttivo delle risorse; e che questo, a sua volta, implicava il superamento dello squilibrio territoriale. L’urgenza del proble¬ma, che discendeva da una considerazione di convenienza economica, oltreché da un principio di giustizia sociale, imponeva una nuova riflessione sugli indiriz¬zi da seguire per la sua soluzione.
Ma ormai la crisi del Paese è all’orizzonte e le sue avvisaglie si manifestano proprio in quel decennio.
Per quanto nelle ridotte competenze di un Istituto la cui funzione era la mera concessione del credito per gli investimenti industriali, più che di governo dei processi, Di Vagno cerca di orientare verso questi obiettivi l’incentivazione finanziaria e creditizia degli investimenti industriali nel Mezzogiorno, conscio che questa era l’unica ragione per la quale il suo Partito lo aveva destinato a quell’incarico.
E per la quale lui, convinto meridionalista, aveva accettato.
Sapendo che la sua figura andrebbe adeguatamente studiata (il decennale della morte potrebbe essere occasione da non perdere) il lascito di Peppino Di Vagno e del socialismo italiano, di cui è stato protagonista, assieme con la sua generazione, non è soltanto un patrimonio da amministrare ma un insieme di fermenti politici da rimettere in circolo.Gianvito Mastroleo

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/490514/addio-a-peppino-di-vagno-storica-figura-di-socialista-il-cordoglio-di-napolitano-vendola-padre-nobile-della-puglia.html

Addio a Peppino Di Vagno storica figura di socialista Il cordoglio di Napolitano Vendola: padre nobile della Puglia

di AMERIGO DE PEPPO 15 Settembre 2013
BARI – Con Giuseppe Di Vagno scompare l’ultimo signore della politica pugliese «targata» Prima Repubblica. Scompare, ironia del destino, in quello stesso mese di settembre nel quale, 92 anni fa, moriva assassinato dai fascisti a Mola di Bari suo padre, l’onorevole socialista Giuseppe Di Vagno. Che la politica fosse nel suo destino era scritto in quel tragico avvenimento che gli impedì di conoscere il padre, ucciso il 25 settembre del 1921, primo parlamentare socialista vittima della violenza fascista con Giuseppe Di Vagno scompare l’ultimo signore della politica pugliese «targata» Prima Repubblica. Scompare, ironia del destino, in quello stesso mese di settembre nel quale, 92 anni fa, moriva assassinato dai fascisti a Mola di Bari suo padre, l’onorevole socialista Giuseppe Di Vagno.
Che la politica fosse nel suo destino era scritto in quel tragico avvenimento che gli impedì di conoscere il padre, ucciso il 25 settembre del 1921, primo parlamentare socialista vittima della violenza fascista.
Giuseppe Di Vagno nacque a Conversano pochi mesi dopo, il 30 gennaio del 1922. Laureatosi in Giurisprudenza, cominciò l’attività forense nello studio del senatore barese Giuseppe Papalia. Nel 1945 si iscrisse al Partito socialista e si schierò con gli autonomisti di Nenni. Nel 1947, dopo la scissione di Palazzo Barberini, aderì però al Psli di Giuseppe Saragat e si trasferì a Milano, dove continuò la professione di avvocato.
Nel 1959 il rientro nel Psi e, nel 1963, la prima elezione a deputato. Sarà confermato a Montecitorio fino al 1983. Nel 1968, il primo incarico di governo: sottosegretario al Mezzogiorno.
All’inizio degli anni Settanta, Di Vagno sì avvicinò alle posizioni del segretario nazionale del Psi, Giacomo Mancini e, dopo il Midas, a Bettino Craxi. Fu anche sottosegretario all’Industria e all’Interno.
Nel 1983 fu nominato presidente dell’Isveimer. La fine della Prima Repubblica coincise con il suo ritiro dalla vita pubblica. Non smise però di studiare, analizzare con l’acume e l’ironia che gli erano propri, i cambiamenti della società e della politica italiana. Fino a poco tempo fa, non era affatto inusuale la sua presenza a dibattiti e tavole rotonde, come non era difficile incontrarlo in aereo. Il legame con Roma non è mai stato rescisso e Di Vagno, a dispetto della veneranda età, viaggiava da solo, con l’immancabile mazzetta di giornali e il telefonino, simbolo di quella modernità che non aveva certo subito, ma fatto sua.
Giuseppe Di Vagno è stato un politico sempre al passo con i tempi, convinto sostenitore della necessità di modernizzare il Mezzogiorno, senza piangersi addosso, ma cercando di cavalcare l’onda del cambiamento. Lo stesso atteggiamento ebbe nei confronti del Psi, che vedeva aperto a realtà imprenditoriali e professionali.
Signore della politica, Giuseppe Di Vagno non fu però mai «monomaniaco»: le sue passioni, il suo bagaglio culturale erano a tutto campo e sapeva conquistare i gli interlocutori parlando di viaggi, di culture lontane, dei piaceri della tavola e del buon bere.
Non è un caso se tra le sue letture preferite ci fossero gli scritti di un maestro di ironia come Ennio Flaiano: un «pozzo» al quale ha attinto a piene mani, aggiungendoci spesso del suo.

HTTPS://BARI.REPUBBLICA.IT/CRONACA/2013/09/15/NEWS/E_SCOMPARSO_GIUSEPPE_DI_VAGNO_SOCIALISTA_CHE_DIALOGAVA_CON_MORO-66551639/

E’ scomparso Giuseppe Di Vagno socialista che dialogava con Moro

di RAFFAELE LORUSSO 15 SETTEMBRE 2013

Aveva 91 anni ed è stato tra i protagonisti della Prima Repubblica. Nella sua casa romana l’incontro fra Giacomo Mancini e l’esponente della Dc assassinato dalle brigate rosse. Il messaggio di Napolitano
Con Giuseppe Di Vagno la politica pugliese perde un protagonista e un testimone di una stagione irripetibile. Con lui, morto a 91 anni, scompare uno degli ultimi esponenti di primo piano di quel Partito socialista sepolto sotto le macerie della Prima Repubblica. Nato a Conversano il 31 gennaio 1922, attraversò il Secolo Breve ricoprendo incarichi di primo piano. Portava il nome del padre, deputato socialista che non aveva mai conosciuto, barbaramente assassinato da un commando fascista la sera del 25 settembre 1921, al termine di un comizio a Mola di Bari.
Il culto della memoria paterna mai fece prevalere in lui ideologismi o furore ideologico. Avviato ad una brillante carriera forense a Milano, dopo essere stato allievo dell’avvocato e senatore socialista Peppino Papalia, che fu pure sindaco di Bari, entrò in Parlamento nel 1963, eletto nella lista del Psi alla Camera, nel collegio Bari-Foggia. A Montecitorio ci restò ininterrottamente per vent’anni, fino al 1983, ricoprendo anche importanti incarichi di governo (sottosegretario al Mezzogiorno e agli Interni). Fu anche per due volte sindaco di Conversano, dal 1965 al 1967 e dal 1982 al 1985, e presidente dell’Isveimer, dal 1983 al 1993. Nel Partito socialista fu legato a Giacomo Mancini.
Dotato di un eloquio elegante e coinvolgente, aveva un approccio laico e pragmatico alla politica e ai problemi. Fu testimone di passaggi cruciali della storia politica italiana. Come l’incontro riservato, nel 1971, nella sua casa romana in via Del Tritone, fra Giacomo Mancini e Aldo Moro, in cui il leader socialista offrì allo statista democristiano l’appoggio per la presidenza della Repubblica. Moro rifiutò perché non voleva spaccare la Dc. “I tempi non sono maturi”, scrisse nella lettera che inviò a Di Vagno per ringraziarlo dell’ospitalità. “Quella fu la giornata più storica della mia vita”, amava raccontare l’esponente socialista, tradendo eccezionalmente la sua innata capacità di guardare alle cose con distacco.
Lo stesso atteggiamento con cui, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, in un’intervista a Repubblica, parlava della politica e dei protagonisti della Seconda Repubblica: “Quando si arriva alla mia età si ha il dovere di lasciare. Qualche mio ex collega si agita ancora. Non ha capito che la gente, i giovani hanno bisogno di facce nuove. Salvo per personalità di altissimo livello, che sono sempre utili, anche quando sono morte, per gli altri c’ è il dovere di ritirarsi. Partecipare oggi alla vita politica significherebbe lottare in maniera inutile e pericolosa. Francamente non saprei fare una battaglia dicendo di votare per me perché il mio nemico è un farabutto, un delinquente, un porco”. Uomini e politica d’altri tempi.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato ai familiari e alla Fondazione Di Vagno un messaggio in cui esprime “sincera commozione” e ricorda il “parlamentare, uomo di governo e appassionato esponente del meridionalismo nelle file del Partito Socialista Italiano”. “La sua semplicità e cordialità umana” scrive il capo dello Stato, “gli procurava larghe simpatie anche nella sinistra di opposizione. Conservo viva l’immagine dell’ultima occasione di incontro in un bel convegno a Conversano. Partecipo affettuosamente al dolore dei familiari e al cordoglio della sua città”.

https://www.ansa.it/puglia/notizie/2021/09/25/centenario-morte-di-vagno-mattarella-a-conversano_010640c5-6312-4279-b38a-15d24b16ca4f.html

Redazione ANSA CONVERSANO 25 settembre 2021

Centenario morte Di Vagno, Mattarella a Conversano

Il parlamentare socialista fu ucciso da un gruppo di fascisti

(ANSA) – CONVERSANO, 25 SET – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato a Conversano alle celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Di Vagno, parlamentare socialista nato nel 1889 a Conversano e ucciso il 25 settembre del 1921 in un agguato organizzato da un gruppo di fascisti, a Mola di Bari.
Mattarella è stato accolto dal sindaco di Conversano, Giuseppe Lovascio, dal sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, e dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.
All’interno del teatro, il Capo dello Stato è stato accolto dal presidente della Fondazione Di Vagno, Gianvito Mastroleo, dal presidente del comitato nazionale Centenario il professor Franco Gallo e dal professor Paolo Bagnoli direttore della Rivista storica del Socialismo e autore della lectio magistralis sul tema “L’assassinio di Giuseppe Di Vagno per l’Italia di oggi”. Alla fine della cerimonia il Presidente Sergio Mattarella ha incintrato i ragazzi del Consiglio comunale di Conversano che gli hanno donato un ritratto realizzato dall’artista Leonardo Salvemini. Al Presidente è stata consegnata anche una lettera scritta da Benedetta e Angelo Cimarrusti genitori di Giuseppe Cimarrusti, il poliziotto conversanese morto a 26 anni in un conflitto a fuoco a Verona nel 2005. (ANSA).

http://fondazione.divagno.it/fondazione/..

Nel nome del “gigante buono“

La Fondazione è intitolata a Giuseppe Di Vagno (1889-1921), primo Deputato al Parlamento Nazionale vittima, nel 1921, della violenza fascista.
Formalmente costituita alla fine degli anni ’70 da un gruppo di giovani intellettuali dell’area Socialista (ma non impegnanti organicamente nel Partito), ebbe da subito finalità esclusivamente culturali. L’esperienza fu idealmente ispirata dall’operato dell’Istituto di cultura socialista “Giuseppe Di Vagno” animato a Bari dallo storico Antonio Lucarelli sul finire del 1943.
Nel 2003 l’attività della Fondazione venne rilanciata a Conversano per l’intuizione di Gianvito Mastroleo. Come sede fu concessa dal Comune un’area del Monastero di San Benedetto.
Negli ultimi dieci anni la Fondazione si è impegnata in attività di ricerca storica e approfondimento culturale. In particolare si è dedicata all’indagine della figura politica di Di Vagno e degli atti del processo a carico dei suoi assassini, esplorando a fondo il mondo del socialismo pugliese del ‘900.
Un’attività molto fertile che ha portato l’istituto ad essere iscritto nella Tabella triennale del Ministero dei Beni e delle attività culturali sin dal 2009.

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