FORMICA SALVATORE

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FORMICA SALVATORE

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Commercialista, esponente di rilievo del Partito Socialista Italiano durante la Segreteria di Bettino Craxi, Ministro di vari dicasteri.

Laureato in Scienze Economiche e Commerciali, Dottore Commercialista
Fu Ministro delle finanze nel primo e nel secondo governo Spadolini

La sua carriera politica finisce contemporaneamente con la caduta del PSI a causa dello scandalo Tangentopoli che coinvolge numerosi esponenti socialisti.

Nel 1991, per contrastare il contrabbando di sigarette, gli allora ministri Rino Formica (PSI), e Vincenzo Scotti (DC) vietarono la commercializzazione dei tre marchi di Philip Morris più contrabbandati (Marlboro, Philip Morris e Merit). Formica sostenne che il contrabbando “ha origini precise, non è fatto senza il consenso attivo delle multinazionali” e che “la Philip Morris deve smettere di credere che questo sia il paese degli allocchi”. Il provvedimento venne revocato dopo pochi mesi, quando la Philip Morris si impegnò a favorire l’identificatore dei grossisti a rischio di contrabbando.

L’anno successivo, sempre per sconfiggere la piaga del contrabbando, Formica propose di assumere nella pubblica amministrazione i 20-25.000 addetti al settore. Rino Formica e il neodirettore generale del ministero delle Finanze Giorgio Benvenuto dialogarono a lungo con un gruppo di contrabbandieri ed ex contrabbandieri, raccolti da Lino Iannuzzi nel ristorante partenopeo “La Bersagliera” e ascoltati in diretta tv su Istruttoria di Giuliano Ferrara. «I contrabbandieri consegnino i mezzi e noi li acquisteremo, provvedendo contemporaneamente al loro assorbimento nel mondo del lavoro», era la proposta di Formica, che tuttavia trovò resistenze tanto da parte degli altri partiti politici (PCI e MSI in primis, ma anche parte della DC), ma anche della maggioranza degli stessi contrabbandieri, cui uno stipendio da statale non avrebbe permesso di sostituire i ben più alti proventi illegali del traffico.
Punto di riferimento dell’organizzazione dei quadri del PSI, mantenne sempre una spiccata autonomia intellettuale. Rimangono famose sue dichiarazioni sull’attività politica: “la politica è sangue e merda” e “la politica è per gli uomini il terreno di scontro più duro e più spietato. Si dice che su questo campo ha ragione chi vince, e sa allargare e consolidare il consenso, e che le ingiustizie fanno parte del grande capitolo dei rischi prevedibili e calcolabili”.

Al tempo della “questione morale” nel suo partito, Formica dichiarò che “il convento è povero, ma i monaci sono ricchi”, facendo riferimento ai problemi finanziari del PSI ed all’alto stile di vita di alcuni dirigenti socialisti.
Altrettanto nota la sua definizione dell’ultima Assemblea Nazionale (il parlamentino del PSI) del 1991, vista come una “corte di nani e ballerine”, per ricordare i molti personaggi dello spettacolo che facevano parte dell’Assemblea, di cui Formica chiese espressamente la chiusura.

Nel febbraio del 1993, dopo le dimissioni di Bettino Craxi dalla segreteria del partito, Formica sostiene Martelli per una sua candidatura. La segreteria passa prima a Benvenuto poi a Del Turco. Alle elezioni del 1994 Formica non viene rieletto. Dopo diversi anni di lontananza politica nel 2003 ha fatto nascere insieme ad altri ex dirigenti del PSI un nuovo movimento politico chiamato “Socialismo è Libertà”, che, collocandosi nel centro-sinistra, ha rifiutato accordi tanto con il Nuovo PSI quanto con lo Socialisti Democratici Italiani di Enrico Boselli.

https://www.corriere.it/cronache/19_luglio_07/prigione-moro-statonon-ha-voluto-trovarla-f4cbe5d8-a0e0-11e9-b20c-12356eab285e.shtml

I misteri e la fine della prima repubblica 7 luglio 2019

Rino Formica: «La prigione di Moro? Lo Stato non ha voluto trovarla»

Rino Formica: «La prigione di Moro? Lo Stato non ha voluto trovarla»”
Da sinistra, Gianni De Michelis, Lelio Lagorio, Rino Formica e Bettino Craxi in uno scatto del 1984 (Foto Contrasto)

L’ex ministro: «Noi socialisti incontravamo persone che avevano contatti con i brigatisti: di questo avevamo informato il Quirinale. Dissi a Craxi di non andarsene dall’Italia, poi non l’ho più sentito»

di Walter Veltroni

Rino Formica, cominciamo con te, autorevole dirigente socialista, una serie di incontri per ricostruire la fine della prima Repubblica, assai più certa della nascita della seconda. Cos’ era la prima Repubblica?

«L’Italia è stato un Paese di frontiera, ma di più frontiere. Frontiera Est-Ovest e poi Nord-Sud. È stato luogo di scambio tra due imperi, quello sovietico e quello americano. E aveva una frontiera in più, quella dello Stato del Vaticano. Infine vi era una frontiera tutta interna del sistema politico: quella tra forze politiche che dovevano stare insieme necessariamente per ragioni costituzionali, ma erano divise per appartenenza a due campi ideologici diversi. Come hanno risolto i problemi della frontiera le classi dirigenti della prima Repubblica? Con un miracolo di equilibrismo in tutti i campi. Sulla frontiera Est-Ovest sono stati un Paese fedele all’alleanza, ma contemporaneamente coltivavano aperture al dialogo con il campo dell’Est. Poi c’erano ragioni commerciali. Insomma era un miracolo di equilibrio: un po’ di Helsinki, un po’ di Tangeri».

E sul fronte interno?

«La frontiera interna era tra i partiti del campo occidentale ed il Partito Comunista, che aveva un legame ideologico con l’Est. Lo regolava con il patto costituzionale e con la grande intuizione del partito di massa del Partito Comunista, un partito che si doveva non isolare come partito minoritario di avanguardia, ma doveva entrare all’interno della società nelle aree più ramificabili dall’influenza politica. Si saldava così un legame costituzionale. Il legame del compromesso patriottico. Nessuna forza politica del campo occidentale avrebbe messo fuori legge il Partito Comunista e il Partito Comunista non sarebbe mai stato un partito falange armata in caso di attacco all’Italia dei Paesi dell’Est».

Quel patto muore con la morte di Moro e tutto il sistema comincia uno squilibrio che esploderà con la caduta del muro? Che idea ti sei fatto di quel grumo di anni che c’è tra il golpe in Cile, il rapimento Moro volto a far saltare il compromesso storico, l’assassinio di Falcone?

«Tra il 1948 e il 1989, quaranta anni, in un Paese di frontiera come l’Italia, si è combattuta una guerra fredda. I due campi ideologici non erano in condizione di poter dialogare senza misurarsi costantemente sul piano della forza. Ma non più la forza militare. Ogni volta che si stava per arrivare al punto dello scontro, del passaggio dalla guerra fredda alla guerra calda, i due imperi frenavano. Questa guerra di aggiustamento delle condizioni di squilibrio che si andavano a creare nelle due aree non poteva non avvenire che con mezzi occulti, coperti, non visibili. Ho letto un tuo articolo sulla strage di Brescia. Ti sembra possibile che in un Paese di frontiera non si sappia cosa c’era nell’uso del terrorismo di destra e di sinistra? Noi pensiamo: il terrorismo di sinistra ha una base ideologica. E quindi ha un retroterra anche idealistico, pazzoide, quello che vuoi, ma c’era idealismo, sporco di sangue. Il terrorismo di destra non aveva nulla di ideologico, è stato strumentalizzato ed utilizzato a fini di manovalanza. Non esisteva una centrale del fascismo che utilizzava il terrorismo di destra per ragioni ideologiche, c’era una centrale di farabutti che dovevano dare una veste ideologica allo stragismo. Il terrorismo di destra è assimilabile alle bande criminali della mafiosità. Perché è roba da criminali, da mafiosi».

Cos’era Gladio? Tu sapevi che esisteva?

«Gladio, nella sua manifestazione plateale, appare nel ‘90-91 con le dichiarazioni di Andreotti. Delle organizzazioni parallele fuori dell’ordinamento costituzionale, parla lo stesso Andreotti in un articolo sul Sifar pubblicato sul giornale Concretezza nel febbraio del ’68. “Ma di che cosa si sta parlando qui? Qui è tutto noto, tutti sanno. I rapporti, anche le forme clandestine”. Fa accenno esplicito ad organizzazioni, all’interno del nostro sistema di sicurezza e del nostro sistema di alleanze, non costituzionalmente rispettabili, o compatibili costituzionalmente. Andreotti era uno che non si faceva coinvolgere nei problemi, ma era informato. Lui non si immischiava. Sapeva e tesaurizzava. Quando, nell’84, feci l’intervista sulla questione dell’attentato al treno…»

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