RUBINI SERGIO GIUSEPPE

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RUBINI SERGIO GIUSEPPE

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Gruppo Appula, 1959

Attore, regista e doppiatore

Rubini nasce a Grumo Appula da genitori originari di Gravina in Puglia, figlio d’un capostazione.
Dopo aver terminato gli studi nel Liceo Scientifico Federico II di Altamura, nel 1978 frequenta a Roma l’Accademia nazionale d’arte drammatica, che abbandonerà dopo due anni.
Con una forte passione per il teatro riesce ad essere scritturato da noti registi quali Antonio Calenda, Gabriele Lavia, Enzo Siciliano ed Ennio Coltorti . Dopo alcuni lavori radiofonici ha alcune parti cinematografiche, come nel film del 1985 Figlio mio, infinitamente caro…,ed a seguire nei film Desiderando Giulia ed Il caso Moro.
Nel 1987 si presenta la grande occasione di interpretare il ruolo di Fellini giovane per la pellicola Intervista. Il primo ruolo da protagonista gli viene assegnato lo stesso anno nell’opera di Giuseppe Piccioni, Il grande Blek.
Nel 1990 si presenta come regista con La stazione, film tratto da un’opera teatrale di Umberto Marino con cui vince come miglior film alla Settimana internazionale della critica al Festival di Venezia, cui seguono La bionda (1993), la commedia Prestazione straordinaria (1994), sul tema delle molestie sessuali, Il viaggio della sposa (1997), Tutto l’amore che c’è (2000), L’anima gemella (2002), L’amore ritorna (2004), La terra (2006), Colpo d’occhio (2008), L’uomo nero (2009), Mi rifaccio vivo (2013) e Dobbiamo parlare (2015).
Nel suo particolare modo di fare cinema Rubini è stato influenzato dall’attrice Margherita Buy, compagna di lavoro e poi di vita, e dal regista Gabriele Salvatores che valorizza il suo aspetto particolare con film come Nirvana (1997), Denti (2000) e Amnèsia (2002).
Continua è la sua attività di attore in film di altri registi, come Giuseppe Piccioni (Chiedi la luna, 1991), Carlo Verdone (Al lupo al lupo, 1993), Giuseppe Tornatore (Una pura formalità, 1994), Pino Quartullo (Storie d’amore con i crampi, 1995), Francesca Archibugi (L’albero delle pere, 1998), Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley, 1999), Alessandro Piva (Mio cognato, 2003), Mel Gibson (La passione di Cristo, 2004); Giovanni Veronesi (Manuale d’amore, 2005; Manuale d’amore 2 – Capitoli successivi, 2007; Genitori & figli – Agitare bene prima dell’uso, 2010).
Ha mantenuto incarichi di docenza di recitazione cinematografica presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica; tra i suoi progetti didattici più importanti si ricordano i lungometraggi 6 sull’autobus (2012) e Fuori sede (2016), realizzati con gli allievi di recitazione e regia dell’accademia.
Dal 1991 al 1993 è stato sposato con la collega Margherita Buy, conosciuta in accademia. Attualmente convive con la sua sceneggiatrice, Carla Cavalluzzi che è diventata la sua compagna.

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Rubino ha mantenuto con la Puglia uno stretto legame partecipanti a numerose iniziative ed eventi, preferendola come terra in cui ambientare suoi film. Il 6 settembre 2020 ha festeggiato a Monte San Angelo i 30 anni del suo splendido film la Stazione, in chiusura della 3^ edizione di “Mònde – Festa del Cinema sui Cammini. All’attore e regista pugliese è stato assegnato il Premio “Parco Nazionale del Gargano 2020” per i trent’anni de “La stazione”, pluripremiata opera prima girata quasi interamente in Puglia, tra San Marco in Lamis, Apricena, Foggia e Grumo Appula (paese natale di Rubini).
Insignito di prestigiosi premi, tra cui il Premio della Settimana internazionale della Critica dell’edizione 1990 della Mostra del Cinema di Venezia. Il film la Stazione ruota intorno alla figura del timido capostazione Domenico, che vive da solo nella sua piccolissima postazione, quasi isolato nella campagna pugliese. La sua vita è fatta di orologi, campanelle e treni e ormai della sua sede sa tutto. Anche che il pesante portello di una scansia si aprirà immancabilmente sempre alla stessa ora, sollecitato dalle vibrazioni del rapido di passaggio. Ma una notte questa routine si spezza: nella stazione piomba una giovane e bella donna, a piedi, sconvolta. È fuggita da una villa poco lontano dove, durante una festa, il suo compagno ubriaco ha incominciato a maltrattarla.

Premi e riconoscimenti

Nel 1990 Per La stazione, si aggiudica il Nastro d’argento e il David di Donatello per la migliore opera prima. Nel 2008 a Bari, nel corso dell’evento Extra il Governatore della Regione Puglia Nichi Vendola lo ha nominato Ambasciatore dell’olio extravegine di oliva nel mondo. Il 9 aprile 2011 riceve dal Foggia Film Festival il Premio Figlio di Puglia[7].
Nel 2009 ha ricevuto il Premio Federico Fellini 8½ per l’eccellenza artistica al Bif&st di Bari.

David di Donatello

– 1991 – Miglior regista esordiente per La stazione

Nastro d’argento

– 1991 – Migliore regista esordiente per La stazione

Globo d’oro

• 1991 – Miglior opera prima per La stazione
• 2006 – Gran Premio della Stampa Estera per La terra

Ciak d’oro

• 1991 – Miglior opera prima per La stazione
• 1997 – Migliore attore non protagonista per Nirvana
• 1999 – Migliore attore non protagonista per Del perduto amore
• 2004 – Migliore attore non protagonista per L’amore ritorna
• 2006 – Migliore attore non protagonista per La terra

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NEWS CINEMA

Sergio Rubini, l’anima nera di The Story of my Wife al Festival di Cannes 2021
di Mauro Donzelli
15 luglio 2021

Incontro con l’attore italiano Sergio Rubini, fra gli interpreti dell’affresco sentimentale e storico The Story of my Wife, a Cannes in concorso, diretto dalla regista ungherese Ildiko Enyedi, vincitrice dell’Orso d’oro alla Berlinale quattro anni fa.

“Spesso mi chiamano per interpretare personaggi loschi e ambigui, evidente mi vengono bene”. Sembra rassegnato e allo stesso tempo soddisfatto, Sergio Rubini, quando parla del suo personaggio in The Story of my Wife di Ildiko Enyedi, presentato in concorso al Festival di Cannes. “Eppure non mi sembra di essere né losco né ambiguo, ma è il bello del mestiere d’attore: interpretare personaggi molto lontani da te”, conclude, nel corso di un incontro con la stampa italiana.
Il film è stato prodotto anche dal’Italia, che ha ospitato alcune fasi delle riprese. È il sesto film della regista magiara, già vincitrice della Caméra d’Or anni fa, e più recentemente dell’Orso d’oro alla Berlinale per il notevole Corpo e anima, candidato anche agli Oscar. I protagonisti del film sono Gijs Naber, Léa Seydoux, Louis Garrel, oltre a Rubini e Jasmine Trinca. The Story of my Wife è l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Milán Füst. La storia, ambientato negli anni ’20, narra le avventure e le disavventure matrimoniali del capitano di navi da trasporto Jakob Störr. Rubini interpreta Kodor uno scaltro faccendiere, vecchio amico di Störr, che incontra durante una sosta in un porto del Mediterraneo. Sarà lui a lanciare una improbabile sfida al capitano: sarà capace di sposare la prima donna che farà il suo ingresso nel caffè in cui si trovano? La domanda trova risposta quando fa il suo ingresso la seducente Lizzy.
“Il mio personaggio è l’anima nera del protagonista”, sottolinea Rubini, “tutto nasce dalla scommessa che gli propone di sposare la prima donna che entra nel caffè in cui sono seduti. Störr è un capitano di mare, abituato a stare lontanissimo dall’amore, accetta con leggerezza pensando che non gli cambierà nulla, ma poi entra Léa Seydoux e nasce un amore che consuma il protagonista. Mi sembra sia un film sull’inadeguatezza di ognuno di noi in amore. Si perde nell’amore, ma si nobilita soffrendo per amore, io divento invece un faccendiere. Li lega l’attrazione che Störr prova per la vita precedente e per tutto ciò che c’è di meschino, ma saprà fare a meno di me e questo lo rende migliore, il protagonista e non l’antagonista. Ci identifichiamo con lui perché si perde nell’amore. Con la regista mi sono trovato molto bene, grazie alla sua idea fortemente artigianale del cinema, in un’epoca in cui i film vengono definiti prodotti, invece per lei sono opere d’ingegno, da banco. L’autore non va più di moda, ci sono serie dirette da registi diversi, per cui un regista deve assomigliare all’altro. Una mazzata per l’autore, che dovrebbe fare ogni volta dei prototipi.”
Una carriera ormai lunga, quella dell’attore pugliese, che fa gli auguri alla sua ex moglie Margherita Buy per Tre piani, “ci raccontiamo tutto, ma non di Nanni Moretti”, e ricorda come il suo sia stato prima un innamoramento artistico, avendola segnalata al suo agente quando erano entrambi molto giovani. “Non dico di essere il suo Pigmalione, ma il suo promoter, ogni suo premio è per me fonte di grandissima emozione, che da ragazzino decisi di fare l’attore. Fino a quando partii per Roma pensavo solo di teatro, il cinema era lontano e impalpabile. Lavorare in produzioni internazionali per me è sempre un piacere, serve a sprovincializzarsi e avvicinarsi ad altre culture, a mettersi in ballo.”

La sua prima esperienza a Cannes? La ricorda con piacere e una certa emozione. “È stato nel 1987 per Intervista, con Fellini e Giulietta Masina. Ero molto intimidito, tanto che rimasi in disparte quando scendemmo dall’aereo avvicinandoci alla stampa, e la Masina mi prese per le orecchie riportandomi con loro. Ricordo poi Scorsese in ginocchio sul tappeto rosso che aspettava Federico, e l’emozione di una grande suite di un hotel di lusso, per la prima volta. Avevo 25 anni ed ero così provinciale ed emozionato che dormii vestito sul letto per non toccare nulla, altrimenti avrei rovinato l’armonia di quel luogo. Se qualcuno fosse entrato mi avrebbe preso per un morto. Mi dispiace un po’ essermi abituato a una stanza così, è bene provare un certo disagio nei confronti dell’eccessivamente bello, si mantiene un pizzico di verginità, di purezza”.

CANNES 2021

Cannes, Sergio Rubini in concorso col film ungherese: “Quella volta che Scorsese si inginocchiò di fronte a Fellini”
14 luglio 2021

Sergio Rubini è al festival di Cannes in concorso nel film ‘The story of my wife’ della regista ungherese Ildikó Enyedi, già vincitrice della Caméra d’Or a Cannes con ‘My 20th Century’ e Orso d’Oro alla Berlinale per ‘Corpo e anima’, un adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Milán Füst. La storia, ambientata negli anni Venti, narra le avventure e le disavventure matrimoniali del capitano di navi da trasporto Jakob Störr. Rubini interpreta il suo amico faccendiere Kodor. L’attore e regista racconta quando venne con Fellini per ‘Intervista’ nel 1987 e parla del suo nuovo film da regista sui fratelli De Filippo.

La Gazzetta del Mezzogioro del 15 luglio 2021
Sergio Rubini sulla Croisette

Amo il cinema d’autore, quello artigianale, non l’omologazione” Il suo prossimo lavoro

C’è Sergio Rubini sulla Montée des Marches a Cannes, coprotagonista di The Story of My Wife della regista ungherese Ildiko Enyedi, in concorso per la Palma d’oro.
Un red carpet con defezioni: la protagonista Lea Seydoux, positiva al Covid, rimasta a Parigi, e Jasmine Trinca rimasta in Italia a preparare le imminenti riprese del suo film d’esordio Marcel! Con protagonista Alba Rohrwacher.
Attesi oltre a Rubini il protagonista Josef Hader e Louis Garrel.
«Sono l’anima nera del film, il personaggio che fa scattare la storia perché solletico
il protagonista, un capitano di lungo corso a sposare la prima donna che farà ingresso nella taverna del porto che frequenta». Ed è così che il capitano Jacob Storr si ritrova, in un appartamento di Parigi negli anni ‘20, con Lizzy (Seydoux), la sua giovane, avvenente e misteriosa sposa. Diventa una storia d’amore devastante che consuma il marinaio: «E’ un film – aggiunge Rubini – sull’inadeguatezza di ognuno di noi rispetto all’amore. La regista lo definisce una meravigliosa lettera d’amore a tutti gli uomini imperfetti, io aggiungo scritta a tutti gli uomini imperfetti da donne imperfette». «Non è certo la prima volta che mi capita di interpretare personaggi loschi, ambigui, equivoci, io non credo di esserlo. Anche violenti, quando io non sono tipo di alzare le mani: è la dimostrazione che il cinema – dice Rubini – ti offre la
possibilità di essere chi proprio non sei».
Tratto dall’omonimo romanzo di Milan Fust, in concorso batte bandiera francese ma sì tratta di una coproduzione europea con Ungheria, Germania e in cui partecipa anche l’Italia con la Palosanto e il sostegno di Rai Cinema ed uscirà anche da noi. Nel corso della storia «il capitano diventa un principe, la sua sofferenza amorosa lo eleva, mentre io – prosegue Rubini – mi realizzo negli affari e quando lui saprà fare a meno della sua ombra nera ossia di me sarà un uomo migliore».
L’attore parla del cinema che ama, «quello d’autore, artigianale, originale. Oggi essere autori non va più di moda, tutto va ad omologarsi, ci sono serie tv che hanno anche registi diversi e devono assomigliarsi uno con l’altro per non far cambiare impronta alla serie. I film per lo più oggi sono prodotti, prodotti da banco per le piattaforme, per me è una mazzata terribile. Anche per motivi anagrafici io mi riconosco agonista in un cinema diverso, di qualche anno fa e quando mi sono trovato sul set con la Ildiko Enyedi, con la sua passione artigianale, sono stato felice. Il regista per me è autore di prototipi non di prodotti».
Il suo nuovo dietro la macchina da presa, il 14/0 sin dal prezioso esordio nel 1990 con La Stazioneè I Fratelli De Filippo, la storia di una famiglia dove il teatro coincide con la vita e le sue ferite, tra figli <<illegittima>> come si diceva una volta e l pascoscenico sotto la grande ombra di Edoardo Scarpetta.
Il film è pronto e chissà che non arrivi al Lido. Come attore invece è impegnato con Inferno, le visioni dell’artista Mimmo Paladino in cui è uno dei Re Magi con Alessandro Haber e Francesco De Gregorii, mentre Laurie Anderson sarà un Lucifero un pò rockstar. Rubini non è al debutto a Cannes: l’occasione di The story of my wife lo fa tornare indietro nel tempo, «quando venni con Federico Fellini e Giulietta Masina per L’Intervista, 1987. Mi diedero la stanza al Carlton, era di un tale lusso che dormii vestito sul letto per non rovinare questa armonia e la mia emozione. E dopo la Proiezione del film ci offrirono una cena nel roof dell’hotel, menu nouvelle cousine. Quando uscimmo, sollecitati da Tonino Delli Colli, finimmo tutti e quattro ad ordinare spaghetti in camera. Di Cannes ho anche quest’altra immagine: Martin Scorsese che in ginocchio aspetta Federico>>.
La prova di Margherita Buy in Tre Piani di Nanni Moretti è stata lodata: i due dopo la separazione (sono stati sposati per 20 anni) continuano ad incrociare le loro vite nel cinema. <<Ogni premio a Margherita, una grandissima attrice, mi emoziona. L’ho conosciuta in un teatro a Roma a 20 anni , la vidi recitare e suggerii al mio agente di andarla a vedere e la prese. Sono stato il suo promoter – scherza – e il mio innamoramento nacque da una grande ammirazione artistica. Continuiamo a dirci tutto come in Passato, ma abbiamo fatto un accordo: non parliamo mai di Nanni Moretti. A quel che ho capito lui non vuole», dice lasciando il dubbio se sia uno scherzo oppure una tipica rigidità morettina
Alessandra Magliaro

https://www.mymovies.it/biografia/?a=1893/..

Un vero e proprio schiavo del cinema, passato da attore a sceneggiatore, fino a regista, con un successo che, se non fosse stato glorificato dalla critica, sarebbe stato autocelebrato. Straordinario interprete, icona del cinema italiano, irrinunciabile e significativo in ogni pellicola in cui ha preso parte – che siano essi capolavori o meno – fu scoperto da Federico Fellini che, senza alcun dubbio, ci aveva visto bene guardando a questo ragazzo pugliese.

Figlio di un capostazione, si trasferisce a Roma nel 1978 per iscriversi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, poi abbandonata al secondo anno. Grande appassionato di teatro, riuscirà a lavorare in quel periodo con importanti registi quali Antonio Calenda, Gabriele Lavia, Enzo Siciliano ed Ennio Coltorti ma ammetterà successivamente di aver faticato a trovare spazio nel cinema. Ufficialmente e cinematograficamente lanciato da uno dei più grandi maestri del cinema mondiale di tutti i tempi – Federico Fellini lo impone alla critica nell’ Intervista (1987), passa poi nelle mani dell’esordiente Andrea De Carlo nella trasposizione filmica del suo best seller omonimo Treno di panna (1988), accanto a Carol Alt, che sarà sua compagna di set anche nella pellicola Mortacci (1989), firmata dal talentuoso e bistrattato Sergio Citti, dove indosserà i panni del soldato fantasma.

L’attore Ben Gazzarra, alla sua prima prova come regista, lo inserirà nel lungometraggio Oltre l’oceano (1990) poi, volendo provare anche lui il mestiere di autore, firma la sua opera prima come regista: La stazione nel 1990, tratto da un lavoro teatrale di Umberto Marino, dove sarà anche attore con Margherita Buy ed Ennio Fantastichini nella storia di due solitudini che si incontrano. La pellicola gli farà ottenere il David di Donatello e il Nastro d’Argento come miglior regista esordiente. Giuseppe Tornatore lo affiancherà, invece, a Roman Polanski e Gérard Depardieu (che sarà frequentemente suo partner in alcune fiction e miniserie francesi per la regia di Josés Dayan) ne Una pura formalità (1994).
Filmograficamente, nella sua carriera collabora con Giovanni Veronesi (Manuale d’amore e Manuale d’amore 2 – Capitoli successivi), Alessandro D’Alatri (Commediasexi, 2006) e con l’amico Fabrizio Bentivoglio (Lascia perdere Johnny, 2007). Seguono poi No Problem di Vincenzo Salemme, Cosmonauta, fortunato esordio alla regia di Susanna Nicchiarelli (che lo rivuole nel sulccessivo La scoperta dell’alba), L’uomo nero, di cui firma anche la regia, Tutto l’amore del mondo di Riccardo Grandi e, nel 2010, Qualunquemente di Giulio Manfredonia. Nel 2013 torna al cinema con un nuovo film da regista e attore, Mi rifaccio vivo, in cui dirige Neri Marcoré, Lillo e Margherita Buy, e due anni dopo è dietro (e davanti) alla macchina da presa per un’opera dall’impianto teatrale, Dobbiamo parlare, che mette in scena un confronto tra due coppie all’interno di un appartamento romano. Nel 2016 lo vedremo nel film di Giuseppe Piccioni Questi giorni e l’anno dopo lo vedremo nella commedia di Giovanni Veronesi Non è un paese per giovani. Nel 2018 è protagonista de Il bene mio di Pippo Mezzapesa e del film di Giovanni Veronesi Moschettieri del re. Due anni dopo partecipa anche al sequel Tutti per 1 – 1 per tutti (2020), mentre nel 2019 è dietro (e davanti) alla macchina da presa per Il grande spirito.

Gradevolissimo, capace di scatenare ilarità grazie alle sue abilità espressive, Sergio Rubini riesce a fulminare lo spettatore – anche con un ruolo breve – con i suoi personaggi, divertendo. Ma senza rinunciare a un sottofondo di inquietudine che aleggia sempre nel cuore di chi è schiavo di questo schiavo del cinema.

Premi & Nomination

David di Donatello 2017

Nomination miglior attore per il film La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu

Nastri d’Argento 2008

Nomination miglior attore non protagonista per il film Colpo d’occhio di Sergio Rubini

David di Donatello 2006

Nomination miglior attore non protagonista per il film La terra di Sergio Rubini

http://www.apuliafilmcommission.it/il-grande-spirito-di-sergio-rubini-con-rocco-papaleo-dal-9-maggio-al-cinema/..

Le fortune della Puglia spiegate da Sergio Rubini

Ospite di Luca Barbareschi: con la cultura si fa Pil

REDAZIONE ONLINE – 11 Maggio 2021
La magia della Taranta, i grandi set cinematografici a cielo aperto, la cultura, le emozioni: ecco perché la Puglia negli ultimi anni ha preso il volo. Lo spiega Sergio Rubini ospite tivvù di Luca Barbareschi

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