SOCCIO PASQUALE

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SOCCIO PASQUALE

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San Marco in Lamis 11 maggio 1907 – 4 febbraio 2001

Scrittore, cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Ha studiato al Magistero di Roma, laureandosi in pedagogia. Ha iniziato l’insegnamento come maestro elementare, poi docente di filosofia e storia e poi preside nel Liceo classico di Lucera.
E’ noto per aver fondato i diretto L’Azione democratica, il primo periodico libero di Capitanata dopo la caduta del fascismo.
Allievo di Giuseppe Lombardo Radice e di Giudo De Ruggiero, quale studioso finissimo di pedagogia e filosofia si è molto interessato delle opere di Giambattista Vico, curando una corposa ed apprezzata antologia dei suoi scritti presso l’editore Garzanti (G. B. Vico, Autobiografia, Poesie, Scienza Nuova, 1983).
Come storico ha studiato le vicende del brigantaggio postunitario nel suo paese natale in Unità e brigantaggio (1969), mettendo in luce numerosi fatti di storia meridionale e in particolare pugliese in numerosi scritti, tra i quali va segnalata il libro Gargano segreto (1965, con altre tre edizioni fino al 1999), che si è affermato per la prosa raffinata e piacevole. Molto apprezzato l’apporto metodologico nuovo da lui applicato e l’interpretazione originale del brigantaggio meridionale.
Pur se colpito da cecità, Soccio non si è perso d’animo riuscendo a raccogliere le sue riflessioni filosofiche nel libro Penso, dunque invento (2001), molto appressato per la tesi ben presentata della persistenza di una tendenza alla mitizzazione nella ragione evoluta, sia in filosofia che nel campo scientifico.
Postumo è stato pubblicato il testo Incontri memorabili (2002), in cui vengono ricordate i diversi incontri molto apprezzati con personaggi come Benedetto Croce, Giuseppe Ungaretti, Riccardo Bacchelli e altri.
Tra le sue molteplici esperienze va segnalata la collaborazione alla Nuova Antologia.
Nel 1995 Pasquale Soccio dà vita alla “Fondazione Angelo e Pasquale Soccio”, tuttora centro di importanti iniziative culturali con sede a San Marco in Lamis, animata da numerosi accademici e studiosi pugliesi, con l’intento di diffondere la cultura, grazie anche al significativo fondo di oltre 5.000 volumi lasciati dallo scrittore ed alle diverse iniziative organizzate a favore degli studenti universitari e liceali.

Onorificenze

In data 2 giugno 1962 è stato insignito della Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte dal Presidente della Repubblica Italiana ed in data 18 marzo 1993 è stato nominato Cavaliere di Gran Croce dal Presidente della Repubblica Italiana.

Pubblicazioni

Pasquale Soccio uomo e scrittore, Foggia, Consorzio per l’Università di Capitanata, 2002
Pasquale Soccio. Una vita per Lucera, a cura di Franco Marasca, Foggia, Edizioni del Rosone, 2004
Francesco Giuliani, Occasioni letterarie pugliesi, Foggia, Edizioni del Rosone, 2004
Cosma Siani, Pasquale Soccio, in Figure egemoni del Novecento, Schena, Fasano, 2006
Francesco Giuliani, Pasquale Soccio e i suoi libri. La biblioteca del Preside, in “La Capitanata”, giugno 2007

di Carla Bonfitto

Pasquale Soccio è stato sicuramente una delle figure più importanti della cultura del Novecento.
Un uomo che amava in modo particolare la scuola e gli studenti e che ha avuto, senza dubbio, un grande ruolo per lo sviluppo della cultura in Capitanata e nella Puglia tutta.
Preside, scrittore, pedagogista, filosofo, critico, studioso, saggista, storico, amante della natura, merita di essere letto per la sua grande sensibilità letteraria e raffinatezza stilistica e linguistica.
Nel 20° anniversario della scomparsa di Pasquale Soccio, Michele Galante lo ricorda anche come Poeta, dimensione poco conosciuta o addirittura sconosciuta a molti, soprattutto per le poesie composte tra il 1925 e il 1938.
La pubblicazione Poesie, edita da Edizioni del Rosone, è senz’altro un’opera prestigiosa ed un grande lavoro di ricerca di Michele Galante (Saggio introduttivo di Ferdinando Pappalardo) e raccoglie la produzione poetica di Pasquale Soccio compresa tra il 1925 e il 1998.
“L’auspicio – scrive Michele Galante – è che il presente lavoro possa trovare il favore dei lettori, ai quali viene presentato un aspetto della personalità di Soccio in larghissima parte sconosciuta.”
Ed io non mi stacco dai versi di Pasquale Soccio e, mentre li leggo, vado indietro nel tempo e lo immagino avvolto dalle sue carte o seduto sulla panchina del Bosco che lui adorava tanto e nel quale amava rifugiarsi.
“Dimentichiamo tutto / in quest’ora sublime / il Tempo travolgente misterioso / col torbido passato /con l’ansioso presente / e col lugubre suo futuro. Oh, lascia che, dimentico del tutto, / gusti per una volta sola almeno / l’ingustabile nulla.” (Sosta | Carnevaletto, febbraio 1927)
Nel 1995 Pasquale Soccio dà vita alla “Fondazione Angelo e Pasquale Soccio”, tuttora centro di importanti iniziative culturali con sede a San Marco in Lamis.

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO DEL 4 FEBBRAIO 2021
La «poesia onesta» di Soccio specchio dell’umana condizione
In antologia le liriche giovanili dell’intellettuale garganico

Un libro, per alcuni aspetti sorprendente questo curato da Michele Galante per l’editore foggiano Il Rosone che offre tutte le Poesie (1925-1998) di Pasquale Soccio, con un’acuta introduzione critica di Ferdinando Pappalardo (pp. 280, euro 18). Sorprendente perché di Soccio (di cui ricorre oggi il ventennale della morte) versatile poligrafo di storia, filosofia e pedagogia avevamo una visione già abbastanza ricca e poliedrica. Ma la presunzione geometrica della statura degli uomini inganna, giacché dobbiamo aggiungere piacevolmente al carniere di questo eminente autore pugliese l’estro della scrittura poetica, che fu terreno fecondo soprattutto nella prima parte della sua vita fino ai trent’anni.
Soccio, nato nel 1907, ha attraversato tutto il ‘900 con passo destinato a durare e ha trovato nella poesia più d’una ragione di conforto. In realtà, l’amore per la letteratura era stato in lui precoce già dagli anni difficili della giovinezza, quando nel pieno del suo percorso di studi aveva dovuto affrontare il problema capitale del suo destino, quella malattia agli occhi che lo avrebbe costretto progressivamente alla cecità. L’animo del giovane Soccio non si lasciò piegare, ma riversò sulla pagina la quintessenza della condizione umana scandita nei suoi risvolti esistenziali. Ed ecco scaturire la sua confidenza coi versi, idealmente soccorso da Giacomo Leopardi e Giovanni Pascoli, ed ecco affidare loro il compito privilegiato di confessare la propria nudità creaturale rendendola partecipe agli altri.
Il libro curato da Galante restituisce questo percorso giovanile che arriva fino al 1938, passando per il periodo molisano (l’impegno scolastico in un piccolo borgo montano), quello di nuovo garganico (nel paese natale di San Marco in Lamis) e finalmente il determinante periodo romano durato dal 1934 fino appunto al ’38. L’approdo nella capitale rappresenta la svolta esistenziale di Soccio che frequenta l’università sotto la guida di due famosi maestri come Guido De Ruggiero e Giuseppe Lombardo-Radice. Sono gli anni fatali del trionfante fascismo, accanto all’influenza di Benedetto Croce svetta quella di Giovanni Gentile che Soccio ha la possibilità di conoscere.
Storia, filosofia, pedagogia sono i nuovi prepotenti fari che illuminano il cammino del giovane laureando. E la poesia? Il libro in questione permette di ricostruire le vie parallele e conferma che fino alle stagioni che precedono il trasferimento a Roma l’attività poetica ha un significato ben più incisivo di un semplice esercizio versificatorio. Le carte d’archivio (da più di vent’anni funziona la Fondazione intitolata all’autore presso la biblioteca comunale di San Marco in Lamis, che ne custodisce l’intero patrimonio bibliografico e archivistico) restituiscono i tentativi che Soccio fa per assicurare ad una pubblicazione le sue pagine poetiche, riunendole in quaderni o in fascicoli sparsi, e inviandone singole unità a riviste importanti dell’epoca come Circoli di Adriano Grande e L’Italiano di Leo Longanesi.
Le sue bussole poetiche si muovono tra romantici e crepuscolari, qualche concessione isolata ai futuristi, entusiastico credito per gli ermetici e per i post-ermetici. Quando riesce a liberarsi delle forme ormai anacronistiche della tradizione più ripetitiva, Soccio attinge una sua misura personale di dignitoso lirismo solipsistico, che poi si fa più scopertamente montaliano nel progressivo fortificarsi del suo confronto con la realtà della vita e della sua virile accettazione.
I toni cupi si stemperano in una visione più larga, finché nell’arena vivificante di Roma trovano accenti di maturo equilibrio. Soccio si converte alla prosa e nascono i suoi saggi storici e letterari, le sue riflessioni filosofiche e pedagogiche, mentre Vico diventa la meta prediletta (ci farà la sua tesi di laurea e ne curerà una fortunata antologia degli scritti per Garzanti). Ma la poesia che abbandona, per poi riprenderla rapsodicamente negli anni più tardi (come documenta puntualmente questo libro), subisce in realtà una trasformazione, si trasfonde miracolosamente nelle sue prose, quelle soprattutto evocatrici delle sue amate geografie natali, facendo l’occhiolino – e non poteva essere diversamente per la sua formazione – alle maniere rondesche di Emilio Cecchi, Antonio Baldini e Vincenzo Cardarelli. La «poesia onesta» (per dirla con Umberto Saba) a cui egli approda più schiettamente è proprio una prosa intinta liricamente nei sentimenti più profondi del suo animo, in totale sintonia con la sua esperienza di uomo e di scrittore (il culmine sarà rappresentato dalla felice orchestrazione di Gargano segreto). Grazie a questo nuovo libro, dunque, riusciamo meglio a ricostruire l’intera vicenda di questo «formicone di Puglia», la cui screziata per­sonalità assume finalmente una valenza più piena.

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Giuseppe Dè Matteis Ricordo di Pasquale Soccio: lo scrittore e l’uomo.

È sempre tanto doloroso, per affetti privati e per consapevolezza del valore ormai riconosciuto da tutti, parlare quando una personalità cosi forte come Pasquale Soccio, abituata a sostenerci e a spronarci nel quotidiano travaglio della vita, è scomparsa e quando si è costretti, per ritrovarla, a far ricorso ai libri, cui è consegnata la sua opera e il suo pensiero; o anche quando è necessario riandare ai lunghi splendidi anni della nostra quasi quotidiana frequentazione, prima come suo amatissimo allievo nel liceo-ginnasio “R. Bonghi” di Lucera e successivamente come amico negli animati fruttuosi dibattiti svoltisi, negli ultimi anni, nella sua casa di Foggia, in via della Repubblica, n. 82, autentico pensatoio di cultura e di vita.
Pasquale Soccio è stato un gran Maestro, nel senso più profondo della parola, e lo testimoniano gli innumerevoli suoi scolari, sparsi un po’ dovunque in Italia; Maestro di dottrina e di vita per il suo saldo legame con la storia in fieri, per il suo scendere prontamente in campo in ogni evento o dibattito culturale, per la sua coerenza intellettuale e morale, esercitata per un’intera lunghissima vita.
Pensatore finissimo, cultore di problemi storici e letterari, animatore di numerose iniziative di carattere culturale in Foggia e provincia, collaboratore assiduo di importanti riviste storiche e letterarie nazionali (quali «I diritti della scuola», «Nuova Antologia», «Archivio Storico Pugliese»), di alcuni ·periodici che segnarono, fin dal 1929, l’inizio della sua carriera di scrittore e pensatore (vanno ricordati “Il Solco”, “La Fionda” e “Azione democratica” soprattutto, alta espressione di libertà politica, quest’ultima, dopo la caduta della dittatura fascista), Pasquale Soccio ha sempre ser­vito in modo encomiabile la cultura nazionale e locale. Negli ultimi anni egli ha creato, intitolandola al suo nome e a quello del fratello Angelo, una Fondazione culturale, che ha promosso già varie buone iniziative e altre, si spera, farà, per valorizzare il ricco patrimonio delle tradizioni culturali e letterarie del nostro territorio. Determinante nella formazione di quest’uomo fu l’influenza di due grandi Maestri, Giuseppe Lombardo Radice e Guido De Ruggiero, entrambi appartenenti alla corrente neoidealistica, nel cui ambito Soccio poté approfondire la conoscenza delle opere di Giambattista Vico e di Benedetto Croce.
Insignito di numerosi riconoscimenti, del conferimento di varie cittadinanze onorarie e di altri importanti attestati di benemerenza, tra cui la Medaglia d’oro del Capo dello Stato come “benemerito della cultura e della scuola” (1964) e dell’onorificenza di Cavaliere di gran Croce motu proprio del Presidente della Repubblica (1993), Soccio è stato sicuramente la personalità di maggiore rilievo della cultura pugliese, daunia in particolare, della seconda metà del Novecento.
Poliedrico e costante è stato il suo impegno di studioso di storia, di filosofia, di saggista, di poeta e narratore, tanto da guadagnarsi la stima di noti intellettuali nazionali: Gabrieli, Barbieri, Moscati, Spadolini, Ridolfi, Garin, Barone, Antiseri, Provenza, Bacchelli, Ungaretti, Roversi, Volpicelli, Battistini, Gifuni, Tilgher, Angelini, De Robertis, Del Prete, Nocilla, cassieri, Petrucci, Iacobelli, Lagorio e tanti altri.
Accenniamo brevemente all’attività di Soccio storico e studioso di problemi pedagogici e filosofici, per poi soffermarci sullo scrittore, propensione sicuramente a lui più congeniale.
Ricordiamo anzitutto Unità e Brigantaggio (Napoli, ESI, 1969), una ricostruzione precisa della società meridionale -Capitanata e Gargano in particolare – nei primi anni dell’Unità d’Italia. Soccio riesce con quest’opera a mostrarci con chiarezza i rapporti tra briganti meridionali e questione sociale: l’unità d’Italia era realizzata nell’interesse della classe borghese, contro le plebi, e queste reagivano come meglio potevano, dandosi spesso alla macchia. Il libro è la testimonianza di uno storico legato culturalmente alle classi dirigenti liberali, sulla matrice sociopolitica di un importante spaccato della storia del nostro Mezzogiorno.
Del Soccio pensatore va soprattutto ricordata la sua bella voluminosa Autobiografia, poesia e scienza nuova di G. B. Vico, edita a Milano, dalla Garzanti, nel 1993, testo di grande impegno speculativo e critico, adottato in molti licei e anche presso qualche Università. Il libro è la sintesi di un’intera vita dedicata con amore e passione all’autore dei “corsi e ricorsi” storici; la sua caratteristica è sicuramente la priorità che Soccio ha generosamente assegnato alla difficile produzione in versi del Vico, fornendo al lettore una piccola antologia poetica, finalmente recuperata dall’oblio e da un atteggiamento di scarsa considerazione per il Vico “poeta”. Il libro risulta prezioso anche per l’accurato corredo delle note e della bibliografia, quasi un saggio a se stante, ripartito e ragiona­to secondo un vasto disegno funzionale. L’indagine sul Vico è, inoltre, organata su una linea di obiettività e di rigore scientifico, e il medaglione critico che Soccio ci offre del filosofo napoletano è mosso e vibrante: ne vien fuori, così, un Vico non più “puntiglioso” ed “ambiguo”, come spesso è stato visto dalla critica, ma un filosofo umanizzato e bene accolto dalle nuove generazioni.
Solo di qualche anno fa, infine, è l’uscita dell’ultimo libro di Soccio: Penso dunque invento, Del mito, di Vico e oltre (Bulzoni, Roma 2000), studio che esalta le ragioni del mito e della fantasia, entrambi, secondo il Vico, produttori della poesia e dell’arte, in ogni loro manifestazione. Mito e uomo sono per Soccio un tutt’uno; importante è anche in quest’opera l’aspetto autobiografico, che occupa uno spazio rilevante e che è quasi la sintesi del suo costan­te meditare dei suoi continui interventi su Vico.
Ma la fama di Pasquale Soccio noi crediamo sia affidata soprattutto alla sua ricca produzione narrativa (Gargano segreto, 1965; Omaggio a Foggia, 1970; Lucera minore, 1973; Stignano, 1975 e Materna terra, 1992, solo per citare le opere più conosciute), che rappresenta un condensato di tante piccole storie locali, riferite, è evidente, alla nostra Daunia, ma capace di filtrare il più ampio spettro della realtà nazionale .. Tutto in Soccio nasce dal bisogno di un continuo “colloquio ‘- com’egli stesso confessava – con la [sua] terra, al fine di comprenderla e meglio comprendermi”.
In Gargano segreto, l’opera che lo ha imposto di più sul piano nazionale, il tipo di scrittura è senza dubbio di sapore “rondista”: egli rivela piena padronanza della forma, sempre tanto elegante e vigilata, mai disgiunta, però, da un senso di emotività creativa pen­sosa ed accoratamente nostalgica.
Pronunciamenti e cadenze dai toni liricheggianti sono presenti anche in Omaggio a Foggia, dove è messo in evidenza il bisogno di luce, fortemente avvertito dall’autore, accompagnato da una vaga atmosfera di sogno, da uno struggente straniamento in una realtà di stampo surrealistico. È, questa, una testimonianza di affetto, di impegno, di presenza viva di Soccio a Foggia e nell’intera Daunia.
A legare intimamente, poi, le due principali sezioni di Lucera minore è il filo della memoria, dove prevalgono toni distesi, paca­ti, dettati da una tensione altamente evocativa; affidata alla grande sensibilità dell’autore (si leggano, in proposito, i bei brani di “prosa lirica”, La torre della leonessa e Due solitudini)
Con Materna terra, infine, Soccio porta ad un traguardo alto alcuni risultati già presenti nella sua produzione saggistica e di nar­ratore: v’è, ora, un più attento e meditato impiego di parole e di immagini, una vigorosa tensione nello scrivere, che è vocazione sincera e sofferta alla letteratura; è presente, in sostanza, un modo di avvicinarsi alla pagina rispettoso della precisione semantica e della suggestione musicale, anche in direzione metrico-stilistica
In quest’ultimo bellissimo”canto” alla sua terra, Soccio riesce a stabilire un continuum indissolubile tra passato e presente, tanto che la fantasia, l’erudizione, il gusto della natura e del linguaggio riescono a fondersi in una sintesi di taro successo. Il suo stile, in questa come nelle altre opere narrative o di memoria cita­te, raggiunge momenti felici, poiché in lui è presente la serena gioia del narrare come per un lungo racconto orale tratto dalla vita. La sua prosa, in genere, è precisa ed elegante, senza essere leziosa e vuota. Egli ha capacità descrittive ed evocative, due qualità che, oltre a rendere gradevole la lettura dei suoi testi, danno anche l’e­satta misura dell’uomo e dello scrittore.
“Ora che questa – come ha giustamente affermato alcuni anni fa Gaetano Gifuni, Segretario generale della Presidenza della Repubblica e diletto suo allievo – nobilissima figura di docente, di uomo d’alto ingegno, di grande cultura e di delicati sentimenti, che ha onorato la nostra Daunia e la nostra Italia con il suo insegna­mento e le sue opere” è scomparsa, rimangono le sue opere ricchissime e feconde come esempio ed incitamento.
Il suo esemplare, oseremmo dire, eroico modo di vivere, tra­vagliato da una lunga cecità, renderà quest’uomo ancora più riconoscibile ed indimenticabile ai nostri occhi, come Maestro, come esortatore, come amico, come una persona veramente integra, che ha servito sempre la cultura quasi per giustificare la propria esistenza e che la morte non ha trovato né “ozioso, né impreparato”.

Consegna delle insegne di Cavaliere di Gran Croce al Prof.Pasquale Soccio il giorno 13 novembre 1993:

VICE PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ DI STORIA PATRIA PER LA PUGLIA

Consegna delle insegne di Cavaliere di Gran Croce al Prof. Pasquale Soccio il giorno 13 novembre 1993:
Nel corso di una pubblica cerimonia la Sezioni di Storia Patria della Capitanata hanno consegnato a Pasquale Soccio le insegne di Cavaliere di Gran Croce conferite “motu proprio” dal Presidente della Repubblica.
Si è trattato di un festevole incontro fra amici senza alcun aspetto di “ufficialità” durante il quale i Componenti le Sezioni di Storia Patria, ex allievi ed amici di Pasquale Soccio,, si sono stretti attorno al loro maestro ed amico per esprimergli il loro affetto, stima e considerazione.
A consegnare la decorazione è stato Antonio Vitulli, presidente della Sezioni di Storia Patria di Foggia, il quale in un breve indirizzo di saluto ha voluto ricordare ciò che Soccio ha rappresentato per la cultura non solo dauna ma italiana.
“Ecco, ha dichiarato Vitulli, sia che cerchiamo in lui lo storico appassionato, il filosofo impegnato, il saggista raffinato (ricordiamoci i suoi perfetti elzeviri), il combattivo politico (nei suggenti anni dell’Azione democratica), al fine intenditore di poesia, tutti riusciamo a trovare in lui una significativa certezza culturale.
Quando Pasquale Soccio ebbe a pubblicare uno dei suoi libri più belli, il Maestro Studioso, Guido De Ruggiero, nell’arguta presentazione proponeva di modificare il titolo dell’opera con quello dell’opera di Moisé Maimomonide, La Guida degli Smarriti.
Felice suggerimento – ha detto Vitulli –perché questo rappresenta per noi Pasquale Soccio, per la serenità dei suoi giudizi, la rettitudine dei suoi criteri, il rigore del suo pensiero, la chiarezza del suo stile”.
Ha preso la parola il Presidente della Società di Storia Patria per la Puglia, Prof. Emerito Francesco Maria de Robertis, il quale ha voluto sottolineare che cosa abbia rappresentato Pasquale Soccio per la cultura pugliese e la preziosa collaborazione da Lui data alla Società nella qualità di Vice Presidente.
Il Prof. De Robertis si è poi compiaciuto con i rappresentati delle Sezioni Daune della Società, per la loro attività e le importanti iniziative attuate per la migliore conoscenza della storia della Capitanata.
A tutti ha risposto Pasquale Soccio il quale ha voluto sottolineare come, fra i numerosi riconoscimenti pubblici da lui ricevuti, quello odierno assume un particolare valore proprio per la presenza di tanti amici e collaboratori e di tutti coloro che egli ha voluto definire “la più valida pattuglia organizzata della cultura dauna” facente capo alla Società di Storia Patria. (…).

Antonio Vitulli

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