CAPUTI IAMBRENGHI FAMIGLIA

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CAPUTI IAMBRENGHI FAMIGLIA

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Tommaso Caputi fu il primo rappresentante della Famiglia Caputi ad assumere il doppio cognome Caputi Iambrenghi (l’uso del J: Jambrenghi è stato sostanzialmente soppresso dalle esigenze uniformatrici dei moderni uffici comunali di Stato civile e Anagrafe).
Domenico Antonio Iambrenghi, di antica famiglia di Minervino, sposo di Eugenia Caputi, non avendo figli ed essendo ultimo di sua casata, chiese alla Gran Corte Civile di Trani un provvedimento di adozione per il nipote acquisito Tommaso Caputi, figlio del fratello di sua moglie.
Con sentenza del 5 Gennaio 1821 ciò fu reso possibile e Tommaso Caputi aggiunse al suo il cognome Iambrenghi. A sua volta Tommaso Caputi Iambrenghi, morendo anch’egli senza figli nel 1883, lasciò erede universale il nipote Francesco con l’obbligo di usare e trasferire ai successori il doppio cognome Caputi Iambrenghi.
Da Francesco Caputi Iambrenghi, fondatore della tomba monumentale di famiglia nel cimitero di Ruvo di Puglia, sposato con Maria Rosa Chieco, nacquero quattro figli: Vincenzo, primogenito, che sposò Lucrezia Sylos Labini; Giuseppe (1881-1961), scapolo, Annina, nubile, e Salvatore che sposò Anna Sylos Labini (sorella della cognata Lucrezia). Tutta la famiglia è vissuta nel Palazzo Caputi di Ruvo di Puglia, imponente esempio di bugnato rustico a tre livelli, in stile dell’evo medio, la cui costruzione è terminata nel 1400 inoltrato.

Il ramo di Vincenzo (1874 – 1936)

I figli di Vincenzo e di Lucrezia Sylos Labini furono: Rosa (1912-1998), Francesco (1914-1981), Gennaro (1916-1974) e Marino (1919-2005). Tutti furono avviati agli studi; in particolare, agli studi liceali i tre maschi, nell’Abbazia di Montecassino per tre anni; poi Francesco a Bari nel nuovo Istituto dei Padri Gesuiti, il Di Cagno Abbrescia; Rosa agli studi liceali.
Rosa, di affascinante bellezza, con voce da soprano deliziosa, sposò il nobile Giuseppe De Ruggieri, Provveditore agli studi interregionale, dirigente esemplare per signorilità, grande preparazione e onestà. Sei i figli, degni degli amati genitori: Maria Teresa (1936), vedova Maffei, nota famiglia di Matera, dove vive con tre figli, Manuel, Giuseppe e Rosangela, tutti in varia misura coinvolti nella gestione di un’importante concessionaria di automobili nella città di Matera; Domenico (1938), che è mancato il 19 luglio 2021, vissuto prevalentemente a Taranto, già dirigente del Consorzio Stornara e Tara, con due figli l’ottimo medico nefrologo dott. Giuseppe De Ruggieri e Rosella, appassionata veterinaria; Pietro (1944), esperto chimico, a Bari, con la figlia Tiziana, psicologa strutturata nell’Università di Padova; Vita (1952), nell’amministrazione ASL a Milano, con la figlia Monia, dedita alla grande moda italiana; infine, Lucrezia (1947), purtroppo mancata a sessantaquattro anni; infine Enzo (1954), architetto di prim’ordine, che da un po’ di tempo insegna l’arte a Prato.
Francesco, tenendo molto alla sua istruzione, durante il liceo classico a Bari, prese a frequentare la scuola privata di latino e greco tenuta dal prof. Antonio Ragni che in casa sua, a Bitonto, radunava tre classi di giovani liceali provenienti da diversi paesi della Puglia. Dal suo sapiente insegnamento Francesco trasse cultura e sicurezza nella sua vita, durante gli anni felici che precedettero la seconda guerra, e la spinta verso la laurea in Giurisprudenza nell’Università degli Studi di Bari.
Rimasto orfano del padre, circa cinque anni dopo, avendo egli dato ogni sostegno anche affettivo ai fratelli Rosa, Gennaro e Marino –collaborando con la madre Lucrezia Sylos Labini nell’amministrazione della cospicua proprietà terriera (l’antica coltivazione dell’uva Prunesta sostituita da quella dell’uva Italia ha fruttato un premio particolare per il grappolo d’uva più grande e più perfetto in un concorso indetto dalla Gazzetta del Mezzogiorno)–, Francesco Caputi Iambrenghi convolò a felici nozze con Giovanna Ragni che aveva conosciuto proprio in occasione di quei corsi del di lei nonno, prof. Antonio, che anch’essa frequentava.
Gli sposi si trasferirono a Ruvo di Puglia nella casina Facciadio eretta del 1815 e dalle nozze nacque il 30 novembre 1941 Vincenzo (1941) che, come figlio unico, assai doveva soffrire per la perdita dell’amatissima madre, giudice laico del Tribunale dei minori di Bari, deceduta a 48 anni per un ictus cerebrale il 14 gennaio 1963.
Rimasto solo con l’amato padre, nel frattempo avviato a presidiare l’ufficio legale dell’INPS di Bari, Vincenzo intensificò gli studi e conseguì la laurea in Giurisprudenza con lode nello stesso 1963. Vive ormai da anni a Bari, dove ha ricoperto la cattedra di Diritto amministrativo nell’Università di Bari Aldo Moro dal 1966 al 2012. Professore emerito in Diritto amministrativo nel 2019, esercita la professione di avvocato presso le Magistrature superiori, nel suo studio legale di Bari ed in quello di Roma, nell’antica residenza della famiglia Ragni.
Giurista di fama, difensore delle libertà e dei più deboli contro le ingiustizie del potere, Vincenzo Caputi Iambrenghi ha tre cari figli, Francesco (1965), avvocato ormai noto ed esperto nella stessa disciplina, Giovanna (1966), laureata in Lingue, direttrice di struttura di una società scientifica di ingegneria dell’ambiente a Siviglia, Maria Teresa Paola (1968), professore titolare della cattedra di Diritto amministrativo e Public procurement nella sede di Taranto dell’Università di Bari. Ha anche una cara sorella consanguinea, Lucrezia, che vive in Lombardia.
Gennaro andò sposo, dopo gli studi di Montecassino e del liceo scientifico del corpo della Marina militare di Brindisi, alla nobile tranese Enza Di Scanno ed ebbe due figli, Antonio (1945) e Nicola (1946-1998). Particolarmente signorile nel tratto e nell’animo, è stato in guerra ma è prematuramente scomparso, poco prima della moglie, lasciando in vita il solo amatissimo Antonio, coadiutore nell’industria farmaceutica, che ora vive in provincia di Venezia.
Marino è vissuto a Terlizzi dopo il matrimonio con Giovanna Scagliola, di cospicua famiglia di olivicoltori, affettuoso e sapiente perno dell’intera famiglia; rimasto titolare, nella divisione ereditaria consensuale, della Masseria fortificata di Facciadio, è riuscito, da par suo, con la moglie e i figli Vincenzo (1947-2015), Onofrio (1952), Lucrezia (1954) e Grazia (1958) a ristrutturare con successo l’azienda agricola ivi impiantata. I figli sono stati avviati agli studi, Onofrio e Lucrezia di Medicina e Chirurgia, Vincenzo e Grazia a quelli liceali.
Onofrio Caputi Iambrenghi, notissimo professore universitario titolare, nel Policlinico di Bari della cattedra di Chirurgia endoscopica, vive con i suoi quattro figli, Francesco (1987), Andrea (1989), Giovanna (2002) e Nicolò (2018), nel più generoso e costante legale con il dovere sociale e scientifico del medico. Sempre disponibile per chiunque nel Policlinico, ricercatissimo e amato da tutti i pazienti per queste sue doti ineguagliabili. Lucrezia, con lui per tanti anni in sala operatoria, sposata con il dott. Ricci, anch’egli medico, dell’Università Cattolica, ha due bellissimi figli, Marianna e Francesco.
Grazia, moglie dell’ottimo arch. Blasi, vive a Terlizzi con i suoi cari figli, universitari come i primi due, Roberto e Lorenzo.
Vincenzo ha avuto due figli molto laboriosi, Marino (1977), avviato nella Regione Puglia alla dirigenza del settore agricoltura, e Sabino (1981) sempre al lavoro nell’azienda agricola. Con la moglie Franca è vissuto prevalentemente a Facciadio, centro della fiorente azienda agricola da lui condotta, ivi avviando anche una sala per cerimonie che i figli portano avanti. Purtroppo è mancato d’improvviso nel 2015, lasciando in eredità la sua dolcezza, le poesie e la semplicità del suo animo elevato.

Masseria fortificata, Casina Caputi Iambrenghi del 1815 – Ruvo di Puglia, località Facciadio

Il Ramo di Salvatore (1887-1958)

Da Salvatore Caputi Iambrenghi (e non Sylos Labini, come nel refuso di stampa di Puglia d’Oro a p. 49) e Anna Sylos Labini si sviluppa il ramo che nel corso del XX secolo vede stabilizzarsi lo spostamento della residenza della famiglia nel capoluogo di Regione.
Salvatore infatti, compiuti gli studi in giurisprudenza nel 1915 a Bologna, convola a nozze con Anna e si stabilisce, perlomeno durante i mesi invernali, sin da subito a Bari, conservando comunque e sviluppando ulteriormente l’azienda agricola a Ruvo.
Dalla coppia nascono sei figli: Rosemarie, che sposerà il Dott. Giovanni Ferrara per la nascita di Paolo, Franz (1918-1996) e Gualtiero, Paola che sposerà il Dott. Giovanni Ciacci, Lidia (1923-1931) e Giosè.
La famiglia si stabilisce nel palazzo in via Davanzati in angolo con Corso Cavour e prosegue, anche se su più piani e in diversi appartamenti, una conduzione unitaria e comune della quotidianità e dei diversi interessi esistenti, sotto la guida patriarcale di Salvatore. A tutt’oggi, i tre piani di questo palazzo, continuano a costituire la residenza della progenie di Salvatore.

Residenza Caputi Iambrenghi del ramo di Salvatore – Bari

Qui si formano agli studi Franz e Gualtiero, dapprima presso l’Istituto Di Cagno Abbrescia e quindi con lauree in Scienze Politiche per Franz e in Agraria per Gualtiero. Privatamente educate le figlie femmine e Giosè, convivono in famiglia, in questi decenni felici, anche con i vecchi zii Annina e Peppino, personalità opposte e singolari. Annina, assai colta e religiosissima, dedica la sua vita al sociale, impiegando e distribuendo il suo patrimonio tra le persone bisognose; a lei si deve, tra l’altro, la donazione al Comune di Ruvo dell’immobile che costituirà la prima sede del locale Liceo Scientifico; morirà in totale povertà. Peppino, scapolo, simpatico, eclettico ed imprevedibile convivrà per tutta la vita con la sorella tra memorabili contrasti e visioni opposte dell’essere.
I tre figli maschi di Salvatore si dedicano con impegno e continuità alla conduzione dell’estesa azienda che si sviluppa sia nel settore agricolo che zootecnico con le masserie di Ruvo e Minervino.
Nel 1948 Franz convola a nozze con Liliana Cinti, bellissima fanciulla nata a Gradisca d’Isonzo in Friuli, ma approdata a Molfetta quale esule dai territori contesi nel periodo postbellico. Liliana, con il suo spirito brillante, porta nuova linfa e freschezza in una famiglia assai sobria e riservata. Da questa unione nasceranno Annalidia (1948-), Salvatore (1951-) ed Elvira (1961-).
Annalidia intraprende con grande impegno gli studi giuridici che la portano, dopo i concorsi pubblici, a svolgere l’attività di Avvocato dello Stato in diverse sedi; dapprima Lecce, Savona, Ascoli, Bari e quindi Roma, dove tuttora risiede, presso l’avvocatura generale. Contrae matrimonio con il Dott. Giacomo Sbisà e da lei nascono Elio e Paola.
Salvatore, intraprende studi scientifici e si laurea brillantemente in ingegneria. Svolge tuttora attività libero professionale nel campo dell’edilizia pubblica e privata, primeggiando nello specifico settore del recupero edilizio e monumentale. Sposa nel 1983 Mara Trione, creativa titolare di un’affermata pellicceria e atelier della città. Da questa unione nascono Francesco Giuseppe e Pierpaolo.
Elvira, l’artista di famiglia, si specializza nel restauro svolgendo presso Soprintendenze e committenti privati numerosi interventi su importanti tele, affreschi, altari e manufatti lignei, sia in ambito regionale che a Roma ove risiede per diversi anni. Sposa il regista Carmine Fornari dal quale nascono Giovanni e Franz; in seconde nozze l’ing. Gino Barsanti col quale risiede attualmente a Bari.
Gualtiero sposa nel 1957 la signora Rosa La Monica di Corato; dall’unione nascono Salvatore e Anna Maria. Gualtiero sviluppa anche il ramo zootecnico dell’azienda con la conduzione delle masserie sulle Murge. Salvatore continua tuttora l’attività paterna con grande impegno dovuto all’accrescersi dell’azienda per le proprietà derivanti dalla dotazione materna nella vicina Corato, ove attualmente risiede.
Anna Maria, dopo gli studi classici si laurea brillantemente in Scienze Agrarie e intraprende la carriera universitaria. Attualmente è ricercatore confermato presso l’Università degli studi di Bari e ha un unico figlio Luigi Caputi Iambrenghi.
Giosè, colpito da una malattia infantile, fu per tutta la sua vita oggetto delle attenzioni dell’intera famiglia; sposò in prime nozze Bianca Dentice di Accadia; rimasto vedovo, in seconde nozze la Signora Maria Gentile di Acquaviva. Si occupò anch’egli in vita di parte dell’azienda agricola in Ruvo.

Vincenzo Caputi Iambreghi – Salvatore Caputi Iambrenghi

Stemma di Vincenzo Caputi, Vescovo di Sansevero e Andria – 1613
Si trova nella corte cinquecentesca che adorna Palazzo Caputi a Ruvo di Puglia

Aggiornamento della scheda “Famiglia CAPUTI JAMBRENGHI” di “Puglia d’Oro” di Renato Angiolillo Vol. I 1°ed. 1936, Laterza & Polo pag. 32 e della ristampa dei tre volumi curata dalla Fondazione Carlo Valente onlus, edizione Giuseppe Laterza, Prima edizione Marzo 2008, Prima Ristampa Novembre 2018, pag. 48. (Vedi volume storico)

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