D’ATTOMA FRANCO

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D’ATTOMA FRANCO

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Imprenditore, dirigente sportivo e presidente del Perugia dei miracoli che rimase imbattuto nella stagione 1978-79.

Nacque in Puglia da una famiglia benestante che esportava prodotti agricoli negli Stati Uniti. Frequentò un liceo pugliese e partì per l’Umbria conseguendo una laurea in Agraria all’Università degli studi di Perugia.
Innamorato della città capoluogo di regione si sposò con la signora Leyla Servadio, ed assieme al fratello di lei Leonardo, entrò nella direzione della storica industria d’abbigliamento Ellesse, rinomata universalmente che arrivò ad annoverare 1350 dipendenti, fino alla vendita nel 1993 ad una società inglese.
Lasciato il ruolo effettivo di management nell’azienda tessile D’Attoma entra nella gestione sportiva del Perugia, su sollecitazione di alcuni consiglieri comunali, preoccupati per le difficoltà finanziarie della squadra calcistica. Il D’Attola convinse anche Spartaco Ghini, brillante industriale metallurgico ad entrare nella compagine calcistica ed insieme nel 1974 misero le basi di una esperienza unica nel mondo calcistico italiano. Dopo la prima promozione assoluta del club in Serie A, nel maggio 1975, che portò la costruzione del nuovo stadio intitolato Renato Curi, che fu sede di una stagione d’oro del Perugia dei miracoli, in cui una squadra composta da non solo giocatori ma soprattutto da un attento management era riuscita a competere con le squadre storiche e famose d’Italia.

Sarà ricordato a Perugia come Il presidentissimo principalmente per alcune innovative iniziative assunte nella gestione tecnico-economica del club, quale l’introduzione di sponsorizzazioni sulle maglie, allora vietate dalla FIGC e l’acquisto in prestito di atleti quale Paolo Rossi dal L.R. Vicenza appena retrocesso. Il Perugia riuscì a superare i grandi club metropolitani come Juventus, Milan ed Inter, concludendo con il Vicenza l’accordo per un prestito per una stagione, alla cifra record di 500 milioni.
Memoribile per il Perugia fu la stagione 1978-79, quando concluse il campionato alle spalle del Milan campione d’Italia, con la prerogativa di non aver mai perduto una partita, prima squadra italiana a riuscire in questa inbattibilità per essendo squadra cosiddetta “provinciale”.
Morì nel 1991 a causa di un male incurabile, dopo aver sempre aiutato le varie associazioni a sostegno della ricerca sul cancro.
Nel mese di settembre 2007, il Comune di Perugia ha intitolato a Franco D’Attoma il viale dello Stadio Curi che porta l’ingresso alla Curva Nord, quella dei tifosi di casa.

Da “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” dell’11 dicembre 2020

Quando il conversanese D’Attoma lo portò dal Vicenza al Perugia

BARI. L’intreccia con la Puglia, con l’intraprendenza di un imprenditore di Conversano, Franco D’Attoma (Conversano 1923-Perugia 1991), storico patròn del Perugia, e un giovane giornalista e autore televisivo, il quarantenne Tommaso Martinelli di Mola di Bari, la storia di Paolo Rossi, il «Pablito» nazionale scomparso ieri notte. D’Attoma è l’imprenditore di Conversano che dopo essersi occupato di agro-alimentare nella sua città, nel 1958 si trasferì a Perugia dove fondò insieme a suo cognato Leonardo Servadio la «Ellesse», storico marchio di abbigliamento sportivo, e che nel 1979 dopo essere stato chiamato a salvare il club umbro, a capo di una cordata di imprenditori riuscì ad assicurarsi le prestazioni di Rossi, messosi in luce nel Lanerossi Vicenza, retrocesso in B.
Grazie ad una strategia (il coinvolgimento di sponsor privati) che avrebbe cambiato per sempre le regole del calcio, con un prestito di 1 miliardo di lire e le comproprietà del portiere Cacciatori e del centrocampista Redeghieri, strappò le prestazioni del centravanti a Napoli, Lazio, Roma e Bologna. «Don Franco era un imprenditore intraprendente – così lo ricorda l’avvocato Giuseppe Lovecchio, storico collaboratore di D’Attoma -, un visionario. Dopo il trasferimento a Perugia, fondò la Ellesse, marchio italiano che entrò in competizione con i colossi mondiali del settore, rilanciò poi la squadra di calcio e fu eletto successivamente alla presidenza della Cassa di Risparmio dell’Umbria e di Confidustria. Era entusiasta dell’esperienza al Perugia e dell’operazione Rossi. Non mancava di invitarmi alle partite e ad eventi importanti. L’ultima volta fu allo stadio Olimpico di Roma per Italia-Argentina, anni Ottanta».
Il rapporto tra Paolo Rossi e «don Franco» fu simile a quello di «un padre con il proprio figlio», confidò l’ex presidente al cronista nel 1983, confermando che quella operazione di mercato gli regalò in realtà «tanta notorietà». L’arrivo dell’attaccante in Umbria fece sognare ad occhi aperti una città. «Le imprese sportive sono state il filo conduttore della sua tranquilla quotidianità – sottolinea Tommaso Martinelli, suo addetto stampa, giornalista e autore televisivo (dal 21 dicembre, su Rai Play andrà in onda la docu-serie «Allevi in the jungle», col maestro Giovanni Allevi che si misura con gli artisti di strada) vissuta non da star ma da persona sempre disponibile».
Il primo incontro tra Martinelli e Rossi risale a 3 anni fa al Festival del Cinema di Maratea (Potenza). «Da anni faccio parte dello staff della rassegna – racconta – che in quella edizione presentava e premiava il documentario “Paolo Rossi, a champion is a dreamer who never gives up” (Paolo Rossi, un campione, un sognatore che non si arrende mai). Nacque una collaborazione che proseguì con la partecipazione al Mercato internazionale audiovisivo di Roma, con diverse presentazioni del libro “Quanto dura un attimo” scritto per Mondadori con la sua adorata Federica e la partecipazione a diverse trasmissioni televisive .. L’ultima volta ho sentito Federica 8 giorni fa e Paolo era con lei, prima del messaggio, che non avrei mai voluto ricevere».
Antonio Galizia

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