AMPRINO RODOLFO

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AMPRINO RODOLFO

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Torino 5 gennaio 1912 – 12 maggio 2007

Medico, scienziato e docente italiano. Svolse originali ricerche sull’accrescimento e sulla senescenza di tessuti e di organi, Rodolfo Amprino fu pugliese soltanto d’adozione, ma nelle terre del Tavoliere trascorse gran parte della sua vita e raggiunse i più alti meriti della sua felice parabola scientifica.

Nasceva all’ombra della Mole Antonelliana torinese il 5 gennaio del 1912. Nella città Sabauda mosse soltanto i primi passi della sua formazione professionale nel campo dell’Anatomia, dove seguì gli insegnamenti del grande maestro Giuseppe Levi ed ebbe modo di collaborare con le più grandi menti del Novecento medico italiano. Negli anni universitari, infatti, conobbe non solo la severa e paterna figura di Levi – il cui ritratto, da un punto di vista più intimo e meno scientifico, è fornito da sua figlia Natalia Ginzburg nel celebre Lessico famigliare – ma anche quei medici che, sempre a partire dalla scuola torinese, hanno lasciato impresso il loro nome nella storia della medicina attraverso la conquista del Premio Nobel: Salvador Luria (1969), Renato Dulbecco (1975) e Rita Levi Montalcini (1986).
Per tal merito, Giuseppe Levi può essere considerato a tutti gli effetti “il maestro dei Nobel”, come ha recentemente scritto di lui Domenico Ribatti. Al di là della presenza di Levi, Torino aveva già guadagnato precedentemente grande fama in campo medico-scientifico su tutto il panorama nazionale. Gran parte dell’attenzione del grande pubblico sul capoluogo piemontese era stata posta in luce dagli studi di medicina legale di Cesare Lombroso, che insegnò nella città della Mole già dal 1875. Ma fu a Luigi Ronaldo, medico personale di Vittorio Emanuele I – nel torno degli stessi anni – che si deve la genesi di una vivace attività di studio istologico ed anatomico in grado di distinguere particolarmente il polo universitario riguardo tali discipline. Tale successo fu reso possibile dai suoi pioneristici studi nel campo dell’anatomia del sistema nervoso. Benché ricercatore in altri microsettori (biologia cellulare e neurobiologia), fu a partire da questa consolidata tradizione che Levi avviò quella che può essere ritenuta la sua scuola, la cui origine va intercettata negli anni compresi tra i due conflitti mondiali.
Di origine ebraica, Levi divenne da subito antifascista, e fu tra i pochi coraggiosi docenti universitari che ebbero l’ardire di firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Per questo e altri motivi, fu in seguito allontanato dalla docenza. Chi ne fece le spese furono i suoi numerosi allievi. Tra questi vi era, nel trambusto generale di quello spicchio storico, Rodolfo Amprino. Levi riteneva Amprino il suo “figliuolo spirituale”, tanto accademicamente quanto per affetti personali. È quanto riferisce Gino Martinoli Levi in una lettera ad Amprino dell’8 febbraio del 1965, conservata presso l’archivio storico dell’Università di Torino.
La parabola scientifica di Amprino aveva inizio nell’autunno del 1929 dopo che si era iscritto alla Facoltà di Medicina a soli 17 anni. Sin dal primo momento, Amprino dimostrò una certa predisposizione alla ricerca. Ancor prima di conseguire il suo titolo di laurea, che fu raggiunta nel 1934, aveva già pubblicato ben 20 lavori scientifici.
Nel 1934 aveva ancora 22 anni, motivo per cui la conquista del titolo può ritenersi – nonostante la differenza con il contesto odierno – di rara rapidità. In questi anni fu in stretto contatto con il collega Angelo Bairati, il quale lo avrebbe preceduto sulla Cattedra di Anatomia di Bari, nel 1950. Dal loro rapporto amicale nacquero anche originali e interessanti studi, coordinati sotto la supervisione del comune maestro e relativi alle trasformazioni cartilaginee in conseguenza all’invecchiamento. Tra il 1933 e il 1936 diedero alle stampe insieme ben 10 pubblicazioni scientifiche inerenti il tema. In virtù dei suoi primi successi, fu concessa ad Amprino la possibilità di perfezionarsi all’estero, in centri di ricerca d’avanguardia. Nel biennio 1938-1939 giunse per nave a Chicago, presso il Dipartimento di Zoologia e la supervisione del professor Paul Alfred Weiss. In seguito, avrebbe perfezionato ancor di più la sua ricerca in giro per l’Europa: prima a Strasburgo e poi a Stoccolma, portando, tra l’altro, le sue idee e i suoi studi all’attenzione della comunità accademica attraverso numerose registrazioni presso convegni nazionali e internazionali.
La ricerca di Amprino, tuttavia, non fu sempre condotta con continuità; i tormenti della Guerra ebbero influssi negativi anche sulla sua ricerca. Questi anni, però, servirono a rafforzare l’amicizia con Rita Levi Montalcini, con cui a partire dal 1940 condusse una ricerca in campo neuroembriologico di tipo sperimentale. Nonostante gli anni difficili, la Levi Montalcini, nel suo Elogio dell’imperfezione, ebbe a sottolineare di come Amprino fu il suo migliore amico, nonché valido collega. Seppur costretti alla distanza, nel tempo, l’amicizia irrobustita tra le macerie di un Paese sempre più coinvolto nel conflitto rimase indissolubile per tutta la loro parabola scientifica ed umana. In questo periodo, Amprino fu anche costretto ad un periodo di clandestinità, in quanto vicino alle tendenze politiche del Partito d’Azione, viste di cattivo occhio dal regime fascista. Acuita, da quel momento, la propria coscienza politica, egli prese parte alla Resistenza e alla lotta partigiana. Si occupò, prevalentemente, di scegliere nascondigli adeguati. Finita la guerra poté tornare alla sua ricerca, che dapprima fu completata ancora a Torino, dove finalmente al professor Levi, scacciato in seguito alle leggi razziali del 1938, fu concesso di fare ritorno e seguire gli sviluppi scientifici dei suoi allievi.
Intanto, con l’arrivo di Bairati, anche Bari veniva investita dal vento della novità nel campo dell’anatomia. Bairati tenne la cattedra fino al 1954, anno in cui a succedergli fu proprio Rodolfo Amprino. Venne nominato docente straordinario a novembre – per perseguire l’ordinariato, come da consuetudine del tempo, entro i tre anni. La sua esperienza barese durò 33 anni, fino al pensionamento nel 1987. Nel capoluogo pugliese Amprino fu da subito determinato ad avviare una sua scuola anatomica, a instaurare una nuova tradizione. Tale tradizione, attraverso quelli che sono stati i suoi allievi, può dirsi ancora viva oggi. Quando giunse a Bari, le sue lezioni si tennero ancora nei locali dell’attuale Ateneo, ma presto, sulla sua spinta, fu inaugurato un Istituto di Anatomia all’interno del Policlinico. L’Istituto, ancora oggi in perfetta funzione, porta ora il suo nome. Aveva dunque a disposizione un Istituto nuovo, dagli spazi ampi e dislocati su due piani, un luogo molto più appropriato alla ricerca del precedente. Nonostante lo spaesamento iniziale dovuto al trasferimento in una realtà differente del Paese, in quel Meridione che ancora non riusciva a tenere il passo del rampante settentrione, Amprino diede avvio con successo alla sua carriera scientifica barese. Per ammodernare il suo Istituto e lasciar progredire la ricerca, c’era bisogno di denaro. Fu così che già dal 1956 si interessò particolarmente ad intercettare finanziamenti dal C. N. R., da cui acquistò attrezzature d’avanguardia. Bari, per suo merito, divenne un polo d’attrazione anche per ricercatori stranieri come l’americano Francis Gaynor Evans, in visita per i suoi studi relativi all’apparato muscolo-scheletrico.
Gli anni baresi non fecero altro che intensificare la fama di Rodolfo Amprino in campo scientifico. Raggiunse ottimi risultati tramite le sue ricerche nel campo dell’embriologia sperimentale e nella ricerca sui tessuti calcificati. Accanto all’attività di ricerca, vi era, non secondaria, l’attività di insegnamento: per lui condotta con vera e propria passione. Per il rigore con cui conduceva le sue lezioni, da cui non erano escluse anche divagazioni etiche, si guadagnò la fama di “kantiano”. Tra ricerca e insegnamento, era solito passare intere giornate nei locali dell’Istituto; il più delle volte, era il primo a giungervi al mattino e l’ultimo ad abbandonarli alla sera. I suoi ritmi di lavoro erano serrati, e alle sue velocità erano tenuti ad adeguarsi i numerosi collaboratori che prendevano parte ai suoi studi. Molti dei suoi collaboratori, tra cui Maria Eugenia Camosso, vennero coinvolti in ricerche riguardanti l’abbozzo degli arti negli embrioni di pollo. Amprino e Camosso giunsero a delle nuove e originali conclusioni su tale filone di studi, che vennero prontamente riconosciuti per il loro valore in ambito internazionale da studiosi del calibro di Bell, Koecke e Fessenden.
Entusiasta delle sue ricerche, pian piano trasformò l’istituto barese in un ambizioso centro di ricerca anatomica e istologica. Furono molti e prestigiosi gli allievi che crebbero sotto la sua guida, tra cui Gastone Marotti, Glauco Ambrosi, Domenico Ribatti, Luisa Roncali, Alberta Zallone, Enrico Lozupone, Michele Mitolo, Giuseppe Giorgio, Giacomo Manfredi, Damiano Colazzo, Lucia Baldi, per citare alcuni dei nomi di medici e anatomisti che si seppero mettere in rilievo nel tempo o la cui attività scientifica è ancora oggi attiva sulle orme del maestro. Si può sostenere che Amprino fu così in grado di creare una vera e propria “scuola” impostata a partire dalle sue ricerche e circumnavigante attorno alla sua seria personalità. Orgogliosamente, finché non si spense nel 1965, tenne sempre aggiornato il suo maestro Giuseppe Levi, con una fitta corrispondenza che andava e tornava a reciproci indirizzi da Bari a Torino. Proprio da alcune lettere scambiate con Levi, si evinceva che le sue ricerche non si fermavano ai campi già descritti, ma che osavano spaziare in ogni ambito anatomico. Ad esempio, con due diverse sue allieve, tra le varie questioni che seppe affrontare, si occupò sia del comportamento del ganglio ciliare in conseguenza dell’estirpazione parziale o totale dell’abbozzo dell’occhio, sia della capacità di regolazione e di rigenerazione del mesenchima e poi della precartilagine destinata a formare l’abbozzo dell’ulna.
Il tempo, le ambizioni accademiche, i guadagni umani e scientifici del suo istituto, man mano lo resero meno nostalgico della sua Torino, tanto da rendere il rapporto con la Puglia, e con Bari nello specifico, privilegiato nella sua esistenza. Aveva reso, con il suo lavoro, quello che al suo arrivo risultava essere un polo minore, un centro di ricerca avanguardistico e moderno. La stessa incidenza aveva sugli allievi, che restavano stregati e rapiti dalle sue “teatrali” lezioni. Nonostante il lungo e faticoso corso di Anatomia, e i numerosi precetti sparsi nelle sue lezioni, a detta di molti suoi allievi il vero e proprio momento didattico giungeva con la prova d’esame. Di solito, non durava meno di un’ora, ed era caratterizzato da un esercizio di riflessione irripetibile, che coinvolgeva maestro e allievo in un confronto serio e faticoso. Aveva grande stima della materia da lui insegnata, l’Anatomia. Era essa stessa a pretendere una preparazione approfondita: nella sua idea vi era una strettissima connessione tra il significato fisiologico dell’anatomia umana e le relative funzioni degli organi del corpo, ragion per cui il suo insegnamento era ritenuto propedeutico e necessario ad ogni futura specializzazione.
Di fronte a lui, ad un certo punto, si paventarono anche le possibilità di fare ritorno a Torino o di migrare verso Napoli; non le prese in considerazione. A Torino avrebbe fatto ritorno soltanto dopo il suo pensionamento. Dagli anni Settanta incrementò la sua attività di ricerca, e avanzò degli studi sperimentali con sua moglie, Delfina Amprino Bonetti. Nell’arco della sua carriera aveva guadagnato non pochi attestati di stima e riconoscimenti; nel 1954 ricevette, a nome dell’Accademia dei Lincei, il premio Einaudi per la classe di “Scienze fisiche, matematiche e naturali”; nel 1973 fu nominato a sua volta socio dell’Accademia dei Lincei; la Facoltà di Medicina di Montpellier gli riservo il riconoscimento di una laurea honoris causa; ultimo, ma solo cronologicamente, nel 2005 la Repubblica italiana gli ha riconosciuto il titolo di Cavaliere della Gran Croce della Repubblica Italiana.
Senza dubbio il destino dell’Istituto barese di Anatomia non sarebbe stato lo stesso senza la forte presenza del professor Rodolfo Amprino. Seppe dare un indirizzo innovativo ed una spinta alla ricerca di inimitabile portata. Per più di trent’anni crebbe attorno a lui una schiera di validi studiosi e fece prosperare imprescindibili ricerche microsettoriali nel campo dell’Anatomia e dell’Istologia. La sua carriera si concluse soltanto nel 1987, lasciando però un legame sempre aperto con Bari e con la Puglia dove si era distinto. Dal 1973 socio nazionale dei Lincei, nel 2005 è stato insignito dell’onorificenza di cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana.
Morì nella sua Torino il 12 maggio del 2007. Alla sua morte fu commemorato dall’amica e collega Rita Levi Montalcini, con commozione e sentito riconoscimento verso la sua opera di grande scienziato e maestro.

Fabio Lusito

Bibliografia:

  • D. AMPRINO BONETTI, Un ritratto di Giuseppe Levi dalle lettere scritte a Rodolfo Amprino, in Medicina nei secoli, Vol. 30, No 1, 2018.
  • A. BARASA, Rodolfo Amprino e Giovanni Godina: due allievi della scuola torinese di Giuseppe Levi, in Medicina nei secoli, Vol. 30, No 1, 2018.
  • F. P. de Ceglia, D. Ribatti (a cura di), Rodolfo Amprino e l’insegnamento della Anatomia nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari, Giuseppe Laterza, Bari 2019.
  • F. Lusito. Dagli insegnamenti di Giuseppe Levi all’eredità di Rodolfo Amprino, in F. P. de Ceglia, D. Ribatti (a cura di), Op. Cit., 2019.
  • D. RIBATTI, Il maestro dei Nobel. Giuseppe Levi, anatomista e istologo, Carocci, Roma 2018.

Altri contenuti:

  • https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/06/13/cosi-amprino-stroncava-raccomandati.html
  • http://www1.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200804articoli/31902girata.asp
  • https://studylibit.com/doc/941439/il-%E2%80%9Cmitico%E2%80%9D-prof.-rodolfo-amprino
  • https://www.omceo.bari.it/articoli/allegato/5564-9.pdf
  • https://www.accademiadellescienze.it/media/458

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