CARBONE FERDINANDO

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CARBONE FERDINANDO

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Mola di Bari 5 aprile 1900 –  Roma 11 settembre  1990

Presidente della Corte dei Conti

Nacque a Mola di Bari il 5 aprile 1900 da Paolo e Luisa De Camelis. Quinto di otto figli, dopo gli studi classici si iscrisse alla Facoltà di giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma, dove si laureò nel 1921 sotto la guida di Vittorio Emanuele Orlando.
Era entrato nell’amministrazione dell’Interno, come vice segretario nella pubblica sicurezza, già nel dicembre 1918, per poi passare, dal 1920 al 1922, all’amministrazione delle Finanze come volontario ed agente delle imposte presso la Divisione I delle imposte dirette.
Subito dopo entrò in magistratura: inizialmente assegnato al Tribunale di Roma, fu poi trasferito, nella stessa città, alla Pretura del 6° mandamento. Nel settembre del 1923 fu invece nominato vice pretore a Bari, dove, nell’agosto del 1924, fu assegnato al 2° mandamento. Il successivo anno, nominato giudice aggiunto, fu a Genzano di Potenza e poi a Nardò, in provincia di Lecce.

Intanto, il 30 gennaio 1924 C. aveva sposato Eloisa Quarto di Palo, appartenente ad una nobile e agiata famiglia barese. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Paolo, Domenico, Luisa e Maria.

Nominato sostituto avvocato erariale di 2° classe, C. cessò di far parte dell’ordine giudiziario a partire dal 1° febbraio 1926 e fu destinato a svolgere i compiti di vice presidente della commissione mandamentale delle imposte dirette di Bari, dove rimase per tutto il successivo decennio. Dal 1° luglio 1937 fu invece trasferito a Roma, ali’Avvocatura generale dello Stato, ottenendo dapprima, nel 1938, la promozione a sostituto avvocato dello Stato di 1° classe e poi, nel giugno del 1941, quella a vice avvocato dello Stato.
Tra gli incarichi da lui svolti nel periodo immediatamente successivo, si ricorda quello di commissario presso l’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo, dal settembre 1944 all’ottobre 1945. Un incarico che lo riguardò anche quando, nominato consigliere di Stato nel giugno 1945, nel dicembre successivo entrò a far parte della Sezione speciale del Consiglio di Stato per l’esame, in grado di appello, dei provvedimenti di epurazione a carico dei dipendenti statali.

C. rimase al Consiglio di Stato fino all’estate del 1947 quando fu nominato capo gabinetto prima del ministro delle Finanze Pietro Campilli e poi del ministro del Bilancio e vice Presidente del Consiglio Luigi Einaudi. L’incontro con Einaudi fu senz’altro decisivo per la sua carriera.
C. fu al suo fianco sin dalle prime fasi di preparazione dello schema del disegno di legge istitutivo del Ministero del bilancio, sulla base di una serie di indicazioni maturate nei colloqui avuti da Einaudi con De Gasperi e che poi contribuirono a fare di quel Ministero una sorta di supervisore con il potere di filtrare i provvedimenti provenienti dagli altri ministeri: in pratica, come è stato evidenziato, «tutta l’attività legislativa passava sul tavolo di ministro». Nel suo nuovo ruolo C. ricoprì diversi incarichi: nell’ottobre del 1947 fu membro della commissione per l’accertamento della proprietà immobiliare dello Stato presso il Ministero delle finanze; nel novembre 1947 fu chiamato a presiedere una sezione del collegio peritale per la decisione delle controversie relative alla valutazione dei titoli azionari non quotati in borsa presso il Ministero delle finanze. Più tardi fu anche commissario per l’avocazione dei profitti di regime, commissario per la liquidazione dei beni fascisti, commissario dell’Enpas.

Con l’elezione di Einaudi alla Presidenza della Repubblica, nel 1948, C. fu chiamato al Quirinale come segretario generale. Il lavoro svolto da C. nelle sue nuove funzioni contribuì a migliorare l’efficienza e la razionalità degli uffici del segretariato: si posero, in questo periodo, le basi della struttura amministrativa del segretariato che, nella ridefinizione dei suoi nuovi criteri di funzionamento, doveva far fronte ai complessi problemi di riduzione del personale derivanti dall’eredità del Ministero della Real casa. A tal fine C. fu impegnato nell’istituzione di un ufficio legislativo con il compito di esaminare i disegni di legge di iniziativa governativa la cui presentazione alle Camere doveva essere, in base all’art. 87 della Costituzione, autorizzata dal presidente della Repubblica. L’ufficio, come è stato precisato, «doveva inoltre richiamare l’attenzione del capo dello Stato quando si manifestava l’opportunità che egli formulasse al governo delle osservazioni oppure quando, trattandosi di leggi di iniziativa parlamentare, si rendeva opportuno l’esercizio del suo diritto di messaggio alle camere per chiedere una nuova deliberazi one»47 • Legati al complesso lavoro di razionalizzazione degli uffici del Quirinale operato da C. sono per altro due importanti decreti presidenziali del 30 maggio 1953 (il n. 99 ed il n. 100) che prolungarono da sessantacinque a settant’anni i limiti di età sia degli impiegati che dei salariati dipendenti dal segretariato generale della Presidenza della Repubblica.
C. rimase al Quirinale fino agli inizi del 1954: il 22 marzo di quell’anno fu infatti chiamato a presiedere la Corte dei conti. Pochi giorni dopo, il 31 marzo, Einaudi, indirizzò a C. una lettera di saluto definendolo «uno di quei servitori dello Stato, di cui ogni paese ed il nostro in ispecie, ha bisogno e dei quali, quando avventuratamente si trovano nel loro giusto luogo, deve avere l’orgoglio».
C. rimase alla Corte dei conti per oltre sedici anni, ispirando la sua presidenza a criteri di grande modernità e soprattutto di equilibrio, sia nei rapporti verso le altre istituzioni dello Stato sia sul versante interno della Corte, avvalendosi di numerosi giovani referendari (tra gli altri Carlo Anelli, Piero Bellini, Giuseppe Borzellino, Girolamo Caianiello, Antonino De Stefano, Francesco Garri, Vittorio Guccione, Onorato Sepe, Filiberto Toro) che andarono a costituire il nucleo originario dei successivi uffici del massimario e delle relazioni al Parlamento.

Due erano i pilastri su cui, a giudizio di C., doveva poggiare l’azione amministrativa: da una parte, i funzionari dovevano essere pronti ad assumersi competenze e responsabilità chiaramente separate e distinte da quelle dell’organo politico; dall’altra, l’intervento di quest’ultimo non avrebbe mai dovuto sfociare nella sovrapposizione, nell’interferenza, nell’arbitrio. In vista dell’istituzione delle regioni a statuto ordinario C. fu anche chiamato a presiedere, verso la metà degli anni Sessanta, un comitato incaricato di accertare gli oneri che questo provvedimento avrebbe comportato per la finanza pubblica.

Collocato a riposo per raggiunti limiti di età il 6 aprile 1970, nel 1978 fece parte della commissione sullo scandalo Lockeed. Il suo ultimo incarico, che lo vide impegnato per circa tredici anni, fu la presidenza del collegio dei revisori dell’Enel.

Nel corso della sua carriera C. fu insignito di numerosi titoli onorifici: nel dicembre del 1952 ottenne l’onorificenza di cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e nell’agosto del 1985 gli fu conferita dal presidente della Repubblica Cossiga la medaglia d’oro come benemerito della finanza pubblica.

Morì a Roma 1’11 settembre 1990.

Fonti e bibliografia

Per la bibliografia degli scritti si rinvia a quella contenuta nella voce Ferdinando Carbone curata da Giovanni Zanfarino, in // Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Le biografie dei magistrati, 1861-1948, a cura di G. Melis, Milano, Giuffrè, 2006.

ACS, Ministero di grazia e giustizia, Ufficio superiore personale e affari generali {1860-1949), Ufficio secondo, Magistrati, Fascicoli personali, Il versamento, b. 1178, n. 46897; Consiglio di Stato, Fascicoli personali, fase. 788; Archivio storico della Presidenza della Repubblica, Fascicoli personali, fase. 1/482; Corte dei conti, Fascicoli personali, fase. 61/m.

L. Calabrese, Ferdinando Carbone, in “Corriere del Giorno”, 5 agosto 1948; L. Einaudi, Lo scrittoio del presidente (1948-1955), Torino, Einaudi, 1956; Studi in onore di Ferdinando Carbone nel cinquantunesimo anno di servizio allo Stato, sotto gli auspici delle associazioni magistrati della Corte di conti, Milano, Giuffrè, 1970; M. Mureddu, Il Quirinale dei presidenti, Milano, Feltrinelli, 1982; R. Faucci, Luigi Einaudi, Torino, Utet, 1986; L’attività degli uffici nel settennato Einaudi {1948-1955), a cura di E. Providenti, Roma, Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, 1992; L. Einaudi, Diario 1945-1947, a cura di P. Soddu, Bari­ Roma, Laterza, 1993; G. De Rosa, La nomina di Sturzo a senatore a vita in una lettera di Francesco Cossiga, in “Nuova Antologia”, 1995, 2194, pp. 62-75; G. Limiti, // presidente professore: Luigi Einaudi al Quirinale, Milano-Trento, Luni, 2001; Presidenti. Storia e costumi della Repubblica nell’Italia democratica, a cura di M. Ridolfi, Roma, Viella, 2014; G. Zanfarino, Carbone Ferdinando, in // Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Le biografie dei magistrati, 1861-1948, a cura di G. Melis, Milano, Giuffrè, 2006, ad vocem; L. Marsili, Ferdinando Carbone, in Archivio centrale dello Stato, Biblioteca della Corte dei Conti “Antonino De Stefano”, 1862-2012. Per i 150 anni della Corte dei Conti, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, Archivio centrale dello Stato, 2013, pp. 127-130; la biografia è seguita dal testo del suo discorso di insediamento come presidente (pp. 131-143).

Leonardo Pompeo D’Alessandro

www.eticapa.it

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