LEONE DE CASTRIS SALVATORE

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LEONE DE CASTRIS SALVATORE

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Come l’alberello della vite ha bisogno di anni e radici profonde prima di offrire al sole il suo frutto più prezioso  l’uva , anche i frutti del lavoro di Salvatore Leone De Castris nascono da radici lontane, lontanissime nel tempo.

Come l’alberello della vite ha bisogno di anni e radici profonde prima di offrire al sole il suo frutto più prezioso l’uva , anche i frutti del lavoro di Salvatore Leone De Castris nascono da radici lontane, lontanissime nel tempo.

È nel Seicento infatti che comincia questa storia: quando il nipote dei vicerè spagnoli – Ferrante e Francisco –, il duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco Conte di Lemos, scoprì e si innamorò della terra salentina, così fertile e prospera. In pochi anni, la decisione fu presa: il duca non esitò a vendere i suoi possedimenti spagnoli, pronto a investire nelle terre del nord-ovest del Salento, precisamente quelle di Salice Salentino e dintorni (Guagnano, Veglie, Villa Baldassarri, Novoli e San Pancrazio): nel 1665 e il duca Oronzo acquisì 5.000 ettari di terra da far fruttare con le storiche regine della produzione agricola pugliese: olio, grano e soprattutto uva.

Con un proprietario del calibro del duca Oronzo era impensabile pensare a una circolazione soltanto pugliese dei prodotti delle terre salentine: non a caso, i vini delle sue proprietà per decenni giunsero sulle tavole non soltanto europee (in Germania e Francia soprattutto), ma, a partire dall’Ottocento, anche su quelle oltreoceano, negli Stati Uniti.

Sia chiaro che tale produzione, seppur potremmo definire “industriale” per quel che concerne la quantità e l’efficacia della distribuzione, era ancora ben lontana dagli standard a cui siamo abituati, giacché si trattava di spedire e vendere vino greggio sfuso.

Il cambio di rotta avvenne ai primi del Novecento, con il matrimonio tra Piero Leone Plantera e l’ultima erede della famiglia de Castris, donna Lisetta: nel 1925 l’Azienda Vinicola, precorritrice dei tempi, cominciò a imbottigliare i suoi vini.

Un anno dopo, il 14 gennaio del 1926, nacque Salvatore Leone de Castris.

Scorrevano gli anni del fascismo, sfociati poi nella sanguinosa seconda guerra mondiale: nel 1943 il generale americano Charles Poletti, che si occupava di organizzare gli approvvigionamenti per le forze alleate, ricihiese all’Azienda Vinicola un grosso quantitativo di vino rosato.

La vendemmia di tale vino avveniva principalmente nella contrada Cinque Rose di Salice Salentino, contrada così chiamata perché per generazioni i de Castris avevano avuto ciascuno cinque figli: tale rosato, però, doveva essere ribattezzato con un nome inglese.

Nacque così il Five Roses, il prodotto di punta dell’Azienda Vinicola, nonché il primo rosato italiano a essere esportato negli Stati Uniti.

Erano questi gli anni in cui Salvatore Leone de Castris si laureava in Giurisprudenza e scienze economiche, sino a divenire assistente ordinario alla cattedra di Storia del risorgimento all’Università degli Studi di Bari, ma, piuttosto che seguire la carriera accademia, preferì affiancare il padre Piero nella direzione dell’azienda: fu proprio una intuizione di Salvatore a portare alla luce il vino Rosso Salice nel 1954 (ottenuto dalla mescolanza di Negroamaro e Malvasia), che per anni sarà venduto non solo in Italia, tanto da fregiarsi dell’etichetta Doc Salice Salentino successivamente, nel 1971.

Con l’avvocato Salvatore Leone de Castris titolare delle Aziende agricole Leone de Castris Violante e amministratore unico delle Antiche aziende vitivinicole Leone de Castris, l’impresa, già di per sé solida e affermata, conobbe un periodo di innovazione e di ulteriore apertura ai mercati soprattutto esteri. La produzione dei vitigni tradizionali, come il Primitivo, l’Aleatico, il Negroamaro, la Malvasia, la Verdeca, il bianco d’Alessano, il Moscato, si affiancò infatti a quella dei vitigni come lo Chardonnay, il Pinot, il Sauvignon, il Cabernet, Merlot, Montepulciano.

Le etichette dell’azienda vinicola raggiunsero nuovi mercati in Asia (Singapore, Giappone, Cina, Hong Kong), ma anche in Sudamerica (in Brasile), oltre a quelli già consolidati in Europa, Canada e Stati Uniti, dove addirittura, all’aeroporto di New York, una pubblicità invitava i turisti e i viaggiatori di tutto il mondo a conoscere i vini delle cantine de Castris; l’azienda diventò quindi la prima e principale promotrice del Salento nel mondo.

L’impegno di Salvatore Leone de Castris ha portato l’azienda ad aumentare i propri fatturati e a produrre circa 2,5 milioni di bottiglie di vino l’anno: vini prodotti esclusivamente in Puglia,
La dedizione nei confronti della sua impresa e i successi ottenuti hanno portato a riconoscere in lui la figura ideale per ricoprire più di una carica prestigiosa: oltre a essere stato membro dell’Accademia nazionale della vite e del vino e dell’Enoteca di Siena, è stato presidente della Commissione nazionale vini dell’Unioncamere e dell’Unione italiana vini, nonché copresidente dell’Unione internazionale Camere di Commercio dell’area mediterranea.

Ha fatto inoltre parte del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ed è stato consigliere di Confcommercio; infine, è stato per 18 anni, sino al 1999, il presidente della Camera di Commercio di Lecce.

A questi riconoscimenti, non potevano non affiancarsi quelli provenienti dallo Repubblica Italiana: alla carica di Commendatore ricevuta nel 1979, è nello stesso anno seguita infatti quella di Cavaliere del Lavoro. Ancora, nel 1982 è insignito della carica di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana e, nel 1987, di Cavaliere di Gran Croce.

Negli ultimi anni Salvatore Leone de Castris ha condotto l’azienda affiancato dal figlio Piernicola.
Si è spento nel febbraio del 2003, lasciando in eredità al Salento e alla Puglia intera una nuova e rinnovata immagine d’eccellenza, e lasciando, in chi lo ha conosciuto, il ricordo di un uomo gentile, pacato, che ripudiava l’arroganza in quanto privilegio esclusivo degli uomini deboli.

In sua memoria, il figlio Piernicola ha lanciato la linea di etichette Per lui, ottenute dai vitigni autoctoni pugliesi del Negroamaro e del Primitivo, ma anche del Susumaniello e Ottavianello, antichi vitigni pugliesi che l’azienda ha deciso far riscoprire al pubblico.

Marino Lenoci

Onorificenza di Cavaliere del Lavoro, conferita nel 1979

Laureato in Giurisprudenza ed in Scienze Economiche e Commerciali è stato anche assistente ordinario alla cattedra di Storia del Risorgimento nell’Università di Bari. È anche esperto di discipline finanziarie e bancarie ma la sua principale attività è di carattere imprenditoriale si dedica infatti, come Amministratore Unico alla conduzione ed allo sviluppo dell’azienda vitivinicola di famiglia, situata in terra di Lecce, che nel corso degli anni ha specializzato nella produzione di vini di pregio ora esportati non solo in Europa ma anche nelle Americhe. Negli ultimi venti anni, con particolare impegno, ha portato la “Leone de Castris” a livelli tecnologici e di fatturato tra i più significativi nel settore, incrementando notevolmente le esportazioni di vini nobili del Salento in tutto il mondo. Membro del C.N.E.L. – Consiglio Nazionale del Lavoro per la Consulta del Mezzogiorno – Comm. EUROPA IMPRESA. È membro dell’Accademia Nazionale della Vite e del Vino e della Enoteca di Siena, Presidente della Commissione Nazionale Vini dell’Unioncamere

Tratto da “Salvatore Leone de Castris   Il Padre Piero e il figlio Piernicola, una famiglia dedicata alla vitivinicoltura” di Adolfo Maffei, stampato nel mese di giugno 2008 a cura delle Grafiche Horizon di Copertino (Le):

Prefazione

 

Questa prefazione vuole essere solo in parte una presentazione della biografia “Salvatore Leone de Castris – Il padre Piero, il figlio Piernicola, una famiglia dedicata alla vitivinicoltura”, voluta da Piernicola Leone de Castris per ricordare il padre e il nonno.

L’autore di questa opera, ricca di “mille curiosità”, è Adolfo Maffei, un giornalista, fondatore e direttore del settimanale di informazione “il Corsivo”, sul quale tra l’altro il 18 gennaio 1995 ha intervistato Salvatore Leone de Castris. Maffei ha avuto una lunga consuetudine con Salvatore Leone de Castris per aver trascorso a Lecce, sua città d’adozione, più di un quarto di secolo della sua carriera professionale.

Nei suoi contenuti essenziali, come si evince dal titolo, il volume racconta le storie di Piero, Salvatore e Piernicola Leone de Castris, rispettivamente padre, figlio e nipote, con un linguaggio che è un continuo slittamento della memoria in ricordi personali. Indicativa è l’attestazione di stima con cui Maffei chiude la sua premessa: “…imparavo, senza che lui volesse insegnare, che stare dentro a comportamenti corretti e leali è una grande prova di forza, e che solo i deboli ricorrono all’arroganza del ruolo, del censo o della ricchezza”.

Quasi a prescindere dalla sintesi messa a punto dall’autore nel suo modulo biografico, il mio proposito è invece quello di spingere il lettore a una più attenta riflessione sull’attività imprenditoriale di Salvatore Leone de Castris, che appare completamente fuori dalle coordinate di un territorio nel quale i cambiamenti risultavano spesso occasionali e non inquadrati in una funzione di sistema. Per precisare la cifra del suo

percorso imprenditoriale, anche in considerazione delle motivazioni che portarono alla sua nomina a cavaliere del lavoro, sarà inevitabile tenere insieme il dominio puramente economico e il contesto sociale, senza cadere tuttavia negli eccessi di una visione o iposocializzata o ipersocializzata. Dal punto di vista di un’analisi correlata dell’attività imprenditoriale e dell’impegno civile e sociale è molto suggestiva la nozione di “Embeddednes”, elaborata nel 1985 da Mark S. Granovetter, il sociologo americano che ha lanciato la sociologia economica di stampo strutturalista, secondo cui i rapporti economici sono radicati nei rapporti sociali. Sulla base di questo suggerimento l’approfondimento della reciprocità tra azione economica e struttura sociale, rimasta spes- so in ombra, rappresenta di sicuro

un’occasione non solo per valorizzare le relazioni tra etica e imprenditoria, ma anche per confrontarsi su un’idea diversa di attività imprenditoriale come espressione di interessi individuali e, nello stesso tempo, collettivi.

Nel caso di Leone de Castris l’insostenibilità di una separazione tra sfera economica e sfera sociale si può ricavare anche dalla documentazione conservata sia nel fascicolo ministeriale sia in quello dell’Archivio storico dei cavalieri del lavoro, che ci offrono un ritratto dell’uomo e dell’imprenditore fuori dagli schemi di una rievocazione oleografica. Del resto, l’importanza di questa interazione, strutturale e temporale, tra economia e società emerge sorprendentemente già dalla peculiarità dell’onorificenza “al merito del lavoro”, che premia l’insignito primariamente per la sua specifica attività imprenditoriale, ma anche e non secondariamente per il suo impegno civile e sociale o, se si preferisce, etico, un termine che ha acquisito un nuovo peso nel vocabolario dell’economia, e non solo in Italia.

L’attuale disciplina sulla concessione dell’onorificenza, riformata nel 1986, cumula infatti i requisiti imprenditoriali con quelli civili e sociali, a sottolineare la duplice dimensione delle motivazioni per il conferimento dell’onorificenza. Anzi, nella nuova formulazione, la “specchiata condotta civile e sociale” è messa al primo posto e, a completamento dei requisiti, viene indicato come “motivo di particolare benemerenza” quello di “aver operato per l’elevazione economica e sociale dei lavoratori”.

L’impegno civile e sociale non si sovrappone ovviamente ai doveri imprenditoriali. E’ del tutto evidente che l’unica responsabilità dell’imprenditore non può essere soltanto quella di “utilizzare le proprie risorse e svolgere attività desti- nate ad aumentare i profitti” (“The Social Responsibility of Business is to Increase Its Profits”), come sosteneva il premio Nobel per l’economia Milton Friedman.

L’imprenditore è ricondotto al sistema sociale e, di riflesso, al progresso economico di quest’ultimo dalla sua stessa funzione di tradurre in pratica e di guidare nuove

combinazioni tecniche e commerciali capaci di creare ricchezza.

Il binomio “capacità di intrapresa” e “impegno civile e sociale” – ripeto con insistenza questi termini, ma sono insostituibili – rappresenta allora un parametro in un certo senso paradigmatico, per leggere le motivazioni della concessione dell’onorificenza “al merito del lavoro” a Salvatore Leone de Castris.

In questa prospettiva la nomina a cavaliere del lavoro diventa il mezzo e il modo con cui lo Stato, premiando un individuo per le sue singolari benemerenze, si fa carico di

interpretare la volontà collettiva e di esprimere la considerazione pubblica. In questo

significato l’onorificenza “al merito del lavoro” esplicita infatti le correlazioni funzionali tra intraprendenza individuale e sviluppo sociale, rimarcando il ruolo di agente di sviluppo, per usare una definizione di imprenditore meno ampia di quella solitamente adottata nella letteratura economica.

Senza per questo dover presupporre una teoria “a limine”, in base alla quale l’imprenditore è forza motrice o creatore del “progresso economico” in modo deterministico, essa riconosce il valore dell’imprenditorialità e, nello stesso tempo, ne attesta la sua funzione sociale semplicemente per il fatto che i comportamenti della persona che fa impresa, per le loro conseguenze umane e sociali, incidono non solo sui meccanismi dell’economia, ma anche sullo schema più generale e più complesso delle relazioni sociali.

Questo radicamento, che ha motivazioni in parte di carattere extraeconomico, è richiamato dalla disciplina dell’Ordine “al merito del lavoro” fin dalla sua istituzione nel 1901.

L’apertura dell’attività imprenditoriale a scopi aggiuntivi di ordine sociale – un’asserzione importante anche emotivamente – non può far sfuggire che comunque è sempre l’imprenditore a fare l’impresa.

Come nel caso di Salvatore Leone de Castris. Sfruttando le sue competenze e, soprattutto, la sua voglia di far crescere l’azienda di famiglia, ha valorizzato l’intraprendenza individuale come “asset” di sistema da giocare sulla scena dell’economia e della società.

La stessa nomina a cavaliere del lavoro non è che una conferma del suo ingresso da

protagonista nel mondo della produzione modernizzata. Anzi, in forza di questo status, non solo si adopera ancor di più a far diventare la sua azienda una vetrina di efficienza e di produttività, ma nei diciotto anni di presidenza della Camera di commercio di Lecce lotta contro l’impreparazione o l’inadeguatezza di molti degli attori coinvolti, dai politici alle élites locali, per rilanciare l’economia salentina.

Affrontando le nuove sfide organizzative, tecniche e finanziarie, oltre che assumere un comportamento da “ruling class”, mette sempre in rapporto la modernizzazione della propria azienda e lo sviluppo del territorio, investito dalle poliedriche trasformazioni di una diffusione dell’innovazione a volte “lineare”, a volte “a salti”.

Si tratta di un’ottica che si pone “a latere” del modello e della metodologia con cui Maffei ha ricostruito la vita di Salvatore Leone de Castris. Ma proprio per questo può dare significato storico e giuridico alle motivazioni che nel 1979 portarono alla sua nomina a cavaliere del lavoro, su proposta dell’allora Ministro di Agricoltura e Foreste, Giovanni Marcora. Il Presidente della Repubblica che firmò il decreto di nomina era Sandro Pertini.

Non c’è bisogno di dire molto sulle origini della famiglia, che appare già nel “Teatro

genealogico delle famiglie nobili titolate feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte” di Filadelfo Mugnos. Il primo nucleo della “Antica Azienda Vitivinicola dei Conti Leone de Castris” risale ai 5.000 ettari di terreno acquistati nella seconda metà del 1600 dal duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco. L’attuale azienda vitivinicola è nata dalla fusione delle proprietà terriere e degli stabilimenti vinicoli avvenuta dopo il matrimonio di donna Luisa, figlia del senatore Arcangelo de Castris, con Piero Leone Plantera.

Don Piero aveva impresso un’accelerazione allo sviluppo dell’antichissima azienda

vitivinicola dei Leone de Castris nel 1925, l’anno prima della nascita del primogenito, Salvatore appunto, quando aveva deciso di imbottigliare i vini di qualità ma anonimi destinati alle esportazioni in Francia e negli Stati Uniti.

Salvatore Leone de Castris aveva ereditato dal padre la vocazione imprenditoriale e dalla madre l’attaccamento alla famiglia, alla cultura e alla fede. Subentrato progressivamente al padre, “vulcanico e geniale imprenditore”, per usare la definizione di Maffei, morto quasi novantenne, negli anni ’80 scommette sulla qualità e, con nuove sperimentazioni sia nelle colture che nelle tecniche di produzione, ottiene non solo eccellenti vini di qualità, ma anche nuovi prodotti.

Pur continuando l’opera del padre, che seguiva e controllava direttamente ogni fase del ciclo produttivo, Salvatore Leone de Castris avvia una nuova stagione, impegnandosi meticolosamente su tre punti: evoluzione tecnologica, organizzazione del processo e miglioramento costante del prodotto.

È stato portabandiera del “Salice Salentino”. Il vino, nato dalla mescolanza di Negramaro e Malvasia nelle stesse proporzioni in cui sono coltivati i vitigni (un filare di Malvasia ogni tre- quattro di Negramaro), nel 1971 ha ottenuto la denominazione di origine controllata.

Oggi la Leone de Castris, diventata famosa nel 1943 con il Five Roses, il primo vino rosato imbottigliato e commercializzato in Italia, produce quasi 3 milioni di bottiglie di vino di numerose tipologie con una tecnica di vinificazione che non penalizza la qualità. Questi vini sono affermati sui mercati di oltre 45 paesi del mondo, grazie all’internazionalizzazione dell’azienda, da lui accentuata e strutturata.

I comportamenti imprenditoriali di Salvatore Leone de Castris, orientati sempre da “una esplicita scala di valori”, mettono in risalto i linkages di un’ampia capacità di azione economica e sociale, come traspare anche dalle pagine del libro che nel loro taglio prosopografico dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, quante risorse conoscitive possono venire da una ricostruzione biografica.

Nel suo caso la polarità tra imprenditore e società assume uno spettro più ampio e più significativo, anche in considerazione del ruolo sempre più marginale che le personalità individuali svolgono oggi nel capitalismo.

Salvatore Leone de Castris ha legato l’attività imprenditoriale e l’impegno civile e sociale alla sua concezione dell’azienda, che per lui era un modo di rendere un servizio alla collettività e alla sua terra.

Così aveva fatto, ad esempio, il nonno, Arcangelo de Castris, nominato senatore il 4

dicembre 1890, il quale non cessò mai di prodigarsi per migliorare le condizioni economiche e sociali della popolazione di Salice, a favore della quale con suoi capitali aveva fondato la Cassa autonoma di prestanze agrarie, poi in suo onore chiamata de Castris.

A questo impegno non fu sicuramente estranea la lezione di Aldo Moro dal quale, quando era stato allievo all’Università, aveva assimilato soprattutto la “pratica” e il “rispetto dei valori rappresentativi dello Stato di diritto”. Anche negli studi, a differenza di chi preferiva vivere di posizioni ereditarie e di rendita, si era indirizzato verso discipline diverse e aggiuntive alla cultura di una famiglia dedita da circa tre secoli alla viticoltura e alla vinificazione. Grazie a Salvatore Leone de Castris, la produzione di vini nel Salento ha conosciuto una notevole evoluzione e innovazione in termini di gestione imprenditoriale, di tecniche di produzione, di marketing, come facevano i viticoltori del Salento negli anni immediatamente successivi all’Unità, che in contrapposizione ai latifondisti e ai tabacchicultori, e soprattutto alle scelte protezionistiche dello Stato, incentravano la loro azione in tre campi, coltivazione della vite, vinificazione e commercio dei vini.

Da quanto detto finora viene fuori un ritratto di Salvatore Leone de Castris niente affatto convenzionale: è un protagonista non solo perché è un proprietario, ma perché ha saputo coniugare nella sua azione il passato di una delle più antiche famiglie del Sud con il futuro di una delle più innovative aziende vitivinicole.

 

Alfredo Diana

Presidente onorario Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro

 

(cfr. pagg. 7-10)


 

Premessa dell’Autore

 

Questa è la biografia di un gentiluomo autentico che ho avuto il privilegio di conoscere e di frequentare.

La circumnavigazione intorno alla vita di Salvatore Leone de Castris, della sua famiglia, una delle Casate più antiche di questa terra, e dell’Azienda vitivinicola fondata nel XVII secolo, ha costituito il soddisfacimento di mille domande, di mille curiosità, che negli anni della nostra amicizia, non avevo mai avuto l’occasione (o l’ardire) di manifestargli. E’ stato come se, per una deformazione della mia professione, avessi intrapreso questo lavoro con gli strumenti dell’inchiesta, la cui prima caratteristica è il suscitare interesse e il primo motore è averne. Ebbene, il Cavaliere del Lavoro Leone de Castris era una miniera inesauribile di interesse e ricambiava questa peculiarità, sintesi fortunata della sua formazione e della sua cultura, con una disponibilità ed una cortesia divenute proverbiali.

Come testimoniano le poche persone che ho potuto ospitare nell’ultimo capitolo, ma come testimonierebbe chiunque lo abbia conosciuto, don Totò era una persona vera, concreta.

Salvatore Leone de Castris è stato imprenditore, capace di sviluppare un marchio che, fondato dal suo papà, oggi affianca il meglio della vitivinicoltura nazionale e regge con grandissima dignità il confronto con i competitori in ben 45 Paesi del mondo. E’ stato manager, nominato e confermato per due mandati consecutivi (ed in “prorogatio”, fino a 18 anni complessivi) alla presidenza della Camera di Commercio di Lecce, ha ristrutturato, modernizzato e collocato nella sua giusta dimensione di strumento di servizio per lo sviluppo dell’economia di questa provincia un Ente che era allo sbando. E’ stato uomo dai saldi valori familiari, dapprima come figlio di un vulcanico e geniale imprenditore, poi come padre di un giovane preparato e sicuro, il dottor Piernicola, che oggi prosegue nel solco dei suoi due predecessori, avendo di fronte sfide imponenti ma potendo contare su un bagaglio genetico e un’educazione sostanziale affidabilissimi.

Personalmente, mi piace ricordare le nostre chiacchierate, nelle quali apprendevo le sue opinioni misurate, confrontavo la mia lettura su determinati avvenimenti con la sua, passavamo in rassegna fatti e persone di comune conoscenza. E soprattutto imparavo, senza che lui volesse insegnare, che stare dentro a

comportamenti corretti e leali è una grande prova di forza, e che solo i deboli ricorrono all’arroganza del ruolo, del censo o della ricchezza. Lezioni che apprendevo, sempre, a bassa voce e sorridendo.

 

Adolfo Maffei

Cfr. pag. 11

 


 

In ricordo di mio padre e di mio nonno, persone alle quali sono stato sempre profondamente legato, che hanno concretamente con- tribuito a valorizzare e a far conoscere nel mondo la nostra terra.

Ringrazio chi ha voluto offrire un suo contributo, importante per la realizzazione di questa opera, che ha scopi culturali.

 

Piernicola Leone de Castris

Cfr. pag. 12

 


 

La famiglia Leone pervenne da Genova, dove era aggregata al patriziato, verso la metà del XVI secolo, a Lecce, ove figura fra le famiglie più illustri.

Possedette il casale di Vanze, che Giacomo acquistò nel 1593 e fu titolare del juspatronato della Cappella di San Michele Arcangelo, nella chiesa di Sant’Irene dei Tealini a Lecce. Nel ‘600 eresse la Cappella della Cona, dedicata alla Madonna del Latte, nel feudo di Salice. Questa Cappella è stata della famiglia fino alla metà del Ventesimo secolo. Il capostipite riconosciuto del ramo di Guagnano, fu don Mauro nato nel 1680. Da Mauro discesero altri due figli: il maggiore era don Giuseppe Nicola, nato nel 1706 indicato con l’appellativo di “Magnifico”; dal suo matrimonio con donna Sabina Margherito discese don Mauro Pasquale Gioacchino, nato a Guagnano.

Costui sposò donna Marianna de Capua che lo rese padre di don Michele Arcangelo Bonaventura Donato Santo Rosario, nato a Guagnano nel 1756 e morto nel 1832 che sposò donna Lucia Leucci: da questo matrimonio discesero quattro figli, tra i quali Vito Pasquale Luigi Cosma Maria Donato Alessandro che sposò donna Carolina Simone ed ebbe nel 1817 don Mauro Giuseppe Vincenzo Gaetano. Dal suo matrimonio con donna Irene Plantera di Novoli, ebbe don Vito Pasquale Floriano Alfonso.

Singolare la lettura dell’atto del matrimonio civile che si trova negli archivi del comune di Salice. Recita così: “l’anno 1874 nel giorno 22 del mese di dicembre nella casa comunale alle ore 23 italiane, dinnanzi a me Cavalier Arcangelo de Castris sindaco di questo comune sono comparsi Vito Pasquale Floriano Alfonso Leone dell’età di 23 anni di professione proprietario nato e domiciliato nel comune di Guagnano figlio del signor Mauro e della signora Irene Plantera ambi di professione proprietari e la signora Maria Virginia Baldassarre dell’età di anni 21 di professione proprietaria nata domiciliata in questo comune di Salice Salentino figlia di Gioele e della signora Amalia Simone; e di seguito ho pronunciato che si sono uniti in matrimonio.”

Ebbero sei figli, il maggiore don Gioele Maria Palma sposò donna Rosa Loiacono a Salice il 6 agosto 1901 e discesero Virginia, nata il 14 giugno 1902, il primo maschio fu Pierino Francesco, nato il 20 gennaio 1904, il papa di Salvatore, e poi Alfredo, Lina e Giuseppa.

Lo stemma che compete alla antica famiglia Leone de Castris è nel primo d’azzurro al leone d’oro (Leone); nel secondo d’azzurro, alla torre d’oro merlata di due pezzi, murata e aperta di nero, terrazzata di verde, sinistrata da un leone al naturale accompagnala in capo da due stelle d’argento, accostate da due comete dello stesso, ordinate in fascia (de Castris)”.

Per documentare la genealogia della famiglia Leone de Castris sono state consultate numerose opere fra cui alcune molto importanti quali “Teatro genealogico di F. Mugnos, “Storia  dei Feudi e dei titoli nobiliari in Sicilia” di F. de Spucches, “Rivista del collegio Araldico” anno 1923 ed altri ed effettuate molte puntuali ricerche, consultando gli Archivi delle Parrocchie di Santa Maria Assunta e di San Francesco d’Assisi di Salice Salentino, e il Catasto onciario per gli anni 1741 — 1750, conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce, nonché gli Archivi dello stato civile dei comuni di Salice Salentino e Guagnano.

(pag. 15)

 


 

Riconoscimenti e premi sempre più prestigiosi vengono costantemente attribuiti alle etichette Leone de Castris.

Da ricordare, sotto la sua guida, l’attribuzione dei “Tre bicchieri” più volte assegnati al Donna Lisa rosso da Slow Food – Gambero Rosso e l’Oscar 2005 attribuito al Five Roses Anniversario 60° Anno, quale miglior vino rosato italiano, da parte dell’Ais “Bibenda Duemilavini”. L’ultimo riconoscimento, in ordine di tempo, è la Gran Medaglia d’oro al Vinitaly 2007, attribuito all’etichetta del Pierale. Sua l’idea di realizzare un romanzo sul Five Roses, che è, probabilmente, l’etichetta più conosciuta nel mondo fra i vini rosati: “5 Rose di Negroamaro”.

Anche il rapporto del mondo del vino col consumatore finale è molto cambiato. Le visite organizzate alla cantina da gruppi di intenditori e da scolaresche sono quasi quotidiane, senza contare i particolari momenti previsti, come le manifestazioni gestite dal Movimento Turistico del vino, la rassegna Cantine Aperte che a fine maggio registra un crescente successo di pubblico, Benvenuta Vendemmia che si tiene a fine settembre. In tutte «queste occasioni l’azienda di Salice si spende con dedizione per far comprendere non solo il lavoro che c’è dietro a una bottiglia di vino, ma anche la storia e la tradizione di questa terra, aspra e generosa ad un tempo. to del Il contatto del consumatore con la cantina (ma anche con il ristorante e l’albergo Villa Donna Lisa, attigui al complesso industriale) sono nati per iniziativa del nonno e del padre di Piernicola per rispondere ad entrambe le esigenze: maggior diffusione della cultura del vino e migliore approfondimento della propria attività. Stesso discorso di apertura è quello che riguarda i rapporti con la stampa e la comunicazione in genere. Le visite guidate dei giornalisti specializzati (che in gergo si chiamano educational) sono un’idea dei primi anni Settanta.

Ospitare a Salice critici del settore, portarli in giro per le campagne fra le vigne selezionate, farli presenziare a tutte le fasi della filiera, fino alla degustazione è stata una pratica promozionale, molto prima che il marketing diventasse una scienza, che attualmente s’impara sui libri, applicata alle aziende di prodotto e di servizi, “Oggi ho 46 anni – dice il dottore – se fossero vivi, mio padre ne avrebbe 81 e mio nonno 103. Papà era un grande uomo di pubbliche relazioni ed un grande diplomatico per natura, si interessava meno della commercializzazione rispetto a me e al nonno, il quale, a sua volta, è stato il primo ambasciatore del marchio Leone de Castris nel mondo.

lo vivo la mia contemporaneità, ma ciascuno di noi tre ha avvertito spontaneamente l’esigenza, umana e professionale, di comunicare con l’esterno”

Negli ultimi anni l’azienda ha sviluppato ancor più il settore comunicazione, redige anche un’accurata rassegna stampa di settore, non solo per conservare la memoria storica della Casa, ma anche per registrare tutto quello che succede nel mondo della vitivinicoltura internazionale, che è stato sempre abbastanza riservato verso l’esterno: difficilmente, infatti, le aziende parlavano di se stesse fino a 15 anni fa. Questo riserbo si va modificando, oggi le Cantine si sono aperte al pubblico perché si vuol fare vedere quanto impegno e quanta intelligenza fanno da sfondo ad una semplice bottiglia di vino.

Come se si sia voluto ribaltare le parole dell’antichissimo adagio latino, per farne il novello motto della categoria: Veritas in vino.

(pagg. 44 – 45)

Chi siamo

Storia Le nostre origini

A Nord-Ovest della penisola Salentina, zona di antica tradizione vitivinicola, si trova SALICE SALENTINO, piccolo comune rurale che ospita da più di tre secoli un’antica cantina: la Leone de Castris.

È l’anno 1665. Tra i vigneti ubertosi di quel tempo, Oronzo Arcangelo Maria Francesco dei Conti di Lemos, fece nascere la cantina.

Il fondatore si appassiona ad una terra così fertile e ricca e ne comprende il valore, così, dopo i primi anni di lavorazione e trasformazione del prodotto, torna in Spagna, vende alcuni possedimenti, rientra ed investe il ricavato in terre salentine.

Intorno a Salice, Guagnano, Veglie, Villa Baldassarri, Novoli e San Pancrazio, diventa proprietario di diverse migliaia di ettari, sui quali non solo impianta nuovi vitigni, ma anche piante di olivo e grano. Agli inizi dell’800 l’Azienda Vitivinicola inizia ad esportare vino greggio negli Stati Uniti, in Germania e in Francia.

La cantina inizia l’imbottigliamento dei suoi prodotti con Piero Leone Plantera e Lisetta de Castris, nel 1925 nasce quindi il marchio Leone de Castris. Nel 1943 nasce il Five Roses, il prodotto più conosciuto dell’azienda ed il primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia e da subito esportato negli Stati Uniti.

La storia di questo vino viene ricordata ancora oggi in azienda come uno degli eventi più significativi nel percorso plurisecolare della stessa. Infatti, esiste una contrada nel feudo di Salice Salentino che si chiama “Cinque Rose”, nome dovuto al fatto che per intere generazioni i Leone de Castris avevano ciascuno, con incredibile costanza, cinque figli. Sul finire della guerra il generale Charles Poletti, commissario per gli approvvigionamenti delle forze alleate, chiese una grossa fornitura di vino rosato, le cui uve provenivano proprio dal feudo Cinque Rose. Ma il generale voleva un vino dal nome americano, e non ci si mise molto a trovarlo: nasce così il “Five Roses”.
Con la vendemmia 1954 nasce il Salice Leone de Castris e grazie alla commercializzazione in Italia ed all’estero per circa 20 anni si ottiene la Doc Salice Salentino nei primi anni 70. Quindi, con la Doc, anche altre aziende si propongono sul mercato.

La storia di questa famiglia e della Cantina continua. Il Cav. del Lavoro Salvatore Leone de Castris, figlio di Piero e Lisetta, ha contribuito ad un notevole sviluppo – anche a livello internazionale – dell’Azienda. Da venti anni il figlio, Dott. Piernicola, la dirige. Riconoscimenti sempre più prestigiosi vengono costantemente attribuiti all’intera gamma aziendale. (vedi biografia Piernicola Leone de Castris).

La rete commerciale Estera oggi vede i prodotti presenti oltre che sui mercati Europei, negli Stati Uniti, a Singapore, in Canada, in Brasile, in Autralia, in Giappone, in Cina, Hong Kong, ecc. Nelle aziende di famiglia sono stati impiantati nuovi vitigni: Chardonnay, Sauvignon, che affiancano i vitigni tradizionali: Negroamaro, Malvasia nera, Verdeca, Aleatico, Primitivo, Susumaniello, Ottavianello.

Piernicola Leone De Castris ed il figlio Piersalvatore studente di Economia all’Università Cattolica di Milano.

Piero e Salvatore Leone de Castris

 

Museo del vino

È aperto al pubblico il Museo del vino Piero e Salvatore Leone de Castris, dedicato dal nipote e figlio Piernicola alla memoria di due pionieri della vitivinicoltura pugliese.

A Piero è riconosciuto un ruolo di innovatore nella gestione dei vigneti e il grande merito di essere stato il primo in Puglia, nel 1925, ad unire alla trasformazione delle uve anche l’imbottigliamento. Sua, tra le altre, la intuizione di creare il primo rosato italiano nel 1943, data di nascita del Five Roses.

Il figlio Salvatore ha contribuito a sviluppare notevolmente la conoscenza, a livello internazionale, sia dei vini Leone de Castris che di quelli salentini in genere. Presidente per molto tempo della Camera di Commercio di Lecce, unico Presidente meridionale dell’Unione Italiana Vini, ha anche il grande merito di aver creato nel 1954, con il padre Piero, il Rosso Salice, contribuendo in modo determinante alla nascita della DOC Salice Salentino nel 1971.

La struttura si sviluppa all’interno dell’azienda su una superficie di circa 600 mq e propone ai suoi visitatori un unico ed affascinante percorso storico -culturale incentrato sulle tappe fondamentali della storia della Cantina del vino in Puglia. Attraverso foto, vecchie bottiglie e attrezzi agricoli d’epoca si ripercorrono i tre secoli di storia aziendale.

La sua architettura prevede anche una sala conferenze in cui potranno essere organizzate varie iniziative volte a valorizzare il patrimonio artistico-culturale della nostra regione.

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https://www.leonedecastris.com/

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