BENE CARMELO

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BENE CARMELO

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Campi Salentina (Lecce), 1° settembre 1937 – Roma, 16 marzo 2002

Attore, Regista, Drammaturgo, Scrittore e Poeta

La vita e l’arte di Carmelo Bene – attore e regista di teatro, ma anche di opere cinematografiche, radiofoniche e televisive, nonché scrittore, saggista e poeta – si sono da sempre fuse in una sola narrazione, in cui la persona e l’attore “hanno sempre costituito un’inscindibile individualità”, come osserva Piergiorgio Giacchè.

Fin dai suoi scritti si comprende come Bene abbia davvero perseguito e sia riuscito a realizzare un’assoluta fusione fra questi due elementi, che lo hanno portato indiscutibilmente a diventare uno dei personaggi più significativi del teatro italiano del Novecento.
Bene definì questo suo modo di intendere la figura di artista con il termine “attorialità”, che indica una qualità capace di comprendere e perfino di annullare in sé tutti gli altri ruoli dell’arte scenica. Si tratta quindi di una sintesi fra una vasta conoscenza teatrale e l’esperienza sulla scena di chi è assolutamente padrone dei propri mezzi. Quindi l’attore non è più una figura tradizionale, “servo del poeta” o “strumento del regista”, ma un soggetto autonomo, quando non addirittura “sovrano”, capace di diventare “autore della vita” di qualsiasi testo drammatico o poetico che rimarrebbe scritto, ossia “morto orale”, se l’attore non rappresentasse sul palcoscentico il suo “atto critico”.
Questa rimane la caratteristica principale dell’arte di Carmelo Bene, anche se nel corso del tempo lui stesso scelse di definirsi anche “non-attore”, “artefice”, “operatore”.
Cesare Garboli arrivò a identificare Bene come l’ultimo grande attore “postumo” dopo l’Ottocento, tuttavia è possibile riconoscere in lui anche il “nuovo attore” del Novecento, grazie a un eccelso livello di sensibilità intellettuale e di competenza estetica, che – come affermato da Kostantin Stanislavskij – a volte può permettere di paragonare l’attore al poeta. Infatti Bene è stato chiamato “attore-poeta” da Antonio Attisani, riferendosi a un periodo della sua carriera in cui i sempre più frequenti “concerti di poesia” erano diventati l’evento principale della sua attività drammaturgica, cancellando negli spettacoli ogni residuo di rappresentazione scenica.
Carmelo Bene rifiutò in vita qualsiasi riconoscimento per il suo talento, definendosi come “genio”, costretto a esprimere la propria arte per necessità: un modo di interpretare il proprio ruolo di “uomo-teatro” che è stato spesso frainteso e giudicato come semplice provocazione e non come gesto di sfida dell’artista verso se stesso, con il fine di liberare l’attore dalla scena e il teatro dai limiti convenzionali, nel tentantivo di andare «contro la rappresentazione». Fin dal principio i suoi allestimenti hanno diviso il pubblico tra ammiratori e critici, arrivando a creare una spaccatura dirompente in un ambiente all’epoca inerme e conformista. La sua opera ha generato una discussione che l’ha portato a raggiungere ben presto i vertici della scena culturale italiana e a ottenere il sostegno di critici teatrali come Ennio Flaiano, Alberto Arbasino, Giuseppe Bartolucci, Franco Quadri, Ugo Volli, Maurizio Grande, Goffredo Fofi e di figure come Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Eugenio Montale, Emilio Villa, Vittorio Bodini, nonché il supporto in Francia da parte di Jacques Lacan, Michel Foucault, Jean-Paul Manganaro (suo traduttore) e Gilles Deleuze.
Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene nacque il 1° settembre 1937 a Campi Salentina, in provincia di Lecce, dove i genitori – Umberto e Amalia Secolo – gestivano una fabbrica di tabacco. Frequentò le scuole medie e il liceo classico, fino al secondo anno, presso l’Istituto Calasanzio dei Padri Scolopi di Campi Salentina, per poi concludere gli studi nel Collegio Argento dei Padri Gesuiti di Lecce.
In seguito si trasferì a Roma, con l’intenzione di frequentare il corso di laurea in Giurisprudenza all’università La Sapienza, presto abbandonato. Infatti in quel periodo s’iscrisse anche alla scuola di recitazione Pietro Scharoff e, successivamente, ai corsi per attore dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, che però lasciò dopo solo un anno, in seguito ai numerosi dissidi con i docenti, per iniziare da solo la propria carriera artistica.
Carmelo Bene debuttò sul palcoscenico nel 1959, come attore in una rappresentazione del Caligola di Albert Camus, con la regia di Alberto Ruggiero, un suo giovane amico, che fu riproposta dopo due anni in un allestimento curato dallo stesso Bene. Invece il primo spettacolo in assoluto che lo vide come attore e regista fu un Concerto Majakovskij in scena a Bologna nel 1960 con le musiche dal vivo di Sylvano Bussotti. Quindi, sin dall’inizio, gli spettacoli di Bene seguirono due filoni distinti: da un lato la messa in scena di testi drammatici o letterari, sempre rielaborati o ideati per l’occasine o comunque “riscritti”, dall’altra i “concerti d’attore”, definiti in seguito “d’autore”, basati sulle opere dei più grandi poeti.
Tutta l’opera di Bene – caratterizzata da subito da questo alternarsi di poesia e prosa, di musica e drammaturgia – si è evoluta nel tempo, secondo una ricerca coerente e unitaria, che non permette di individuare precise scansioni cronologiche. Tutti i cambiamenti e le evoluzioni hanno sempre seguito un’omogeneità di fondo, in un repertorio selezionato con attenzione e ripetuto nel tempo: spesso lo stesso testo drammatico è stato portato in scena più volte con frequenti contaminazioni tra gli “spettacoli” e i “concerti”.
Col passare degli anni Bene arrivò a sintetizzare le drammaturgie più complesse nella forma di concerto di poesia. Vale come esempio il lavoro compiuto sull’Amleto, in cinque diverse versioni che si sono succedute nel tempo. La prima rappresentazione nel 1961 era popolata di attori e con scenografie molto ricche; poi gradualmente furono ridotti gli interpreti e resa più statica la scena, come in Hommelette for Hamlet del 1987, per arrivare a una sintesi, con un concerto affidato a tre e poi a due sole presenze, con Hamlet suite del 1994. Tuttavia sin dall’inizio si assistette a una negazione del dialogo a favore di un susseguirsi di monologhi, con l’inserimento di versi poetici che portarono la recitazione verso il canto, tanto da far definire le rappresentazioni come “messe in poesia” e “recitate in musica”.
Per individuare uno spartiacque nella carriera di Carmelo Bene bisogna considerare gli anni della “parentesi cinematografica” tra il 1967 e il 1972, che divisero il periodo dei primi esperimenti teatrali dalle opere più mature e consapevoli. Infine nella parte finale della carriera prevalse la forma del “concerto d’attore” con la dissoluzione della drammaturgia nella musica e nella poesia, portando al limite estremo gli studi di una vita sulla “macchina attoriale” e sul teatro della phonè, capace di esprimersi in un linguaggio fatto di suoni in cui musica e parole convivono in armonia.
Dopo il debutto a 22 anni, Carmelo Bene si mosse – non senza quella precarietà tipica degli artisti agli esordi – nell’ambiente delle “cantine romane”, con adattamenti in luoghi impropri e rappresentazioni realizzate con pochi mezzi, ma che già lasciavano intravedere l’aspirazione a soluzioni scenografiche e tecnologiche decisamente lontane da quelle di un “teatro povero”. Quindi, da figura protagonista ma non certo integrata alle neoavanguardie, Bene ideò e diresse un primo teatro laboratorio situato a Roma, nella zona di Trastevere, per poi passare al Beat ’72 e arrivare anche ad allestire per un breve periodo un teatro intitolato a suo nome. In questi luoghi dette vita ai suoi primi spettacoli, alcuni dei quali furono riproposti negli anni successivi, con riedizioni più complesse e allestimenti meno precari, su palcoscenici sempre più prestigiosi.
La prima vera tournée teatrale in Italia arrivò per Bene nel 1966, dopo il successo riscosso dalla sua seconda edizione di Pinocchio. L’aumento della notorietà di quegli anni permise all’attore di cimentarsi in nuove sfide, a partire dall’esperienza cinematografica, durante la quale trasferì nel linguaggio della settima arte alcuni degli spettacoli più significativi del suo primo periodo di attività, come Nostra Signora dei Turchi (in scena nel 1966), che prendeva spunto dal suo primo romanzo, Salomè (rappresentata in due diverse edizioni nel 1964 e nel 1967) e Amleto o le conseguenze della pietà filiale da William Shakespeare e Jules Laforgue (nella versione in scena nel 1967).
Altre messe in scena da ricordare dei suoi primi anni di carriera furono il primo Pinocchio (1961), la Manon (1964), Faust e Margherita (scritto con Franco Cuomo), Il rosa e il nero, invenzione da Il monaco di M.G. Lewis (1966), e infine il Don Chisciotte (1968), che realizzò assieme a un altro protagonista della neoavanguardia, Leo De Berardinis.
In questi anni Bene pubblicò un primo saggio sul teatro (Pinocchio Manon e Proposte per il teatro, Milano 1964) e scrisse i suoi due unici romanzi, Nostra Signora dei Turchi (1966) e Credito italiano. V.E.R.D.I. (1967), testi nei quali l’autore anticipò molti degli aspetti della sua ricerca nei periodi successivi.
Durante questa fase dell’attività, Bene visse diversi eventi importanti e instaurò una serie di relazioni fondamentali sia per la vita sia per l’arte, per lui sempre inscindibili. Fu significativa, ad esempio, la sua presenza al convegno di Ivrea del 1967, organizzato per dar luce e supportare il cosiddetto “nuovo teatro italiano”. All’incontro – ideato da Franco Quadri insieme con altri critici –parteciparono molti giovani artisti destinati a diventare i “maestri” del teatro italiano contemporaneo; nel corso dei lavori fu redatto un manifesto, firmato anche da Carmelo Bene, che rese esplicito lo scontro in atto fra i sottoscrittori e la politica culturale del tempo, giudicata inadeguata.
Per quanto riguarda le relazioni personali, Bene sposò a Firenze il 23 aprile 1960 l’attrice Giuliana Rossi, da cui ebbe un figlio, Alessandro, che morì di tumore in giovane età, il 3 ottobre 1965, all’ospedale Meyer di Firenze. Fondamentale fu poi il legame – dal 1964 fino ai primi anni Ottanta – con Lydia Mancinelli, che per molti anni condivise anche le sue esperienze in teatro e al cinema, ricoprendo un ruolo fondamentale nella vita privata, così come nell’organizzazione pratica delle attività del compagno.
Nel corso del tempo la figura di Carmelo Bene assunse anche la fama di imprevedibile provocatore, soprattutto a partire dallo “scandalo” per la rappresentazione del controverso Cristo 63. Da allora il “personaggio Carmelo Bene” ebbe grande risonanza mediatica, accresciuta dalle successive apparizioni in cinema e in televisione. Vanno ricordati a tal proposito gli scritti polemici, i giudizi drastici e le tante prese di posizione controcorrente, il rapporto conflittuale con i critici e spesso anche con il pubblico. In particolare, dagli anni ’80, Bene frequentò in tv programmi culturali, talk show e perfino trasmissioni sportive. Fu memorabile il suo intervento al Maurizio Costanzo Show del 27 giugno 1994, intitolato Uno contro tutti: un’apparizione “di culto” in cui l’attore sfidò apertamente le logiche del mezzo televisivo, combattendo una personale battaglia contro le rigide convenzioni e le stesse finalità del programma di Costanzo.
Le opere cinematografiche di Carmelo Bene alimentarono discussioni e divisioni tra i critici, ma in complesso furono pregevoli e contribuirono a farlo conoscere al grande pubblico. In particolare vanno citati il mediometraggio Hermitage (1968) e i cinque lungometraggi: Nostra Signora dei Turchi (1968), che vinse il premio speciale della giuria al XXIX Festival di Venezia, Capricci (1969), presentato al XXII Festival di Cannes alla Quinzane des Realisateurs, Don Giovanni (1971), Salomè (1972) e Un Amleto di meno (1973), che ne chiuse l’esperienza di regista al cinema.
Dopo la parentesi cinematografica, Carmelo Bene iniziò ad avvicinarsi ad altri mezzi e linguaggi, come la radiofonia, la televisione e le prime edizioni discografiche. Infatti tra il 1967 e il 1980 produsse non solo tutti i suoi film, ma anche cinque versioni televisive dei suoi spettacoli e 13 opere radiofoniche. Alla radio prese parte alle Interviste impossibili, impersonando una serie di celebri figure come Oscar Wilde, Casanova, Jack lo squartatore, De Amicis e Attila e confrontandosi con Giorgio Manganelli, Guido Ceronetti, Oreste Del Buono, Vittorio Sermonti, Alberto Arbasino, Nelo Risi e Italo Calvino. Successivamente riscrisse e registrò le versioni radiofoniche di molti suoi spettacoli (Nostra Signora dei Turchi nel 1973, Amleto e Pinocchio nel 1974; Salomè nel 1975; Romeo e Giulietta nel 1976; Cuore, Manfred, Otello nel 1979). Inoltre partecipò come regista e interprete a Cassio governa Cipro di Giorgio Manganelli, nel 1973, e a Tamerlano il Grande per la regia di Carlo Quartucci, nel 1975.

Per la televisione, a parte la trasposizione di diverse sue opere teatrali, produsse nel 1974, con la collaborazione di Roberto Lerici e le musiche di Vittorio Gelmetti, Quattro diversi modi di morire in versi. Majakovskij-Blok-Esenin-Pasternak: una riscrittura del suo Concerto Majakovskij, giunto all’ennesima e forse non più migliorabile edizione, considerata come un capolavoro.
Il cinema, la radio, la televisione non furono semplici deviazioni ma dilatazioni del “teatro” di Bene, che negli anni successivi continuò il suo percorso di ricerca con rinnovato slancio e maggiore fortuna. Le rappresenzazioni degli anni Settanta segnarono una svolta stilistica, esprimendo una diversa sfida estetica, maturata grazie alle esperienze vissute con gli altri media e alle contaminazioni tra linguaggi diversi.
Bene tornò sul palcoscenico con un nuovo allestimento di Nostra Signora dei Turchi (1972), per poi cimentarsi in diverse riscritture del repertorio shakespeariano: gli spettacoli della serie “Shakespeare secondo Bene” furono Amleto (1975), Romeo e Giulietta (1976), Riccardo III (1977) e Otello (1979).
Tuttavia, negli stessi anni, Carmelo Bene realizzò altri importanti allestimenti come la prima edizione de La cena delle beffe del 1974, con la partecipazione di Gigi Proietti, e, sempre nel 1974, S.A.D.E. ovvero libertinaggio e decadenza del complesso bandistico della gendarmeria salentina, opera che rappresentò uno stretto legame fra la prima e l’ultima fase della sua attività teatrale, recuperando da un lato la forma tipica dei suoi primi spettacoli e dall’altro cominciando a sperimentare la scena tecnologica della sua futura “macchina attoriale”.
In questi anni il successo lo portò a elaborare allestimenti più ricchi, che consentirono tournées nei maggiori teatri in Italia e anche la prima esperienza all’estero, a Parigi. La scelta della Francia non fu un caso: infatti la cultura e la letteratura francese erano sempre stati riferimenti privilegiati per Bene nei suoi scritti e nei suoi spettacoli teatrali. Tuttavia fu il cinema a creare i presupposti di un riconoscimento da parte del pubblico e della critica transalpina, poi cresciuto e stabilizzatosi nel tempo attraverso il teatro. Nel 1977 le rappresentazioni a Parigi di Romeo e Giulietta, e S.A.D.E. furono di grande successo. Bene tornò in Francia nel 1999 con il suo Macbeth Horror Suite: in quell’occasione celebrò con una Lectura Dantis all’Odéon la nomina a chevalier de l’art et de la culture. Oltre alla Francia, furono rare le presenze di Bene all’estero: si limitarono a una tournée in Russia con la Pentesilea, nel dicembre 1990, e a un invito a Berlino nel marzo 1997.
La maturità raggiunta dell’arte di Bene in questo periodo è testimoniata anche dagli scritti teorici, in cui la vena polemica lascia spazio a un rigoroso ragionamento sul ruolo dell’attore, che all’epoca generò numerose discussioni, ottenendo anche molti apprezzamenti. Infatti, a partire dal 1970, non solo nei saggi e negli articoli, ma anche nelle interviste rilasciate, Bene chiarì la propria posizione artistica: furono importanti L’orecchio mancante (1970) e soprattutto La voce di Narciso (1982), ma anche diversi articoli apparsi su Paese Sera tra maggio e luglio del 1978, oltre a una serie di conversazioni e incontri con diversi critici interessati alla sua arte. Tra i maggiori interlocutori, spiccano Gilles Deleuze e Pierre Klossowski, ma sono da citare – fra i tanti – Jean-Paul Manganaro, Maurizio Grande, Giancarlo Dotto, Piero Panza, Alberto Signorini, Sergio Colomba, Camille Dumoulié, Umberto Artioli, Goffredo Fofi, Piergiorgio Giacchè, Sergio Fava.
Dagli anni ‘70 si iniziò ad assistere a una teorizzazione spesso a posteriori delle “operazioni” estetiche e critiche, che Bene proseguì per il resto della sua vita e in ogni sua successiva espressione artistica. Questo lucido e costante racconto della sua stessa attività di ricerca portò l’artista a essere riconosciuto come “Maestro”, pur nel suo percorso originale e lontano dai circuiti tradizionali dell’accademia.
Gli anni ’80 si aprirono con due delle più alte espressioni dell’arte di Carmelo Bene: la prima fu il Manfred, l’opera di Byron e Schumann che, dopo esser stata rappresentata all’Auditorium della Conciliazione di Roma, debuttò al teatro alla Scala di Milano il 1° ottobre 1981. Questa sede prestigiosa celebrò l’ingresso ufficiale di Bene nel mondo della musica, attraverso la sua apprezzata combinazione fra canto e recitazione.
Il secondo traguardo importante del lavoro di Carmelo Bene fu la Lectura Dantis, ideata ed eseguita a Bologna il 31 luglio 1981, che sancì la definitiva commistione tra teatro e poesia, tra attore e poeta. Con questi due lavori l’attore mise in pratica le teorie elaborate negli anni precedenti, che fino a quel punto erano apparse a molti eccessive e provocatorie, ma che invece presero forma concreta per la prima volta in questi progetti. In particolare Bene nella Lectura Dantis potè sperimentare quella “macchina attoriale” che negli anni successivi sviluppò ulteriormente: prendendo spunto dalle tragedie greche, l’attore utilizzava particolari calzature, i coturni, che lo innalzavano, mentre la sua voce era resa più potente da una particolare “maschera fonica”. Proprio l’eccezionale strumentazione fonica utilizzata a Bologna rappresentò il prototipo di un modello da replicare in tutti i teatri. Secondo l’antropologo del teatro Piergiorgo Giacchè, la Lectura Dantis, messa in scena da Bene in occasione del primo anniversario della strage alla stazione di Bologna del 1980 rappresentò «il gesto politico più puro che abbia mai impegnato un attore, per di più votato all’allora eretico disimpegno e all’ancora ironico depensamento».
Gli anni successivi segnarono un’intensa attività, anche se ricca di riproposizioni e riedizioni di un repertorio ormai destinato a diventare “classico”. Innanzitutto proseguì la serie degli “Shakespeare secondo Bene”, con il Macbeth (1983, poi ulteriormente rielaborato in Macbeth-Horror suite, 1996), con una nuova rappresentazione di Otello (1985) e altre due del suo Amleto (1987, 1994).
Dagli anni ‘80 si moltiplicarono i concerti d’attore, poi chiamati d’autore: i Canti orfici di Dino Campana nel 1982, l’Egmont (un ritratto di Goethe) del 1983, le poesie di Friedrich Hölderlin e i Canti di Leopardi nel 1983 (replicati nel 1987 e nel 1997), la Poesia da “La figlia di Iorio”, Adelchi di A. Manzoni (in forma di concerto) del 1984 e riallestito nel 1997 (accompagnato da un libro scritto assieme a Giuseppe di Leva: Adelchi o della volgarità del politico, Milano 1984) e, infine, il suo ultimo atto di attore-poeta, Gabriele D’Annunzio. Concerto d’autore, in prima al Teatro dell’Angelo di Roma nel 1999.
Un episodio particolare, nel lungo persorso artistico di Carmelo Bene, fu Lorenzaccio, al di là di de Musset e Benedetto Varchi (1986) che ebbe una prima e sola edizione, anche per l’impossibilità oggettiva di andare “in replica”. In quella che è considerata una delle sue prove attoriali più difficili e riuscite, Bene volle arrivare alla privazione per l’interprete teatrale dalla sua stessa azione, dopo aver fatto in passato la stessa operazione con la voce, attraverso l’utilizzo del play-back. Infatti in questo lavoro sperimentale il protagonista era obbligato a muoversi in ritardo, nel tentativo di “inseguire” con i gesti i suoni elaborati “a sua insaputa” da un rumorista che si esibiva collocato nella fossa dell’orchestra del teatro. Con questo spettacolo-evento s’interruppe il percorso delle riscritture di scena, per permettere a Bene di tornare per una volta a ricoprire il ruolo di “ricercatore dell’Impossibile”.
La fase finale del lavoro di Bene è quindi caratterizzata da una totale libertà dell’artista, che divenne completamente autonomo dalla propria arte: questo obiettivo si realizzò attraverso lo studio sulla phonè e la realizzazione della “macchina attoriale”, i due traguardi critici ed estetici dei suoi studi, inizialmente teorizzati in modo criptico sulla carta, ma che poi divennero visibili sulla scena.
Un’altra occasione per sperimentare arrivò con l’assegnazione della direzione della Biennale Teatro del 1989 a Venezia. Con una mossa paradossale, che fece gridare allo scandalo, il programma ideato da Bene evitò ogni forma di rappresentazione al pubblico, limitandosi a un lavoro seminariale e laboratoriale, svolto “in clausura” con un gruppo di artisti e critici, presso i Giardini di Castello di Venezia dal 1° al 30 settembre. I risultati di questa insolita Biennale furono poi pubblicati in due libri intitolati rispettivamente La ricerca impossibile e Il teatro senza spettacolo (1990), scritti con il contributo degli studiosi che parteciparono agli incontri, fra i quali Umberto Artioli, Camille Dumoulié, Edoardo Fadini, Maurizio Grande, Pierre Klossowski, Jean-Paul Manganaro, André Scala.
In questo terzo periodo della carriera di Bene le produzioni rappresentarono al meglio l’idea, che l’artista aveva da sempre perseguito, di arrivare a un’impossibile evasione da ogni forma tradizionale di messa in scena. Per tutti gli anni ’90 l’autore lavorò intorno a un duplice obiettivo: da un lato una voce che si sostituisce al corpo e dall’altro una macchina di elevazione che fa sfuggire l’attore alla scena, contravvenedo a ogni attesa del pubblico, arrivando a sorprenderlo, se non a incantarlo. Quindi tutti gli spettacoli, compresi quelli già proposti in passato come Amleto e Pinocchio, inizialmente furono presentati come “concerti”, per poi superare questa stessa forma musicale per lasciare sempre maggiore spazio alla poesia.
Bisogna ricordare anche come Bene si dedicò alla riscrittura e alla scomposizione dei poemi di Stazio, Kleist e Omero per la serie dei lavori dedicati alla Achilleide, a partire da Pentesilea, la macchina attoriale – attorialità della macchina, proposta in due parti nel 1989 e nel 1990, per concludersi con Invulnerabilità d’Achille. Impossibile suite tra Ilio e Sciro, rappresentata al teatro Argentina di Roma nel novembre 2000.
Non meno movimentati furono i suoi legami affettivi, dopo il lungo periodo trascorso con la sodale Lydia Mancinelli: nel 1992 sposò Raffaella Baracchi, vincitrice del concoso Miss Italia nel 1983. Dal rapporto tumultuoso con l’attrice nacque una bambina, Salomè. Infine, Carmelo Bene fu legato per otto anni alla costumista Luisa Viglietti, che gli fu sempre vicino fino alla fine.
Negli ultimi anni di vita, al termine del suo lungo percorso artistico, Carmelo Bene volle cimentarsi direttamente nella creazione di due poemi: ‘l mal de’ fiori. Poema (Milano 2000) e Leggenda, composto nel 2001 (rimasto inedito).
Il canto del cigno del “maestro” non poteva che essere una Lectura Dantis nel suo Salento, accompagnata dal vivo per l’occasione dal contrabbasso di Fernando Grillo ed eseguita nel fossato del Castello di Otranto, il 5 settembre 2001, alcuni mesi prima della morte nella sua casa di Roma, il 16 marzo 2002.
Il lungo contenzioso sulla gestione dell’eredità culturale di Carmelo Bene è arrivato a un punto di svolta nel 2019, quando la Regione Puglia ha firmato un accordo con la moglie Raffaella Baracchi e la figlia Salomè, per l’acquisizione del patrimonio librario, documentario e collezionistico del Maestro, che fino a quel momento non era mai stato unificato e reso fruibile al pubblico. L’intesa prevede che il materiale sia raccolto in un unico spazio messo a disposizione dalla Provincia di Lecce – presso il Convitto Palmieri, sede della Biblioteca Bernardini – in modo da creare un luogo di studio e di ricerca. Il patrimonio è costituito da un fondo librario contenente gran parte della biblioteca personale dell’artista, composta da circa seimila volumi, cui si aggiunge l’archivio personale, con scritti, dattiloscritti, documenti, foto, materiale audio e video, materiale bibliografico, volumi, recensioni e testi critici. Inoltre è stato ceduto un terzo fondo, che comprende una collezione di costumi ed elementi di scena, arredi e oggetti personali presenti nell’abitazione di Bene a Otranto.

  Vincenzo Camaggio

FAMOSO PER

«Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento».
Carmelo Bene (Opere con l’Autografia di un ritratto, Milano 1995).
Dal 1959 Carmelo Bene ha percorso la scena artistica italiana per oltre quarant’anni con un’intensa attività che ha dato luogo a più di 60 spettacoli teatrali, nove fra corti e lungometraggi cinematografici, 25 edizioni televisive, una ventina di registrazioni radiofoniche e una serie di scritti nei quali si è proiettata e dilatata la sua genialità creativa e critica.

Intervista a Carmelo Bene di Enrico Fiore, da Il Mattino, 11 novembre 1994:

Per il suo splendido recital basato sui Canti Orfici di Dino Campana, Carmelo Bene si presenta sul palcoscenico dell’Augusteo con la faccia vistosamente incerottata. È chiaro: dopo aver stuprato il testo e il senso, intende sfregiare e azzerare persino la propria immagine. Ma, rarissimo miracolo, sono riuscito a far materializzare per un’oretta – in una suite dell’Hotel Excelsior, al lume di una candela e davanti a un registratore e a un piatto di dolci di pasta di mandorle – il divino e assoluto monarca dell’Assenza. E quel che segue è il poco che le deboli forze del vostro cronista hanno potuto catturare di un discorso ad un tempo fluviale, vertiginoso e “negato”.

Una volta Flaiano, con un fulminante ossimoro, disse di te: “È un Bene cattivo”. Ecco, quali sono il tuo ‘buono’ e il tuo ‘cattivo’?

Io non sono né buono né cattivo. Sono, rifacendomi a Cioran, un demiurgo perverso. E sono uno gnostico. Gli gnostici praticavano l’autoflagellazione, cercavano il vuoto, l’informe, l’inorganico. E in me, come in loro, non c’è, dunque, né il bene né il male, c’è solo il fastidio del corpo. Io, come gli gnostici, maltratto il corpo in favore dello spirito. Voglio, insomma, cancellare il corpo. E di qui la mia iconoclastia, il mio rifiuto dell’immagine e della parola, e, in breve, la mia tensione verso l’inaudito. E di qui, s’intende, anche i cerotti.

Ma in concreto che cosa sei?

Una macchina antilinguaggio.

Scendiamo, ora, sul terreno specifico. Tu hai detto che il teatro è “un bazar dei servi”. Cominciamo da quelli in scena, gli attori, che, sempre secondo te, “fanno solo quello che vuole il pubblico…”.

Sono servi comunque. Perché, anche se fanno quello che vogliono loro e lo fanno con una coscienza civile e ne fanno un fatto politico (della “polis”, cioè), siamo sempre di fronte alla “décadence” che Nietzsche rimproverava alla tragedia greca e, in altri termini, di fronte alla fine dell’“orfico”. Infatti, lo dice anche Hegel, ogni forma di coscienza è servile, giacché il padrone è la verità. Parlo, chiaramente, della coscienza del particolare. Bisogna conquistare, invece, la coscienza pura, quella che è al di fuori della storia. Perché il teatro è un non-luogo, è, appunto la coscienza pura: ma la coscienza pura non è applicata a qualcosa. In tal senso, il cosiddetto teatro impegnato, il teatro-comizio, per me è un’evasione, è tre volte evasione.

Evasione da che cosa?

Dal problema insolubile dell’esistenza senza scopo dell’uomo. Il teatro, in sintesi, ha messo da parte l’uomo, con tutta la sua in-esistenza, con tutta la sua insignificanza, occupando le tavole del palcoscenico al solo scopo di rimuovere questo problema, seminando concetti. Perciò, nel teatro moderno, il testo è diventato il protagonista, perciò si dice re-citare: cioè citare la “cosa”, cioè inserire puntualmente quanto è scritto. Ma il teatro, al contrario, può esistere solo in quanto è incomprensibile, in quanto è il nostro buio.

E gli spettatori, che – sono ancora parole tue – “reagiscono come vogliono quelli sulla scena”?

Servi anche loro, perché “si disoccupano”, ossia non scioperano. Informati dai giornali, e specialmente dai critici, vanno a teatro nella semplice attesa della rappresentazione: ma qui siamo bella re-presentazione, che segue alla re-citazione, che, a sua volta, sarà seguita dalla re-censione – non si sfugge, insomma. Siamo sempre alla “cosa”, al testo scritto e, in altri termini, alla tirannia della legge. E, in tal senso, tutti insieme – attori, spettatori e critici – quello che non vogliono è proprio il teatro, e tutti insieme sono impegnati a garantire che trionfino i soliti significati e niente resti impigliato tra i significanti.

Un attore, però, l’hai salvato: Vittorio Gassman…

Ma solo nel senso che – durante un convegno all’Argentina, mi pare – gli dissi: tu sei il meglio del peggio. E aggiunsi subito: cioè il pessimo, perché il meglio del peggio non può essere, appunto, che il pessimo.

E lui?

Si limitò a replicare con un: Questa non è male.

Ma se Gassman non è che il meglio del peggio, che cosa sarà mai Albertazzi, da sempre il tuo bersaglio preferito?

Beh, quello non lo citerei nemmeno.

Non esiste?

Non so, non sono mai andato a vederlo. Non m’interessa. La sua carriera? Diceva Oscar Wilde che solo la mediocrità fa progressi.

Riassumiamo: alla luce di quanto hai detto, che cos’è oggi il teatro?

In una società dello spettacolo – in cui capita che non solo i politici ma persino le casalinghe vadano a fare lo strip-tease in televisione – non è niente, è solo pulviscolo.

Passiamo a un argomento più piacevole, le donne. Una volta hai detto che anche a te piacciono molto, però a teatro “non servono”…

Peggio ancora, il giorno in cui nell’Ottocento, le donne tornarono in scena, fu un giorno funesto, voluto dal maschio, dalla cultura maschilista: perché, con lei, tornarono in scena le corna, gli amanti nell’armadio, i bambini, gli affetti, insomma tutto l’armamentario di quell’enorme presa per il culo che è il teatro borghese.

E i giovani?

Dovrebbero mettersi in testa che la giovinezza è fatta per studiare molto, per bere e per fare l’amore. Non è fatta per andare a scuola. È fatta per marinare la scuola, qualunque essa sia! Basta, in altri termini, con l’attendersi l’avvenire da nonno Stato, che poi, oltretutto, è uno stato defunto.

Senti, come hai trovato Napoli?

Per cominciare, noto che, mentre si parla tanto di napoletanità, vi si parla un napoletano bruttissimo. Non è il napoletano di Salvatore Di Giacomo, non è quello di Bovio, non è quello che a me può interessare, è brutto e basta. Aveva ragione Eduardo, insieme con il quale ho dato vari recital. Mi ripeteva sempre: tu devi dire Di Giacomo, anche, perchè i napoletani non lo sanno dire. E, in effetti, lui, Eduardo, e Roberto Murolo sono stati gli ultimi a saper parlare bene il napoletano almeno dal punto di vista della pronuncia. Ero dello stesso parere anche Mimì Rea, che pure non amava Eduardo. E, non fosse che per questo, Napoli mi sembra una città che si autocaltapesta.
V.C.

 

 

DICONO DI LUI

Carmelo Bene è un grande uomo di teatro che, come tutti gli uomini di teatro che contano, ha rotto con le tradizioni. È uno che ha sorpreso, che ha messo a disagio gli schemi, soprattutto, e la gente schematica riguardo al teatro. È uno che capovolgeva le regole, che ha tenuto veramente in grande considerazione che la prima regola nel teatro è che non ci sono regole… E questo naturalmente gli ha portato all’inizio, così, una specie di opposizione da parte dei tradizionalisti, ma poi ha vinto, ha vinto, ha avuto successo ovunque.
Dario Fo
Devo dire che quando si è vista una volta una rappresentazione di Bene, nella almeno triplice partizione di attore-autore-regista, non si ha più voglia di vedere gli altri, quale che sia il loro nome o la loro prestazione, tanto incolmabile diventa la differenza tra una personalità drammatica quale è la sua, e un interprete qualsiasi.
Jean-Paul Manganaro
Non si tratta di un anti-teatro, di un teatro nel teatro, o che neghi il teatro: Carmelo Bene ha una profonda avversione per le formule dette d’avanguardia. Si tratta invece di un’operazione più precisa: si comincia col sottrarre, col detrarre tutto quanto costituisce elemento di potere, nella lingua e nei gesti, nella rappresentazione e nel rappresentato. E non si può nemmeno dire che sia un’operazione negativa in quanto dà inizio e mette già in moto tanti processi positivi. Si detrae dunque o si amputa la storia, perché la Storia è il marchio temporale del Potere. Si toglie la struttura perché è il marchio sincronico, l’insieme dei rapporti tra invartianti. Si tolgono le costanti, gli elementi stabili o stabilzzanti perché appartengono all’uso maggiore. Si amputa il testo. Si amputa il testo, perché il testo è come il dominio della lingua sulla parola, e testimonia ancora un’invarianza o un’omogeneità. Si sopprime il dialogo, perché il dialogo trasmette alla parola gli elementi del potere, e li fa circolare. Ma cosa resta? Resta tutto, ma in una nuova luce, con nuovi suoni, con nuovi gesti.
Gilles Deleuze
Io credo che il pubblico principale di Carmelo Bene sia Carmelo Bene. E questo è molto evidente soprattutto nella televisione. È grazie alla televisione che Carmelo Bene manifesta la sua distanza, la sua assenza, perché, intanto è uno che ha capito benissimo il senso televisivo, cioè il sesto senso televisivo. Nella diretta televisiva, reale o virtuale, diciamo, o semi-diretta, si esperimenta appunto il “non essere in diretta” che è il senso più forte di tutto il lavoro di Bene. Cioè il non essere mai spiaccicato su se stesso, non essere mai la pura performance d’attore, la pura performance di regista…
Enrico Ghezzi

Il Carmelo Bene intimo delle poesie giovanili

Leo Lestingi, La Gazzetta del Mezzogiorno, 2021

Non crediamo che la genialità di Carmelo Bene (1937-2002) sia ancora da discutere, né che reggano per lui i paragoni e le disquisizioni di storia e critica del teatro contemporaneo. Qualcuno potrebbe ancora imputargli di non aver stabilito una sua puntuale poetica scritta, tentando di trasformarla in teoria, come ha fatto Artaud. Ma, forse, il suo narcisismo e la sua «crudeltà» sono stati di stoffa diversa, nel rifiuto anche della consolazione della teoria, del manifesto, del messaggio; secondo Goffredo Fofi, Bene avrebbe parlato e scritto solo per sé, esprimendo il disagio del vivere e, insieme, l’esigenza del vero, dell’essere, insomma, artista allo stato puro.
Continuano, però, ad essere pubblicati testi e ricerche sul grande salentino che, da angolature diverse, cercano di far luce con maggiore profondità sul suo itinerario e sulla sua eredità, al di là di quella ricezione critica parziale e ambigua che sembra ormai mostrare i suoi limiti, stando almeno al crescente numero di appropriazioni indebite e all’uso ricorrente di un vocabolario standardizzato, divenuto quasi obbligato nei suoi confronti.
Come il bel saggio di Simone Giorgina L’ultimo trovatore. Le opere letterarie di Carmelo Bene (edito qualche anno fa da Milella), che mette efficacemente in risalto la straordinaria ricchezza della scrittura beniana; o l’illuminante testo della barese Lorena Liberatore Il Salento metafisico di Carmelo Bene (edito da F.A.L. Vision), dove il Salento diventa, appunto, metafisico perché coincide con l’immaginario beniano, trasformandosi in visione artistica e culturale.
Per non parlare di un’antologia di testi finora inediti, come il recentissimo Ho sognato di vivere! Poesie giovanili (ed. Bompiani, pag. 128, Euro 15), che il nipote di Bene, Stefano De Mattia, ha recuperato fra le carte di famiglia: si tratta, infatti, di poesie scritte fra il 1950 e il 1958, pagine certo qua e là ancora acerbe ma che già preannunciano uno stile e una personalità singolari e un amore profondo per la poesia, una sorta di diario intimo in cui amore, solitudine, desiderio di fuga e di libertà si mescolano con il racconto del mondo osservato del Salento, e dove il paesaggio là fuori riverbera e riflette quello interiore.
Un bel testo recente di studio, ricco di riferimenti e sorretto da un’approfondita bibliografia, è quello scritto da un giovane e maturo studioso, Leonardo Mancini Carmelo Bene: fonti della poetica (edito da Mimesis, pagg. 378, euro 26), che ha per oggetto la stagione concertistica di Bene in una prospettiva storica, già lasciata presagire nei récital dei poeti russi a partire dal 1960 e che giunge a pieno compimento con il Manfred di Byron-Schumann (1979), un’occasione privilegiata per la messa in pratica di raffinate e inarrivabili tecniche declamatorie e di concezioni teatrali incentrate sul rifiuto della rappresentazione.
All’apice della sua multiforme carriera, estesa dal teatro alla letteratura, dalla radio al cinema e alla televisione, infatti, Bene propose sulle scene italiane un genere ibrido, il melologo, che era stato senz’altro minore nella storia del teatro europeo, ma sempre presente e gravido di conseguenze per gli sviluppi delle arti della scena e della musica. Mancini ripercorre, in questo testo, il periodo della formazione accademica e dei primi passi nell’arte di Bene, soprattutto in relazione con gli aspetti di anticipazione di temi e interessi, che di lì a breve tracceranno un percorso illuminante e quanto mai fertile nel prosieguo del suo cammino. Quando, a distanza di anni, Bene rivolgerà la propria critica al modello accademico, lo farà proprio denunciando l’assenza pedagogica di discipline da lui ritenute fondamentali, eredi di concezioni culturali più ampie nella storia del teatro: più importante di tutte, la declamazione. E, secondo Mancini, Bene, artefice del recupero dell’arte di Melpomene, infatti, riallacciò sapientemente i fili spezzati di una concezione culturale della declamazione di più antica costituzione, nella quale musica, filosofia e teatro coesistevano in un unico contesto.
Un ulteriore testo da segnalare è quello scritto da Luisa Viglietti Cominciò che era finita (Edizioni dell’Asino, pagg. 223, euro 16), l’ultima compagna di Bene, fra il 1994 fino alla fine, alla quale, dopo la sua scomparsa, è toccata un’eredità pesante, fatta di conflitti, errori, trascuratezze e rimpianti. Il libro offre diluì un racconto personale inedito che arriva con semplicità al lettore. Ma chi era veramente «l’uomo» Bene? Lo sanno, forse, scrive la Viglietti, solo i pochi amici con cui aveva mantenuto una solida relazione nel corso degli anni: lui si dichiarava «eremita» e conduceva veramente una vita semplice, ascetica e ritirata; ma è difficile per quanto non l’hanno conosciuto «da vicino» avere un’idea di chi fosse, lontano dal personaggio che, suo malgrado, s’era creato.
Il libro della Viglietti è ricco di aneddoti, popolato di persone, donne, critici, impresari, tecnici, case e luoghi (soprattutto Otranto e la curiosa abitudine di Bene di cucinare), anche di episodi che riguardano la salute del suo compagno, che l’hanno angosciata a lungo. A me ha colpito, ad esempio, quello che Viglietti racconta a proposito dell’ultima operazione chirurgica, quando, la notte prima dell’intervento, Carmelo le parlò a lungo del dolore più grande della sua vita, la perdita di suo figlio Alessandro, all’età di quattro anni, avuto dalla prima moglie Giuliana Rossi.
Ne viene fuori, così, il ritratto di un Bene «intimo», dove quella che definirei la sua paradossale «santità» è stata anche la sua dannazione, che consisteva propriamente nello scacco dell’esserci, nel patimento del trascorrere del tempo e dell’inesorabile sopraggiungere della morte; una santità gnostica e personalissima, che a me pare consistere nel suo sentire moderno e, insieme, antico, nel suo vano combattimento che cercava almeno di salvare, dell’uomo, un’impossibile e pur sperata autenticità.

OPERE

Teatro
Gli esordi: il rifiuto delle Accademie e il Teatro Laboratorio:

Caligola, di Albert Camus. Versione italiana di Alberto Ruggiero e Carmelo Bene. Regia di Alberto Ruggiero. Con Antonio Salines, Flavia Milanta. Scene e costumi di Titus Vossberg. Roma, Teatro delle Arti, 1959.

Spettacolo-concerto Majakovskij, da Vladimir Vladimirovič Majakovskij, Alexander Blok, Sergej Aleksandrovič Esenin, Boris Leonidovič Pasternak. Musiche dal vivo: Sylvano Bussotti. Bologna, Teatro alla Ribalta, 1960.

Caligola, di Albert Camus, (II edizione). Scene di G. Bignardi. Genova, Teatro Politeama, 1961.

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, da Robert Louis Stevenson. Scene di G. Bignardi. Genova, La Borsa di Arlecchino, 1961.

Tre atti unici di Marcello Barlocco. Genova, Teatro Eleonora Duse, 1961.

Gregorio: cabaret dell’Ottocento. Con R. B. Scerrino, N. Casale, M. Nevastri, P. Falaja. Scene di S. Vendittelli. Roma, Teatro Ridotto dell’Eliseo, 1961.

Pinocchio, da Carlo Collodi. Con R. B. Scerrino, G. Lavaggetto. Roma, Teatro Laboratorio, 1961.

Amleto, da William Shakespeare. Con R. B. Scerrino, C. Sonni, L. Mezzanotte. Roma, Teatro Laboratorio, 1961.

Spettacolo-concerto Majakovskij (II edizione). Musiche dal vivo di A. Rosselli. Roma, Teatro Laboratorio, 1962.

Opere di Carmelo Bene ( Leggi anche)

Spettacolo-concerto Majakovskij, (III edizione). Musiche dal vivo di G. Lenti. Roma, Teatro Laboratorio, 1962.

Addio porco (II edizione di Gregorio: Cabaret dell’Ottocento). Con R. B. Scerrino, L. Mezzanotte. Roma, Teatro Laboratorio, 1963.

Cristo ’63. Con Alberto Greco. Roma, Teatro Laboratorio, 1963.

Dopo il Teatro Laboratorio, l’inizio del sodalizio con Lydia Mancinelli

Edoardo II da Christopher Marlowe. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Helen Cameron, Michele Francis, Luigi Mezzanotte, Giacomo Ricci. Roma, Teatro Arlecchino, 31 maggio 1963.

I polacchi (Ubu Roi) da Alfred Jarry. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Helen Cameron, Edoardo Florio, Luigi Mezzanotte, Edoardo Torricella, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro dei Satiri, 11 ottobre 1963.

Salomè da Oscar Wilde. Regia e costumi di Carmelo Bene. Scene di Salvatore Vendittelli. Interpreti: Carmelo Bene, Franco Citti, Edoardo Florio, Alfredo Leggi, Rosa Bianca Scerrino, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro delle Muse, 2 marzo 1964.

Pinocchio (II edizione) da Carlo Collodi. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Maschere di Salvatore Vendittelli. Tecnico del suono: Elia Jezzi. Interpreti: Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Gino Lavagetto, Luigi Mezzanotte, Edoardo Torricella, Alfiero Vincenti. Spoleto, “Festival dei Due Mondi”, Teatro Tenda, 4 luglio 1964.

Amleto (II edizione) da William Shakespeare. Regia, scene, costumi e musiche di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Manuela Kustermann, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Manlio Nevastri. Spoleto, “Festival dei Due Mondi”, Teatro Tenda, 9 luglio 1964.

La storia di Sawney Bean di Roberto Lerici. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Interpreti: Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte. Roma, Teatro delle Arti, 6 ottobre 1964.

Manon da romanzo dell’Abate Antoine François Prévost. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Federico Boido, Emanuela Kustermann, Lydia Mancinelli, Rosa Bianca Scerrino, Piero Vida, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro Arlecchino, 2 gennaio 1965.

Basta, con un “Vi amo” mi ero quasi promesso. Amleto o le conseguenze della pietà filiale da William Shakespeare e Jules Laforgue. Regia, scene, costumi e musiche di Carmelo Bene, con la collaborazione di Salvatore Siniscalchi. Interpreti: Carmelo Bene, Enrico Boido, Ornella Ferrari, Edoardo Florio, Michele Francis, Manuela Kustermann, Lydia Mancinelli, Manlio Nevastri, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro Arlecchino, 6 aprile 1965.

Faust o Margherita di Carmelo Bene e Franco Cuomo. Regia e costumi di Carmelo Bene. Scene di Salvatore Vendittelli. Interpreti: Carmelo Bene, Angela Angelucci, Manuela Kustermann, Lydia Mancinelli, Valeria Nardone, Mario Tempesta, Rosaria Vadacea, Piero Vida, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro dei Satiri, 4 gennaio 1966.

Pinocchio ‘66 da Carlo Collodi. Adattamento, regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Maschere di Salvatore Vendittelli. Direttore tecnico: Elia Jezzi. Luci di S. e M. Feliciangeli. Interpreti: Carmelo Bene, Edoardo Florio, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Valeria Nardone, Manlio Nevastri, Piero Vida. Pisa, Teatro Verdi, 19 febbraio 1966.

Pinocchio (II edizione) da Carlo Collodi. Roma, Teatro Centrale, 18 marzo 1966.

Il Rosa e il Nero da Il Monaco di Matthew Gregory Lewis. Adattamento e regia di Carmelo Bene. Scene di Salvatore Vendittelli e Aldo Braibanti. Musiche di Sylvano Bussotti e Vittorio Gelmetti. Interpreti: Carmelo Bene, Ornella Ferrari, Lydia Mancinelli, Maria Monti, Rossana Rovere, Silvano Spadaccino. Roma, Teatro delle Muse, 10 ottobre 1966.

Nostra Signora dei Turchi (I edizione). Testo e regia di Carmelo Bene. Scene di Salvatore Vendittelli e Antonio Caputo. Locandina di Antonio Caputo. Interpreti: Carmelo Bene, Lydia Mancinelli e Margherita Puratich. Roma, Beat ’72, 1 dicembre 1966.

Amleto o le conseguenze della pietà filiale da William Shakespeare e Jules Laforgue (II edizione). Regia, costumi e musiche di Carmelo Bene. Realizzazione di Osvaldo Testa. Interpreti: Carmelo Bene, Adriano Bocchetta, Edoardo Florio, Michele Francis, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Andrea Moroni, Pietro Napolitano, Manlio Nevastri, Pino Prete, Margherita Puratich, Carla Tatò. Roma, Beat ’72, 20 marzo 1967.

Salvatore Giuliano, vita di una rosa rossa di Nino Massari. Regia di Carmelo Bene. Interpreti: Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Carla Tatò. Roma, Beat ’72, 10 aprile 1967.

Salomè da Oscar Wilde (II edizione). Regia di Carmelo Bene. Interpreti: Lydia Mancinelli, Rosa Bianca Scerrino, Manlio Nevastri, Salvatore Siniscalchi, Pino Prete. Roma, Beat ’72, 1967.

Arden of Feversham da Anonimo elisabettiano. Adattamento di Carmelo Bene e Salvatore Siniscalchi. Regia di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Giovanni Davoli, Ninetto Davoli, Franco Gulà, Lydia Mancinelli, Manlio Nevastri, Alfiero Vincenti. Roma, Teatro Carmelo Bene, 15 gennaio1968.

Spettacolo-concerto Majakovskij (IV edizione) da Vladimir Majakovskij di e con Carmelo Bene. Musiche dal vivo di Vittorio Gelmetti. Roma, Teatro Carmelo Bene, 29 gennaio 1968.

Don Chisciotte da Miguel de Cervantes. Adattamento di Carmelo Bene e Leo de Berardinis Interpreti: Carmelo Bene, Lydia  Mancinelli, Leo de Berardinis, Perla Peragallo, Clara Colosimo, Gustavo D’Arpe, Claudio Orsi. Roma, Teatro Carmelo Bene, 25 ottobre 1968

Gli anni dei grandi trionfi in scena:

Nostra Signora dei Turchi (II edizione). Regia di Carmelo Bene. Scene di Gino Marotta. Interpreti: Carmelo Bene, Luciana Cante, Lydia Mancinelli. Bologna, Teatro Eleonora Duse, 7 aprile 1972.

La cena delle beffe da Sem Benelli. Adattamento, regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di Vittorio Gelmetti. Interpreti: Carmelo Bene e Gigi Proietti, Aleiardo Barrera, Roberto Caporali, Carla Cassola, Carlo Colombo, Alessandro Haber, Roberto Lattanzio, Franco Leo, Lydia Mancinelli, Fedele Massimo, Carlo Monni, Stefania Nelli, Simona Ranieri, Isabella Russo. Firenze, Teatro La Pergola, 11 gennaio 1974.

S.A.D.E. ovvero libertinaggio e decadenza del complesso bandistico della Gendarmeria salentina di Carmelo Bene. Regia di Carmelo Bene. Scene e costumi di Giancarlo Bignardi. Musiche di Sante Maria Romitelli. Direttore d’orchestra: Luigi Zito. Interpreti: Carmelo Bene, Luciana Cante, Giuseppe Castronuovo, Cosimo Cinieri, Franco Cosolito, Francesco De Rosa, Massimo Fedele, Walter Francesconi, Vincenzo Iadicicco, Lydia Mancinelli, Stefania Nelli, Isabella Russo, Giorgio Tieghi, Alfiero Vincenti, Vladimiro Waiman. Milano, Teatro Manzoni, 3 ottobre 1974.

Amleto di Carmelo Bene da William Shakespeare e Jules Laforgue (III edizione). Regia, scene, costumi e musiche a cura di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Paolo Baroni, Benedetta Buccellato, M. Novella De Cristofaro, Massimo Fedele, Franco Leo, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, M. Agnes Nobecourt, Maria Luisa Serena, Marina Tagliaferri, Vera Venturini, Alfiero Vincenti. Prato, Teatro Metastasio, 8 ottobre 1975.

Faust-Marlowe-Burlesque di Aldo Trionfo e Lorenzo Salveti. Regia e colonna sonora di Aldo Trionfo. Scene di Emanuele Luzzati. Costumi di Giorgio Panni. Interpreti: Carmelo Bene e Franco Branciaroli. Prato, Teatro Metastasio, 22 marzo 1976.

Romeo e Giulietta (storia di Shakespeare) secondo Carmelo Bene. Collaboratori al testo e alla traduzione italiana Franco Cuomo e Roberto Lerici. Regia e colonna sonora di Carmelo Bene. Musiche originali di Luigi Zito. Interpreti: Carmelo Bene, Paolo Baroni, Mariano Brancaccio, Franco Branciaroli, Mauro Bronchi, Rosalina D’Angelo, Edoardo Florio, Barbara Lerici, Roberta Lerici, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Alfiero Vincenti. Maestro d’armi: E. Musumeci Greco. Prato, Teatro Metastasio, 17 dicembre 1976.

Riccardo III (da Shakespeare) secondo Carmelo Bene. Adattamento e regia di Carmelo Bene. Realizzazione scene a cura di Walter Pace. Musiche originali di Luigi Zito. Interpreti: Carmelo Bene, Maria Boccuni, Maria Grazia Grassini, Susanna Javicoli, Lydia Mancinelli, Laura Morante, Daniela Silverio. Cesena, Teatro Bonci, 21 dicembre 1977.

S.A.D.E. ovvero libertinaggio e decadenza del complesso bandistico della Gendarmeria salentina (II edizione). In lingua francese. Parigi, “Festival d’Automne”, Opèra-Comique, 1977.

Otello, o la deficienza della donna da William Shakespeare. Adattamento di Carmelo Bene e Cosimo Cinieri. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di Luigi Zito. Interpreti: Carmelo Bene, Luca Bosisio, Jan-Paul Boucher, Cosimo Cinieri, Cesare Dell’Aguzzo, Licia Dotti, Susanna Javicoli, Michela Martini. Jesi (Ancona), Teatro Pergolesi, 13 gennaio 1979.

Manfred di George Gordon Byron. Traduzione italiana di Carmelo Bene. Musiche di Robert Alexander Schumann. Orchestra e coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Piero Bellugi. Interpreti: Carmelo Bene, Sabrina Bizzo, Mario Bolognesi, Patrizia Dordi, Giorgio Gatti, Lydia Mancinelli. Roma, Auditorium di Via della Conciliazione, 6 maggio 1979.

Spettacolo-concerto Majakovskij (V edizione). Regia e interpretazione di Carmelo Bene. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Percussioni dal vivo di A. Striano. Perugia, “XXXV Sagra musicale umbra”, Teatro Morlacchi, 21 settembre 1980.

Hyperion da Friedrich Hölderlin e Bruno Maderna. Traduzione italiana, adattamento e interpretazione di Carmelo Bene. Musiche di Bruno Maderna. Orchestra e coro dell’Accademia di S. Cecilia diretta da Marcello Panni. Roma, Auditorium di Via della Conciliazione, 23 novembre 1980.

Lectura Dantis da Dante Alighieri di e con Carmelo Bene. Musiche introduttive di Salvatore Sciarrino. Flauto solista: David Bellugi. Bologna, Torre degli Asinelli, 31 luglio 1981.

Gli ultimi anni:

Recital di poesie da Dante Alighieri e Eduardo De Filippo. Interpreti: Carmelo Bene e Eduardo De Filippo. Roma, Palasport, 15 novembre 1981.

Pinocchio (Storia di un burattino) (III edizione) da Carlo Collodi di Carmelo Bene. Musiche di scena di Gaetano Giani Luporini. Maschere di Giovanni Gianese. Interpreti: Carmelo Bene, Lydia Mancinelli e con la partecipazione dei fratelli Mascherra. Pisa, Teatro Verdi, 5 dicembre 1981.

Poesia e musica a sorpresa per i popoli della Polonia e del Salvador da Dino Campana con Carmelo Bene e Flavio Cucchi (chitarra classica). Milano, Palazzo dello Sport, 13 marzo 1982.

Recital di poesie di Carmelo Bene e Eduardo De Filippo. Pisa, Teatro Verdi, 18 marzo 1982.

Macbeth, due tempi di Carmelo Bene da Shakespeare.  Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di Giuseppe Verdi. Interpreti: Carmelo Bene, Susanna Javicoli. Orchestrazione e direzione su base di Luigi Zito. Consulente per la strumentazione fonica: Salvatore Maenza. Milano, Teatro Lirico, 4 gennaio 1983.

Poesia della voce – Voce della poesia (Dante, Manzoni, Campana, Leopardi, Pascoli) di e con Carmelo Bene. Milano, Teatro Lirico, 10 gennaio 1983.

Egmont (Un ritratto di Goethe). Versione italiana ed elaborazione per concerto e voce solista di Carmelo Bene. Musiche di Ludwig van Beethoven. Direttore d’orchestra: Gerd Albrecht. Interpreti: Carmelo Bene, Barbara Lerici, Edith Matis (soprano). Orchestra e coro dell’Accademia di Santa Cecilia. Coro diretto da Giulio Bertola. Roma, Piazza del Campidoglio, 30 giugno 1983.

… Mi presero gli occhi da Friedrich Hölderlin e Giacomo Leopardi di e con Carmelo Bene. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Torino, Teatro Colosseo, 3 novembre 1983.

L’Adelchi di Alessandro Manzoni (in forma di concerto). Uno studio di Carmelo Bene e Giuseppe Di Leva. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Interpreti: Carmelo Bene, Anna Perino, Antonio Striano (percussioni). Milano, “Manzoni: il suo e il nostro tempo”, Teatro Lirico, 23 febbraio 1984.

Concerto dal mare. Il mare dalla “Commedia” ai “Canti Orfici” di e con Carmelo Bene. La Spezia, “Grandestate La Spezia ’84”, 1° agosto 1984.

Otello di William Shakespeare secondo Carmelo Bene. Regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di Luigi Zito. Interpreti: Carmelo Bene, Cristina Borgogni, Valerio de Margheriti, Benedetta Fazzini, Isaac George, Filippo Mascherra, Anna Perino, Marina Polla De Luca. Pisa, Teatro Verdi, 9 gennaio 1985.

Lorenzaccio al di là di Alfred De Musset e Benedetto Varchi di Carmelo Bene. Regia di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Mauro Contini, George Isaac. Firenze, Ridotto del Teatro Comunale, 4 novembre 1986.

Canti di Giacomo Leopardi. Con Carmelo Bene. Recanati, Piazza Leopardi, 12 settembre 1987.

Hommelette for Hamlet da Jules Laforgue di Carmelo Bene. Scene e costumi di Gino Marotta. Musiche originali adattate e dirette da Luigi Zito. Protesi scultoree di Giovanni Gianese. Interpreti: Carmelo Bene, Ugo Trama, Marina Polla de Luca, Achille Brugnini, Stefania De Santis, Osvaldo Cattaneo, Walter Esposito, Franco Felici, Luciano Fiaschi, Davide Riboli, Andrea Zuccolo. Torino, Teatro Vittorio Alfieri, 1° dicembre 1987.

La cena delle beffe da Sem Benelli (II edizione). Adattamento e regia, scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di scena di Lorenzo Ferrero. Interpreti: Carmelo Bene, David Zed, Raffaella Baracchi, Achille Brugnini, Stefania De Santis, Davide Riboli. Voce di Ginevra: Susanna Javicoli. Perugia, Teatro Morlacchi, 3 dicembre 1988.

Pentesilea, la macchina attoriale – attorialità della macchina da Kleist, Omero e Post-Omerica nella versione di Carmelo Bene. Momento nº 1 del progetto-ricerca “Achilleide”. Interpreti: Carmelo Bene, Anna Perino. Elaborazioni musicali elettroniche di Carmelo Bene. Milano, Cortile della Rocchetta del Castello Sforzesco, 26 luglio 1989.

Pentesilea – Achilleide momento nº 2 di e con Carmelo Bene. Roma, Teatro Olimpico, 17 aprile 1990.

Adelchi da Alessandro Manzoni di e con Carmelo Bene. In memoria di Aldo Moro. Roma, Teatro delle Arti, 21 febbraio 1992.

Pinocchio-0 di e con Carmelo Bene. Roma, Teatro delle Arti, 26 febbraio 1992.

Hamlet Suite.  Spettacolo-concerto da Jules Laforgue. Testi, regia e musica di Carmelo Bene. Costumi di Luisa Viglietti. Interpreti: Carmelo Bene, Paula Boschi, Monica Chiarabelli. Verona, XXXXVI Festival Shakespeariano, Teatro Romano, 20 luglio 1994.

Canti Orfici di Dino Campana. Interprete unico: Carmelo Bene. Macerata, “Macerataopera”, Arena Sferisterio, 8 agosto 1994.

Canti Orfici. Poesia della voce e voce della poesia di e con Carmelo Bene da Dino Campana. Ostia Antica, Teatro Romano, agosto 1994.

Canti di Giacomo Leopardi. Interprete unico: Carmelo Bene. Casertavecchia (Caserta), Piazza del Duomo, 6 settembre 1994.

Macbeth Horror Suite da William Shakespeare. Adattamento, regia e drammaturgia musicale di Carmelo Bene. Musiche di Giuseppe Verdi. Costumi di Luisa Viglietti. Scene di Tiziano Fario. Interpreti: Carmelo Bene, Silvia Pasello. Roma, Festival d’Autunno, Teatro Argentina, 30 settembre 1996.

Adelchi di Alessandro Manzoni. Elaborazione in due tempi di Carmelo Bene. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Interpreti: Carmelo Bene, Elisabetta Pozzi. Roma, Teatro Quirino, 8 ottobre 1997.

Voce dei Canti da Giacomo Leopardi. Interpreti: Carmelo Bene, Sonia Bergamasco (pianoforte). Roma, Teatro Olimpico, 5 giugno 1998.

Pinocchio ovvero lo spettacolo della provvidenza da Carlo Collodi. Riduzione, adattamento e regia di Carmelo Bene. Scene e maschere di Tiziano Fario. Costumi di Luisa Viglietti. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Luci di Davide Ronchieri. Suoni live di Marcello Aiello. Interpreti: Carmelo Bene, Sonia Bergamasco. Voce in playback di Lydia Mancinelli. Roma, Festival d’Autunno, Teatro dell’Angelo, 10 novembre 1998.

Gabriele D’Annunzio. Concerto d’autore. Regia e interpretazione di Carmelo Bene. Musiche di Gaetano Giani Luporini. Scene di Tiziano Fario. Luci di Davide Ronchieri. Costumi di Luisa Viglietti. Roma, Teatro dell’Angelo, 26 novembre 1999.

In-vulnerabilità d’Achille, impossibile suite tra Ilio e Sciro da Omero, Cecilio Stazio, Heinrich von Kleist. Regia, interpretazione e arrangiamenti musicali di Carmelo Bene. Scene di Tiziano Fario. Costumi di Luisa Viglietti. Roma, Teatro Argentina, 24 novembre 2000.

Lectura Dantis da Dante Alighieri. Interpreti: Carmelo Bene, Fernando Grillo (contrabbasso). Otranto, Fossato del Castello, 5 settembre 2001.

Libri

Pinocchio Manon e proposte per il teatro, Milano, Lerici, 1964.

Nostra Signora dei Turchi, Milano, Sugar, 1966 (riedizione, con introduzione di Ugo Volli, Milano, SugarCo, 1978).

Credito italiano V.E.R.D.I., Milano, Sugar, 1967.

L’orecchio mancante, Milano, Feltrinelli, 1970.

A boccaperta (raccolta di testi), Torino, Einaudi, 1976. Ristampa del solo testo di A boccaperta, Linea d’ombra, Milano 1993.

Il rosa e il nero in F. Quadri, L’avanguardia teatrale in Italia, Einaudi, Torino, 1977.

Dramaturgie, traduzione di S.A.D.E. curata da Jean-Paul Manganaro e D. Dubroca, e scritti di J. Guinot e F. Quadri, Garnier, Sarcelles, 1977.

Sovrapposizioni, (con Gilles Deleuze), Feltrinelli, Milano 1978 (ristampa ampliata: Quodlibet, Macerata, 2002, 2ª ed. 2006).

Pinocchio, Giusti, Firenze 1978.

Manfred, Giusti, Firenze 1980.

Pinocchio, (con G. Dotto, Pinocchio o lo spettacolo della Provvidenza, distrazione a due voci tra scena e quinta), La casa Usher, Firenze, 1981.

Otello, o la deficienza della donna (contiene saggi critici di Gilles Deleuze, Maurizio Grande, Pierre Klossowski, Jean-Paul Manganaro, Giancarlo Dotto), Feltrinelli, Milano 1981.

La voce di Narciso (contiene interventi di S. Colomba, M. Grande, A. Signorini), Il Saggiatore, Milano, 1992.

Sono apparso alla Madonna, Longanesi, Milano 1983.

L’Adelchi o della volgarità del politico (Con G. Di Leva), Longanesi, Milano 1984.

Lorenzaccio (contiene lo studio di Maurizio Grande, La grandiosità del vano), Nostra Signora Editrice, Roma 1986.

La ricerca teatrale nella rappresentazione di Stato (o dello spettacolo fantasma prima e dopo Carmelo Bene), in AA. VV., La ricerca impossibile. Biennale Teatro ’89 (Contiene saggi di Umberto Artioli, C. Dumoulié, E. Ladini, Maurizio Grande, Jean-Paul Manganaro, A. Scala), Marsilio, Venezia 1990.

Il teatro senza spettacolo (Contiene saggi di Umberto Artioli, C. Dumoulié, E. Ladini, Maurizio Grande, Pierre Klossowski, Jean-Paul Manganaro, A. Scala), Marsilio, Venezia 1990.

Vulnerabile invulnerabilità e necrofilia in Achille. Poesia orale su scritto incidentato. Versioni da Stazio, Omero, Kleist, Nostra Signora Editrice, Roma, 1993.

Lorenzaccio e Il teatro di Bene e la pittura di Bacon (Edizione fuori commercio per gli abbonati di Linea d’ombra, allegato al n. 78 del gennaio 1993), Milano – Roma, Linea d’ombra – Nostra signora, 1993.

Opere con l’Autografia d’un ritratto, Bompiani, Milano 1995, (contiene l’opera omnia di Bene, selezionata e revisionata dall’autore, più un’antologia critica). Riediz. Classici Bompiani, Milano, 2002.

Nulla patria in profeta, in AA.VV., L’immemoriale (Con scritti di Gilles Deleuze, Goffredo Fofi, P. Giacchè, N. Savarese, F. Taviani, Argo, Lecco), 1995.

Discorso su due piedi (il calcio) con Enrico Ghezzi, Bompiani, Milano 1998.

Vita di Carmelo Bene con Giancarlo Dotto, Bompiani, Milano 1998 (2ª ed. 2005).

‘l mal de’ fior poema, Bompiani, Milano 2000.

Un dio assente (monologo a due voci sul teatro) con Umberto Artioli, Edizioni Medusa, Milano, 2006.

Cinema

Regista

Ventriloquio (1970), cortometraggio (17′). Con Carmelo Bene.

Hermitage (1968), cortometraggio (25′). Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli.

Il Barocco leccese (1968), cortometraggio (6′). Documentario.

A proposito di “Arden of Feversham” (1968), cortometraggio (20′). Con Carmelo Bene, Giovanni Davoli, Manlio Nevastri.

Nostra Signora dei Turchi (1968), lungometraggio (124′). Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Ornella Ferrari, Anita Masini, Salvatore Siniscalchi, Vincenzo Musso. Premio speciale della giuria al XXIX Festival di Venezia (“per la totale libertà con cui ha espresso la sua forza creativa mediante il mezzo cinematografico”).

Capricci (1969), lungometraggio (89′). Con Carmelo Bene, Anne Wiazemsky, Tonino Caputo, Giovanni Davoli, Ornella Ferrari, Gian Carlo Fusco, Poldo Bendandi. Presentato al XXII festival di Cannes 1969, Quinzaine des Realisateurs.

Don Giovanni (1970), lungometraggio (90′).

Salomè (1972), lungometraggio (80′). Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Alfiero Vincenti, Donyale Luna, Veruschka von Lehndorff, Piero Vida, Franco Leo, Ninetto Davoli.

Un Amleto di meno (1973), lungometraggio (70′). Con Carmelo Bene, Luciana Cante, Sergio di Giulio, Franco Leo, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Isabella Russo, Giuseppe Tuminelli, Alfiero Vincenti. Soggetto liberamente tratto da: Jules Laforgue, “Hamlet, ou les suites de le pitié filiale” (1877).

Attore

Un’ora prima di Amleto + Pinocchio, regia di Paolo Brunatto (1965).

Bis, regia di Paolo Brunatto, (1965).

Edipo re, regia di Pier Paolo Pasolini, (1967).

Lo scatenato, regia di Franco Indovina (1967).

Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock, regia di Nico D’Alessandria (1967) (voce narrante).

Umano, non umano, regia di Mario Schifano (1969).

Colpo rovente, regia di Piero Zuffi (1969-1970).

Necropolis, regia di Franco Brocani (1970).

Tre nel mille, regia di Franco Indovina, (1970), (mandato in onda in Rai con il titolo Storie dell’anno mille nel gennaio/febbraio 1973).

Claro, regia di Glauber Rocha (1975).

Televisione

Storie dell’anno Mille (originale televisivo in 6 episodi) (1973), con Franco Parenti, Giancarlo Dettori, Carmelo Bene; regia di Franco Indovina; soggetto e sceneggiatura di Tonino Guerra e Luigi Malerba.

Bene! Quattro diversi modi di morire in versi. Blok- Majakovskij-Esènin-Pasternak (1974), adattamento testi di C. Bene e R. Lerici; traduzioni di: I. Ambrogio, R. Poggioli, A. M. Ripellino, B. Carnevali; riduzione, adattamento, regia e voce recitante C. Bene. Durata 1h 20′, trasmesso in due parti il 27 e 28/10/1977, Rai 2.

Amleto di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue) (1974), regia, scene, costumi e interprete principale Carmelo Bene. Altri interpreti: A. Vincenti, J. P. Boucher, F. Leo, P. Baroni, L. Mezzanotte, D. Silverio, S. Javicoli, L. Bosisio, M. A. Nobencourt, L. Morante, L. Mancinelli, C. Cinieri. Durata 63′; trasmesso il 22/4/1978, Rai 2.

Riccardo III da Shakespeare secondo Carmelo Bene (1977), regia, scene, costumi e interprete principale Carmelo Bene. Con L. Mancinelli, M. G. Grassini, D. Silverio, S. Javicoli, L. Morante, L. Dotti. Durata 76′; trasmesso il 7/12/1981, Rai 2.

Manfred versione per concerto in forma di oratorio (1979), regia e interprete principale Carmelo Bene. Altri interpreti: L. Mancinelli, A. Tammaro, S. Mukhametova, D. Di Domenico, F. Tasin, B. Ferracchiato, A. Picciau, A. Santi. Orchestra e coro comunale di Bologna; direttore d’orchestra P. Bellugi; maestro del coro L. Magiera, trasmesso il 12/9/1983, Rai 2.

L’Adelchi di Alessandro Manzoni in forma di concerto (1984), da uno studio di Caremelo Bene e Giuseppe Di Leva “L’Adelchi o la volgarità del politico” Regia e interprete principale Carmelo Bene; regia televisiva C. Battistoni. Con A. Perino. Percussioni live A. Striano. Registrato al Teatro Lirico di Milano; trasmesso il 9/9/1985, Rai 2.

Carmelo Bene e i canti di Giacomo Leopardi (1987), intervista introduttiva con M. Grande e Vanni Leopardi e lettura dei Canti di C. Bene. Riprese in diretta da Villa Leopardi e in piazza Leopardi a Recanati; regia televisiva F. Di Rosa; trasmesso il 12/9/1987, Rai 3.

Hommelette for Hamlet, operetta inqualificabile (da J. Laforgue) (1987), regia e interprete principale Carmelo Bene. Altri interpreti U. Trama, Marina Polla De Luca, A. Brugnini, S. De Santis, V. Waiman, O. Cattaneo, W. Esposito, F. Felice, L. Fiaschi, D. Riboli, A. Zuccolo. Durata 62′; trasmesso il 25/11/1990, Rai 3.

Macbeth horror suite di Carmelo Bene da William Shalespeare (1996), regia e interprete principale Carmelo Bene. Con S. Pasello. Realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; durata 60′; trasmesso il 5/4/1997, Rai 2.

Lectura Dantis (1996), regia e interprete principale Carmelo Bene. Realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; Rai 2.

Canti Orfici (1996), regia e interprete principale Carmelo Bene. Realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; durata 62’33”, trasmesso da Rai 2.

Carmelo Bene – In-vulnerabilità d’Achille (tra Sciro e Ilio) (1997), libera versione poetica da Stazio, Kleist, Omero; regia, scene, costumi e voce solista Carmelo Bene. Rai; durata 50’50”.

Carmelo Bene e la voce dei Canti, dai Canti di Giacomo Leopardi (1998). Testi, regia e interprete Carmelo Bene, pianoforte solista Sonia Bergamasco. Trasmesso in sette puntate di circa 30′ dal giugno al luglio 1998 da Rai 2.

Pinocchio, ovvero lo spettacolo della provvidenza (1999), riduzione e adattamento da Carlo Collodi. Testi, regia e interprete principale Carmelo Bene. Altri interpreti: S. Bergamasco. Durata 75′; trasmesso il 29/5/1999, Rai 2.

Carmelo Bene in Carmelo Bene – Quattro momenti su tutto il nulla (2001). Durata1 h 45′; Rai 2 Palcoscenico.

Otello, o la deficienza della donna di William Shakespeare secondo Carmelo Bene (2002), riprese del 1979, presso gli studi Rai di Torino; montaggio 2001/2002 di Caremelo Bene e M. Fogliatti; regia scene, costumi e interprete principale Carmelo Bene. Con C. Cinieri, M. Martini, L. Bosisio, C. Dell’Aguzzo, J. P. Boucher. Proiettato in prima internazionale al Teatro Argentina il 18 marzo 2002; durata 76′ 46″.

Lorenzaccio, al di là di de Musset e Benedetto Varchi (2003), di Carmelo Bene. Interpreti: Carmelo Bene, Isaac George, Mauro Contini. Registrazione dello spettacolo teatrale del 1986, montaggio di Mauro Contini con la supervisione di Carmelo Bene. Durata 90′. Proiettato in prima internazionale all’Auditorium Parco della Musica di Roma nell’ambito della manifestazione “Roma per Carmelo ” il 1º settembre 2003.

Radio (produzioni Rai)

Le interviste impossibili (1973), Carmelo Bene partecipa a 15 puntate interpretando, tra gli altri, Oscar Wilde, Casanova, Jack lo squartatore, De Amicis e Attila.

Cassio governa Cipro (1973), di G. Manganelli. Con Carmelo Bene, Cosimo Cinieri, Lydia Mancinelli, Giacomo Ricci, Rosa Bianca Scerrino, Renata Biserri, Alessandro Haber, Piero Baldini.

Nostra signora dei turchi (1973).

In un luogo imprecisato (1974), di G. Manganelli.

Amleto (1974) da Shakespeare e Laforgue.

Pinocchio (1974), due parti dal romanzo omonimo di Carlo Lorenzini Collodi. Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Bianca Doriglia, Cosimo Cinieri, Alfiero Vincenti, Rosa Bianca Scerrino, Irma Palazzo.

Salomè (1975), da O. Wilde.

Tamerlano il grande (1975), di C. Marlowe. Protagonista Carmelo Bene, regia Carlo Quartucci.

Romeo e Giulietta (1976), da W. Shakespeare.

Cuore (1979), di E. de Amicis.

Manfred (1979), da Byron – Schumann.

Otello (1979), da W. Shakespeare.

Hyperion (1979), da F. Hölderlin – Maderna.

Egmont (1983), da Goethe – Beethoven.

L’Adelchi (1984), da A. Manzoni.

Canti orfici (1997), di D. Campana

Lectura Dantis (1997), da Dante Alighieri.

Carmelo Bene e la voce dei Canti di Giacomo Leopardi (1998).

Pinocchio, ovvero lo spettacolo della provvidenza, di C. Collodi (1998).

Gabriele D’Annunzio – La figlia di Iorio, da G. D’Annunzio (1999).

In-vulnerabilità d’Achille, da Stazio, Omero e Kleist (2000).

Discografia

Il teatro laboratorio Majakovskij e Garcia Lorca, attore-solista C. Bene. Musiche di G. Lenti; Roma, RCA Edizioni letterarie (1962).

Una nottata di Carmelo Bene con Romeo, Giulietta e compagni, a cura di R. Lerici – registrazioni al Teatro Valle di Roma durante le prove di Romeo e Giulietta 1976. Audiolibri Mondadori (1976).

Carmelo Bene – Manfred – Byron-Schumann; poema drammatico di G. G. Byron; musiche da R. Schumann; traduzione italiana, regia e voce solista C. Bene. Con: L. Mancinelli, S. Baleani, W. Borelli, E. Buoso, C. del Bosco. Orchestra e coro del Teatro alla Scala, direttore D. Renzetti; direttore del coro R. Gandolfi. Registrazione live effettuata al Teatro della Scala di Milano il 1° ottobre 1980; doppio LP stereo, Fonit Cetra (1980).

Carmelo Bene – Majakovskij, dedicato a Sandro Pertini, nel cinquantenario della morte di Majakovskij e nel centenario della nascita di Blok, concerto per voce recitante e percussioni. Testi di A. Blok, V. Majakovskij, S. Esenin, B. Pasternak; traduzioni di: R. Poggioli, A. M. Ripellino, B. Carnevali; riduzione, adattamento, regia e voce recitante C. Bene; musiche di G. Giani Luporini. Registrazione live effettuata il 10/10/1980 – Roma – Teatro dell’Opera doppio LP Fonit Cetra (1980).

Carmelo Bene – Lectura Dantis. Voce recitante C. Bene. Musiche introduttive di S. Sciarrino; musicista solista D. Bellugi (flauto). Registrazione live Bologna, Torre degli Asinelli, 31 luglio – CGD (1981).

Carmelo Bene in Pinocchio (storia di un burattino da Collodi); nel centenario della nascita di Pinocchio. Regia, elaborazione testi e voce principale C. Bene, con L. Mancinelli. Musiche di G. Giani Luporini. Registrazione effettuata a Forte dei Marmi CGD (1981).

Carmelo Bene – “L’Adelchi di Alessandro Manzoni”, uno studio di Carmelo Bene e Giuseppe Di Leva. Musiche di G. Giani Luporini; orchestra sinfonica e coro di Milano della Rai, direttore E: Collina, maestro del coro M. Balderi. Registrato in occasione delle recite al Teatro lirico di Milano febbraio – marzo 1984, Fonit-Cetra (1984).

Carmelo Bene in Hamlet suite – spettacolo-concerto, collage di testi e musiche di C. Bene. Registrato al Teatro Morlacchi di Perugia il 25 novembre 1994, Nostra Signora S.r.l. (1994).

Dino Campana – Carmelo Bene – Canti Orfici – Variazioni per voce – stralci e varianti, voce recitante C. Bene, in collaborazione con la RAI. Libro e compact disc – Bompiani (1999).

FONTI BIOGRAFICHE E SITI WEB

Bene Carmelo, Piergiorgio Giacchè, Dizionario biografico degli italiani, Treccani, Roma 1992.

Carmelo Bene, Cosetta G. Saba, Il Castoro, Milano 1999.

Carmelo Bene. Antropologia di una macchina attoriale, Piergiorgio Giacchè, Bompiani, Milano 1997.

Carmelo Bene: fonti della poetica, Leonardo Mancini, Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi), 2020.

Cominciò che era finita, Luisa Viglietti, Edizioni dell’Asino, Roma 2020.

Confusion de genres. Articles et étudies 1975–2010, Jean-Paul Manganaro, P.O.L. Ed., Paris 2011.

Ho sognato di vivere! Poesie giovanili di Carmelo Bene a cura di Stefano De Mattia, Bompiani, Milano 2021.

Il Carmelo Bene intimo delle poesie giovanili, Leo Lestingi, La Gazzetta del Mezzogiorno, 2021.

Il comune spettatore, Oreste Del Buono, Garzanti, Milano 1979.

Il principe dell’assenza (Carmelo Bene), Giarncarlo Dotto, M. L. Giusti, Firenze 1981.

Il suono del teatro, a cura di Renato Tomasino, Acquario, Palermo 1982.

Il teatro degli anni Settanta. Tradizione e ricerca. Stein, Chéreau, Ronconi, Mnouschkine, Gruber, Bene, Franco Quadri, Einaudi, Torino 1982.

I miei anni con Carmelo Bene, Giuliana Rossi, Ed. Meridiana, Firenze 2005.

La scrittura scenica, G. Bartolucci, Lerici, Roma 1968.

L’avanguardia teatrale in Italia (Materiali 1960 -1976), Franco Quadri, Einaudi, Torino 1977.

Lo spettatore addormentato, E. Flaiano, Rizzoli, Milano 1983 (riediz. Adelphi 2010).

Scena Occidente, Antonio Attisani, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia 1995.

Un po’ prima del piombo. Il teatro in Italia negli anni Settanta, Cesare Garboli, Sansoni Editore, Milano 1998.

Carmelo Bene a Tappeto volante

Carmelo Bene, “Uno Contro Tutti” – Maurizio Costanzo Show 23 ottobre 1995

“Carmelo Bene versus Cinema"

Le interviste impossibili - Guido Ceronetti incontra Attila

Le interviste impossibili - Nelo Risi incontra Marat

Carmelo Bene - Manfred - versione per concerto in forma d'oratorio (1979)

Carmelo Bene - Pinocchio (1981)

Carmelo Bene - L' Adelchi di Alessandro Manzoni (1984)

Carmelo Bene - Macbeth Horror Suite (1996)

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