ANTONUCCI GIOVANNI

nuova puglia d'oro_total white

ANTONUCCI GIOVANNI

nuova puglia d'oro_total white

Mesagne 1888 – 1954

Magistrato, storico che scrisse moltissimi articoli riguardanti sia il folklore giuridico, sia il principato di Taranto, ma i sospirati volumi restarono “un sogno e gli articoli rimasero articoli“; tra i numerosi articoli vanno ricordati il Saggio di una bibliografia crociana (1911), ed il famoso “Mesagne e il problema della sua antica denominazione (1912, ampliato e pubblicato in volume l’anno seguente).

(tratto dal libro “I Mesagnesi” a cura di Marcello Ignone, Mesagne 1998, Regione Puglia, Assessorato AA.GG. Settore P.I. pag.)

 

Giovanni Aristide Antoniano Antonucci, di Cosimo e Cosima Schifone, nacque a Mesagne “in un giorno rosso, il primo di maggio”, ma all’anagrafe fu registrato “il giorno cinque, anniversario della morte di Napoleone”, dell’anno 1888.

Trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Mesagne (gli anni buoni, come ebbe a definirli successivamente) e si trasferì a Lecce per gli studi medi. Per gli studi universitari; invece, si recò a Roma, dove si laureò in legge nel 1913.

 

In “Rassegna Pugliese di Scienze, Lettere ed Arti” del 1913, si legge: “Una tesi storica importante. Il giovane Giovanni Antonucci di Cosimo, da Mesagne in provincia di Lecce, si è laureato in legge presso la Regia Università di Roma, svolgendo con esito felicissimo una tesi intorno a: La magistratura baiulare nell’antico comune napolitano. Speriamo che il pregevole lavoro del colto giovane pugliese verrà [sic!] presto dato alle stampe”.

Ancor prima di laurearsi aveva pubblicato alcuni lavori su varie riviste pugliesi, tra le quali “La Democrazia”, “Rassegna Pugliese”, “Il Corriere Meridionale”, “Apulia”, “Il Corriere delle Puglie”. Se si eccettua il suo primo lavoro (Saggio di una bibliografia crociana, in “Rassegna Pugliese” del 1911) gli argomenti dei suoi lavori sono tutti

di interesse locale.

Nel 1912, “durante la guerra di Libia”, scrive un saggio di toponomastica su Mesagne (Mesagne e il problema della sua antica denominazione). In precedenza, e precisamente nel 1909, si era posto all’attenzione dei suoi compaesani quale promotore di una importante iniziativa culturale: fu tra coloro che fondarono una biblioteca popolare, che ebbe però vita breve perché molti volumi, dati in prestito, non fecero più ritorno.

Questo episodio non scoraggiò il giovane Antonucci tanto è vero che, pochi anni dopo, lo ritroviamo tra i fondatori della biblioteca popolare intitolata alla memoria di Ugo Granafei, caduto nella guerra per la conquista della Libia.

Nel 1914 diede vita ad un periodico locale, “Castrum Medianum”, che ebbe vita breve, solo due numeri, sia a causa dello scoppio della Grande Guerra che dell’esiguità dei fondi a disposizione. Del resto a quei tempi non era impresa facile dare vita non effimera ad una rivista che si proponesse di “risollevare il culto delle memorie patrie”.

Un simile problema sarà avvertito dall’Antonucci anche in altri momenti e per altre riviste ed in special modo per una “regolare rivista storica tarentina”.

Partecipò alla prima guerra mondiale e ne uscì vivo ma la vita di trincea gli lasciò in regalo una fastidiosa e dolorosa malattia reumatica che lo tormentò per tutta la vita.

 

A Genova. sposò, il 16 ottobre 1919, Giulia Visconti, dalla quale ebbe un figlio. Lo stesso giorno del matrimonio emigrò a Bergamo. Entrato in magistratura, ricoprì dapprima l’incarico di, pretore a Cava Manara (Pavia) e, dal 1923, di pretore dirigente a Bergamo dove’ curò l’unificazione delle preture locali, reggendo poi il nuovo ufficio

non senza preoccupazioni. ‘.’

A Mesagne -ritornò poche volte. e sempre per motivi dolorosi: la morte-della madre nel 1933, la “sciagura più grande. che ad un uomo può capitare” e la morte del fratello, medico a Fasano, nel 1936. Anche “per non pensare troppo ai tanti guai” iniziò a dedicarsi con passione agli studi e alla ricerca oltre al lavoro, “spugna insaziabile”, che gli darà alcuni problemi, oltre a richiedergli molto impegno.

.Rimase a Bergamo sino al 1941, anno in cui fu! trasferito a Sanpierdarena (Genova)-dove espletò le funzioni di ‘pretore sino al 1951, quando fu chiamato a presiedere una sezione della Corte.d’Appello di Genova.

Morì a Sampierdarena 1’8 marzo 1954.

Sin qui la vita, in breve ma sufficiente a capire che non c’è nulla di eccezionale in essa. Sono eccezionali, invece, l’ingegno e l’erudizione dell’Antonucci.

La sua è, infatti, “pura erudizione”, una vocazione, il cui “lo scopo principale è quello di studiare seriamente la storia” e di “riavvicinarsi ai documenti”. Quasi “un lavoro da fornaciai” con l’intento di erigere “muri solidi” e. duraturi a tutto vantaggio della ricerca. e della.comprensione storica. , – ‘ .-

L’Antonucci fu un particolare tipo di giurista con alcuni “sogni” nel cassetto: pubblicare un volume sul folklore giuridico italiano ed uno sul medioevo pugliese, precisamente sulle vicende del ‘principato di Taranto. Scrisse moltissimi articoli riguardanti sia il folklore giuridico, sia il principato di Taranto, ma i sospirati volumi restarono “un sogno e gli articoli rimasero articoli”.

Le sue intenzioni, tante volte palesate, erano di usare “il diritto medievale” come un’arma, perché, a suo avviso, questo “povero” e “maltrattato” diritto dell’età di mezzo era “ricco di tremende energie” non appieno sfruttate.

 

Un campo quasi inesplorato per quanto concerneva la Puglia e, a dire dell’Antonucci, anche esplorato male. Famosa fu, all’epoca, la polemica che vide contrapposti, sul principato di Taranto, l’Antonucci e Gennaro Maria Monti; quest’ultimo, sfruttando le sue posizioni di forza nel mondo accademico e universitario pugliese, pose addirittura

una sorta di veto alle pubblicazioni degli articoli e dei saggi del magistrato mesagnese sulle riviste pugliesi. La polemica, in verità spesso pretestuosa e infantile, angustiò non poco l’Antonucci. Una cosa però è certa: il magistrato mesagnese, anche se non fu un addetto ai lavor (del resto l’antico vizio del ‘mondo accademico, presunto unico detentore della cosiddetta cultura “alta”, di esercitare anacronistici quanto deleteri imprimatur, non è mai del tutto scomparso), nel senso che non ricoprì cariche universitarie o accademiche, fu però uno storico di razza che non giudicò mai in modo strumentale i fatti storici ma cercò sempre con ostinazione il vero, ad onta di “tutte’le strombazzature”.

Infatti per l’Antonucci sono i documenti e non altro ad avere “diritto a parlare” e la stessa indagine non deve mai “avere fretta né mire spaziose” ma deve, pena l’inconcludenza, “svolgersi in profondità, su zone limitate”.

In definitiva per lo studioso mesagnese fu molto più importante il metodo e non solo i risultati. Cercò, infatti, di abituare il lettore ai testi, ai quali dava una breve e, semplice “avviata con un preliminare riassunto” e alle fonti “pazientemente ricercate” .e per le quali ebbe un gran fiuto, da vero storico di razza. Questa fu l’ossatura di ogni

suo lavoro, piccolo o grande che fosse, dal semplice trafiletto; all’articolo

di giornale o di rivista sino al saggio più complesso.

Non gli fu facile reperire documenti riguardanti la sua regione, ma in ciò ebbe l’aiuto di amici, tra i quali va ricordato Cosimo Acquaviva, con cui si tenne sempre in contatto.

Cercò dappertutto e recuperò documenti e carte che spaziavano in ogni epoca, non disdegnando, anzi ricercando, carte di processi, sentenze, lettere, testamenti, fonti attestanti costumi ed usi da cui, per il Nostro, le leggi traevano origine. Infatti le leggi dell’oggi affondano le loro radici in antiche consuetudini e tradizioni, affiorando spesso nei motti, nei proverbi e nella cultura popolare.

Ecco allora l’Antonucci studiare con grande fervore i motti, i proverbi, le carte processuali, le sentenze, le usanze legate al matrimonio, le origini del carnevale, del capodanno, della quaresima, del calendimaggio, delle credenze cristiane ma anche delle usanze barbariche.

La sua grande preparazione giuridica e l’ottima tempra di storico, miste ad una non meno eccezionale capacità critica, lo portarono ad affrontare studi diversi, da erudito completo.

I documenti trovati erano analizzati minuziosamente e quando non si sentiva profondamente preparato o esperto, cercava umilmente aiuto, poneva quesiti, sottoponeva ad attenta verifica le soluzioni, mai totalmente pago. Questo avveniva specialmente in campo epigrafico e paleografico perché non le possedeva in modo completo.

Occorre constatare, ad onor del vero, che nel leggere i suoi scritti si ha la percezione della loro vastità, che-potrebbe essere la causa di questo avvertibile senso di frammentarietà. L’Antonucci scrisse molto e si occupò di molte cose, anche se

riuscì benissimo in alcune e bene, talvolta meno bene, in altre. Fu un uomo di vasti orizzonti, aperto, sensibile, e stupisce non poco il fatto che molte problematiche del suo tempo non trovarono posto alcuno nei suoi studi e nelle sue ricerche.

Un breve accenno merita il particolare, carattere dell’uomo: schivo e polemico, non si curava di nomi famosi o di tradizioni consolidate.

Quando un dubbio lo assaliva, dopo un’attenta e meticolosa ricerca, ad esso faceva seguire immediatamente la polemica, e non era mai il primo a smettere.

Un grande merito dell’Antonucci, frutto più della sua capacità di indagine critica che di metodo scientifico, fu la non esaltazione o condanna delle tradizioni folcloriche. La sua concezione delle tradizioni popolari e della “cultura tradizionale”, per dirla con il Bronzini, fu idealistica, in linea con la tradizione ottocentesca. Per Mesagne nutrì un profondo e sincero amore, reso acuto e nostalgico per colpa della lontananza.

I suoi studi di “cultura tradizionale” non seppero mai, in nessuna circostanza, indicare i veri bisogni del popolo, in particolare di quello mesagnese. E dire che non gli facevano difetto né lo spirito critico né la polemica. I bisogni e le aspirazioni, del resto, sono evidenti, tra l’altro, proprio negli usi e nei costumi, come nei proverbi e nei motti di scherno. Non intraprese mai nessuna indagine in tal senso né manifestò mai tale desiderio.

Seppe, con grande perizia ed acume, studiare le tradizioni legate al folklore giuridico (sono illuminanti in tal senso gli studi sulle tradizioni bergamasche) non come fatti isolati, lontani nel tempo, ma come componenti basilari di una maggiore comprensione della cultura di un determinato territorio.

Gli scritti di “cultura tradizionale” del Nostro sono compresi in un periodo di tempo che va dal 1911 al 1934. Ciò non vuol dire che l’Antonucci non si occupò, dopo il ’34, di riscoprire e valorizzare la “cultura tradizionale”, sia essa salentina o bergamasca, ma soltanto che tale ricerca si affinò e perfezionò su singoli temi, spesso troppo specifici. Del resto, il suo metodo di studio consisteva nel raccogliere tutto il materiale che in qualche modo potesse essergli un giorno utile o dal quale trarre una notizia, anche piccolissima. Con il tempo, quindi, recuperava i documenti raccolti e ne traeva degli articoli o affinava i precedenti già pubblicati, arricchendoli di nuovi elementi, mai veramente pago del lavoro svolto.

Non riuscì, infatti, mai a raccogliere in volume, almeno com’era nei suoi sogni, l’enorme mole di documenti e di scritti, creando così un corpus sul medioevo pugliese, ed in particolare sul principato di Taranto, del quale si occupò per molti anni, producendo tantissimi articoli e molti saggi che se “non esauriscono la vicenda storica di quel principato, ne chiariscono molti aspetti.

Una bibliografia non completa degli scritti di Antonucci è in P.F. PALUMBO, Patrioti, storici, eruditi salentini e pugliesi, Lecce, Milella 1980; ancora meno completa è quella del mesagnese LUIGI SCODITTI, Bibliografia di Giovanni Antonucci, Galatina, Editrice Pajano & C. 1957 (estratto da “Studi Salentini”, voI. II, dicembre 1956).

Oltre al già citata Saggio di una bibliografia crociana (1911), e al famoso’ Mesagne e · il problema della sua antica denominazione (1912, ampliata e pubblicata in volume l’anno seguente), ricordiamo-alcuni dei suoi scritti, tra quelli che ci sono sembrati più interessanti (tra-parentesi riportiamo l’anno della prima edizione):

Aneddoti e figure mesagnesi durante il Risorgimento (1916);

Aneddoti e figure del Risorgimento salentino (l917);

Gli sponsali di fanciulli (1917);

Il fDlkloregiuridicD (1921);

Ad’versus Lombardos: note ed appunti sulla satira politica italiana

nel periodo delle origini (1923);

Olfriosità storiche mesagnesi (1929);

Le vicende feudali del Principato di Taranto nel periodo normanno-

svevo (1931);

Sui principi di Taranto (1931);

Note critiche: Una data topica Il “Concistorium Principis” degli

Orsini di Taranto La fortuna di una dottrina (1932);

La leggenda di San Giorgio e del drago (1932);

Il Principato di Taranto (1932);

Note critiche: Il Limitone dei Greci -Il principato angioino di Acaio, (1933);

Medioevo salentino: Un Collegium Pistorum in Otranto? Sulla

antica. diocesi di Brindisi- Sulla antica diocesi di Oria (1933);

Per la storia giuridica della Basilica di S. Nicola di Bari (1934);

Le decime in Terra d’Otranto (1935);

Miscellanea salentina (1938);

Il principato di Taranto: Le origini normanne Le origini sveve (1938);

Per la biografia di Francesco Nullo (1939);

Agiografia e diplomatica (1940);

Ottone di Brunswich, principe di Taranto (1940);

Sull’ordinamento feudale del principato. di Taranto (1911);

Nomina lO’cO’rum (1942);

Miscellanea epigrafica (1942);

Curiosità storiche salentine (1943); ·

Robertus ·de Biccaro, conte di Lecce (1943),

Questi scritti, tra i più importanti e noti, possono solo dare l’idea della prolificità dell’Antonucci. La cifra definitiva non è nota, ma dovrebbe essere superiore ai 400 scritti, forse 450 (dalla semplice nota di poche pagine al saggio più impegnativo), anche perché molti rimasero inediti.

I MESAGNESI A CURA DI MARCELLO IGNONE. Mesagne 1998

I MESAGNESI

Autori: Ignone Marcello

Argomenti: Storia e Tradizioni

 

Il volume è parte della grande raccolta denominata “Libri di Puglia”, progetto di digitalizzazione a cura di Nicola Pergola che ha lo scopo di rendere fruibile la produzione editoriale dei Centri regionali di servizi educativi e culturali e degli Assessorati alla cultura e alla Pubblica Istruzione della Regione Puglia, dal 1968 agli anni 2000. In una città che va registrando una crescita economica e sociale discretamente vivace, con una parallela disattenzione per i valori e la cultura tradizionali, la ricerca vuole lasciare memoria del passato – e di coloro che di esso furono protagonisti – con una serie di “ritratti” che, nell’era del “villaggio globale”, possono contribuire a delineare una sorta di “mesagnesi”. Diciotto biografie, dunque, corredate di incisioni o immagini fotografiche, di altrettanti mesagnesi – nativi o semplicemente “adottivi”, prevalentemente nati o vissuti in questo secolo, ma in tre casi risalenti al Cinquecento e al Seicento – che per il loro operato possono essere certamente additati come esempio di impegno civile. Giuristi, poeti, ecclesiastici, militari, medici, fotografi, agronomi, critici letterari e uomini che, della passione politica, hanno fatto la loro ragione di vita.

 

PRESENTAZIONE

di Enrico Turrisi

Continuano lo sforzo, il lavoro e la dedizione di tanti amici, studiosi di storia patria per non far perdere la memoria. Questo secondo volume, che raccoglie personaggi che rimangono comunque “persone” della cultura mesagnese, è un’altra pietra che va ad aggiungersi alla costruzione di quel “museo” della memoria che il C.R.S.E.C. di Mesagne persegue, ormai, da anni.

L’educazione permanente, che rimane compito specifico dei Centri Regionali di Servizio Educativi e Culturali, si è delineata come “l’unica prospettiva di intervento rispondente ai bisogni sociali di una società tecnologicamente avanzata”.

Per opporsi “alla minaccia della dispersione, dell’anonimato, del vuoto, l’educazione permanente sottolinea l’ineludibile impegno comunitario di attivare strategie idonee a far sì che ciascuno possa essere sollecitato a problematizzare la propria realtà, a dialettizzarla in un complesso dinamico di riferimenti per un processo organico di crescita culturale, civile e democratica”.

Oggi, tutto questo, trova concreta attuazione nel lodevole sforzo compiuto assieme agli amici dell’Istituto Culturale Storia e del Territorio, e la presente pubblicazione aderisce perfettamente a quei postulati culturali e sociali.

La ricerca è sempre “un valore acculturante per i titolari di essa e per i fruitori di essa”. Ancora più foriera di “frutti copiosi è una ricerca coscientemente finalizzata a lievitare nelle attese della gente. La storia di un popolo si identifica con l’anima popolare e le sue espressioni più eminenti debbono, per divenire storia, saldarsi con lo spirito, l’intelligenza, il sentimento e la volontà dello stesso”.

Ben venga, dunque, questo nuovo libro che si aggiunge nobilmente al primo e siamo sicuri che, specialmente i giovani, sapranno trarre, dalla sua lettura, insegnamenti civili, morali, sociali per continuare a tenere alto il nome della nobile ed antica città di Mesagne.

* Responsabile distrettuale CRSEC – BR /23 – Mesagne

 

INTRODUZIONE

Di Marcello Ignone

La nostra Mesagne è decisamente più complessa e stratificata di quanto, a prima vista, possa apparire ad un osservatore poco attento.

Eppure, solo pochi anni fa non sembrava dovesse prendere una simile piega, almeno fino a quando sono venuti meno molti tradizionali riferimenti sociali. Nel paese sembrano coesistere due spinte: la prima è provocata dall’iniziativa individuale in campo economico e sociale, auspicabile e attesa da tempo in aiuto di quella pubblica; l’altra dalla necessità di sempre maggiore qualificazione professionale, culturale e personale. Del resto, migliori affermazioni in campo economico e sociale si dovrebbero ormai ottenere solo ed esclusivamente con maggiori e continue riqualificazioni professionali e culturali, ineludibili in un mondo sempre più tecnologicamente e culturalmente avanzato.

In caso contrario, eventualità purtroppo ancora presente, il paese non riuscirebbe a sprovincializzarsi e a soddisfare queste due spinte, quanto mai necessarie se si desidera che Mesagne sia in Europa non soltanto per la posizione geografica.

Le due spinte non sono, quindi, in antitesi; anzi, cercare una sintesi tra di esse è una sfida che può produrre risultati positivi in una comunità come la nostra, in crescita disordinata per evidenti strappi mal ricuciti e problemi non risolti e non facilmente risolvibili.

A nostro avviso i risultati saranno di gran lunga più fruttuosi per la nostra comunità se quest’ultima, oltre a coniugare le due spinte, saprà conservare gelosamente anche la memoria del passato e degli uomini che lo fecero. Troppi oggi credono che questo nostro passato sia superato, mentre altri, ipocritamente, lo utilizzano per operazioni nostalgiche i cui fini sono o economici (ma è poi vero che la storia locale tira?) o propagandistici (ma non era stato soppresso il Minculpop?). o autoreferenziali (oggi tutti scrivono, soprattutto il loro nome).

Più semplicemente ed onestamente, con questo volume si vuole proporre uno strumento che faccia conoscere alcuni degli uomini che ci hanno preceduti, nativi mesagnesi o acquisiti per altre ragioni, per sapere chi eravamo e chi siamo ma, soprattutto, per capire che cos’è la mesagnesi (si perdoni l’ardire, ma non conosciamo uri altro termine capace di indicare lo spirito e il modo di essere tipico dei mesagnesi) che ci ha contraddistinto e ci contraddistingue ancora, nel pieno del “villaggio globale”. Crediamo sia importante far coesistere le due spinte precedenti con una maggiore comprensione di noi stessi.

I “medaglioni” e le biografie, più o meno canoniche, di mesagnesi di ieri e di oggi, relativamente ad un passato recente, rappresenteranno forse un obiettivo per alcuni o un esempio per altri; siamo convinti però anche di un’altra loro funzione: possono essere idealmente un comune denominatore, una guida per costruire un futuro di progresso e sviluppo che parta dall’uomo ed approdi all’uomo.

* Presidente Istituto culturale Storia e Territorio

POTREBBE INTERESSARTI