CALDERAZZI ANTONELLA

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CALDERAZZI ANTONELLA

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Gioia del Colle, 22 marzo 1948

Architetto. Professoressa di architettura del Politecnico di Bari

Laureata in Architettura presso l’Università di Napoli con il massimo de voti, abilitata alla professione, iscritta all’Ordine degli Architetti della Provincia di Bari il 18/9/1973, dal 2003 ricopre il ruolo di Professore Associato di Architettura e Composizione Architettonica II presso il Politecnico di Bari, Dipartimento dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura.
Partecipa a numerosi Convegni nazionali ed internazionali ed incontri di studio.
E’ Consigliere Nazionale dell’Istituto Italiano dei Castelli e vicepresidente del Consiglio Scientifico Nazionale dello stesso Istituto. E’ stata componente della Commissione edilizia del Comune di Bari, consigliere dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bari. E’ presidente della Consulta Comunale dell’Ambiente.

Si è occupata di tutela e recupero dei beni architettonici elaborando numerosi articoli sulla tutela del paesaggio ed ha collaborato a ricerche e piani strategici. E’ stata componente di commissioni per la tutela del paesaggio e dell’ambiente. Ha realizzato progetti professionali specie nel campo del recupero, dell’architettura e dell’arredo urbano. Ha partecipato a diversi progetti di ricerche nazionali con particolare riferimento ai caratteri dell’architettura regionale della Puglia.

E’ stata responsabile dell’unità di ricerca del Politecnico di Bari per il PRIN 2007 su “ Valorizzazione del sottosuolo urbano. Riqualificazione spazi urbani e cavità ipogeiche” e per il PRIN 2009 su” Riqualificazione delle aree periferiche degradate.”
E’ stata membro in Commissioni giudicatrici per Concorsi pubblici per ricercatori e tecnici dirigenti, in concorsi di progettazione e in gare pubbliche.

Ha sempre ritenuto che l’attività didattica debba essere completata da attività culturali e professionali al fine di far confluire nell’Università le esperienze personali indispensabili a rendere l’insegnamento vivo ed aderente al continuo divenire delle vicende culturali e sociali del territorio regionale.

Sotto il profilo didattico-scientifico ha approfondito, con gli studenti del Corso, i temi che saldano l’indagine sulle metodologie di progettazione e sui diversi aspetti della composizione architettonica all’analisi storico critica dei movimenti culturali dell’architettura moderna e alla tipologia delle strutture di architettura rurale sparsa nel territorio.

Fra saggi, articoli, recensioni e volumi monografici ha realizzato circa 90 pubblicazioni fra cui:
• 1989 – L’architettura rurale in Puglia: le masserie – ISBN: 88-7514-303-X – Editore: Schena, Fasano;
• 1990 L’organicismo razionale, Alvar Aalto Ed. Fr.lli Laterza, Bari;
• 1998 Itinerario culturale tra le masserie della provincia di Bari Ed. Puglia Levante, Bari;
• 2011,Progettare il sottosuolo. Gli ipogei in Puglia Adda Ed. Bari;
• 2012 Rigenerazione urbana e nuove centralità Adda Ed. Bari;
• 2019 Puglia Fortificata. Le Masserie Ed. Adda,Bari;
• 2004 – La sostenibilità delle tecniche costruttive tradizionali. Il sapere fare e l’arte del costruire nei trattati di architettura. Il caso delle masserie pugliesi del XVII secolo. – in AA.VV. Convegno Internazionale “Architectural heritage and sustainable development of small and medium cities in south mediterranean regions”, Firenze 27-28/05/04;
• 2006 – The Arab influence in the architecture of Apuglia and Basilicata” in “Beyond the wall”Notes on Multicultural Mediterranean Landscape – edited by Attilio Petruccioli, Adriana Sarro – Unione Tipografica Editrice, Bari;
• 2007 – Evoluzione storica e organizzazione tipologica – in “Architettura tradizionale in Puglia – Gestione e trasferimento delle conoscenze per il recupero ecosostenibile” (a cura di Paolo Pastore)
• 2010 – Valorizzazione del sottosuolo urbano: riqualificazione spazi urbani e cavità ipogeiche – in A. Bugatti ” Progettare il sottosuolo nella città densa e nel paesaggio” – Editore: Maggioli, Milano;
• 2010 – Costruire il modermo.Catalogo mostra progetti di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano (a cura di) Calderazzi Antonella, Editore Italgrafica Sud, Bari;
• 2011 – Progettare il sottosuolo. Gli ipogei in Puglia. – Editore: Adda, Bari – ISBN: 9788880829911 –http://hdl.handle.net/11589/24466;
• 2012 – Rigenerazione urbana e nuove centralità. – vol. unico, p. 1-65 – Editore: Adda, Bari;
• 2014 – Riqualificazione delle aree periurbane. Metodologie e strumenti per la tutela e valorizzazione del paesaggio e degli insediamenti degradati. – in “Heritage percorsi adriatici di progetto nel paesaggio degli insediamenti minori.” Autore: Fausto Pugnaloni – Editore: Il Lavoro Editoriale;
• 2015 – Periurbano pugliese – Metodologie e strategie per la tutela e valorizzazione del paesaggio perturbano della Puglia Centrale – Editore: Adda, Bari;
• 2015 – La fenomenologia della dismissione – in “Periurbano pugliese – Metodologie e strategie per la tutela e valorizzazione del paesaggio perturbano della Puglia Centrale”. p.56-63 Editore: Adda, Bari;
• 2015 – An approach for the sustainable urban development: starting from the building – in Atti Convegno 10th Conference on Advanced Building Skins – Editore: Economic Forum – Munich;
• 2016 – Characters and models of Rural Architecture in Puglia – in Atti Convegno 3° International Balkans Conference on Challenges of Civil Engineering, 3-BCCCE – 19-21 May 2016 Epoka University, Tirana, Albania pp.450;
• 2019 –Costruire il Moderno, La scuola di Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano in” La città del disincanto. Architettura e società dell’ultimo Novecento a Bari (a cura di) N. Signorile Adda Editore, Bari, pp.121-132;
• 2019 Città in movimento:un approccio per lo sviluppo della rigenerazione urbana sostenibile in “Lifestyle nella rigenerazione urbana: contesti,strumenti ed azioni (a cura di) Alma Tarantino, Cacucci Editore , Bari;
• 2019 -Puglia Forificata. Le Masserie volume unico, pp.1-373 Adda Ed. Bari;
• 2020-Ecocompatibilità e sostenibilità nell’architettura tradizionale pugliese in “Viridarum Novum Studi di Storia dell’Arte in onore di Mimma Pasculli Ferrara (a cura di) Cosimo Damiano Fonseca e Isabella Di Liddo –De Luca Editori D’Arte – Roma pp.531-538;
• 2020 Cammei architettonici di Bari vecchia e Bari nuova in “Bari Svelata” bellezze nascoste e poco conosciute” Adda Editore, Bari,pp.113-121;
• 2020 Preliminary analysis for the urban regeneration of derelict industrial sites through Adaptive Reuse interventions: the former Stanic refinery of Bari. In coll. con Corrado Vizzarri Tatiana Piludu, Fabio Fatiguso In Plurimondi – No 19: affrontare i problemi ambientali malvagi nella pianificazione urbana e regionale;
• 2021 -Prefazione al volume” Vito Sangirardi. Riflessioni sulla città. Bari e Trani 1950-1980 Bari, LB Edizioni.

Visita del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano a Bari al Palazzo ex sede Enel – 29 ottobre 2013 (www.quirinale.it)

Il corteo presidenziale giunge al Palazzo ex sede Enel (Via Crisanzio angolo Piazza Cesare Battisti).Il Presidente della Repubblica viene accolto, alla discesa dalla vettura, dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali, On. Dott. Massimo Bray, dai Presidenti della Giunta e del Consiglio Regionale della Puglia, On. Dott. Nichi Vendola e Dott. Onofrio Introna, dal Sindaco e dal Vice Presidente della Provincia di Bari, rispettivamente Avv. Michele Emiliano e Dott. Trifone Altieri, e dai Rettori uscente e subentrante dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, rispettivamente Prof. Corrado Petrocelli e Prof. Antonio Felice Uricchio. Sono altresi presenti il Direttore Generale dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Avv. Gaetano Prudente, e le Signore Susanna e Silvia Napolitano, ed i familiari dell’Arch. Chiaia. Il Capo dello Stato procede quindi allo scoprimento di una stele intitolata agli Architetti Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano. Subito dopo, il Presidente della Repubblica, unitamente alle Personalità presenti, fa ingresso nel Palazzo ex sede Enel, ove effettua una visita alla mostra fotografica relativa all’avvenuto restauro del Palazzo, illustrata dalla Docente di Architettura e Composizione Architettonica al Politecnico di Bari, Prof.ssa Antonella Calderazzi, unitamente agli Architetti Giuseppe Fragasso e Mauro Galatino.

PIAZZA GRANDE

di Nicola Signorile | 06_11_2013

No al restauro dell’architettura repubblicana _ Chiaia&Napolitano, occasione persa

«Presidente, faccia qualcosa per il restauro del Moderno!» L’accorata richiesta è stata rivolta, la settimana scorsa, a Giorgio Napolitano mentre inaugurava con due mesi d’anticipo la riapertura del palazzo ex Sgpe, di via Crisanzio, ristrutturato per iniziativa dell’Università di Bari che l’ha acquistato dall’Enel.
Un appello lanciato da tre architetti – Antonella Calderazzi, Beppe Fragasso e Mauro Galantino – e motivato proprio dalla vicenda dell’edificio progettato fra il 1957 e il 1958 dagli architetti Vittorio Chiaia e Massimo Napolitano (fratello del capo dello stato). È proprio Antonella Calderazzi a informare il presidente che due anni fa la Soprintendenza ai Beni architettonici rispose picche alla richiesta di sottoporre l’edificio alla tutela dello Stato perché era «troppo moderno». Delusione dei tanti – singoli e associazioni, molti esponenti del mondo accademico italiano – che avevano sottoscritto una petizione per il vincolo di tutela. Richiesta che, peraltro, sembrò infastidire il rettore dell’epoca, Corrado Petrocelli, certo della bontà del progetto elaborato dagli uffici dell’ateneo e forse preoccupato che si potessero allungare i tempi della ristrutturazione. La Soprintendenza non negava il valore dell’edificio o l’interesse pubblico alla conservazione (anche se i tecnici incaricati dell’istruttoria mostrarono una certa freddezza) ma il problema era soltanto… anagrafico: non erano ancora trascorsi i settant’anni che la legge richiede per considerare bene culturale un immobile.
In verità l’edificio degli «americani di Bari» (così li definì Bruno Zevi) che debuttavano nell’uso del «courtain wall» è stato una vittima precoce della manomissione del Codice dei Beni culturali compiuta dal governo Berlusconi attraverso il cosiddetto «Decreto Sviluppo», approvato nel maggio del 2011 (un mese prima dell’appello). Anzi è bastato il solo comma 16 dell’articolo 4 ad allontanare di ulteriori vent’anni quel limite alla salvaguardia del patrimonio culturale che fino ad allora era fissato a cinquant’anni: una soglia introdotta per la prima volta con la legge Rosadi, nel 1909, confermata nel ‘39 con la legge Bottai e rispettata nel Codice dei Beni culturali del 2004.
È chiarissimo che spostare indietro le lancette del tempo fino agli anni ‘40 significa escludere dalla tutela dello Stato l’intera architettura contemporanea, tutte le opere significative realizzate dopo la guerra. In una parola – e ci sarà pure un senso in questo – l’architettura della Repubblica.
Al presidente Napolitano i tre architetti non hanno chiesto una legge apposita, ma di prendere a cuore la questione. Come? La maniera resta vaga e allora vogliamo suggerire non al presidente ma al governo, ed esattamente al ministro della cultura Massimo Bray (era presente anch’egli alla giornata barese) un atto semplice semplice: abrogare il comma 16 dell’articolo 4 del Decreto Sviluppo, per riportare tutto com’era prima della deriva neoliberista, quando eravamo un po’ meno distanti dagli altri paesi europei. Né la Francia con il Code du Patrimoine (è del 2010, ma recepisce una legge del 1913) né la Germania con le leggi dei singoli Laender sul Denkmalschutz prevedono limiti di tempo per il riconoscimento del bene culturale.
In Inghilterra poi, la tutela dell’architettura è direttamente collegata alla normativa urbanistica e regolata dal Planning (Listed Buildings and Conservation Areas) Act 1990. Lì anche gli edifici con meno di 30 anni sono tutelati se sono di qualità eccezionale e minacciati di trasformazioni o demolizioni.
Il palazzo di Chiaia e Napolitano avrebbe avuto migliore sorte se sottoposto alla tutela dello Stato? Chi può saperlo! Ma almeno non staremmo qui a fare i conti con l’equivoco di una ristrutturazione scambiata da qualcuno per un restauro. Come una grottesca zucca di Halloween, il palazzo è stato completamente svuotato all’interno per ricavare uffici (ma non le aule per gli studenti), lasciando un involucro esterno, malinconica memoria di quel che fu un’architettura totale, interamente disegnata dalle strutture fino agli arredi.
Un restauro avrebbe interpretato l’edificio per ripartire gli spazi, o almeno evitato che i controssoffitti finissero per oscurare la luce delle finestre. Un restauro avrebbe ricostruito luminosità e spazialità della hall di ingresso al piano rialzato, rimuovendo i rivestimenti in travertino applicati nel 2001. Un restauro avrebbe forse raggiunto l’incredibile obiettivo di rimettere a posto se non altro gli infissi d’alluminio di quelle sette finestre en longuer sul basamento sospeso all’angolo tra via Crisanzio e via Suppa.
Insomma, poteva essere questa l’occasione per un restauro del contemporaneo, anzi di un prototipo del «Moderno Murattiano». Ma ancora una volta hanno vinto gli immobiliaristi.
NICOLA SIGNORILE

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