TANZI VITO

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TANZI VITO

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L’uomo, l’economista che nel Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) prima come Chieftax Policy Division e poi (dal 1981) come Director Fiscal AffairDepartment (incarico mantenuto fino al 2000) ha ricoperto la più alta carica non politica del FMI.

Nato da una famiglia imprenditoriale: il nonno materno aveva un cantiere nautico, il nonno paterno una piccola impresa di costruzioni.Vive a Bethesda (Md.) USA (a 10 km dalla Casa Bianca).Sposato con 3 figli.
I suoi hobby sono i viaggi e di conseguenza la fotografia (ha fatto parecchie mostre in varie parti del mondo). Adora la cucina e il vino pugliese, terra alla quale è rimasto molto legato.
Diplomato al liceo nautico, si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bari. Tra il primo e il secondo anno i suoi genitori decisero di emigrare a Washington data la situazione economica per niente facile del Sud Italia del dopoguerra.
Lì il padre divenne socio di una impresa di costruzioni e Vito Tanzi poté frequentare e laurearsi alla George Washington University.
Nel 1967 discusse la tesi di dottorato in economia alla Harvard University (primo italiano ad ottenere il PhD in economia in quella Università) con la supervisione di Otto Eckstein e di Richard Musgrave.
Si è misurato con tanti premi Nobel come Milton Friedman, James Buchanan e altri.

Carriera universitaria

Subito dopo il conseguimento del PhD fu nominato Professor all’EconomicsDepartmentAmerican Universitye successivamente Chair(Preside) presso la stessa Università. Ha insegnato anche alla George Washington University. Negli anni successivi è stato Visiting Professor in varie Università, tra le quali Monaco di Baviera, Milano- Bocconi e Torino.
Ha ottenuto cinque lauree honoris causa: dall’Università di Cordoba (Argentina), dall’Università di Liegi (Belgio), dall’Università di Torino (Italia), dall’Università di Lisbona (Portogallo) e dall’Università di Bari (Italia).
Negli ultimi anni si è dedicato a ricerche, scritti e interventi in conferenze internazionali.

Carriera professionale

E’ uno degli economisti più conosciuti al mondo.
I suoi maggiori interessi sono la finanza pubblica, la teoria monetaria e macroeconomica.
Il suo contributo scientifico definito “l’effetto Tanzi” spiega perché le entrate fiscali diminuiscono quando cresce l’inflazione.
• Nel 1974 entrò nel Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) prima come Chieftax Policy Division e poi (dal 1981) come Director Fiscal AffairDepartment (incarico mantenuto fino al 2000) ricoprendo così la più alta carica non politica del F.M.I..
E’ stato inoltre:
• President of the International Institute of Public Finance (IIPF) (unico italiano) di cui è Presidente Onorario.
• Senior Associate, Carnegie Endowment for International Peace.
• Sottosegretario per l’Economia e Finanza nel II° Governo Berlusconi.
• Senior consultant to the Inter-American Development Bank.
• Consulente alle Nazioni Unite, alla Banca Mondiale, alla Banca Centrale Europea e alla Commissione Europea.
Innumerevoli sono gli altri incarichi per cui è arduo ricordarli tutti.
Nel F.M.I. ha seguito tutti gli aspetti della finanza pubblica dei 186 Stati aderenti: imposte, debiti, spese, welfare, prestiti, assistenza tecnica, sorveglianza, pensioni, ecc. soffermandosi con particolare attenzione agli aspetti storici di ciascuno Stato.
Si devono a lui le riforme del sistema fiscale in svariati paesi dall’Argentina, al Marocco, alla Svezia ecc.
Nel 2001 fu nominato sottosegretario di Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia e Finanza del II° Governo Berlusconi, cosache gli ha permesso di vedere dall’interno le politiche dei governi che, come dirigente del F.M.I., aiutava a costruire.
Si dimise da sottosegretario nel 2003.
Ebbe un ruolo significativo nel periodo di decollo dell’euro.
La sua posizione, da esperto ed attento osservatore della situazione in Italia, a riguardo della riforma del Patto di Stabilità Europeo – che impone il vincolo del 3%del rapporto deficit-PIL – è che essa è improponibileperché perfarlooccorrerebbe rivedere l’intero Trattato di Maastricht. A suo dire, le regole del Trattato rappresentano una garanzia e non una camicia di forza o un cappio al collo (come da taluni affermato).
Regole che vanno rispettate per evitare la finanza “allegra” di alcuni Stati che metterebbe in difficoltà l’economia complessiva della Comunità Europea.
Sarebbe “utile” a riguardo creare un bilancio pubblico a livello europeo che dovrebbe servire per assorbire «shocks» asimmetrici o per sostenere paesi in difficoltà economiche.
Tuttavia ha lamentato che non si è realizzato il coordinamento tra i paesi europei necessario sia per l’assistenza sociale sia per i sistemi pensionistici nonché per la sanità pubblica, l’istruzione, l’assistenza ai poveri ed agli anziani, che richiedono risorse pubbliche e debiti pubblici differenti tra i vari Paesi europei.
“I Paesi che spendono meno non accetterebbero le responsabilità per le spese o per i rischi finanziari di Paesi che spendono più di loro. E non accetterebbero trasferimenti di risorse pubbliche dai loro contribuenti verso Paesi che considerano spendaccioni. La conclusione …..è che le soluzioni ai problemi dei Paesi europei in difficoltà devono venire dall’interno dai Paesi e dalle loro azioni ….. Attendere miracoli che dipenderebbero dalla generosità di altri …..non sembra una alternativa realistica, che possa portare a buoni risultati ….. l’Italia [dovrebbe] intraprendere necessarie azioni ed introdurre difficili ma necessarie riforme ….. piuttosto che sperare che il ciclo economico migliori facendo spese pubbliche e peggiorando la situazione dei conti pubblici”.
Egli sconsiglia all’Italia di uscire dall’Euro per tornare a stampare una propria moneta perché “uscendo dall’Euro i tassi salirebbero alle stelle e il governo avrebbe bisogno di molti soldi. Sarebbe un disastro, la gente e i politici non se ne rendono conto ….. Nonostante tutti questi vincoli non si riesce a ridurre la spesa pubblica che è enorme, il 50% del PIL, mentre in Svizzera è solo il 32% e c’è chi pensa di aumentare la spesa e stampare moneta per risolvere i problemi”.
L’Italia seguirebbe la stessa sorte dell’Argentina che all’inizio del 1900 era tra i 10 paesi più ricchi al mondo: il reddito pro capite era superiore al Giappone e all’Italia, paragonabile a quello della Francia, ed esportava quanto oggi esporta la Cina. Gli italiani emigravano in Argentina. Dagli anni ’70 Peron e i suoi successori aumentarono la spesa pubblica senza la capacità di aumentare le imposte, stampando pesos per colmare la differenza creando un costante problema di finanza pubblica. Così alla fine del secolo l’Argentina ebbe il più grande default della storia.
L’Italia che all’inizio del secolo XX era povera, dal 1945 in poi diventò “un Paese culturalmente avanzato, con centri di ricerca ….., con una massa di persone che voleva lavorare e che si spostava verso il Nord. Si registrò in quegli anni un progresso enorme, con un tasso di crescita del 5,5% – 6% annuo diventando uno dei Paesi più ricchi del mondo. Era più ricca della Gran Bretagna”.
Dal 1975 c’è stata una inversione di tendenza in seguito alla crisi petrolifera del ’74. Gli economisti così spingevano le “teorie Keynesiane” che allora erano di moda, ma che erano solo una distorsione della originale“Teoria di Keynes”.
Si è cominciato a dire che la Spesa Pubblica deve essere finanziata con i debiti, così l’intervento dello Stato ha fatto aumentare del 75% la Spesa Pubblica senza contropartita di produttività e per coprirla si è stampata moneta con conseguente inflazione galoppante.
Ha auspicato più mercato e meno Stato così come ha fatto la Germania.
Anche il Canada nel 1990 e la Svezia dal 1991 al 1993 stavano in crisi, entrambe si sono salvate riducendo la spesa pubblica.
In un’intervista a Il Sole 24 Ore (10/5/20), Tanzi ha affermato che il vero problema della Spesa Pubblica non è la quantità, ma la sua qualità, l’efficienza della stessa (riferita ai rischi finanziari generalizzati quando si predispongono soluzioni che valgono per tutti su sanità, disoccupazione e vecchiaia),oltre all’intreccio tra politica ed economia e alla qualità della classe dirigente.
“Solo una rivoluzione, che deve cominciare dalla giustizia, può cambiare….. tutta l’Italia. Deve essere una rivoluzione vera, non finta”.
Ecco la sua inquietudine accentuata dalla pandemia mondiale che ha attivato in maniera rapida ed istantanea una recessione internazionale.
Egli auspica a livello macroeconomico una revisione dell’idea del mercato (che è e rimane un valore), della concorrenza perfetta e delle politiche che la accompagnano e sulle diverse situazioni degli Stati per evitare che tutto si risolva con una nuova ondata di Spesa Pubblica e con l’automatico intervento dello Stato nel capitale delle imprese, infatti negli anni più recenti egli ha focalizzato le sue ricerche sul ruolo dello Stato nell’economia di mercato e sul ruolo che la complessità svolge nelle attività di governo.
Per Tanzi fare politica significa in una prima fase partire dalla esatta conoscenza della realtà approfondendo gli effetti storici, statistici, ecc., quindi analizzare tutti i dati e gli effetti, infine decidere sulla politica da attuare; egli afferma che spesso gli Stati fanno esattamente il contrario.
Suggerisce inoltre una revisione razionale e lucida, empirica e non ideologica, ripensando al concetto di efficienza economica nel breve periodo e per situazioni normali, ma anche di lungo periodo e per situazioni anormali: “le politiche dei governi vanno tutte rimodellate. Il lungo periodo deve diventare una bussola più importante”.

Pubblicazioni più significative

Autore o editor in chief di più di 20 volumi, di numerosi saggi e di numerosissimi articoli in varie testate economiche e fiscali del mondo.
Capisaldi della sua produzione sono:
• The IndividualIncomeTax and EconomicGrowth (Cambridge University, Press 1969);
• Inflation and the Personal IncomeTax (Cambridge University, Press 1980, pubblicato in spagnolo e in italiano dal Mulino nel 1983);
• The Underground Economy in the UnitedStates and Abroad (Lexington Press, 1982);
• Taxation, Inflation and InterestRates (IMF 1984);
• Pubblic Finance in DevelopingCountries (Edward Elgar, 1991);
• Fiscal Policies in Economies in Transition (Washington IMF, 1992)
• Public Spending in the 20th Century (Cambridge University Press 2000) con LudgerSchknecht pubblicato anche in Cina e in Italia;
• Argentina: An EconomicChronicle (New York: Jorge Pinto Books Inc. , 2007), Pubblicato con differenti titoli sia in Argentina (By ConsejoProfesional de CienciasEconomicas), sia in Italia (Questioni di tasse. La lezione dell’Argentina Università Bocconi, 2007);
• La Spesa Pubblica nel XX secolo. Una prospettiva globale (Firenze UniversityPress 2007);
• Peoples, Places and Policies: China, Japan and Southeast Asia (New York: Jeorge Pinto Books Inc., 2008);
• Taxation and Latin American Integration (Harvard University, 2008);
• Centocinquantanni di finanza pubblica in Italia (saggio);
• Government versus Markets (Cambridge University Press 2011);
• Italica. Costi e conseguenze dell’unificazione d’Italia (Grantorino libri, 2012);
• Dal Miracolo Economico al Declino? Una diagnosi intima (Jeorge Pinto Books, 2015)
• Italica. L’unificazione difficile tra ideali e realtà (Schena Editori, 2018);
• Termites of the State: WhyComplexityLeads to Inequality (Cambridge University Press, RRI 2020);
• The Economics of Government: Complexity and the Practice of Public Finance (Oxford University Press 2020);
• AdvancedIntroduction to Public Finance (Edward Elgar Publishing 2020).

Riconoscimenti

Tantissimi sono i riconoscimenti. In questa sede si ricordano i seguenti:
• Membro e Socio onorario dell’International Instituteof Public Finance;
• Membro dell’American EconomicAssociation;
• Membro della Società Italiana degli Economisti;
• Commendatore della Repubblica Italiana;
• Socio onorario dell’A.L.E.C.U.B. (Associazione Laureati in Economia e Commercio Università di Bari);
• Premio “Economia Internazionale” dell’Istituto di Economia Internazionale- Università di Genova.

Angela Milillo

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