ATTI ARTURO

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ATTI ARTURO

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Carsoli (Aquila) 1870 – Bari 1944

Uomo d’affari, Membro del Consiglio Superiore della Banca d’Italia in rappresentanza della Sede di Bari, nominato commissario, su richiesta degli Alleati, con decreto del 2 febbraio 1944 del governo Badoglio per i territori liberati dal febbraio al luglio 1944.

Trasferitosi a Bari, fu ben presto «annoverato fra i maggiorenti del commercio e della finanza».
Entrò nel1919 a far parte della locale sede della Banca d’Italia a Bari, fino a diventare presidente del Consiglio di reggenza.

Nel1925 venne eletto Consigliere superiore dell’Istituto di emissione.

ll 2 febbraio 1944 fu nominato dal Governo Badoglio commissario straordinario per l’Italia liberata

Biografia tratta da “La Banca d’Italia tra l’autarchia e la Guerra 1936 – 1945 (a cura diAlberto Caracciolo) in Collana storica della Banca d’Italia – Documenti – Editori Laterza

ATTI ARTURO, uomo d’affari

Carsoli (Aquila) 1870 – Bari 1944

Dopo che il re ebbe lasciato Roma per fuggire in Puglia, accompagnato da pochi brandelli dell’apparato statale, per qualche tempo le questioni monetarie e bancarie passarono in secondo piano rispetto all’esigenza di sopravvivere, fisicamente e politicamente. Nel Sud liberato gli Alleati emettevano moneta senza badare alla Banca d’Italia — priva di una amministrazione centrale — e senza preoccuparsi delle conseguenze sui prezzi.
La lira sì svalutava rapidamente. Ma alla fine del 1943 maturarono le condizioni per un cambiamento. Î rappresentanti della Commissione alleata di controllo, che in un primo tempo avevano diffidato della Banca d’Italia e le avevano preferito il Banco di Sicilia, ritenuto meno vicino allo Stato fascista, si resero conto, strada facendo, delle potenzialità dell’istituto di emissione, e vollero un coordinamento fra le diverse filiali, fino a quel momento lasciate a se stesse.
Un coordinamento implicava, naturalmente, un capo. Poiché i maggiori dirigenti della Banca erano oltre la linea del fronte, gli Alleati pensarono che l’incarico si potesse affidare a una personalità stimata, non politica, pratica di affari. La scelta cadde su Arturo Atti, un facoltoso commerciante di Bari che era anche presidente del Consiglio di reggenza della sede di Bari della Banca d’Italia e componente del Consiglio superiore.
Atti fu nominato commissario, su richiesta degli Alleati, con decreto del 2 febbraio 1944 del governo Badoglio; la sua autorità, all’inizio limitata geograficamente, andò estendendosi a mano a mano che il fronte saliva. Il 12 febbraio gli venne affiancato Admeto Pettinari, direttore della sede di Bari che ebbe l’incarico di vice commissario straordinario.
L’elenco degli argomenti trattati da Atti nei cinque mesi del suo incarico testimonia l’energia del personaggio, e al tempo stesso mostra come il governo della moneta, influenzato in modo determinante dalle emissioni di am-lire, fosse in buona parte al di là della portata della Banca d’Italia. Venuta meno quasi completamente la possibilità di controllare l’uscita dei biglietti, si cercò di limitare la crescita del circolante incentivandone il rientro nelle casse della Banca: nel febbraio 1944 vennero introdotte due nuove categorie di depositi vincolati a tre e a quattro mesi, con tassi di interesse del 4 e del 4,5%. Si trattava della prosecuzione della politica del circuito dei capitali «indiretto», a cui abbiamo accennato nella biografia di Azzolini. Tale misura consentì di «limitare i danni, frenando, rispetto a quanto sarebbe altrimenti accaduto, la crescita delle disponibilità liquide dell’economia»’. Quanto alle altre materie, possiamo ricordare gli interventi sul finanziamento degli ammassi di grano, essenziali per la sopravvivenza della popolazione, e quelli sulla struttura organizzativa della Banca, che doveva essere riattivata per far funzionare il sistema dei pagamenti. Fu ripresa la vigilanza sulle banche, che comprendeva anche alcune incombenze relative alla defascistizzazione.
Alla vigilia del suo previsto trasferimento nella Roma liberata, colpito da improvviso «malore cerebrale»,Atti morì la mattina del 17 luglio 1944.
Secondo una relazione del suo vice, Admeto Pettinari, preparata per il nuovo commissario Niccolò Introna, la nomina a commissario di Atti fu «la migliore garanzia per la necessaria coesione morale tra il nostro Personale» data la sua «costante preoccupazione che il delicato periodo fosse caratterizzato dal massimo disinteresse e dalla piena dedizione al dovere; che fosse evitata la creazione di sovrastrutture, facendo appello alla collaborazione dei più fedeli al nostro Istituto, e che non venissero conferiti incarichi a persone estranee alla Banca». È piuttosto singolare, in verità, il tono di questa relazione, che contiene alcune parole chiave (disinteresse, sovrastrutture, persone estranee) che sono tipiche delle testimonianze difensive a favore di coloro che erano accusati di aver collaborato con i nazi-fascisti.
Si trattò forse di una iperreazione della struttura della Banca alle tumultuose vicende politiche e amministrative di quei mesi, durante i quali la salvezza dell’istituto sembrò dipendere dalla tenace affermazione della sua natura prettamente tecnica.
Atti era nato il 28 agosto 1870 a Carsoli, presso l’Aquila. Si era trasferito ad Ancona giovanissimo per lavorare in una ditta di commercio. In seguito si stabilì a Bari, dove divenne perito doganale” (la famiglia non era estranea al mondo dei commerci marittimi: il fratello maggiore Angelo era capitano di lungo corso). Il lavoro di perito doganale portò Atti a osservare gli effetti depressivi della guerra commerciale con la Francia scoppiata nel 1887″. Nel 189% fondò un’azienda di rappresentanza commerciale orientata a mercati alternativi, il tedesco e il danubiano; la ditta fu attiva nel commercio di generi alimentari, aprì nuove vie ai traffici della regione e ben presto fu tra le più considerate, della piazza. Atti fu anche agente dell’Istituto nazionale delle assicurazioni dal 1916 al 1933. Nel 1898 aveva sposato Ida Rocchetti, anconetana, con la quale ebbe un unico figlio, Alfredo.
Accettò volentieri le responsabilità della vita pubblica. Fu consigliere della Camera di commercio di Bari, componente della Giunta camerale a partire dal 1907. Si occupò del miglioramento della produzione agricola pugliese, dell’ampliamento del porto, del potenziamento delle ferrovie. Propose, nel 1909, l’istituzione di una camera arbitrale per la risoluzione delle controversie commerciali, sul modello di quelle esistenti a Genova e a Napoli. Fu vice presidente del consiglio di amministrazione del «Corriere delle Puglie». Finì per acquisire una posizione di primo piano nella città, attestata anche dal notevole palazzo fatto costruire in corso Cavour.
È quindi naturale che la Banca d’Italia lo volesse nel novero delle persone, esterne all’amministrazione, chiamate ad affiancare e consigliare il direttore. Nell’aprile 1909 fu nominato consigliere di sconto; divenne membro del consiglio di reggenza della sede nel maggio 1919. Nel 1925 conquistò un ruolo di rilievo nazionale: fu eletto membro del Consiglio superiore della Banca in rappresentanza della sede di Bari”; in seguito fece parte del comitato del Consiglio. In un bollettino informativo interno,
datato 12 maggio 1933, Atti è descritto come «persona assai ben fornita di mezzi e che ha una situazione commerciale di primo ordine, per la sua capacità, per le qualità morali, ed i suoi precedenti. Furono evidentemente queste caratteristiche <<civili>> unite al non impegno politico, che lo resero gradito tanto al governo quanto agli Alleati.

Relazione del governatore sulle operazioni fatte dalla banca nell’anno 1943

Relazione del governatore alla adunanza generale ordinaria dei partecipanti tenuta in Roma il giorno 18 aprile 1945 sulle operazioni fatte dalla banca nell’anno 1943

Adunanza generale ordinaria dei partecipanti, Tipografia della Banca d’Italia, Roma 1945

Signori partecipanti,
Questa nostra adunanza per l’approvazione del bilancio sull’esercizio 1943 si svolge con un anno di ritardo rispetto alla data nella quale essa avrebbe dovuto aver luogo.
Era nostra speranza che nel frattempo potesse compiersi la liberazione della patria; e che, ricongiunti con le filiali del nord, si potesse far seguire senz’altro alla presente l’adunanza per il bilancio dell’esercizio 1944.
Ma gli sviluppi della guerra hanno vietato sinora all’amministrazione di approntare quest’ultimo bilancio, che pur sarebbe per noi di tanto maggior rilievo ed ammaestramento; sicché, pur con qualche accenno agli avvenimenti successivi, debbo restringermi a riferirVi sulle risultanze di un documento che oramai appare lontano nel tempo e su ancor più lontane vicende della amministrazione della Banca e della vita degli uffici.
Data la situazione politico militare che si era venuta a creare nel luglio 1943, ed in considerazione che molte provincie del Regno erano state dichiarate zona di operazioni, nella eventualità che riuscisse impossibile all’amministrazione di riunire il consiglio superiore nel numero dei membri stabilito dal comma sesto dell’art. 18 dello statuto, il consiglio medesimo, allo scopo di assicurare il normale svolgimento della vita amministrativa dell’istituto, stabilì – con deliberazione in data 29 luglio detto – di delegare al governatore, per il periodo strettamente indispensabile, i poteri di propria spettanza per la indifferibile amministrazione generale della Banca, e, più particolarmente, le attribuzioni e le facoltà di cui ai numeri 1, 2, 5, 14 e 16 dell’art. 20 dello statuto.
Dapprima, fin dal luglio 1943, le filiali dell’Italia meridionale ed insulare si trovarono nell’impossibilità di corrispondere con l’amministrazione centrale.
Con la diversità di amministrazione fra le regioni sottoposte al governo militare alleato (Sicilia, Calabria, Campania, Lucania e Molise) e quelle rimaste sotto la diretta amministrazione del governo italiano (Puglie e Sardegna), si ebbe la temporanea chiusura delle nostre filiali della Sicilia, Calabria, Campania, Lucania e del Molise mentre quelle delle Puglie (fatta eccezione per Foggia) e della Sardegna poterono continuare la loro attività senza interruzione.
Subito dopo l’armistizio del settembre, le filiali delle Puglie, orientandosi verso la sede di Bari, prima per chiedere consigli poi per scambi di vedute di dirigenti, sono venute a costituire un primo nucleo organizzato che ha informato la propria attività ai criteri di massima imposti dalla situazione.
Successivamente, di mano in mano che la situazione militare e politica lo ha consentito, sono venuti riallacciandosi i rapporti anche con le filiali dislocate nelle altre regioni e cioè, in ordine di tempo, con quelle poste in Lucania, Calabria, Campania e Sicilia.
Per quanto riguarda quest’ultima, in un primo tempo, per il coordinamento degli stabilimenti dell’isola, era stato creato un apposito ispettorato presso la sede di Palermo.
In seguito, però, dietro insistenze della sottocommissione finanziaria di controllo – la quale lamentava la diversità di direttive seguite dalle varie filiali e segnatamente da quelle della Sicilia – veniva esaminata la possibilità di costituire un organo centrale per meglio coordinare l’azione delle varie filiali della Banca.

Con decreto del capo del governo del 2 febbraio 1944 il gr. uff. Arturo Atti, consigliere superiore della Banca, fu nominato commissario per la Banca stessa per il territorio liberato e investito delle funzioni e dei poteri che, a norma dello statuto, sono propri del consiglio superiore, del governatore, del direttore generale e del vice direttore generale dell’istituto. Fu inoltre previsto che le deliberazioni di cui ai numeri 1, 2, 3, 16 e 17 dell’art. 20 dello statuto della Banca non fossero efficaci fin quando non avessero riportato l’approvazione espressa del ministro delle finanze.
Con decreto del 2 febbraio 1944, a fianco del commissario fu nominato, sempre per il territorio fino allora liberato, un vice commissario, nella persona del cav. uff. rag. Admeto Pettinari, già direttore della sede di Bari, col compito di coadiuvare il commissario nell’esercizio delle sue attribuzioni, di curare in particolare la organizzazione interna ed il collegamento delle filiali e di firmare gli atti dell’istituto nei rapporti con le filiali stesse.
Laddove, con la creazione degli organi commissariali anche le dipendenze della Sicilia passarono nella sfera d’azione del commissario, al preesistente ispettorato vennero lasciati compiti ristretti al coordinamento dei servizi di tesoreria dell’isola; e cioè quelli affidatigli dalle autorità finanziarie alleate e successivamente disciplinati dalla circolare del capo del governo dal 21 febbraio 1944, n. 1238.
Con la liberazione della capitale, l’amministrazione centrale di Roma ha potuto riprendere i contatti con le filiali dell’Italia meridionale.
Venuto nel frattempo a mancare il gr. uff. Atti e allo scopo di riorganizzare i rapporti fra amministrazione centrale e filiali, il 29 luglio 1944, chiusa la prima gestione commissariale, il gr. Uff. prof. Niccolò Introna fu nominato commissario straordinario della Banca, con tutti i poteri propri del consiglio superiore, del comitato del consiglio superiore, del governatore, del direttore generale e del vice direttore generale della Banca stessa, eccettuati quelli di cui all’art. 19 dello statuto. Il vice commissario cav. uff. Admeto Pettinari venne riconfermato nella carica con attribuzioni pressoché analoghe a quelle conferitegli nella precedente gestione.

Finalmente, il decreto luogotenenziale 5 gennaio 1945 (Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 1945, n. 4) ha provveduto alla nomina del governatore e del direttore generale, nella persona, quest’ultimo, del commissario uscente. Con il decreto legislativo luogotenenziale del 4 gennaio 1945, n. 1 (Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio 1945, n. 4) era stato previsto che il governatore esercitasse – sentito il direttore generale – anche i poteri del consiglio superiore e del comitato del consiglio stesso, eccettuati quelli di cui all’art. 19 dello statuto.(…)

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