BRUNETTI FRANZ

nuova puglia d'oro_total white

BRUNETTI FRANZ

nuova puglia d'oro_total white

Giovinazzo il 24 febbraio 1927 –Trani 30 dicembre 2020

Docente di filosofia morale, professore emerito di filosofia morale dell’Univerità degli Studi di Pavia

Dopo la maturità conseguita nel Liceo classico di Trani è stato ammesso nel 1945 alla Scuola Normale Superiore di Pisa: un quadriennio di formazione ad altro livello di scientifica e di solida educazione del carattere. Ha insegnato nei licei di Voghera e Pavia e a Trani. Ha poi insegnato dal 1966 al 1997, nei primi quattro anni come incaricato, negli altri come ordinario, filosofia morale nell’Università degli Studi di Pavia.

Determinante, per la sua carriera scientifica, era stato l’incontro con Ludovico Geymonat, allora ordinario di Storia della filosofia nell’Ateneo pavese (negli stessi anni in cui vi insegnavano filosofi del calibro di Giulio Preti ed Enzo Paci),

Professore Emerito dell’Università degli Studi di Pavia.

Nella 4^ Consiliatura del Comune di Trani (Elezione Comunale del 6 novembre 1960) è stato eletto consigliere comunale.

Nella prima legislatura regionale dal 1970 al 75 fu Consigliere regionale della Lombardia. Successivamente assessore al Comune di Pavia, sempre nelle file del PCI. Oltre ad essere un maestro per intere generazioni di filosofi formatisi nella prestigiosa facoltà di Pavia, ha sempre tenuto vivo il suo impegno e la sua passione politica. Nel 2017 aderì tra i primi ad Articolo Uno.

Il suo interesse per le relazioni fra filosofia e scienza e per la razionalità scientifica lo aveva portato a sviluppare indagini sul pensiero dell’Illuminismo. Tutti i suoi scritti come anche i suoi corsi universitari sono stati incentrati in ambito settecentesco

 

Opere: G. Galilei: Sensate esperienze e certe dimostrazioni, a cura (Bari, Laterza, 1961); F. De Sanctis: La giovinezza e scritti hegeliani, id. (id. 1962); G. Galilei: Opere scientifiche, a cura (Firenze, 1964); Ricerca scientifica e dimensione storica (id. 1964); G. Galilei: Dialoghi sui massimi sistemi (Bari, Laterza, 1963)

 


 

Articolo Uno Lombardia: addio a Franz Brunetti, maestro per generazioni

31 Dicembre 2020 Lombardia

Ci ha lasciati Franz Brunetti, professore emerito di filosofia morale dell’Università di Pavia. Dopo gli studi classici a Trani, nel 1945 fu ammesso alla Normale di Pisa dove si laureò nel 1949. nei primi anni ’60 fu consigliere comunale a Trani. Trasferitosi a Pavia insegnò prima ai licei di Voghera e Pavia, poi all’Università. Nella prima legislatura regionale dal 1970 al 75 fu Consigliere regionale della Lombardia. Successivamente assessore al Comune di Pavia, sempre nelle file del PCI. Oltre ad essere un maestro per intere generazioni di filosofi formatisi nella prestigiosa facoltà di Pavia, ha sempre tenuto vivo il suo impegno e la sua passione politica. Nel 2017 aderì tra i primi ad Articolo Uno.

Ne dà notizia, su Facebook, Carlo Porcari, segretario di Articolo Uno Lombardi


https://laprovinciapavese.gelocal.it/tempo-libero/2021/01/02/news/filosofo-innamorato-dell-impegno-civile-franz-brunetti-fu-per-molti-un-maestro-1.39725521

«Filosofo innamorato dell’impegno civile Franz Brunetti fu per molti un maestro»

Il ricordo del professor Gianni Francioni, allievo e poi collega a Pavia dello studioso che si è spento mercoledì a 93 anni

GIANNI FRANCIONI* 02 GENNAIO 2021

Franz Brunetti era nato a Giovinazzo il 24 febbraio 1927, ma era cresciuto a Trani, dove aveva conseguito la maturità classica. Aveva poi studiato all’Università di Pisa, come alunno della Scuola Normale Superiore, alla quale era stato ammesso nel 1945, laureandosi in Filosofia nel 1949 sotto la guida di Cesare Luporini; e a quel mondo, a quei maestri e condiscepoli (solo per fare qualche nome: oltre a Luporini, Delio Cantimori fra i primi; Claudio Cesa e Giulio Bollati fra i secondi), era rimasto sempre idealmente legato. Luigi Russo, direttore della Normale, lo aveva poi voluto per alcuni anni come segretario di redazione della rivista Belfagor. Rientrato a Trani, Brunetti aveva insegnato per un certo tempo al liceo, per poi trasferirsi a Pavia.

Determinante, per la sua carriera scientifica, era stato l’incontro con Ludovico Geymonat, allora ordinario di Storia della filosofia nell’Ateneo pavese (negli stessi anni in cui vi insegnavano filosofi del calibro di Giulio Preti ed Enzo Paci), del quale Brunetti era diventato nel 1953 assistente volontario (continuando a insegnare al liceo, prima a Voghera e poi a Pavia). Nel 1962 aveva curato per Laterza l’edizione delle Memorie, lezioni e scritti giovanili di Francesco De Sanctis, e due anni dopo quella delle Opere di Galileo per i “Classici della scienza” della Utet, diretti da Geymonat.

Nel 1966 a Brunetti era stato assegnato l’incarico di Storia della filosofia moderna e contemporanea in Università, dal quale poi era passato a quello di Filosofia morale nei primi anni Settanta, diventando in seguito professore ordinario.. Il suo interesse per le relazioni fra filosofia e scienza e per la razionalità scientifica lo aveva nel frattempo indirizzato a indagini sul pensiero dell’Illuminismo. Tutti i suoi scritti, da quel momento in poi, come anche i suoi corsi universitari, sono stati di ambito settecentesco.

In Brunetti l’interesse per la cultura filosofica moderna e contemporanea si è sempre intrecciato con la passione e l’impegno civile. Aveva militato nel dopoguerra nel Partito d’Azione, e dopo lo scioglimento di questa formazione si era iscritto al Partito comunista, al quale era rimasto sempre fedele. Consigliere comunale a Trani negli anni della giovinezza, poi consigliere comunale a Pavia nella giunta Veltri, era stato dal 1970 al 1975 membro del primo Consiglio della Regione Lombardia, al tempo della presidenza di Piero Bassetti.

Negli anni più recenti aveva seguito con distacco e scetticismo le successive trasformazioni del Partito comunista, ed era stato uno dei primi iscritti, nel 2017, ad Articolo 1, formazione creata da esponenti della sinistra usciti dal Partito democratico.

Come docente universitario, Brunetti ha formato una generazione di studiosi, alcuni dei quali, come chi scrive, hanno avuto la fortuna di poter proseguire gli studi dopo la laurea sotto la sua guida.

Portato per carattere a un rapporto franco e aperto con gli allievi, ne agevolava con amicizia e sollecitudine i progressi, senza mai indulgere a pose accademiche o baronali, quanto mai lontane dalla sua indole. Così, poté capitare ad alcuni di quegli allievi di ritrovarsi, col tempo, suoi colleghi in università, grazie anche al suo sostegno; e a uno di essi, diventato poi preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, l’onore di proporne la nomina a professore emerito quando Brunetti andò in pensione, nel 1997.

Nei venti anni successivi alla sua uscita dall’Università di Pavia, Brunetti aveva continuato a studiare e a scrivere. Non era infrequente trovarlo a caccia di libri nella biblioteca del Dipartimento di Filosofia o di averlo come spettatore attento a conferenze e convegni.

Divideva la sua vita fra Pavia – alla quale restò sempre legato, anche perché era la città dei suoi figli – e Trani, dove amava passare lunghi periodi, partecipando in modo diretto alla vita culturale locale.

Come riconoscimento di questa attività, il Comune di Trani gli aveva assegnato nel 2011 la civica benemerenza. Col tempo la sua curiosità intellettuale si era focalizzata sulla figura e sui manoscritti inediti di Giuseppe Davanzati, arcivescovo di Trani dal 1718 a 1755, autore di una Dissertazione sopra i vampiri. Ne parlava, con entusiasmo condito di ironia, nelle mail con le quali manteneva uno stretto dialogo coi suoi allievi, ricche di segnalazioni librarie, di suggerimenti di ricerca e di ricordi. E Brunetti, per il quale la dimensione della memoria era, come si è detto, componente essenziale, entra ora, al termine della sua lunga vita serena e operosa, nel ricordo indelebile di chi ha percorso con lui un ampio tratto di strada.

*professore di Storia della Filosofia, Università di Pavia


http://www.domenicodipalo.com/FRANZ%20BRUNETTI1.html

 

La prima, la più immediata, maniera di leggere questo “Dizionario bio-bibliografico” è di usarlo come un “Chi è?” della cultura tranese nel nostro secolo. Considerato sotto questo aspetto, avrebbe certamente una sua intrinseca utilità: uno strumento di consultazione rapida a disposizione della cittadinanza, degli uffici e dei servizi, oltre che delle istituzioni, che vi operano; una sorta di guida turistico-culturale per forestieri e stranieri che nei loro programmi di viaggio inseriscono una visita svelta a Trani, tra le strade e i palazzi della parte antica, fin su alla cattedrale, per un confronto tra l’età antica e la presente.

In ogni caso, un “dizionario bio-bibliografico”, usato in questo modo, è pur sempre comodo: soddisfa esigenze urgenti e sommarie di conoscenza; appaga la curiosità; dà anche lustro, e soddisfa le ambizioni di coloro di cui si parla. Rivolto alla produzione culturale di una cittadina di media grandezza, ma ricca di storia, integra e nobilita l’immagine che se ne ha, molto spesso consolidato dalla pubblicità degli spot televisivi, della città della cattedrale romanica e del porto-darsena, affollato di natanti di ricchi proprietari, così come in altri anni la si ricordava come la città del vino e della pietra.

Sarà utile anche al tranese non informato sulla produzione culturale della sua patria, perché gli permette di aggiungere anche qualche considerazione di merito alla ricorrente esaltazione che se ne fa senza una preliminare informazione. E potrà anche ritrovare, con sua soddisfazione, nomi di persone conosciute e richiamarsi ai propri personali ricordi.
Ma una siffatta lettura non va oltre la superficie delle “voci”; non dà e non può dare una veduta complessiva e al tempo stesso dinamica della storia culturale di Trani; è anche ingiusto nei confronti della fatica dell’autore. Vi sono tuttavia altri modi di lettura, che possono fare di questo ultimo lavoro di Domenico di Palo non solo un vademecum della cultura, ma un dizionario ragionato delle arti, delle lettere e delle professioni dotte, che, sul modello dei grandi dizionari dei secc. XVII e XVIII, possa anche dar luogo a nuovi modi di pensare la storia dell’intellettualità nell’ambito della storia generale di questa cittadina.

Una lettura trasversale, in altri termini, che collegando e selezionando le notizie raccolte nelle diverse biografie secondo percorsi prestabiliti di ricerca, conduca a delineare prospettive più composite e più significative di quella che l’ordine alfabetico può offrire. E’ appunto in questi modi diversi che ho letto queste pagine, tracciando tra le varie “voci” linee ideali di collegamento e di selezione secondo distinte categorie e vari itinerari di lettura: come se le diverse bio-bibliografie fossero le stazioni immaginarie di un orario grafico delle ferrovie, tra loro collegate da differenziati percorsi.

Ho segnato, in primo luogo, una linea di separazione temporale tra gli inizi del secolo, fin quasi agli anni trenta o quaranta, e il nostro tempo; è risultato che nel primo periodo sono proporzionalmente più numerosi gli intellettuali che sono vissuti a Trani, per lo più nel nord d’Italia. Viene così evidenziata una curva temprale che segnala, sotto il rispetto della qualità, una fase calante: si può così supporre che la vita cittadina, la sua capacità di fornire stimoli, mezzi e occasioni di cultura del nostro tempo, che penalizza le città più piccole a favore delle più grandi, il sud a favore del centro e del nord del Paese.

Se si prendono poi in esame le specializzazioni culturali, i vari settori dell’attività intellettuale, emergono differenze generazionali, nuovi interessi e nuovi ambiti di lavoro.

 

La predominante operosità forense e giuridica dei primi decenni del secolo, ad esempio, in una città che poteva vantare alte e autorevoli istituzioni giudiziarie (ancora oggi il rimpianto per la perduta Corte drappello è vivo e forte), fu sempre accompagnata da studi e ricerche non solo giuridiche, ma storiche – storia locale e storia generale – più che come otium, come impegno intellettuale – al lavoro culturale; ne avvertivano il fascino e lo ritenevano motivo di orgoglio e di prestigio.

 

Si leggano, ad esempio, le “voci” dedicate a Raffaele Cotugno, a Vincenzo Del Giudice, a Nicola Discanno “grande maestro della professione forense”, ad Alfredo Prologo avvocato e cultore di studi storici “secondo le tradizioni familiari”, a Giuseppe Protomastro avvocato e letterato, a Giuseppe A. Pugliese, direttore della “Rivista di Giureprudenza” stampata dall’editore Vecchi; a Cataldo Trombetta: viene fuori un quadro di una società e di un’epoca in cui la cura degli studi non era un’opzione libera, ma un punto d’onore per un ceto, quello forense, che sapeva unire pratica giudiziaria e ricerca culturale come necessario complemento dell’una e dell’altra.

Nella seconda metà del secolo il numero dei giuristi produttori di cultura si reduce di molto, all’incirca a sei sette nominative; il lavoro professionale diviene incombente e totalizzante.

 

Diminuiscono i giuristi, cresce il numero degli eruditi e dei cultori di storia locale: il lavoro umano e attento di Giovanni Beltrani è continuato da Luigi Scarano, Benedetto Ronchi, Guido Malcangi, Raffaello Piracci.

Aumentano, a partire dagli anni Cinquanta, i docenti universitari: ne ho contati 24, ma soltanto dieci o undici risiedono in Trani o nella provincia, e questo dato conferma quanto si è già detto sullo stato dell’organizzazione degli studi e della ricerca, che un tempo poteva essere coltivata nel tempo libero da altre professioni, mentre ora la specializzazione pretende il tempo pieno e spinge alla formazione di una nuova figura sociale, il ricercatore di professione.

 

Nella prima metà del secolo gli universitari sono soltanto quattro e tutti dediti a discipline umanistiche (ma fra questi vi sono Nicola Fornelli, eminente pedagogista a cui sono stati dedicati molti studi anche recenti, e Vincenzo Del Giudice, illustre giurista), conseguenza del limitato ed esclusivo grado di istruzione e di acculturamento; nella seconda metà si delinea invece una gamma più vasta e nuova di specializzazione: non solo diritto, ma letteratura italiana e straniera, medicina, ingegneria, filosofia, economia e sociologia. E comunque è fondato motivo di orgoglio cittadino avere fra i docenti universitari uno dei più grandi francesisti del mondo, Giovanni Macchia.

 

Ancora: se nei primi anni del Novecento Trani poteva vantare un fine scrittore, giornalista e drammaturgo, Luigi Chiarelli, insieme a Raffaele Cotugno, scrittore e parlamentare; a Francesco Cutinelli, giornalista e avvocato; a Francesco Ferrara poeta dialettale e così via, successivamente, accanto a letterati, scrittori e poeti, aumentano i giornalisti professionisti, i critici letterari; aumenta la cultura di riflessione e d’informazione accanto a quella creativa. Il rapporto tra le due epoche è di 11 a 29; ma di questi ultimi soltanto 10 o 11 risiedono a Trani o nelle vicinanze, il resto in altre regioni: è il caso del non dimenticato Nino Palumbo. In questa categoria di studiosi che hanno dedicato a Trani il loro ingegno e il loro impegno può essere collocato Cesare Brandi, cittadino onorario di Trani per il suo “Inno a Trani” e la sua bellissima e simpatica opera “Pellegrino di Puglia”

Il settore dello spettacolo (artisti, registi, commediografi, musicisti, ecc.) che ha sempre interessato i cittadini di Trani è ricco di cospicui rappresentanti, fra i quali – ciò è singolare – alcune coppie di fratelli: nella prima parte del secolo oltre a Luigi Chiarelli e a suo fratello Ugo, autori di dramma e commedie, Gaetano e Leopoldo Tarantini, musicisti; oggi invece i due fratelli Azzella: Mario attore e giornalista, William autore di documentari e programmi televisivi, esperto di cinema e dirigente della RAI, come Nicola De Blasi. E’ un settore nel quale emergono molti tranesi: i registi

cinematografici degli anni ’40 Bressan e De Robertis; la cantante lirica Giuseppina Baldassarre; Giusi Raspani Dandolo, nota attrice, interprete, fra l’altro, di opere di Brecht e Garcia Lorca; Wandisa Guida e poi giovani e affermati musicisti Orciuolo e Santorsola e il giovane ma già autorevole studioso Michele Canosa

Le arti figurative sono rappresentate da numerosi pittori e scultori specialmente contemporanei: gli Scaringi (il padre Nicola, i figli Francesco, pittore e scultore, e Ivo, pittore), lo scultore Giuseppe Gramegna, il designer Pasqualino de Zio e il fotografo Alessandro Loprete. Infine i più cospicui uomini politici: oltre a Giovanni Bovio, Francesco Cutinelli, Matteo R. Imbriani, democratici e repubblicani, Giacinto Francia, socialista; Emilio Covelli, indomito anarchico; Vincenzo Calace e Domenico Pàstina, fondatori del Partito d’azione. E Camilla Ravera, cittadina onoraria di Trani, fondatrice e dirigente del Partito comunista italiano, senatrice a vita.
Pur nella sua sommarietà, questa ricostruzione consente alcune considerazioni conclusive: il mutarsi delle tendenze e degli interessi nel corso del tempo ripete le dinamiche della storia della cultura italiana: l’insorgere di nuove attività e nuove competenze, il fiorire delle attività artistiche e di spettacolo, l’elevato numero di giornalisti, scrittori e poeti, l’impegno nella ricerca a livello universitario sono certamente il segno di una capacità culturale significativa.
La varietà delle competenze, sviluppata via via nel corso degli ultimi decenni, e la partecipazione alla produzione culturale di soggetti e ceti un tempo esclusi, conseguenza del progresso civile e dell’evoluzione sociale, sono dati positivi per il tenore stesso della vita cittadina. E’ pur vero, come si è già annotato, che il ceto forense non esercita più il dominio intellettuale, che risale alla grande tradizione sei-settecentesca, dell’Italia meridionale e di Napoli, ma in compenso il quadro della cultura cittadina si è ampliato ed è più variegato.

Se dalla conoscenza della storia passata si volge lo sguardo al futuro, non si può, tuttavia, non rilevare alcuni dati negativi, sui quali converrà riflettere e provvedere: nonostante gli sviluppi che si sono verificati, la cultura tranese è pur sempre umanistica: i progressi, le novità si svolgono attorno al tronco centrale di questo indirizzo, sia pur nelle sue varie articolazioni. E’ carente la cultura scientifica, o meglio tecnico-scientifica: pochi i suoi cultori, tanto da non assumere una funzione trainante, nonostante che le relative professioni siano seguite e coltivate nella vita cittadina e nelle mentalità familiari a cui forse l’organizzazione degli studi non reagisce positivamente. Se, peraltro, non si supera questo divario tra le due culture, sarà difficile colmare le s distanze con i livelli e gli indirizzi culturali di altre regioni.

E questa amara considerazione si ricollega a quanto ho già detto circa la diaspora degli intellettuali, circa il prevalente numero di coloro che vivono e operano fuori della città e persino della regione: le trasformazioni avvenute nella società italiana, i mutamenti delle mentalità, dei bisogni e delle abitudini, anche intellettuali dei cittadini richiedono interventi adeguati a sostegno della cultura nel suo complesso. Non è forse singolare che, mentre nel sec. XVIII – come ha rilevato una indagine della Società italiana di studi del Settecento – erano attive a Trani due accademie, non vi siano ora luoghi e strumenti istituzionali nei e con i quali, nel rispetto della pluralità delle idee, delle convinzioni e dei gusti, si eserciti il confronto e la diffusione degli indirizzi culturali della città?. Non basta, mi si permetta questo appello, sentirsi appagati dal notevole numero di intellettuali che Trani può vantare:: occorre anche sostenerne la loro aggregazione, la libertà personale e collettiva di pensare, di creare e di operare. Proprio come per le accademie d’altri tempi, che non erano luoghi nei quali rifugiarsi e stare al riparo, ma dai quali uscire per entrare nella società a svolgervi autonomamente una funzione attiva di liberazione vivificante delle menti e della fantasia.

Della molteplicità e varietà degli ingegni e degli intelletti, ma anche dei problemi e dei bisogni della cultura, il “dizionario” di Domenico di Palo è una opportuna e motivata documentazione. E’ una sorta di storia materiale a disposizione dei cittadini, e l’iniziativa, di trarne le opportune conseguenze.

FRANZ BRUNET

Link

Ricordo di Emilio Bigi | Donato Pirovano – Academia.edu

https://www.academia.edu › Ricordo_di_Emilio_Bigi

Profilo di Emilio Bigi, insigne studioso di Letteratura italiana e docente…

 

Da questo “Ricordo di Emilio Bigi” sono stati tratti riferimenti, giudizi e considerazioni inseriti nella biografia in forma molto sintetica come dettata dall’impostazione del portale. Vale quindi il sentito suggerimento qui formulato di leggere per intero il testo, i cui riferimenti sono sopra richiamati) scritto dal prof. Pirovano Donato, laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Milano, discutendo sotto la guida di Emilio Bigi una tesi di laurea dedicata alla metafora nel Decameron di Giovanni Boccaccio.

Come validissimo passaggio generazione dal prof. Bigi il prof. Pirovano nel corso della sua carriera accademica, iniziata nel 2005, ha insegnato presso l’Università del Molise e l’Università dell’Insubria (sede di Como), approdando quindi nel 2012 all’Università degli Studi di Torino dove è titolare dei corsi di Filologia italiana e di Filologia e critica dantesca. Fa parte del collegio dei docenti del Dottorato dell’Università di Pavia. Ha tenuto lezioni in diverse sedi italiane (Siena, Macerata, Milano, Perugia, Roma, Padova, Lecce, Catania, Firenze, Bergamo, Brescia, Verona, Padova) e straniere (New York, Los Angeles, Oxford, Cambridge (UK), Parigi, Lione, Aix en Provence, Nancy, Brno, Olomouc. Dal 2016 co-dirige la Rivista di Studi Danteschi. Dal 25 maggio 2021 è socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino – Classe di Scienze morali, storiche e filologiche – VII sezione: filologia, linguistica e letterature medioevali e moderne.

POTREBBE INTERESSARTI