DE BLASI ALBERTO

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DE BLASI ALBERTO

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Taviano, 1904 – Bari, 1971

Il signore dei bisturi

Parlava perfettamente tedesco, il giovane Alberto De Blasi. Nato a Taviano il 1 ° ottobre 1904, dopo la maturità classica presso il liceo di Galatina, si era iscritto alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova, dove si era laureato con lode. Da quel momento aveva iniziato a viaggiare per motivi di studio, prediligendo i Paesi germanofoni, all’epoca all’avanguardia nella ricerca anatomica. Aveva così frequentato per due anni l’Istituto di Anatomia dell’Ospedale “Widen” di Vienna, diretto dal celebre Prof. Carl Sternberg (1872-1935), ed era stato nel contempo assistente nella Clinica chirurgica del Prof. Hans Finsterer (1877-1955). Ancora, nel ’30, dopo essere stato nominato assistente volontario dal Prof. Carlo Righetti a Bari, si era recato a specializzarsi a Berlino, presso l’Istituto di Anatomia patologica diretto dal Prof. H. E. Anders.
Nel 1932 tornò definitivamente a Bari in qualità di assistente di ruolo del Prof. Righetti, ottenendo nel ’44 la direzione dell’Istituto di Patologia chirurgica, di cui divenne ordinario in seguito ad un concorso nazionale. Nel 1944-45 fu il vero iniziatore della moderna chirurgia: “E fu proprio negli angusti locali della Patologia chirurgica allogati presso l’Ospedale dei Bambini di via Carruba che ebbe inizio l’ascesa della sua arte chirurgica, aiutato da collaboratori validissimi e devoti che nel Maestro vedevano la luce per se stessi e per gli altri. La Puglia allora, dal punto di vista ospedaliero, e particolarmente chirurgico, era tutta o quasi un deserto; unica oasi a Bari intorno a Righetti ed ai suoi allievi: particolarmente intorno ad Alberto De Blasi che per umanità, preparazione, serietà di coscienza medica, primeggiava e si faceva amare e stimare”. Queste le parole di chi lo conobbe.
Dall’Ospedale dei Bambini De Blasi continuò la sua ascesa nel “gotha” della comunità medica pugliese, il Policlinico, dove insieme con il Prof. Alfio Testini e con la collaborazione dell’assistente Giuseppe Marinaccio, diede inizio alla scuola cardiochirurgica barese. Questa fu tra le prime in Italia ad effettuare numerosi interventi chirurgici sul cuore e sui grossi vasi con buoni risultati.
Nella «Gazzetta Sanitaria Dauno-Lucana» del 4 maggio 1962 egli definiva la cardiochirurgia una terapia che, nata con i nuovi metodi di anestesia e rianimazione soltanto da una quindicina d’anni, aveva in breve tempo maturato uno sviluppo notevole, tanto da costituire una specialità fra le più importanti ed impegnative della chirurgia generale. Egli esclamava: “Decine di migliaia di operati per lesioni cardiache congenite ed acquisite hanno visto cambiare la loro vita, giungendo a guarigione o a miglioramenti inaspettati”. Citava dunque come nuovi risultati raggiunti dalla disciplina: la “circolazione extracorporea o ipotermia”, l’uso di valvole cardiache artificiali, le possibilità di intervento chirurgico nelle insufficienze coronariche.
Nel 1967 acconsentì ad illustrare un intervento a cuore aperto, trasmesso in diretta dal suo istituto su un ampio schermo nel barese Teatro “Piccinni”. Nello stesso anno fu tra i fondatori (e l’anno successivo fu eletto presidente) della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca e Vascolare, sorta con lo scopo di promuovere la ricerca scientifica, la formazione dei medici specialisti della pratica cardiochirurgica, la programmazione in ambito sanitario e il controllo di qualità nel campo delle malattie cardiovascolari.
Con la stessa passione sostenne i trapianti d’organo. Nel 1968, in un articolo sul periodico di cultura e attualità «Nel Mese ’75», affermava: “Questa impegnativa attività chirurgica, in continuo sviluppo in campo biologico e medico, ha promosso da lungo tempo una notevole mole di ricerche in campo sperimentale e clinico, ha suscitato questioni bioetiche, religiose e legali”. La chirurgia vedeva schiudersi “questo meraviglioso campo della ricostruzione o addirittura della sostituzione di un organo malato con uno sano” e assisteva alla realizzazione di una delle sue massime aspirazioni.
Faceva notare che ogni trapianto d’organo pone un doppio problema: uno tecnico, l’altro biologico. Quello tecnico, essendo strettamente chirurgico ed esaminato per ogni organo, non offre difficoltà insormontabili; invece “il vero scoglio contro cui urtano e spesso – purtroppo – naufragano le più brillanti realizzazioni tecniche è un ostacolo biologico, che si manifesta col così detto ‘rigetto’ dell’organo trapiantato da parte dell’organismo ospite”. Il successo era inoltre per lui impensabile senza l’opera di “équipes altamente efficienti ed affidate, senza una vigilanza continua ed intensa, senza capacità individuali di prim’ordine”; era dunque necessaria la collaborazione tra Ospedale e Facoltà medica. De Blasi favorì e incoraggiò la nascita e l’affermazione di tante specialità, per arricchire e perfezionare il quadro delle attività analitiche, diagnostiche, terapeutiche, finalizzate alla “complessiva” cura dell’ammalato.
Fu preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bari dal 1967 al 1970. Ebbe una lunga attività didattico-scientifica, in cui si rivelò attento innovatore e abile organizzatore. I seminari di ricerca e le tavole rotonde da lui promosse attirarono nomi di stranieri illustri provenienti da Spagna, Inghilterra, Polonia e Francia. Quasi tutti i centri chirurgici pugliesi sono stati (o sono ancora) diretti da suoi allievi, in città che prima non avevano alcun presidio chirurgico. Nel 1975, in occasione della rievocazione del medico salentino, scriveva Mario Montinari: “Tutta la popolazione di Puglia oggi deve essere grata a quell’uomo che rifiutò di andare a cattedre in città più prestigiose, quali Genova, Milano e Roma. Lui rimase nella sua Puglia, dando il suo contributo di scienza e di vita per i suoi assistiti, vuoi che fossero della campagna o della città: sempre pronto per confortare impareggiabilmente i malati gravi, sempre dedito alla sua opera di validissimo diagnosta e grande esecutore”. De Blasi morì d’infarto l’8 novembre 1971. Bari gli ha intitolato un’aula del suo Ateneo; Taviano gli ha dedicato una scuola.
Operava in silenzio, Alberto De Blasi. Amava le cose semplici; fu sempre molto vicino ai poveri, ai pescatori del mare di Recale, ai suoi amici più cari. Secondo la testimonianza di questi ultimi e dei suoi collaboratori più stretti, la calma e la serenità lo contraddistinsero sia come uomo sia come medico: in sala operatoria, anche nei momenti più drammatici, manteneva sempre un atteggiamento equilibrato.
Si contano oggi più di mille pubblicazioni a suo nome; egli ebbe molti riconoscimenti da parte delle autorità della scienza, dello stato e di civili istituzioni. Ad esempio, nell’ottobre del 1971 si tenne a Bari un simposio internazionale di chirurgia pediatrica e gli atti furono dedicati alla memoria del prof. Alberto De Blasi, da poco scomparso. Ancora Il 20 maggio 1975 si costituì a Bari la Società Chirurgica Ospedaliera Pugliese, per volontà dei suoi allievi ed estimatori, allo scopo “di riunire i medici che svolgono attività chirurgica ospedaliera in un organismo che ne promuova lo sviluppo e ne tuteli il prestigio sul piano scientifico e organizzativo”.

Caterina Tisci

Da Scienziati di Puglia (a cura di) Francesco Paolo De Ceglia, Adda Editore, 2007 pag. 529- 531

Cenni bibliografici

Letteratura primaria:

Contributo clinico-statistico allo studio dello strozzamento erniario, Cressati, Bari 1946.

 

Casistica urologica della Clinica chirurgica di Bari dal 1930 (gennaio) al 1942, Laterza, Bari 1947.

Sulle gravi emorragie dopo gastroenterostomia, Laterza, Bari 1947.

Le infiltrazioni del simpatico cervicale, Laterza, Bari 1950.

Letteratura secondaria:

Lattanzio V., Montinari F., Papadia I., De Blasi, ancora vivo negli allievi e nei pazienti, «Nel Mese ‘75», IX (gen.-feb. 1975) 1-2, pp. 22-25.

Montinari M., Montinari M., Montinari M., Storia illustrata dell’Ospedale Consorziale Policlinico di Bari dal San Pietro al San Paolo, Levante, Bari, 1995, pp. 247,338,348,353,354,360,367,411,420,486.

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