SCHILARDI CARLO

nuova puglia d'oro_total white

SCHILARDI CARLO

nuova puglia d'oro_total white

Lecce 26 settembre 1948

Ha ricoperto diversi incarichi direttivi nell’ambito delle Prefetture di Como, Ancona e Lecce, nel cui ambito ha assolto per molti anni l’incarico di Capo di Gabinetto e, dal 1992, di Viceprefetto Vicario, successivamente ha svolto le funzioni Vicarie del Prefetto di Napoli, Prefetto della Repubblica dal marzo 2000 ha retto le Prefetture di Caserta e Bari; su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato nominato membro del Consiglio di Stato.

Laureato in giurisprudenza (1970), procuratore legale (1973), abilitato all’ insegnamento di materie giuridiche (1974). È coniugato con la signora Silvana Madaro, funzionaria presso la Direzione Investigativa Antimafia di Bari ed ha una figlia.

Ha svolto diversi incarichi direttivi nelle Prefetture di Como Ancona e Lecce, nel cui ambito come Capo Gabinetto e poi come Vice Predetti Vicario ha affrontato delicate problematiche legate alla immigrazione clandestina sulla costa salentina, che dal 1991 ha avuto carattere straordinario per entità e tensioni sociali.

Dal 1° dicembre 2000 è stato nominato Prefetto di Caserta, passando poi alla Prefettura di Bari fino al 30 gennaio 2011, con lo svolgimento di diversi incarichi speciali quale il Commissario Delegati per gli eventi alluvionali del territorio di Bari e Brindisi nell’ottobre 2005;

Con D.P.R. del 31 gennaio 2011, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l’alta professionalità dimostrata in campo amministrativo e giuridico, è stato nominato Consigliere di Stato nella V sezione giurisdizionale.

Per la definizione del contenzioso derivante dalla realizzazione degli interventi post-terremoto in provincia di Napoli, con D.P.R., è stato nominato Commissario Straordinario del Governo e in tale delicata veste, che tutt’ora ricopre, ha predisposto i piani finanziari per il trasferimento delle abitazioni e delle infrastrutture realizzate agli enti locali, ed ha contenuto l’enorme contenzioso arbitrale apertosi con i consorzi di costruzione e sta procedendo a progressive transazioni con significativi risultati raggiunti, fondamentali per la salvaguardia della Finanza pubblica.

Con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico nell’anno 2012, è stato incaricato della Presidenza del Comitato di Sorveglianza di grande azienda in crisi;

Con D.D.G. del 4 ottobre 2012 è stato nominato componente dell’Organo Indipendente di Valutazione delle Performance dell’Istituto Tumori a carattere scientifico di Bari;

Con D.P.R. del 9 agosto 2018 e con successivi  DD.P.C.M. del 25 ottobre 2018, del 15 ottobre 2019 e del 21 ottobre 2020, in attuazione dell’articolo 17 comma 2 del decreto-legge 28 settembre 2018 e “avuto riguardo ai titoli professionali e alle esperienze maturate” gli è stato conferito dal Governo della Repubblica il delicato incarico, tuttora ricoperto, di Commissario Straordinario “per gli interventi di riparazione, di ricostruzione, di assistenza alla popolazione e di ripresa economica nei territori dei comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola d’Ischia interessati dagli eventi sismici verificatisi il giorno 21 agosto 2017;

-Con atto del 23 febbraio 2022 si è insediato quale presidente del Collegio Consultivo Tecnico RTI ALEANDRI – C.M.C. di RAVENNA cod. sil. CACA1956771-44. OGGETTO APPALTO: Lavori di costruzione della Nuova S.S. 195 “Sulcitana” – Tratto Cagliari – Pula – Lotti 1° e 3° e Opera Connessa Sud. L’arteria ANAS è di importanza strategica, ha richiesto un ingentissimo finanziamento ed è da realizzarsi in tempi accelerati. L’incarico è stato conferito a termini dell’art. 6 del D.L. n. 76/2020.

 

È stato:

– commissario Straordinario dell’Automobil Club di Caserta;

– componente del Comitato tecnico – scientifico che negli anni 2003 – 2004 ha predisposto la bozza dei decreti – legislativi di individuazione delle funzioni fondamentali dei Comuni e di revisione delle disposizioni in materia di enti locali, al fine di adeguarle alla legge costituzionale n. 3 del 2001;

– componente del Comitato di controllo sugli atti degli enti locali, Commissario Straordinario in numerosi Comuni, presidente di Collegi Ispettivi e di accesso ex L. 203/91 anticrimine per illeciti in EE.LL.;

– in commissione per l’ANCI per la riforma della Legge lavori pubblici (Merloni);

– nel direttivo dell’associazione nazionale magistrati amministrativi ed in data 14 aprile 2013 è stato eletto in seno all’Organo di Autogoverno (Consiglio di Presidenza) della Giustizia Amministrativa

– vicepresidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Funzionari Amministrazione Civile dell’Interno.

 

Onorificenza e Premi

con Decreto del Presidente della Repubblica il 2 giugno 2012 gli è stata conferita l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al Merito dell’Ordine della Repubblica

Gli sono stati conferiti tra i più recenti:

– il Premio “VRANI” quale Salentino illustre (anno 2006);

– il Premio “POMPEO Sarnelli” quale apprezzamento per l’attività istituzionale svolta in provincia di Bari (anno 2008);

– il Premio “Pestello d’Argento” dal Circolo Sanità di Bari., con la stessa motivazione (anno 2010);

– l’onorificenza rotariana “Paul Harris Felloow” (anno 2012).

 

Docenze e Pubblicazioni:

È stato incaricato di legislazione comparata degli enti locali presso la Scuola di Specializzazione in diritto comunitario della II Università degli Studi di Napoli ed ha tenuto cicli di lezioni e relazioni presso la Università degli Studi di Lecce ed altre Università italiane;

Da alcuni anni tiene lezioni di legislazione locale presso l’Istituto Superiore di Polizia e la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno ed è relatore in seminari di studi, congressi e convegni, a livello locale e nazionale;

pubblica numerosi articoli su importanti quotidiani e riviste giuridiche e dal gennaio 1996 ha curato per anni sul “Sole 24 Ore” le rubriche de “L’esperto risponde” in materia di Enti Locali, pubblico impiego e personale degli Enti Locali (circa 980 risposte a quesiti e servizi):

 

Sue pubblicazioni:

  • “Controllo sugli organi e degli enti locali e sugli atti” – Carra Ed. giugno 1990; –
  • “Organi del Comune e delle Province” – Carra Ed. ottobre 1990; –
  • “Segretari Comunali Uffici Finanza e Revisori” – Carra Ed. gennaio 1991; –
  • “Le norme e tutela della trasparenza amministrativa” – Pirola Ed. 1993;
  • “Patologie degli organi degli enti locali” – Pirola – sole 24 ore – 1994; –
  • “Il Commissario Straordinario degli EE.LL.“ coautore S.S.A.I. Poligrafico Stato 1995; –
  • “Gli organi elettivi dei comuni e delle province” – S.S.A.I. Poligrafico Stato 2001; –

“Governo degli enti locali e gestioni commissariali” S.S.A.I. 2011.

La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 marzo 2020

Non solo per la sanità serve una voce unitaria.

 

Viviamo in tempi di coronavirus e di emergenza sanitaria nazionale e l’attenzione dell’opinione pubblica è concentrata sulle reali conseguenze del virus per la salute e su ciò che faticosamente si sta facendo, tra qualche polemica ma con sostanziale buona volontà generale, per porre un argine alla diffusione dell’infezione che, almeno per ora, ha colpito l’Italia più degli altri paesi europei.

Non credo che tale diffusione sia dovuta propriamente a colpe umane e si avverte, ormai, un senso di fastidio per le troppe voci di esperti e di orecchianti, che si elevano in un assordante tam tam mediatico, in cui ciascuno si ritiene portatore di soluzioni più o meno miracolistiche, mentre si susseguono atti e provvedimenti regionali e comunali, non sempre coerenti con quelli pensati e voluti dal Governo nazionale; Governo che è dovuto intervenire ripetutamente per evidenziare la necessità di stabilire regole di prevenzione e di profilassi omogenee come il Paese esige, non senza creare malumori a livello territoriale tra coloro che predicano un regionalismo politico e amministrativo quasi assoluto, salvo pretendere, nelle emergenze, quella risposta tempestiva ed efficace che uno Stato centrale disarticolato ha difficoltà a dare.

Orbene, non credo che sia questo il momento, né intendo farlo, per esprimere giudizi sull’operato delle autorità preposte a contrastare l’epidemia e sulla giustezza ed efficacia delle loro scelte, perché sarebbe ingiusto nei confronti di coloro i quali, come ho detto, stanno operando con tutte le proprie forze per superare questo difficile frangente, ma anche perché questo non vuole essere l’oggetto dell’attuale riflessione.

Intendo invece richiamare l’attenzione di chi legge sulla circostanza, oggetto di rinnovata considerazione da parte di commentatori avveduti e di chi di turno ha l’onore e l’onere di governare il Paese, di come sia quasi proibitivo assumere, da parte del Governo nazionale, decisioni vincolanti per tutti e su tutta la Penisola.

Nello specifico, visto che di sanità stiamo parlando, è doveroso chiedersi, infatti, quali siano i compiti ed i poteri generali del Ministro della Sanità e del Governo in materia e la risposta, ben nota a tutti gli addetti ai lavori, è che essi si limitano, essenzialmente, allo stabilire i livelli minimi delle prestazioni da erogare a tutela della salute dei cittadini, alla destinazione delle ingenti risorse finanziarie stanziate per il settore e alle decisioni in materia di approvazione e commercializzazione dei farmaci, in un impegnativo confronto con le potenti aziende produttrici, onde evitare che in Italia i prezzi delle medicine non siano superiori a quelli praticati altrove. Nulla altro, alla luce dell’art. 117 della nostra Costituzione, quale riformata nel 2001, nel quadro più generale della riforma del titolo V della Carta.

Il problema non è nuovo e affonda le sue radici negli albori della nostra storia repubblicana, caratterizzata dalla convinzione di dover frammentare i centri decisionali, per non creare poteri e figure “forti”, procurando conseguenze paralizzanti che sono state avvertite da subito da alcuni costituzionalisti come il Mortati e dagli stessi governi della Repubblica, tanto che De Gasperi, accortosi di ciò, pur tra mille critiche tentò di superare le difficoltà di governabilità, mediante una legge elettorale che rimase priva di effetti.

Falliti alcuni ulteriori tentativi di riforma (nel 1983 con la commissione Bozzi e nel 1992 con la commissione De Mita-Iotti), il problema di ridisciplinare i poteri del Presidente del Consiglio e del Governo si è riproposto puntualmente nella seconda Repubblica e, così, nel 1994 l’allora Presidente del Consiglio Berlusconi istituì allo scopo una commissione di studio, non senza aver prima sostenuto, provocatoriamente, che il potere principale del Capo del Governo, non può essere quello di predisporre l’ordine del giorno dei lavori del Consiglio, senza la possibilità di rendere efficace e completa l’azione di governo e di intervenire nelle materie di competenza dei singoli ministeri con compiti concreti di indirizzo.

Senza esito sono state, infine, le iniziative di Enrico Letta (2013) e di Matteo Renzi (2014), malgrado quest’ultimo sia riuscito a far approvare dal Parlamento una riforma costituzionale organica (con testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 15 aprile 20169), riforma di certo non perfetta ma, a mio avviso, con non poche luci. È noto come la riforma sia poi miseramente naufragata a seguito del Referendum del 4 dicembre 2016 e con essa alcune importanti previsioni, quali il recupero in testa al Governo e al Parlamento del potere, di determinarsi e di legiferare in alcune materie di primario interesse nazionale (energia, trasporti, reti di comunicazione, porti ecc.) e di dettare “disposizioni generali e comuni” in altre materie, con in primo piano la sanità e la salute.

Sì, proprio la sanità e la salute, che oggi è tornata di stretta attualità e che non può essere oggetto di riserve di potere delle regioni, con i loro inevitabili distinguo e condizionamenti locali, anche in momenti di grave criticità.

 

Altre questioni, come la produzione di acciaio, di valore strategico in una nazione altamente industrializzata, il contrasto che ha quasi distrutto l’olivicoltura salentina, la realizzazione di grandi infrastrutture, l’approvvigionamento energetico, ecc., rafforzano il bisogno di decisioni rapide ed unitarie pel pubblico bene, senza frammentazioni che impediscono di confrontarsi con gli altri stati in modo credibile e di affrontare le emergenze continue che un mondo globalizzato sviluppa e che l’Italia deve gestire con una voce sola, tenendo sempre presente che gli interlocutori sono spesso paesi grandi e potenti, le cui province hanno dimensione e popolazione superiore a quella dell’intera nostra pur sempre magnifica Italia.

Carlo Schilardi

Già Prefetto e Consigliere di Stato

La Gazzetta del Mezzogiorno 21 settembre 2019

Il bel Paese è irriformabile? Luogo comune da sfatare

 

Da cittadino e da tecnico dell’amministrazione ho sempre inteso dare il mio apporto in quello che, qualche anno fa, sembrava l’avvio di una importante stagione di riforme per ammodernare l’amministrazione pubblica e la governabilità del paese, anche mediante significative modifiche costituzionali.

In una serie di articoli ho accompagnato, così, i lavori del Parlamento illustrando quali fossero le maggiori urgenze da trattare, non ultima la necessità di ridurre i casi di legislazione concorrente, riservando, comunque, allo Stato la possibilità di determinarsi su questioni di rilievo nazionale, quali infrastrutture, trasporti e viabilità, energia e altro.

Non ho mancato di evidenziare che attenzione particolare andava dedicata al Parlamento, essendo il bicameralismo perfetto evidente fonte di ritardo nell’attività legislativa per la ripetizione di attività sostanzialmente uguali da parte di entrambe le camere, peraltro composte da un numero eccessivo di componenti (quasi 1000).

A tale lavoro il Parlamento si dedicò tra gli anni 2013 e 2016 approvando, tra non poche difficoltà e conflitti, una riforma costituzionale che, come molti ebbero modo di rilevare, non era il “top” possibile, ma avrebbe certo migliorato la governabilità del paese, eliminando sprechi nell’esercizio delle funzioni pubbliche con il superamento delle province, del CNEL, delle camere di commercio e con la revisione delle funzioni del Senato e la  contestuale riduzione dei suoi componenti, non più eletti a suffragio diretto.

Importanti erano anche le correzioni di alcune previsioni del già riformato titolo quinto della Costituzione, con la restituzione allo Stato centrale della possibilità di legiferare quando fosse necessario realizzare, come si è detto, interventi di interesse nazionale nell’interesse della Repubblica nel suo complesso, salvo poi procedere alla ristrutturazione dell’apparato periferico dello Stato.

In particolare, il rinnovato articolo 55 riservava alla Camera dei Deputati la concessione della fiducia al governo e la funzione legislativa generale e riservava al Senato la rappresentanza delle istituzioni territoriali e il potere di legiferare nelle materie di interesse locale e in altre di particolare rilevanza.

Invero, assai controversa era la previsione di rendere non elettivo il Senato delle autonomie, composto da 100 membri individuati dai consigli regionali e tra i sindaci, ma ciò era finalizzato, sia pur discutibilmente, a evitare l’esistenza di una seconda camera eletta in modo speculare a quella principale.

Significativa, poi, la previsione che la Corte Costituzionale, a richiesta, si esprimesse in via preventiva sulle leggi elettorali nazionali per evitare, in materia tanto delicata, l’adozione di norme di comodo a favore della maggioranza di turno.

Il fervore riformistico, del tutto poi assopitosi, non riguardava, peraltro, solo l’assetto costituzionale ma anche altro, incidendo sui costi della politica a livello centrale e periferico attraverso, ad esempio, la riduzione degli emolumenti dei consiglieri e degli amministratori regionali.

Purtroppo le forze politiche che avevano approvato in Parlamento la riforma costituzionale, non hanno saputo evitare che una tenace campagna, che ha trovato proseliti in vari ambienti, instillasse negli elettori il dubbio che la riforma stessa fosse di natura autoritaria (pur non toccando le attribuzioni del governo), ed esaltando i difetti del testo ne hanno provocato in sede referendaria la bocciatura, provando ancora una volta che la volontà di modernizzare il paese non trova consensi reali nelle classi dirigenti, con buona pace di Costantino Mortati che, nel lontano 1973, aveva criticato l’esistenza di una seconda Camera, quando inutile doppione della prima.

In conseguenza di ciò, nulla si è potuto fare per migliorare il rapporto Stato – Regioni, ridurre il contenzioso innanzi alla Corte Costituzionale, il ricorso alla decretazione d’urgenza, il susseguirsi di leggi elettorali per l’elezione del Parlamento e per ridurre alcune costose burocrazie.

Tuttavia circa la ripresa del percorso riformistico incoraggiano, ora, le prese di posizione del nuovo Governo e alcuni articoli apparsi su importanti quotidiani nazionali, uno dei quali ha pubblicato un sondaggio, concludendo che “vuole le riforme anche chi votò no al referendum”, mentre un altro titola un servizio con un richiamo al “senso dello Stato che bisogna riscoprire”.

Che sia, quindi, la volta buona per ricominciare!

Vanno affrontate senza indugi le problematiche appena accennate e rimaste aperte, non trascurando l’esigenza di rafforzare, semplificandola, l’attività a tutela della legalità amministrativa e di contrasto alla corruzione, essendo stati del tutto eliminati i controlli preventivi, senza lasciare alla sola magistratura penale il compito di intervenire a posteriori. Occorrono, altresì, provvedimenti efficaci per evitare che i lavori pubblici e le forniture siano appannaggio di esecutori inaffidabili o che i pubblici concorsi, specie a livello locale, siano inutili liturgie.

Urgente è, infine, che sia portata avanti la riforma della giustizia civile ed amministrativa, caratterizzata la prima dall’esistenza sostanziale di tre gradi di giudizio e la seconda dalla presenza di un giudice collegiale, anche per decidere questioni minori.

Si tratta di riforme di complessa gestazione per via delle diverse posizioni esistenti e degli interessi in gioco, ma bisogna coraggiosamente sfatare la convinzione che nel nostro Paese sia impossibile approvare riforme modernizzatrici incisive.

Carlo Schilardi

Già Prefetto della Repubblica

POTREBBE INTERESSARTI