DE BLASI DANTE

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DE BLASI DANTE

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Il microbiologo.

Agli inizi dell’aprile 1910, un’epidemia apparentemente sconosciuta infestò la città di Albano laziale. Diversi medici, studiosi e ricercatori si recarono sul posto, su richiesta degli amministratori comunali, provenienti dagli Ospedali Riuniti di Roma e dall’Istituto d’Igiene dell’Università. Il responso fu immediato: si trattava di una violenta epidemia di febbre tifoide. Nel sangue di diversi malati, infatti, era stato isolato il bacillo di Eberth (Eberthella typhi), un batterio del genere Salmonella. L’esame dei campioni prelevati in loco fu compiuto a Roma da alcuni ricercatori del laboratorio dell’Università, tra cui Dante De Blasi, assistente incaricato dell’insegnamento di Batteriologia. Dopo soli due giorni, fu possibile comunicare telegraficamente l’esito delle analisi all’Ufficiale sanitario di Albano, affinché fossero subito intraprese tutte le misure del caso. La notizia fu accolta con un certo scetticismo, visto che il periodo non era quello estivo. De Blasi decise di approfondire la questione, anche perché, frattanto, una più ristretta epidemia di tifo era scoppiata in un altro comune del medesimo comprensorio, Genzano di Roma. Con una equipe, De Blasi analizzò la diffusione del fenomeno dentro e fuori i centri urbani. Raccolte informazioni sull’approvvigionamento idrico, ne individuò alla fine la causa in un tratto di conduttura comune a entrambe le cittadine, affiorante sul letto di una fogna. La tubatura era piuttosto corrosa e non superò le prove di permeabilità. Anche i test batteriologici furono positivi e, rimossa la fonte della contaminazione, la situazione fu in breve tempo risolta. Gli studi epidemiologici e ambientali effettuati vennero poi resi noti nel 1912, nel volume dodicesimo del «Bulletin International d’Hygiène Publique».
La vicenda descrive bene la personalità di De Blasi dal punto di vista professionale. Medico e scienziato appassionato del proprio lavoro, molto attivo e scrupoloso, era nato nel 1873 a Uggiano la Chiesa, in provincia di Lecce. Aveva studiato Medicina a Roma, laureandosi nel 1899 con una tesi di argomento embriologico, che meritò il “Premio Girolarni”. Intraprese sin da subito la carriera accademica. Lavorò presso l’Istituto d’Igiene dell’Università e conseguì la libera docenza in Batteriologia nel 1904. Rivestì pure diversi incarichi presso l’Istituto Antirabbico, l’Istituto Vaccinico e il Laboratorio di Patologia degli Ospedali Riuniti di Roma.
Nel corso della prima Guerra mondiale, fu arruolato come ufficiale medico e lavorò presso i laboratori dell’Ispettorato Nazionale di Sanità Militare. Svolse ricerche d’ambito chimico e batteriologico, ma si distinse soprattutto nell’igiene e la prevenzione. De Blasi aveva già sperimentato a Roma vaccini polivalenti anticolici da adoperare nella profilassi delle diarree infantili. Aveva avuto poi l’idea di vaccinare le madri, sperando in un eventuale passaggio di anticorpi al bambino, attraverso il latte materno, con assorbimento a livello della mucosa intestinale, ma, essendo i risultati poco confortanti, non si andò oltre il livello della sola sperimentazione sugli animali. In campo bellico, invece, l’esigenza più sentita era quella di una profilassi sanitaria per le truppe al fronte. De Blasi e la sua equipe misero a punto e sperimentarono in laboratorio un vaccino misto antitifico e anticolerico, che, successivamente, somministrato ai soldati, produsse ottimi risultati. Il microbiologo fu congedato con il grado di Ufficiale Generale della Riserva.
Al termine della guerra restò ancora per un paio d’anni a Roma. Nel 1920 fu nominato professore straordinario di Igiene presso l’Università di Cagliari e nel 1924 passò a Napoli, dove divenne ordinario della medesima disciplina. Nel capoluogo campano, dove rimase per circa dieci anni, diresse la Scuola di Farmacia (nel biennio 1927-29) e fu fatto presidente della Società Antitubercolare (1926). Nel 1935 fu trasferito alla cattedra di Igiene dell’Università di Roma, dove rimase fino al 1943, anno in cui, ormai settantenne, fu collocato a riposo per raggiunti limiti d’età. Morì a Roma nell’estate 1956.
Fece parte dell’Accademia dei XL, di quella dei Lincei, della Pontaniana e di altre ancora; membro di svariate associazioni mediche e dell’Accademia di Storia della Medicina, vi ricoprì anche incarichi presidenziali. Ricevette premi e riconoscimenti da istituti nazionali e internazionali. Diresse la rivista «Annali d’Igiene» dal ’38 al ’43. Fu vicepresidente della Sezione Italiana della Società Internazionale di Microbiologia, presidente del Consiglio Superiore della Sanità, del Comitato per la Medicina del CNR, della Commissione per la Farmacopea Ufficiale ecc.
Nel campo della ricerca, oltre ai filoni di studio prima menzionati, vanno senz’altro ricordati il suo contributo allo studio dei prodotti virali filtrabili e diversi altri apporti in materia di fisiopatologia. Nel primo ambito, eseguì numerosi esperimenti su equini e bovini, mediante inoculazione di filtrati neoplastici, per valutare l’eventuale presenza di corpi inclusi virulenti intra- o intercellulari. Protocolli analoghi seguì nel caso della rabbia, lavorando su canidi e ovini e raggiungendo risultati anche più significativi. In materia di fisiologia invece, si occupò della manifestazione di diverse malattie, soprattutto epidemiche, ma non solo, della loro eziologia, sintomatologia e cura. Tra gli agenti patogeni, oltre a virus e batteri, studiò pure i protozoi. In particolare, ricercò eventuali sostanze emolitiche nel siero di ammalati malarici umani e cani con piroplasmosi, entrambe malattie protozoarie. Adoperò come liquido di coltura una miscela di cloruro di sodio e saccarosio (praticamente una soluzione fisiologica), isotonica col siero, e compì esperimenti sulla variazione della concentrazione osmotica del sangue nei diversi casi. Tutte le sue ricerche mostrano un medico militante e scienziato amante del proprio lavoro.

Alessandro Volpone

Da Scienziati di Puglia (a cura di) Francesco Paolo de Ceglia Adda Editore, 2007 pag. 385-386

Cenni bibliografici

Letteratura primaria:

Corso ufficiale d’igiene (1926-1927), lezioni raccolte da G. Marinelli, Pironti, Napoli 1927.

Le pietre miliari della immunologia, Reale Accademia d’Italia, Roma 1933.

Discorsi pronunziati nel I Congresso Internazionale di igiene mediterranea di Marsiglia, Il Progresso Sociale Del Mezzogiorno, Napoli 1935.

Letteratura secondaria:

Canali S., La medicina, in R. Simili e G. Paoloni (a cura di), Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Laterza, Roma-Bari 2001 (2 voll.), voi. I, pp. 549-90.

Capuano M., Novità e importanza dell’opera scientifica di Dante De Blasi, in Contributi di storia della medicina. Atti del XXXIV Congresso nazionale di storia della medicina. Messina, 27-29 ottobre 1989, s. e., Messina 1992, pp. 235-41.

Cerasani L., De Blasi, Dante, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1987, XXXIII, pp. 387-90.

De Blasi Dante (Wikipedia)

Dante De Blasi (Uggiano la Chiesa, 25 ottobre 1873 – Roma, 10 luglio 1956) è stato un immunologo, batteriologo e igienista italiano, che è stato anche alla guida di prestigiose istituzioni quali l’Istituto Superiore di Sanità (1935) e il Consiglio superiore di sanità (1935-1943).

Biografia

Nato a Uggiano la Chiesa, un piccolo paese dell’entroterra di Otranto da umile famiglia, De Blasi dimostrò doti di studioso brillante, poliedrico e geniale già negli anni del liceo; allo spessore scientifico, il De Blasi univa, infatti, una straordinaria cultura generale, che gli consentiva di conoscere un gran numero di lingue straniere, compreso il russo. Nel 1893 vinse il primo premio nella gara nazionale per una composizione in lingua italiana indetta da Guido Baccelli fra i maturandi delle scuole medie superiori; presidente della commissione esaminatrice era il poeta Giosuè Carducci. Si laureò in medicina all’università di Roma con una tesi in embriologia che meritò il Premio Girolami (1899).
Dopo il servizio militare, nel 1902 iniziò la carriera universitaria come assistente ordinario nell’Istituto di Igiene dell’Università di Roma diretto da Angelo Celli. Nel 1904 ottenne la libera docenza in batteriologia e fu incaricato dell’insegnamento di Batteriologia a Roma dal 1905 al 1920. Nel 1920 fu professore di Igiene nell’università di Cagliari, dal 1921 al 34 a Napoli, per tornare finalmente a Roma, dove successe a Giuseppe Sanarelli. De Blasi contribuì in modo decisivo alla stesura del nuovo Testo Unico delle Leggi Sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934 n°1265, del quale si impegnò a curare in modo particolare la parte relativa all’assistenza territoriale, partendo dal principio che «una solida e capillare rete di assistenza territoriale vale ben più di mille spedali». Si dedicò alla lotta contro la malaria. Fu, infine, direttore di Annali di igiene dal 1938 al 1943.
L’attività scientifica di De Blasi è stata molto vasta e ha interessato soprattutto la batteriologia e la sierologia. Fra i principali risultati:
scoperta del fenomeno della agglutinazione noto come “Fenomeno di De Blasi”: l’elevato titolo di anticorpi nei sieri dei malati di febbre tifoide può inibire la reazione di agglutinazione, determinandone quindi la negatività;
scoperta che la dissenteria batterica può essere provocata da più varietà di germi;
primo tentativo di riprodurre una neoplasia mediante inoculazione di filtrati preparati da soggetti della stessa specie portatori di tumore;
dimostrazione della filtrabilità del virus della rabbia e presenza dei corpi del Negri nel corno d’Ammone di conigli in cui era stato inoculato il filtrato col virus;
scoperta dell’eziologia dell’agalassia contagiosa delle pecore, in collaborazione con Angelo Celli: l’iniezione di filtrato da latte di animali malati iniettato in animali sani riproduceva la tipica sindrome caratterizzata da agalassia, lesioni oculari e lesioni articolari:
studio del passaggio degli anticorpi nel latte;
dimostrazione, nella cavia infettata con Salmonella typhi, che le aggressine si concentrano nella frazione albuminica mentre le tossine sia nella frazione albuminica che in quella globulinica; inoltre, le aggressine inibiscono la fagocitosi attivata dalle opsonine
controllo dell’epidemia di febbre tifoide nelle cittadine di Albano Laziale e Genzano di Roma: De Blasi dimostrò l’origine dell’epidemia (inquinamento dell’acqua potabile attraverso un giunto nell’acquedotto). Per questa ricerca, dimostrazione dell’unica epidemia di febbre tifoide di cui origine sicuramente idrica, De Blasi ottenne il più alto riconoscimento all’Esposizione internazionale scientifica per il centenario della nascita di Pasteur di Strasburgo nel 1923.

Riconoscimenti

Socio di:
• Accademia nazionale delle scienze detta dei XL
• Accademia dei Lincei (dal 1936)
• Accademia d’Italia (dal 1929)
• Pontificia Accademia delle Scienze
• Accademia Pontaniana
• Accademia Cesarea Leopoldina
• Presidente della SItI (Società Italiana di Igiene) dal 1932 al 1945

DE BLASI, Dante – Enciclopedia Italiana (1931)

DE BLASI, Dante. – Medico, nato il 25 ottobre 1873 in Uggiano (Lecce). Accademico d’Italia. Insegnò batteriologia dal 1904 al 1920 nell’università di Roma; fu poi nominato professore d’igiene a Cagliari, e trasferito l’anno dopo a Napoli. Fra le sue ricerche vanno ricordate, per originalità o priorità, quelle sul virus dell’agalassia contagiosa degli ovini (con A. Celli); sulle emolisine secondarie nella malaria e nell’anchilostomiasi; sull’azione emocatatonistica dei sieri emolitici; sulla legge dei quadrati nell’azione emolitica del saccarosio nella piroplasmosi dei cani; sul fenomeno paradosso e periodico dell’agglutinazione nei malati di tifo e di melitense. Va citato un suo Trattato di batteriologia, che fa parte del Manuale

dhttps://www.treccani.it/enciclopedia/dante-de-blasi_%28Enciclopedia-Italiana%29/ell’igienista

di A. Celli (Torino 1911)

PERSONAGGI, TERRITORIO

Le fantastiche (dis)avventure del dottor Babbarabbà, Dante De Blasi

5 luglio 2010Redazione

L’insigne medico igienista Dante De Blasi nacque il 25 ottobre 1873 ad Uggiano La Chiesa da umile famiglia e si laureò con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma nel 1899, conseguendo il premio Girolami per la sua splendida tesi di laurea, di argomento embriologico. Nel 1902 entrò, quale assistente ordinario, nell’Istituto di Igiene dell’Università di Roma diretto da Angelo Celli e appena tre anni dopo gli fu affidato, per la prima volta in Italia, l’incarico dell’insegnamento ufficiale della batteriologia, che conservò fino al 1920, quando fu nominato Professore Straordinario d’Igiene presso l’Università di Cagliari.
L’anno successivo fu chiamato, all’unanimità, all’Università di Napoli, dove rimase fino al 1935, anno in cui venne richiamato all’Università di Roma, succedendo a Giuseppe Sanarelli. Purtroppo, Dante De Blasi non riuscì a godere la soddisfazione del ritorno a Roma, perché il 15 ottobre di quello stesso anno perse il suo unico figlio maschio, Giorgio, in seguito ad un tragico incidente di volo, avvenuto nel cielo di Latina. Allo spessore scientifico, il De Blasi univa una straordinaria cultura generale, che gli consentiva di conoscere un gran numero di lingue straniere, compreso il russo, e che già, ancora studente, lo aveva portato a vincere la gara nazionale per lo scrivere italiano indetta da Baccelli, Ministro della Pubblica Istruzione, tra i licenziati del 1893, e giudicata da una Commissione presieduta da Giosuè Carducci.

Oltre ad aver ottenuto una straordinaria fama internazionale per le sue brillanti ricerche nel campo della microbiologia, dell’immunologia e dell’oncologia, Dante De Blasi fu presidente del prestigioso Consiglio Superiore di Sanità dal 1935 al 1943, succedendo a personaggi del calibro di Camillo Golgi ed Ettore Marchiafava. Socio dell’Accademia Nazionale delle Scienze nel 1937 e presidente della SItI (Società Italiana di Igiene) dal 1932 al 1945, De Blasi contribuì in modo decisivo alla stesura del nuovo Testo Unico delle Leggi Sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934 n°1265, del quale si impegnò a curare in modo particolare la parte relativa all’assistenza territoriale, partendo dal principio, ancor oggi attuale e moderno, che “…una solida e capillare rete di assistenza territoriale vale ben più di mille spedali”. Inoltre, proprio al De Blasi, insieme con il marchigiano Celli, suo riconosciuto maestro, si deve il successo definitivo nella lotta contro la malaria, perché i suoi studi convinsero il governo della necessità di attivare i grandiosi interventi di bonifica delle aree malsane, dal delta padano alle meravigliose (oggi!) coste del basso Salento (zona umida delle Cesine e laghi Alimini). La sua scomparsa, avvenuta a Roma il 10 luglio 1956, segnò un giorno di grave lutto per la Medicina italiana, come documentato dalle note di commemorazione da parte di alcuni suoi insigni allievi, come Vittorio Puntoni e Antonio Tizzano.

Questa, in sintesi, la storia (vera) di De Viti De Marco e di Dante De Blasi: probabilmente si potrà eccepire che, formalmente, i due “babbarabbà” non abbiano inciso in modo diretto sulla nascita del Servizio Sanitario Nazionale, ma la loro influenza positiva sul progresso della sanità pubblica italiana (questo mi sia davvero consentito) è certamente fuori discussione.Tuttavia, una riflessione, assai amara, viene spontanea: premesso che, forse, un giorno qualcuno riuscirà ad attribuire i giusti meriti a questi due grandi personaggi, perché i propri concittadini li hanno abbandonati nell’oblio? Ebbene sì, è davvero dura, la vita dei babbarabbà!
Pierluigi Camboa-George Teseleanu, Le fantastiche (dis)avventure del dottor Babbarabbà – Edizioni Panorama della Sanità, Roma, 2010

Le fantastiche (dis)avventure del dottor Babbarabbà, Dante De Blasi

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