DIVELLA S.P.A.

nuova puglia d'oro_total white

DIVELLA S.P.A.

nuova puglia d'oro_total white

Rutigliano (Bari). 1890

Dal primo molino a grande realtà produttiva nel mercato della pasta nazionale e globale

DIVELLA, UNA LUNGA STORIA DI PASSIONE E TRADIZIONE

 

Dal primo molino dedicato alla produzione di farine a una Società per Azioni che oggi fa della Divella S.p.A una tra le più importanti aziende produttrici di pasta in Italia.

La storia della “Passione Mediterranea” è iniziata nel 1890, anno nel quale il fondatore Francesco Divella costruì il primo molino a Rutigliano, in provincia di Bari, dedicato alla produzione di farine.

 

 

 

 

Tra il 1910 e il 1920 prese il via anche la produzione di pasta in un primo pastificio artigianale, poiché pasta e prodotti di prima necessità venivano realizzati in casa; di conseguenza, negli anni ‘20 Francesco Divella e la seconda generazione, che iniziava a ereditare la gestione dell’azienda, costruirono un molino a grano duro nel comune di Noicattaro, sempre a pochi chilometri da Bari.

Seguirono gli anni bui della guerra e il conseguente razionamento dei consumi della farina e della pasta. Nonostante il periodo difficile, il pastificio di Rutigliano cominciò a registrare i primi incrementi di produzione

         

Il primo significativo aumento nella produzione di pasta coincise con un cambiamento storico delle abitudini dei consumatori. A partire dalla fine degli anni ’60, infatti, si iniziò a registrare un progressivo sviluppo della produzione di pasta, fino ad arrivare al boom degli anni ’70, momento in cui alla seconda generazione si affiancò la terza, che prese definitivamente le redini dell’azienda durante gli anni ‘80.

LA COSTRUZIONE DEL UN NUOVO STABILIMENTO, LE NUOVE LINEE DI PRODUZIONE: GLI ANNI MODERNI DELLA DIVELLA

Un periodo decisivo per la crescita della Divella poiché, nel gennaio 1989, fu inaugurato il nuovo stabilimento sulla strada che collega Rutigliano ad Adelfia. Negli anni successivi lo stesso impianto è stato più volte ampliato con una serie di inserimenti di nuove linee di produzione, fino ad arrivare ai giorni nostri e quindi alla quarta generazione.

Grazie all’impegno quotidiano di 320 dipendenti diretti la Divella è diventata una realtà produttiva capace di imporsi con determinazione sia sul mercato nazionale, sia sul mercato estero a livello globale. E sono i numeri a parlare chiaro. I molini macinano ogni giorno 1200 tonnellate di grano duro e 400 tonnellate di grano tenero. Il Pastificio produce al giorno circa 1000 tonnellate di pasta secca, 35 tonnellate di pasta fresca, per oltre 150 formati di pasta in grado di soddisfare i palati più esigenti.

 

Biscotti Ottimini, storia di una colazione italiana

Accanto alla storica pasta prodotta negli stabilimenti di Rutigliano e apprezzata in tutto il mondo, c’è una dolce realtà che da più di trent’anni delizia anche i palati più esigenti. Parliamo del biscottificio: un percorso avviato nel 1990 con la produzione degli “Ottimini” che oggi allietano le colazioni di migliaia di italiani. Oggi la linea forno Divella fattura oltre 30 milioni di euro e vanta un impianto produttivo di ultima generazione ed esperti sempre pronti a lanciare nuovi progetti per deliziare i gusti più ricercati.

Un omaggio speciale per celebrare 130 di attività dell’azienda

Un francobollo celebrativo esclusivo è stato emesso dal Mise per festeggiare i 130 anni dalla fondazione dell’azienda Divella.

“L’emissione di un francobollo dedicato in occasione dei 130 anni di attività è motivo di orgoglio per tutti noi. Un traguardo conquistato in tanti anni di sacrifici e impegno per una lunga passione mediterranea ancora tutta da vivere”.

Divella 130 anni

Divella S.p.a. 130 anni

Continua la lettura dei seguenti paragrafi.

Sud, ecco l’impero della pasta: parola di Francesco Divella

Francesco Divella: io, Vincenzo e la sfida al Nord. Verso i 500 milioni annui senza aiuti
ALBERTO SELVAGGI
21 Dicembre 2020

 

Dottor Francesco Divella, mi trovo in difficoltà, cioè non so come chiamarla: senatore Divella, onorevole, ad, presidente…«No, e lasciamo perdere i titoli politici, ai quali guardo come cose del passato: sono amministratore delegato come mio cugino Vincenzo, assieme al quale da quarant’anni guido l’industria di famiglia».

Cioè 1200 tonnellate di grano duro al giorno, 400 di tenero per 1000 tonnellate di pasta secca e 35 di fresca, 90 di biscotti, olio, conserve. Un colosso che alle porte di Rutigliano, provincia di Bari, macina oltre 300 milioni di euro di fatturato mirando ai 500.«Pensi alla Cina, al versante del mondo che ospita un miliardo e 700 milioni di persone. Basterebbe un consumo di un chilogrammo di pasta all’anno pro capite per dare mercato a dieci pastifici. Per ora il prodotto viene acquistato in zone quali Hong Kong, non al centro».

Nell’attesa avete colonizzato 125 paesi, dal Canada alla Nuova Zelanda, nei quali esportate il marchio del trullo.«Deve considerare anche gli italiani all’estero, importatori forti come Francia e Germania. Lei magari qua mangia sushi e sashimi, ma da dieci anni lì il consumo della pasta cresce in eguale maniera. Per non parlare dell’Albania. Nel ’98 portai in quel paese affamato la Fiera del Levante che presiedevo. E da allora il consumo di pasta, fino allora inesistente, ha contribuito anche in senso economico a migliorare la loro vita. Ancora oggi ne sono orgoglioso e

felice. Mi piaceva molto fare il presidente della Campionaria. Meno il senatore e il deputato, non ho mai accettato l’ostruzionismo in politica».

Lei a centrodestra e suo cugino Vincenzo nel centrosinistra. Per strategia aziendale.«Non è così. Io ho frequentato le elementari a Rutigliano e mi sono trasferito a Bari dalla prima media, dove dopo il ‘68 ho conseguito la laurea in Giurisprudenza. Studiavo al Convitto Nazionale “Domenico Cirillo”, quartiere San Pasquale, nell’omonima via, istituto orientato a destra quanto l’Orazio Flacco a sinistra».

Sììì!,grandeee!, pure io sono un «cirillino»!«Ah, quindi pure lei andava al Cirillo. Ma era convittore come me, cioè dormiva in collegio, oppure esterno?».

Esterno.«Allora sarebbe stato oggetto della nostra invidia: noi convittori, lontani dalle famiglie, sognavamo le uscite serali che raccontavano i giovani liberi. Però quella disciplina mi ha formato. Ancora oggi mi sveglio nell’orario in cui a scuola suonava la campanella, 6,05. Alle 7.30 sono in fabbrica fino alle 13.30. Poi due ore di meridionale pennichella e rientro dalle 17 alle 21 circa».

E lei con Vincenzo da un chicco di grano ha creato un impero.«Ci siamo formati con l’esperienza diretta ma anche attraverso i buoni consigli ascoltati in famiglia. Mio padre Domenico, quando gestiva il molino, mi inculcò un principio: non fare mai debiti, tieni in tasca soltanto il 20 per cento dei ricavi senza dividerli, tanto restano lì, mica li perdi. Zero banche, investi. Così promuovemmo una campagna pubblicitaria con i Meteo Rai e Mediaset».

4^ GENERAZIONE: Dr. DOMENICO DIVELLA (di Francesco), Dr. FRANCESCO DIVELLA JR (di Vincenzo), Dr. FRANCESCO DIVELLA JR e Dr. FABIO DIVELLA (di Pasquale), Dr. VINCENZO DIVELLA JR (di Agostino)

La Puglia era già California del Sud ma in un perimetro di indefinitezza. I miei colleghi del Nord citavano un solo nome: «Pasta Divella».«Erano anni di espansione, seguita alle svolte storiche che hanno cambiato i consumi radicalmente. S’è incominciato negli anni Venti, ma fino ai Sessanta la pasta veniva fatta in casa e si vendeva farina. Oggi utilizziamo metodi di lavorazione avveniristici. Tanti anni fa, per esempio, l’essicazione avveniva manualmente in cameroni giganteschi. Adesso personale iper-specializzato segue ogni passaggio via computer, pronto a intervenire per riequilibrare umidità e temperatura lungo la linea. La tecnologia si affina ed è sempre più difficile reperire competenze».

Avete 350 dipendenti diretti e 150 indiretti. E nessuno mai ha fatto una sola ora di cassa integrazione: zero.«Mai, precisamente. E motivo di soddisfazione per me è anche il fatto che abitino tutti al massimo a 20 chilometri di distanza dalla Divella. Però non mi piace la parola che ha usato: dipendenti. Io non li ho mai chiamati così. Sono collaboratori, per me. Collaboratori diretti che mi sostengono con il loro affetto, con le loro capacità, legati anche da un rapporto di confidenza. Altri 150 collaboratori sono gestiti da aziende dei rami trasporti e pulizie. E a questi si aggiungono un centinaio di nostri agenti sparsi da Milano alla Sicilia. Significa portare decine di milioni all’anno alle famiglie pugliesi: su 300 milioni c’è un’incidenza di costi di produzione del 18 per cento».

Quest’anno festeggiate i 130 anni di attività: soltanto tre in meno della «Gazzetta del Mezzogiorno».«Ha ragione, praticamente siamo nati insieme».

Anno Domini 1890, per una pasta dal sapor di leggenda.«Allora l’industria pastaia, naturalmente, non esisteva. C’era il molino».

Ma già esisteva un Francesco Divella, il capostipite, padre di suo padre. E ci sarà un Francesco Divella anche in futuro, l’eccellente figlio di Vincenzo, vicepresidente di Confindustria Bari e Bat, attualmente.«Francesco Divella in effetti è il nostro nome eterno. Il figlio di Enzo è un bravo ragazzo ed è in gamba. Rientra nella quarta generazione che si va definendo dopo la mia. Ci sono anche Domenico, mio figlio che si occupa del biscottificio, i figli di Pasquale, Fabio e Francesco, poi Vincenzo, Agostino che segue i mulini con Francesco jr e che, mi raccomando, non sono io: a volte mi intervistano e mi ritrovo sui giornali ringiovanito».

Beh, questa è bella, ma con tutti ‘sti Francesco lo scambio di persona incombe sul giornalista.
«Eh, magari fossi ancora giovane così. Ricordo quando per me ed Enzo cambiò la vita. Dopo anni di esperienza lavorativa nei reparti incominciata nel 1975, venne deciso di passare il testimone dell’azienda. Allora ci chiudemmo in una stanza, ci guardammo negli occhi e dicemmo: che facciamo noi due adesso? E rispondemmo: ognuno svolgerà mansioni diverse e precise, e da oggi vale fino alla fine. Così è stato. Ci consultiamo ogni 10-15 giorni, senza mai un attrito. Della macchina conoscevamo ogni pezzo prima di metterci alla guida. Ma per crescere ancora occorre anche il contesto».

Cioè?«Le regioni del Nord più avanzate si reggono su quattro componenti: agricoltura, industria, turismo e cultura. Sono stanco di sentir parlare soltanto di Puglia e turismo. Basta. Dal Tacco d’Italia io spendo 800 euro in più a camion per esportare prodotti in Europa. L’alta velocità ferroviaria manca e potrebbe sopperire. E con i porti è peggio. Per consegnare alla nostra Divella Australia, dacché la compagnia Evergreen s’è trasferita da Taranto al Pireo, impieghiamo 40 giorni invece che 25. E il nostro 35-40 per cento di produzione è destinato all’export».

Intanto con i biscotti avete ugualmente spezzato le reni ai nordisti.«Ha centrato il bersaglio: da Roma in giù non sono più loro i padroni e anche nel Settentrione trovano una dura concorrenza. Presto rilanceremo con nuove proposte a base di pasta di nocciola e cioccolato».

Allora m’è venuta un’idea: io ho un gattuccio. E osservo l’espansione impressionante del mercato pet. Perché non lanciate i «Croccantini Divella» usando a ‘sto punto come testimonial il mio piccolo Dorian Gray?«Perché l’idea che lei mi propone l’ho avuta e valutata anch’io. Ho una volpina, Nina, e ne ha una pure mia moglie, l’ha chiamata Lolita. Nel Conad che frequento vedo gli scaffali del cibo per animali estendersi sempre più. Tuttavia, Selvaggi, il progetto, per quanto valido, non è proponibile per la Divella. I nostri consumatori che penserebbero? Fanno la pasta per gli uomini e poi pensano agli animali? Rigatoni, pelati e cibo per gatti e cani bio? Perciò, ogni volta, mi fermo. Quindi: niente croccantini».

Francesco Divella: “Fatturato 2020 sopra quota 300 mln, ora attratti anche da Cina”

18 settembre 2020·

E’ una ‘Passione Mediterranea’ che interpreta con successo da oltre un secolo uno degli amori più profondi degli italiani: la pasta. Tanto che, scoccati i 130 anni dalla sua nascita, il brand ‘Divella’ si è conquistato un francobollo emesso dal Mise nella prestigiosa serie tematica “le eccellenze del sistema produttivo ed economico”. Ed ora, superata la prova lockdown senza contraccolpi grazie ai suoi prodotti di ‘prima necessità’, l’azienda guarda oltre il perimetro nazionale ed il suo export tradizionale – che attraversa la cartina geografica dal Canada e fino alla Nuova Zelanda – puntando anche a realizzare un ‘sogno asiatico’.

“In Italia si è arrivati a 24-25 chili l’anno di consumo procapite di pasta, negli altri Paesi si registra un consumo annuale di circa 10 chili, se in Cina – che conta 1,5 miliardi di abitanti – si arrivasse a 1 chilo pro capite l’anno di consumo staremmo parlando di un vero e proprio boom di vendite di pasta” osserva Francesco Divella conversando con l’Adnkronos.

Terza generazione, stesso nome del nonno che nel lontano 1890 inaugurò il primo mulino di famiglia per la macinazione del grano, Francesco Divella guarda con interesse a Oriente: “La pasta è un prodotto globale, esportiamo ovunque, in Giappone è un alimento che non manca mai nei ristoranti” e sfondare in Cina, ammette, sarebbe “interessante”.

“Anche perché la pasta traina tutto, dai sughi ai biscotti a tutti gli altri prodotti” argomenta Francesco Divella che, con il cugino Vincenzo, amministra lo storico pastificio e biscottificio di Rutigliano. L’occhio rimane però sempre ‘accorto’ all’Italia. “Siamo un’azienda del Sud”, scandisce l’imprenditore pugliese con l’orgoglio consapevole di ciò che vuol dire questa posizione sulla mappa industriale dello Stivale. “Noi siamo esattamente sul tacco. Da qui non è semplice fare export” avverte.

L’imprenditore spiega che il fattore Covid “non ha per fortuna colpito il loro fatturato” al punto che per il 2020 i patron di Divella contano di chiudere i conti “superando i 300 milioni di euro”. Ma quello che ha intralciato e pesa sull’attività dell’azienda “è che per noi esportare si traduce in una spesa ben più alta rispetto ai colleghi industriali del Nord”. “Parliamo di un costo di circa 800 euro in più a camion per via della distanza dai mercati Nord europei” valuta l’industriale

In quelle aree, “la cucina italiana sta registrando un vero e proprio boom, ma noi – evidenzia Divella- qui siamo e questo significa che il mare ci separa dai mercati dei Balcani e del Mediterraneo settentrionale e che siamo più lontani di centinaia e centinaia di chilometri dai consumatori europei”. Per questo Francesco Divella sottolinea che lo sviluppo nei territori meridionali “non si gioca solo con il turismo. Le componenti per far crescere il Sud – afferma- sono tre: turismo, agricoltura e industria”. E poi, “se l’Italia fosse un rettangolo non ci sarebbe una questione meridionale per noi industriali del Sud: giocheremmo tutti ad armi pari” taglia corto.

Continua la consultazione leggendo le seguenti schede correlate.

POTREBBE INTERESSARTI