FORESIO PAOLO

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FORESIO PAOLO

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Imprenditore industria metalmeccanica, Cavaliere del lavoro.

Tarantino d’origine, dopo la laurea in ingegneria civile entrò nella Sisa – Società italiana servizi aerei di Trieste dove contribuì, tra l’altro, alla realizzazione della linea aerea Trieste – Torino.
Dopo aver assunto la direzione tecnica della Aeroexpress sulla linea Brindisi – Atene – Costantinopoli, nel 1927 si trasferì all’estero presso importanti industrie del settore come la Herlitzka di Buenos Aires.
L’esperienza di quegli anni lo portò a progettare un notevole rinnovamento della Aeronautica Macchi di Varese, alla guida della quale era passato. Gli idrovolanti civili MC 94 e MC 100, i caccia MC 200, 202 e 205, il velivolo da addestramento basico MB 226 esportato in 13 nazioni, furono il frutto del suo lavori in quegli anni. Intuendo la necessità di operare in campo internazionale realizzò due importanti successi: l’accordo industriale con la Lockheed Aircraft Co. e la costituzione di una società paritetica con la Harlev Davidson Motor Co. Nel 1973 strinse anche un altro accordo con il Gruppo Teledyne per la costruzione di velivoli teleguidati

Onorificenza

Nominato Cavaliere del Lavoro il 02 06 1974
Settore Industria metalmeccanica

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/05/05/un-volo-in-cerca-di-alleanze.html

UN VOLO IN CERCA DI ALLEANZE
Milano
ACROBAZIE: in aria e soprattutto per terra. Mai come nel caso dell’ Aermacchi di Varese la storia di un’ azienda si identifica con l’ attitudine essenziale del suo prodotto leader, cioè, in questo caso, del monogetto addestratore MB 339 che in Italia vola col marchio prestigioso e un po’ folle delle Frecce tricolori. Per l’ Aermacchi, infatti, le acrobazie societarie, industriali, progettuali sono state una costante della storia aziendale. L’ industria aeronautica più antica d’ Italia, tra le più antiche del mondo, ha fatto di quei looping e di quei tonneau che, a paragone, potrebbero impallidire le stesse evoluzioni della pattuglia acrobatica nazionale.
L’ ultima acrobazia, una delle più ardimentose, è stata l’ accordo di collaborazione che l’ Aermacchi ha appena firmato con la società tedesca Dornier Luftfahrt Gmbh: come dire che Davide-Aermacchi si è alleato con Golia-Dornier. Forse perché, stavolta, il colosso filisteo ha la testa fine ed ha capito che il giovanotto israelita è svelto di mano e di pensiero. Fatto sta che Aermacchi e Dornier realizzeranno insieme il velivolo civile Dornier 328 che vedrà la società di Varese coinvolta nell’ attività di ingegneria, nelle prove strutturali, nella fabbricazione di componenti e nell’ assemblaggio finale delle fusoliere.
Con questa alleanza tedesca l’ Aermacchi è entrata nel settore del trasporto aereo di terzo livello: i voli regionali, ai quali è infatti destinato il bimotore Dornier, un aereo da 33 posti. Il primo volo è previsto per l’ estate del ‘ 91, mentre la consegna sarà avviata nel ‘ 92. Anche questa è stata un’ acrobazia, dunque, per l’ Aermacchi: un’ industria che ha sempre lavorato in prevalenza per produrre aerei da guerra, consegnando alle aeronautiche militari di molti paesi velivoli perfetti, adattissimi a battaglie che per fortuna non hanno mai dovuto sostenere, negli ultimi decenni, e che adesso si riconverte alle produzioni civili per diversificare i rischi del suo portafoglio produttivo: è scoppiata la pace, e bisogna trarne le logiche conseguenze.
L’ Aermacchi, una società ancora controllata da azionisti privati (la famiglia Foresio) con la partecipazione al 25% dell’ Aeritalia (gruppo Iri-Finmeccanica), ha fatturato nell’ 88 261,3 miliardi, con un utile netto di 5,9 dopo 15,7 miliardi di ammortamenti e 226,7 di investimenti. La capogruppo Aeronautica Macchi spa, che controlla al 99% la Aermacchi e con quote diverse la Sicamb (seggiolini eiettabili), la Omg (componentistica), la Vesa (informatica), la Logic (elettronica applicata) e l’ Aero Engineering, ha chiuso l’ 88 con un utile di 4,4 miliardi: nel complesso il fatturato aggregato delle cinque aziende ammonta a 298,5 miliardi.
Inezie, rispetto alle dimensioni dei colossi internazionali con cui, già oggi e da molti anni, l’ Aermacchi deve acrobaticamente confrontarsi. Piccolo non è bello, in questo campo, e non c’ è bisogno di scomodare il ‘ 92 per capire che sullo scacchiere internazionale un’ azienda aeronautica con 300 miliardi di fatturato deve rassegnarsi a svolgere l’ ingrato ruolo dei pasdaran contro le corazzate e gli incrociatori della U.S. Navy. Ma quanto può durare? Un’ implicita risposta si trova nella relazione che Fabrizio Foresio, attuale presidente dell’ Aermacchi, ha tenuto ai suoi consiglieri d’ amministrazione presentando loro l’ ultimo bilancio: questa situazione non può durare a lungo.
Gli impegni nei settori civile e militare impongono una visione industriale sempre più spinta all’ aspetto collaborativo ha detto Foresio . Tale esigenza deve essere particolarmente sentita nel nostro paese. Ma dobbiamo notare che da parte italiana, soprattutto nel settore pubblico, non si è ancora giunti ad una razionalizzazione completa del comparto aerospaziale nel suo insieme e pur in presenza di programmi di razionalizzazione e concentrazione in corso o addirittura già conclusi negli altri paesi europei.
E, inesorabile, arriva l’ atto di accusa contro il governo, socio di minoranza oltretutto attraverso l’ Iri: Ulteriori indugi, da parte del governo italiano, responsabile di una cospicua quota del comparto aerospaziale nazionale, potrebbero tradursi in pesanti penalizzazioni per le industrie del settore, che hanno necessità di chiarezza, di decisione e di visioni di ampio respiro; poco più giù, puntuale, l’ altra doleance: Per quanto riguarda l’ esportazione (…) duole riscontrare che il progetto di legge specifico non è stato ancora deliberato dal governo. Una sua rapida approvazione dovrà dare certezza agli operatori del settore, in questo momento costretti ad agire in una situazione di gravi disparità rispetto alla concorrenza internazionale.
Foresio, insomma, scende in picchiata contro il sistema delle Partecipazioni statali, cioè contro il proprio socio di minoranza, colpevole di non aver ancora creato il polo aeronautico per unificare, o quanto meno coordinare, le forze dei vari gruppi Aeritalia, Agusta, Alfa Avio; e con un’ ulteriore scivolata d’ ala se la prende col governo che trascura le esigenze dell’ industria bellica rinviando da anni, tra pressioni politiche e negligenza, la discussione delle nuove norme sull’ export.
La paura, è il caso di dire, fa novanta: di acrobazie si può vivere, ma non si può crescere, e giustamente Foresio & C. vogliono crescere. Ma vediamo le origini: sul ceppo di una fabbrica di carrozze, avviata a metà dell’ 800 dai fratelli Agostino e Giovanni Macchi, nel 1905 Giovanni e Giuseppe Macchi fanno un deciso salto di qualità: il 19 giugno viene costituita a Varese la Società anonima fratelli Macchi (carrozzeria e automobili). Da subito la società si presenta atipica: conta ben 49 soci fondatori, tra cui si distingue la famiglia Molina, una delle più antiche e solide nell’ imprenditoria varesotta, che finirà con l’ assumere il controllo dell’ azienda per parecchi anni. L’ attività originaria, di carrozzieri e poi di piccoli produttori di auto, si trasformò nel 1912 in attività sistematica di produzione aeronautica grazie ad un accordo concluso dalla Fratelli Macchi con la società francese Nieuport, in seguito al quale venne costituita una joint-venture per la produzione, in Italia, degli aerei di progettazione Nieuport.
Dalle origini, quindi, fino ad oggi, la vita della Macchi è stata segnata dalla collaborazione con gli stranieri. Solo che a quei tempi il contributo personale dei manager (alla presidenza del gruppo si insediò, prima della Grande Guerra, Giulio Macchi) incideva sul destino delle aziende in modo più diretto e determinante, rispetto alle altre condizioni strutturali, di quanto oggi non sia possibile. L’ ultimo rivolgimento, quello che dà all’ assetto aziendale l’ impostazione tuttora conservata, risale al 1934, cioè alla scomparsa di Giulio Macchi. I suoi eredi non riescono, come spesso succede, a mantenere concorde la gestione del pacchetto di controllo. Nella compagine azionaria compare un nome nuovo: quello di Paolo Foresio. A poco a poco, nel giro di qualche anno, Foresio si ritrova, di fatto, ad avere il controllo dell’ azienda ed a poterne assumere la presidenza, mentre il diretto erede di Giulio Macchi, Muzio, resta azionista di minoranza (qual è ancora oggi).
Altrettanto varia la storia industriale dell’ azienda, dai primi prototipi ai grandi successi sportivi, ottenuti specialmente nel settore degli idrovolanti. Poi, di prototipo in prototipo, di aggiornamento in aggiornamento, di crisi in crisi (l’ultima, grave, nel dopoguerra) fino al grande successo delle Frecce tricolori: settemila aeroplani, su 60 prototipi prodotti in 75 anni. E oggi? L’ incertezza del quadro di riferimento è quella denunciata dall’ ultima relazione di bilancio. Le prospettive a breve-medio termine restano comunque buone. Dell’ Mb 339 (quello delle Frecce) è in fase di sviluppo l’ ultima versione, dotata di un nuovo sistema per la navigazione e per l’ attacco; poi c’è il progetto Amx, il velivolo d’ attacco al suolo progettato insieme all’ Aeritalia e all’ Embraer su incarico delle Aeronautiche militari italiana e brasiliana, al quale l’ Aermacchi partecipa con una quota del 23%. E infine il programma multinazionale Tornado, per la realizzazione del super-velivolo da combattimento.

https://www.univa.va.it/varesefocus/vf.nsf/6da68ae263a6e602c1256957005a2648/b9cd4ac2c1acd6b2c1256d3c002a7a53?OpenDocument/..

Aermacchi, 90 anni di storia aeronautica

Nell’anniversario dalla fondazione ripercorriamo la vita di una delle storiche aziende del distretto varesino del volo: Aermacchi.

Sono trascorsi 90 anni dal 1° maggio 1913 quando viene costituita la “Società Anonima Nieuport-Macchi” con lo scopo di fabbricare e vendere apparecchi di “…locomozione aerea e di parti e accessori degli stessi, di utensili e di attrezzi e di quant’altro relativo ed affine agli apparecchi medesimi, loro funzionamento, riparazione”. L’attività inizia in un capannone di proprietà della Carrozzeria Macchi a Varese con 7 operai alle dipendenze del direttore tecnico Enrico Amman; il primo apparecchio costruito sul licenza Nieuport è il monoplano Nieuport-Macchi Ni.10.000.
E’ con lo scoppio del primo conflitto mondiale che la Nieuport-Macchi si trasforma da semplice ditta artigianale a una realtà industriale, dovendo fornire centinaia di esemplari di velivoli per equipaggiare i reparti da caccia, ricognizione e bombardamento dell’Esercito Italiano e della Regia Marina, apparecchi sia del tipo idrovolante che terrestre.
Un dato significativo sull’importanza di questa industria dal punto di vista occupazionale è che all’entrata nel conflitto dell’Italia (1915) la Nieuport-Macchi conta 625 dipendenti che divengono 1554 nel 1916, 2681 nel 1917 e 2825 nel 1918. Gli stabilimenti sono a Varese e alla Schiranna (per gli idrovolanti), a Cocquio ed a Cascina Malpensa (per i velivoli terrestri).
Complessivamente, tra il ’14 e il ’18, la Nieuport-Macchi realizza 2.538 apparecchi di cui 1.807 terrestri e 731 idrovolanti.
Terminato il conflitto, la ditta varesina cerca subito nuovi sbocchi produttivi nel settore civile e, mettendo a frutto le conoscenze maturate, sviluppa autonomamente nuovi progetti di apparecchi da scuola e turismo, da trasporto passeggeri e merci. A partire dal ’22, la guida tecnica viene affidata all’ing. Mario Castoldi, che per 25 anni firmerà tutti i progetti sviluppati dall’azienda, la cui popolarità in quegli anni è legata soprattutto agli aeroplani da corsa (idrocorsa) che partecipano alle più importanti competizioni aviatorie del tempo.
Proprio uno di questi idrocorsa, il Macchi-Castoldi MC.72, stabilisce nel ’34 il record di velocità, volando ad oltre 709 chilometri orari. Un record imbattuto a distanza di quasi 70 anni per la categoria idrovolanti con motore alternativo.
Dopo quest’esperienza, Castoldi e il suo staff mettono a punto il progetto di un nuovo velivolo da caccia: il C.200 (soprannominato “Saetta”) che vola alla fine del 1940. Un apparecchio che con la sua struttura metallica e il carrello retrattile rappresenta un “salto di qualità” rispetto agli analoghi antiquati biplani in “legno e tela” fino allora in servizio presso le squadriglie della Regia Aeronautica.
Intanto l’Aeronautica Macchi con 1.586 dipendenti diventa la seconda azienda varesina in ordine di importanza dopo la S.I.A.I. Marchetti.
Nel frattempo, vengono sviluppati altri tipi di apparecchi da caccia come il C.202 battezzato “Folgore” capace di raggiungere una velocità di 600 chilometri orari seguito, due anni dopo, dal più moderno C.202bis poi battezzato C.205 “Veltro”.
I C.202 e C.205 sono apparecchi da caccia che possono tenere testa agli analoghi in servizio con le forze aeree alleate e abbattere quei bombardieri che iniziano a sorvolare i cieli italiani per andare a colpire obiettivi militari o strategici. Questa è una delle ragioni per cui le officine dell’Aeronautica Macchi di Varese vengono quasi completamente distrutte dai bombardamenti alleati dell’aprile ’44. E’ un duro colpo per l’azienda: le attrezzature e il macchinario recuperato non superano il 50% del totale.
La fine del conflitto vede l’Aeronautica Macchi impegnata nella ricerca di attività produttive alternative al settore avio, come la realizzazione di trebbiatrici, lampade ad acetilene, carrelli tricicli per la società Rinascente e mobili.
Nel frattempo alla guida tecnica vi è un avvicendamento: all’ing. Castoldi subentra il tradatese ing. Ermanno Bazzocchi al quale si deve il progetto del motocarro “Macchitre” e degli altri apparecchi sviluppati fino agli anni ’80.
Pur tra mille difficoltà, la strada imboccata nel primo Dopoguerra dalle aziende, Macchi compresa, per cercare di rimanere nel settore è la costruzione su licenza, anche se non mancano interessanti progetti come il monoplano MB-308 (1947), il bimotore executive MB-320 (1949) ed il monomotore da addestramento MB.323 (1952).
L’MB-308 è una scommessa per la dirigenza e il prodotto trova un buon successo di vendita tanto da essere anche costruito su licenza in Germania e Argentina. Con questo piccolo monomotore si vuol far “ridecollare” l’aviazione leggera da turismo e scuola in Italia.
Negli anni ’50, accanto alla produzione aeronautica che nel frattempo ha iniziato ad usufruire delle infrastrutture del vecchio campo d’aviazione di Venegono Inferiore, prosegue quella nel settore civile con il motofurgone “Macchitre” sostituito poi dalle motociclette tipo Aermacchi-Harley-Davinson.

Data importante per l’Aeronautica Macchi è il 1949 quando, insieme a Fiat e ad altre aziende italiane, costituisce la SICMAR Società Italiana Commissionaria Materiale Aeronautico, per produrre su licenza l’aviogetto inglese “Vampire” ed il relativo motore “Goblin”.
In quegli anni, altri accordi sono siglati per la realizzazione, su licenza, del biposto d’addestramento ad elica Fokker S.11 “Instructor” M-416 e, negli anni ’60, del tuttofare Aermacchi-Lockheed AL.60. Non incontra invece il successo sperato il velivolo da ricognizione leggero biposto “in tandem” AM-3C. Ma all’Aeronautica Macchi, già da tempo, si lavora su velivoli a getto, si revisionano e riparano alla Malpensa, gli aviogetti Lockheed T-33 in servizio presso le forze aeree italiane ed americane di stanza in Europa oltre alla costruzione di parti per i caccia-bombardieri North American F-86 e Republic F-84.
L’esperienza maturata con questi programmi viene messa a frutto: sui tavoli da disegno della direzione tecnica a Varese, nel ’54, inizia lo studio di un apparecchio a reazione “in base ad una sommaria specifica ministeriale di creare una macchina razionale, economica e dall’impiego sicuro”. E’ l’aviogetto d’addestramento “ab initio e basico” MB-326, il cui sviluppo e costruzione del prototipo sono autorizzati dall’Aeronautica Militare Italiana nel ’56.
Un programma ambizioso per l’azienda ma anche oneroso e con alti rischi imprenditoriali, come così ricorda l’ing. Bazzocchi: “l’Aeronautica concedeva un finanziamento di 463 milioni. L’azienda investì nel programma 860 milioni, per cui solo la metà coperta dal contratto. In diciotto mesi l’aereo fu pronto ed il prototipo I-MAKI volò a Venegono il 10 dicembre 1957 ai comandi del collaudatore Carestiato”.
I risultati, o meglio, le commesse non tardano ad arrivare. Il “Macchino”, così è stato battezzato l’MB-326, nelle varie versioni bi e monoposto, è venduto in tutto il mondo. Un successo per l’Aeronautica Macchi e per l’intera industria italiana che mai aveva venduto così tanti velivoli all’estero.
Passano una decina d’anni e l’Aeronautica Italiana nel 1973 commissiona all’Aeritalia (ex Fiat ora Alenia) ed all’Aermacchi il progetto per un addestratore a getto di seconda generazione che deve sostituire sia gli MB-326 che i Fiat G.91T; la commissione dello Stato Maggiore opta per quello della ditta varesina così che il progetto siglato MB-339 può finalmente “decollare”.
Passano una decina d’anni e l’Aeronautica Italiana nel ’73 commissiona all’Aeritalia (ex Fiat ora Alenia) ed all’Aermacchi il progetto per un addestratore a getto di seconda generazione: la commissione dello Stato Maggiore opta per quello della ditta varesina e il progetto MB-339 può finalmente “decollare”. L’Aeronautica Militare Italiana ne ordina oltre un centinaio di esemplari che vanno ad equipaggiare i suoi reparti tra cui il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico di Rivolto, meglio conosciuto come Pattuglia Acrobatica Nazionale (PAN) “Frecce Tricolori”, che lo impiega nelle sue spettacolari esibizioni acrobatiche.
Nel frattempo avviene la creazione della società Aermacchi (1981) e alla guida dell’azienda vi sono dei cambiamenti dovuti alla scomparsa dell’ing. Paolo Foresio, l’uomo che ha fatto conoscere a livello internazionale questa realtà industriale, al quale succede il figlio Fabrizio.
Sul piano internazionale, viene siglato un accordo italo-brasiliano (fra le ditte Alenia-Aermacchi-Embraer), per lo sviluppo di un nuovo caccia-bombardiere da appoggio tattico battezzato AMX che entra in servizio con le forze aeree di questi due Paesi. Accanto ai velivoli militari, sono inoltre progettate e prodotte parti di aeroplani passeggeri come per il Dornier Do.328, nell’ottica di differenziare la produzione.
L’inizio degli anni ’90 segna un momento di difficoltà per tutto il comparto aeronautico mondiale con le conseguenti ricadute sull’occupazione. Aermacchi passa da un organico di oltre 2.700 occupati (1990) distribuiti negli stabilimenti di Varese-Venegono-Valle Olona ai 1.500 del ’94 concentrati nei complessi di Vengono Superiore e Valle Olona.
Nell’ottica di “razionalizzare i processi produttivi e gestionali secondo le più avanzate tecniche di pianificazione industriale” si giunge al ’93, con il trasferimento delle attività a Venegono Superiore e l’abbandono della storica sede di via Sanvito a Varese.
Una scelta strategica che coincide con la ripresa per Aermacchi che, il I gennaio 1997, acquisisce la SIAI Marchetti, creando a Venegono un vero e proprio “polo addestrativo”. Qui si costruiscono, riparano e revisionano una vasta gamma di apparecchi del tipo a getto, con motore a pistoni e turboelica.
Nel settore dei velivoli civili, l’azienda continua il processo di diversificazione produttiva, specializzandosi nella realizzazione di gondole motore sia per i grandi velivoli civili del consorzio europeo Airbus, che per i più versatili regional-jet della brasiliana Embraer e gli “executive” della francese Dassault.
L’esperienza maturata nel settore dell’addestramento, la porta, dal ’93, a realizzare un nuovo velivolo battezzato AEM/YAK-130 insieme all’azienda russa Yakovlev. Un programma che queste due ditte decidono poi di proseguire autonomamente, così che l’azienda italiana rielabora completamente il progetto siglandolo M-346. Si tratta di uno dei più avanzati addestratori della prossima generazione dalle eccezionali prestazioni di volo che lo rendono unico.
Proprio con la fine del 2002 e l’inizio del 2003, si registrano cambiamenti a livello societario; il pacchetto azionario degli azionisti che facevano capo al presidente dott. Fabrizio Foresio, viene quasi integralmente rilevato dal Gruppo pubblico Finmeccanica che già deteneva circa il 25% di Aermacchi. “L’ingresso di Aermacchi in Finmeccanica costituisce un ulteriore tassello verso il consolidamento del Gruppo nel core business dell’aerospazio e della difesa”, ha detto Pierfrancesco Guarguaglini, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica. “In particolare come azienda leader mondiale nei velivoli da addestramento, Aermacchi consente al Gruppo Finmeccanica di fare l’ ingresso in un settore ricco di potenzialità sui mercati mondiali”.
Con quest’operazione, Finmeccanica intende consolidare la sua leadership nel comparto aeronautico italiano ed europeo, acquisendo un’azienda, quale Aermacchi, in grado di offrire una gamma completa di apparecchi da addestramento ed un’altissima specializzazione delle sue maestranze che le hanno permesso di essere conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo collocandola da 90 anni “ai vertici del panorama aeronautico mondiale!”.

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