CHINI VIRGILIO

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CHINI VIRGILIO

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Bassano del Grappa 1901-1983

Il clinico-archeologo

“Era Maestro di scienza ma anche Maestro di deontologia e di comportamento medico. Aveva avuto, e lo ricordava, subito dopo la laurea un periodo di attività come medico di prima linea, in condotta”, nota un commentatore. Virgilio Chini, anche da direttore dell’Istituto di Clinica medica, avrebbe infatti mantenuto grande rispetto per il sempre problematico agire dell’operatore sanitario. Avrebbe così considerato: “Chi sa per giovanile personale esperienza, cosa vuol dire trovarsi improvvisamente da solo di fronte ad un caso che richiede per la tragedia incombente pronta ed il più possibile esatta terapia, conosce bene l’angoscia di quel sentirsi paurosamente solo e conserva nel cuore comprensione profondamente umana”.
Era barese d’adozione, Virgilio Chini. Nacque a Bassano del Grappa, il 2 febbraio del 1901. Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia a Padova, frequentò la Clinica medica prima con il Prof. Luigi Lucatello (1864-1926), poi con il Prof. Cesare Frugoni (1881-1978); a Milano, dal 128 al 131, fu assistente del Prof. Pietro Rondoni (1882-1956), direttore dell’Istituto di Patologia generale della Regia Università. Dal ‘31 al ‘37 fu assistente, poi aiuto presso l’Istituto di Clinica medica dell’Università di Roma, “a cui avevo consegnato – scrisse Chini – gli anni migliori della mia giovinezza” ancora con Frugoni. Dopo aver conosciuto gli ambienti accademici di Padova, Milano e Roma, vincitore del concorso a cattedra, insegnò a Catania nel 1937-38; dietro sua richiesta, nel novembre del ‘38 si trasferì a Bari, dove fu docente di Patologia medica e dal ‘48 al ‘71 diresse l’Istituto di Clinica medica.
Il suo soggiorno barese fu trentennale e ininterrotto, eccezion fatta per una breve parentesi: nel giugno del 1940, fu richiamato alle armi come capitano medico e mobilitato come comandante dell’Ospedale di fanteria fino al mese di ottobre, allorché ottenne una licenza straordinaria illimitata dal Ministero dell’Educazione Nazionale.
Virgilio Chini era un eclettico della ricerca. Condusse studi in campi diversi: dalla cardiologia alla elettrocardiografia, alla patologia generale. Si occupò anche di problemi di fisio­patologia. Egli ricordava: “Lo studio clinico e scientifico moderno del malato rappresenta la base non solo per l’appli­cazione di appropriati e razionali indirizzi di cura, ma anche il fondamento primo per un proficuo e aggiornato insegna­mento clinico dimostrativo per gli studenti, per la preparazione degli assistenti e per la loro attività scientifica”. Studiò l’organotropismo degli streptococchi e le infezioni focali, i rapporti tra sindrome di Marfan e patologia connettivale, le sequele subdole, specie epatiche, l’infezione melitense, l’iperfollicolismo e la sindrome premestruale, le disvitaminosi da antibiotici.
In particolare, gli studi sulle anemie mediterranee resero la scuola di Chini a Bari uno dei centri più attivi a livello nazionale. Già dalla fine degli anni Trenta egli sostenne una continuità clinica e genetica tra l’ittero emolitico con resistenze globulari aumentate (talassemia intermedia) e il morbo di Cooley (beta talassemia major). A partire dagli anni Quaranta poi, in collaborazione con Claudio Malaguzzi-Valeri e Lucillo Perosa, comprese che la malattia aveva una base molecolare e nel ’48 propose una classificazione complessiva delle emopatie mediterranee, che andava dai portatori sani alle forme più gravi del morbo di Cooley. Condusse studi sull’autoimmunità in molte malattie prima confuse sotto definizioni generiche, dalle “reticoloendote-liosi” alle malattie del collageno. Affrontò l’esame clinico e la terapia di malattie immunoreumatologiche, come l’artrite reumatoide e la “malattia lupica”. Diede vita a Bari, presso la Clinica medica, ad un apposito Centro per lo studio dell’alimentazione in rapporto con le malattie infettive, con l’interessamento di Istituto Nazionale delle Ricerche, Alto Commissariato dell’Alimentazione e Organizzazione Mondiale della Sanità.
In campo cardiologico, richiamò l’importanza sui rapporti tra circolazione coronarica e cerebrale, parlando di “sindrome associata coronarico-cerebrale”, la cosiddetta sindrome di Chini, in cui la patologia coronarica si associa a disturbi del cir­colo cerebrale, fino all’attacco ischemico transitorio e all’ictus.
Fu un uomo pacato e rispettoso: “Portiamo una nota di modestia nella nostra opera, non lasciatevi andare a facili critiche e se qualche medico più anziano potrà avere delle conoscenze meno moderne, egli potrà assai più di voi espe­rienza e ponderatezza e ciò compenserà largamente qualche lacuna scientifica”. Ebbe molti allievi, sia pugliesi sia provenienti da altre città italiane.
Fu vincitore di numerosi premi, come il “Guido Banti” (1933), l'”Ettore Marchiafava” (1935), il “Guido Baccelli” al merito clinico (1937), il premio cultura della città di Bassano del Grappa (1978). Fu membro onorario della Lega argentina contro il reumatismo e socio corrispondente straniero della Società francese di cardiologia. Rappresentò l’Italia nella Lega internazionale contro il reumatismo e fece parte del Comitato di biologia e medicina del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
In occasione del suo ritorno nella città d’origine, gli fu conferito il “Sigillo Aureo” dell’Università degli Studi di Bari (1975) con la seguente motivazione: “Clinico medico illustre, che in fecondità d’ingegno ha saputo sviluppare ardite fusioni tra lo studio clinico fondato su l’indagine semeiotica e le nuove posizioni realizzate con le sperimentazioni biochimiche e immunologiche”. Nel 1976 la città di Bari gli conferì la cittadinanza onoraria per “aver svolto a Bari per oltre trent’anni il suo alto magistero didattico e scientifico”. Egli amava la Puglia ed in particolare i suoi resti archeologici, ceramiche e manufatti di produzione greca e italiota, che amava collezionare; nel 1979 donò le sue raccolte al Museo Civico di Bassano del Grappa.
Nella sua ultima conferenza tenuta a Bari il 14 dicembre 1975, così salutava gli studenti: “La mia parola, ora un invito, è una preghiera: amate i vostri studi. Nella vita che vi attende troverete vero conforto nel Sapere [ … ]. Ma dovrete trovare un po’ di tempo per coltivare quando potrete anche nobili studi umanistici, il messaggio eterno dell’Arte, della Poesia, della Storia”. Il 9 ottobre 1983 Virgilio Chini si spense nella sua città natale. Nel 1986 gli fu intestato l’edificio delle nuove cliniche mediche del Policlinico.
Caterina Tisci
Da Scienziati di Puglia (a cura di) Francesco Paolo De Ceglia, Adda Editore, 2007 pag. 525

Cenni bibliografici

Letteratura primaria:

[ con A. Ferrannini e G. Pona ], Immagini sulla familiarità dell’anemia mediterranea o morbo di Cooley       [ … ], «Minerva Medica», 16 (1939) 1, pp. 377-407.

Problemi del Mezzogiorno visti da un medico, Laterza, Bari 1956.

Attività didattica e operosità scientifica degli Istituti di Patologia medica della Regia Università di Catania (1938) e della Regia Università di Bari (1959-1960), Laterza, Bari 1960.

ezioni di Clinica medica, SEU, Roma 1974.

Letteratura secondaria:

Bonomo L., In memoriam. Ricordo di Virgilio Chini, «Annali Italiani di Medicina Interna», 19 (2004), pp. 208-11.

Canali S., Malattia Rietti-Greppi-Micheli, ittero emolitico con resistenze globulari aumentate, anemia microcitica costituzionale: il problema della caratterizzazione della talassemia intermedia nella ricerca medica italiana, «Medicina nei secoli», 2007.

Solarino G., Ricordo del Prof Virgilio Chini, in M. Montinari – M. Montinari – M. Montinari, Storia illustrata dell’Ospedale Consorziale Policlinico di Bari. Dal S. Pietro al S. Paolo, Levante, Bari 1995, pp. 638- 39.

Tondi I. V., Virgilio Chini maestro e uomo insigne, «Apulia», III (1994).

http://bppsviluppo.it/Apulia/html/archivio/1994/III/art/R94III029.html
LUMINARI DELLA MEDICINA
VIRGILIO CHINI MAESTRO E UOMO INSIGNE

Italo Vittorio Tondi

Rievocare a dieci anni dalla morte il professore Virgilio Chini, se è compito agevole per un suo allievo, non lo è per me che allievo suo non fui, ma che alla fonte della sua saggezza ed esperienza sitibondo attinsi, operando Egli a Bari ed io a Lecce.
Se fortemente sentito è il desiderio di parlare di Lui, di tentare di tratteggiarne un sommario profilo e rievocare la sua personalità di clinico maestro ed umanista, vuol dire che frequenti ed edificanti furono i rapporti interpersonali, professionali e non, quali possono intercorrere tra un fratello maggiore, ai vertici della Medicina assunto, ed un fratello minore, neofita nella stessa disciplina.
Il mio è anche un atto dovuto per aver voluto, nel testamento spirituale, accomunarmi, nel ricordo, ai suoi tanti allievi.
Ho avuto, nel corso della mia lunga carriera, inebrianti incontri con eminenti clinici, universitari ed ospedalieri, che mi onorarono della loro simpatia e taluni anche della propria amicizia, ma, ad eccezione e alla stregua di quelli con i miei Maestri di Padova e con il professore Alberto De Blasi, nessuno mi ha procurato tanta gioia ed appagamento come Lui.
Quante volte nelle corsie ospedaliere o nelle abitazioni private, per ragioni professionali, ho avuto il piacere di udirlo disquisire sulla importanza dell’anamnesi, dell’osservazione clinica, della bistrattata semeiotica fisica, delle diagnosi differenziali, della prognosi e cura, con la raccomandazione di un moderato e mirato uso degli ausilii di laboratorio e dei mezzi tecnologici, perché integranti ma non vicarianti la clinica. E quante volte in quelle circostanze, oltre che nelle parole, ho letto sul suo volto disegnarsi perplessità diagnostiche ed amarezza per una prognosi infausta. L’ho ascoltato in assisi accademiche suadente relatore, dall’eloquio scorrevole e dalla dialettica avvincente; spesso critico, perseguendo tesi concettuali concrete, non astratte o filosofiche, alla Verità afferenti. Più volte l’ho visto magistrale moderatore in riunioni scientifiche, regionali e provinciali, e degnarmi di attenzione quando ne ero relatore.

Siamo stati più volte componenti nelle stesse Commissioni d’esami per concorsi ospedalieri, anche se nel mio primo Lo ebbi presidente del collegio giudicante.
Sollecitato una volta da un suo validissimo allievo e mio carissimo amico, che dei miei rapporti affettivi col Maestro era edotto, Lo pregai di una paterna comprensione per un suo incidente di percorso. Mi rispose, motivandone le ragioni, negativamente. Pur se deluso e molto amareggiato per l’insuccesso, ebbi nella risposta l’esatta percezione della sua severità e teutonica intransigenza, ma anche della sua adamantina dirittura morale.
In un’altra circostanza, perorando, per seri motivi economico-familiari, la causa di un laureando da Lui bocciato due volte, mi rispose che avrebbe continuato a farlo. Leggendo poi sul mio volto l’effetto della stoccata inflittami, affettuosamente aggiunse: “Tondi, se vuoi veramente aiutarlo, consigliagli di trasferirsi a (e mi indicò la sede universitaria) perché il Direttore di quella Clinica non ha mai bocciato un alunno. Il suggerimento, recepito, fu salutare; non so, però, se lo fu altrettanto per i suoi malati!

Fascinoso ed affascinante didatta: spauracchio per gli studenti, soprattutto per i laureandi, tanto da confessare in un addio: ” … ma io non posso nel lasciarci non rivolgermi a Voi; io che sono stato tanto severo con voi quanto lo sono stato con me, perché ho sentito l’insegnamento come una religione ……
Anticonformista, talvolta polemico ed ipercritico, ma mai preconcettualmente demolitore; un po’ istintivo ed introverso; dal temperamento, a seconda delle circostanze, cangiante dall’austero schivo e tenebroso nell’accattivante e sorridente, pronto a battute ironiche e mordaci. Integerrimo, esigente oltre ogni limite, a tratti autoritario; pretese ed ottenne dai suoi collaboratori il massimo dell’impegno scientifico-didattico, la scrupolosità e l’onestà della ricerca sperimentale.
In contemporaneità con gli importanti contributi della Clinica Chirurgica (dal professore Alberto De Blasi diretta), per gli apporti scientifico – sperimentali del suo “team”, la Scuola barese toccò i vertici di una nazionale ed internazionale notorietà.
I due volumi di Lezioni di Clinica Medica, editi nel 1967 e 1974 (rispettivamente dalle Editrici L. Pozzi e SEU), documentano il campo vastissimo della patologia dal Chini e suoi collaboratori esplorato, arato, e seminato, con significativi risultati e riconoscimenti ufficiali.
La presentazione del primo, dal grande Maestro Cesare Frugoni per il “carissimo e valoroso allievo” redatta, è emblematica della attualità e della importanza dei temi discussi, della acutezza delle analisi dei singoli casi clinici, delle rispettive diagnosi e delle concise sintesi, nonché dell’ausilio del laboratorio e dei mezzi tecnologici, purché non comportanti, puntualizzò il grande Maestro, “l’insidia di una sopravvalutazione”.
Tra quelle lezioni v’è una sulla “deontologia medica”, ai laureandi rivolta. Da maestro fece una dettagliata analisi dei vari problemi inerenti alle difficoltà ed insidie dell’esercizio professionale, ricordando i doveri, gli obblighi ed i sacrifici da affrontare, in uno spirito di solidarietà umana e di una irreprensibile condotta morale. Dopo avere ricordato la bellissima commovente preghiera di Maimonide (medico ispano-moresco del XII secolo) pronunciò queste toccanti parole: ” … Forse nessun’altra professione può dare a chi la esercita godimento spirituale più elevato; sublime è sicuramente la bellezza dell’arte, ma insuperabile deve essere la gioia di avere con i nostri mezzi contribuito a ridare la vita a chi stava per perderla, a ridare il bene a chi era stato abbandonato dalla speranza.
Nel secondo volume altri casi di una variegata patologia vengono esposti ed analizzati, alcuni di accessibile ed altri di non agevole interpretazione e catalogazione.
Come si addice ad un clinico di Medicina generale, vasto fu il campo della sua Scuola, con contributi originali ed apporti sperimentali indagato. Con predilezione: le infezioni locali e le malattie reumatiche, le mesenchimo-immunopatie, le emolinfopatie (elettivamente le emopatie mediterranee), la sindrome associata coronarico-cerebrale, le enteropatie distrofico-carenziali da antibiotici, le epatiti virali, la brucellosi, ecc.
Alcuni di quegli argomenti furono da Lui e dai suoi allievi oggetto di relazioni e di apprezzati giudizi nei Congressi della Società Italiana di Medicina Interna e della Società Italiana per lo studio delle Malattie Infettive e Parassitarie.
Foltissimo il numero dei suoi allievi; alcuni ascesero a cattedre universitarie (i proff. Malaguzzi-Valeri, Perosa, Bonomo, Giorgino, Rizzon, Schiraldi), mentre altri (Ferranini, Muratore, Di Raimondo, De Vita, Di Benedetto Dell’Aquila, D’Agostino, Conese et al.) occuparono posti di primario.
Al professore Lorenzo Bonomo toccarono poi il merito ed il privilegio di insediarsi nella cattedra, che tuttora magistralmente dirige, della Clinica Medica dell’Università di Roma.
Di alcuni di quegli allievi oltre che collega fui amico, anche per rapporti di collaborazione e reciproca stima. Di essi ricordo, in particolar modo, il professore Filippo Muratore (prematuramente scomparso) perché operanti nella stessa provincia prima e nel medesimo ospedale dopo.
Se del Clinico e Maestro ho, in maniera inadeguata e riduttiva, parlato della sua cultura umanistica, dell’assillo per i problemi del Mezzogiorno, elettivamente (sulle orme letterarie e pittoriche di Carlo Levi) di quelli della Puglia e della Lucania, non posso sottacere.
Per chi legga, riflettendo, il testo della conferenza (tenuta a Bari il 28 ottobre 1956 in una riunione del Rotary Club) dal titolo “Problemi del Mezzogiorno visti da un medico”, apprezzerà con godimento spirituale, oltre alla acuta dettagliata analisi di quei problemi, i riferimenti storico-letterari di cui è pervasa. Sono pagine di uno struggente lirismo (a tinte leopardiane), appannate dalla miseria, solitudine, malinconia della gente.
Dopo essersi dilungato nella analisi ‘Vi problemi – come egli precisò – che si presentano sotto aspetti poliedrici, etnici, geografici, storici, economici, sociali, ambientali, morali e sicuramente anche politici “statisti, economisti, sociologi e scrittori (elettivamente Giustino Fortunato, figlio di quelle terre) che di quei problemi, anche con affanno e fanatismo ma inanemente, si interessarono, illudendosi che l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno avrebbe, sia pure in parte, riparato precedenti torti ed ingiustizie.
Concluse la conferenza dissertando sui rapporti di correlazione ed interdipendenza tra quei fattori ed una patologia psicosomatica e nutrizionale sempre più presente tra quelle popolazioni.
Di ritorno a Bari, in occasione della celebrazione del 50° Anniversario dell’Università (14 dicembre 1975), Egli, veneto, rivolse alla “sua” Puglia questo accorato e commosso saluto: “Terra di Puglia! Col tuo fascino misterioso e malinconico, col tuo profondo doloroso silenzio, con le tue stupefacenti bellezze, dono aperto soltanto a coloro che le vogliono cercare e sentire; e per sentirle occorre risalire lontano nella tua storia, che tu sembri aver voluto custodire soltanto per te e quasi nascondere agli altri …..
Dell’excursus studiorum del professore Chini non ho fatto cenno. E’ una mia scelta, avendolo fatto in più occasioni, con specifica competenza, tanti suoi allievi
(Commemorazione del prof. Lorenzo Bonomo in Bassano del Grappa il 19 gennaio del 1984; commemorazione del prof. Riccardo Giorgino, tenuta a Bari il 13 dicembre 1983, in una riunione del Rotary Club; scritti dei suoi collaboratori dedicatiGli in occasione della intestazione al suo nome dell’edificio delle nuove Cliniche Mediche dell’Università, 6 ottobre 1986).
E della commossa commemorazione del prof. Bonomo, per 12 anni suo prezioso collaboratore, stralcio alcune toccanti parole, in parte ritraenti la figura del Maestro: “Aveva la vocazione e il talento di affrontare problemi di fisiopatologia e di clinica oscuri e difficili, sempre con una acuta visione di Clinico, partendo da una osservazione clinica e poi giungendo a risultati e conclusioni utili al malato, perché il malato era progressivamente diventato la sua vera passione, ed anche la verifica inappellabile, concreta, di ricerche e di studi che all’inizio potevano apparire molto astratti”.
Aggiunse poi: “Di Lui ricordo tante cose, la passione sempre giovane per le cose nuove e difficili, l’acutezza di un giudizio in cui era quasi infallibile, l’onestà, il disinteresse, la lezione di umiltà per imparare sempre di più di fronte al malato ed alla malattia, l’impegno ad approfondire, ad andare a fondo ……
Indelebili furono il ricordo e la devozione ch’Egli ebbe per il suo primo maestro, Pietro Rondoni e, soprattutto, per il secondo, Cesare Frugoni, cui lo legarono per tutta la vita una profonda gratitudine ed un affetto incommensurabile.

Fu sempre palesemente orgoglioso di aver intrapreso ed affinato presso le Cliniche mediche delle Università di Padova e Roma, da Lui dirette, ed in compagnia di altri valorosi allievi (Messini, Meldolesi, Melli, Luisada, Coppo, Magrassi Giunchi, Serafini, tutti poi ascesi alla cattedra universitaria) la sua preparazione scientifico sperimentale, tecnico-metodologica ed etico-professionale.
Fu schivo di medaglie, onorificenze e premi, pur avendone conseguiti e ricevuti, come schiva e silenziosa, quasi furtiva fu, dopo 33 anni, la sua partenza da Bari (all’atto del collocamento a riposo) per la sua città natale: Bassano del Grappa. Per ritrovare il calore degli affetti familiari, rivivere le memorie dei suoi Morti, riodorare il profumo della sua terra veneta e sognare le stelle.
Se le stelle, caro indimenticabile professore Chini, il 9 ottobre 1983 tramontarono (come da una sua poetica rimembranza) “in mezzo al mare”, lo stesso giorno una fiaccola, dalla riconoscenza e dall’affetto dei suoi allievi, infermi, colleghi, amici ed estimatori, fu accesa e continua ad ardere.

Fascinoso ed affascinante didatta: spauracchio per gli studenti, soprattutto per i laureandi, tanto da confessare in un addio: ” … ma io non posso nel lasciarci non rivolgermi a Voi; io che sono stato tanto severo con voi quanto lo sono stato con me, perché ho sentito l’insegnamento come una religione ……
Anticonformista, talvolta polemico ed ipercritico, ma mai preconcettualmente demolitore; un po’ istintivo ed introverso; dal temperamento, a seconda delle circostanze, cangiante dall’austero schivo e tenebroso nell’accattivante e sorridente, pronto a battute ironiche e mordaci. Integerrimo, esigente oltre ogni limite, a tratti autoritario; pretese ed ottenne dai suoi collaboratori il massimo dell’impegno scientifico-didattico, la scrupolosità e l’onestà della ricerca sperimentale.
In contemporaneità con gli importanti contributi della Clinica Chirurgica (dal professore Alberto De Blasi diretta), per gli apporti scientifico – sperimentali del suo “team”, la Scuola barese toccò i vertici di una nazionale ed internazionale notorietà.
I due volumi di Lezioni di Clinica Medica, editi nel 1967 e 1974 (rispettivamente dalle Editrici L. Pozzi e SEU), documentano il campo vastissimo della patologia dal Chini e suoi collaboratori esplorato, arato, e seminato, con significativi risultati e riconoscimenti ufficiali.
La presentazione del primo, dal grande Maestro Cesare Frugoni per il “carissimo e valoroso allievo” redatta, è emblematica della attualità e della importanza dei temi discussi, della acutezza delle analisi dei singoli casi clinici, delle rispettive diagnosi e delle concise sintesi, nonché dell’ausilio del laboratorio e dei mezzi tecnologici, purché non comportanti, puntualizzò il grande Maestro, “l’insidia di una sopravvalutazione”.
Tra quelle lezioni v’è una sulla “deontologia medica”, ai laureandi rivolta. Da maestro fece una dettagliata analisi dei vari problemi inerenti alle difficoltà ed insidie dell’esercizio professionale, ricordando i doveri, gli obblighi ed i sacrifici da affrontare, in uno spirito di solidarietà umana e di una irreprensibile condotta morale. Dopo avere ricordato la bellissima commovente preghiera di Maimonide (medico ispano-moresco del XII secolo) pronunciò queste toccanti parole: ” … Forse nessun’altra professione può dare a chi la esercita godimento spirituale più elevato; sublime è sicuramente la bellezza dell’arte, ma insuperabile deve essere la gioia di avere con i nostri mezzi contribuito a ridare la vita a chi stava per perderla, a ridare il bene a chi era stato abbandonato dalla speranza.
Nel secondo volume altri casi di una variegata patologia vengono esposti ed analizzati, alcuni di accessibile ed altri di non agevole interpretazione e catalogazione.
Come si addice ad un clinico di Medicina generale, vasto fu il campo della sua Scuola, con contributi originali ed apporti sperimentali indagato. Con predilezione: le infezioni locali e le malattie reumatiche, le mesenchimo-immunopatie, le emolinfopatie (elettivamente le emopatie mediterranee), la sindrome associata coronarico-cerebrale, le enteropatie distrofico-carenziali da antibiotici, le epatiti virali, la brucellosi, ecc.
Alcuni di quegli argomenti furono da Lui e dai suoi allievi oggetto di relazioni e di apprezzati giudizi nei Congressi della Società Italiana di Medicina Interna e della Società Italiana per lo studio delle Malattie Infettive e Parassitarie.
Foltissimo il numero dei suoi allievi; alcuni ascesero a cattedre universitarie (i proff. Malaguzzi-Valeri, Perosa, Bonomo, Giorgino, Rizzon, Schiraldi), mentre altri (Ferranini, Muratore, Di Raimondo, De Vita, Di Benedetto Dell’Aquila, D’Agostino, Conese et al.) occuparono posti di primario.
Al professore Lorenzo Bonomo toccarono poi il merito ed il privilegio di insediarsi nella cattedra, che tuttora magistralmente dirige, della Clinica Medica dell’Università di Roma.
Di alcuni di quegli allievi oltre che collega fui amico, anche per rapporti di collaborazione e reciproca stima. Di essi ricordo, in particolar modo, il professore Filippo Muratore (prematuramente scomparso) perché operanti nella stessa provincia prima e nel medesimo ospedale dopo.
Se del Clinico e Maestro ho, in maniera inadeguata e riduttiva, parlato della sua cultura umanistica, dell’assillo per i problemi del Mezzogiorno, elettivamente (sulle orme letterarie e pittoriche di Carlo Levi) di quelli della Puglia e della Lucania, non posso sottacere.
Per chi legga, riflettendo, il testo della conferenza (tenuta a Bari il 28 ottobre 1956 in una riunione del Rotary Club) dal titolo “Problemi del Mezzogiorno visti da un medico”, apprezzerà con godimento spirituale, oltre alla acuta dettagliata analisi di quei problemi, i riferimenti storico-letterari di cui è pervasa. Sono pagine di uno struggente lirismo (a tinte leopardiane), appannate dalla miseria, solitudine, malinconia della gente.
Dopo essersi dilungato nella analisi ‘Vi problemi – come egli precisò – che si presentano sotto aspetti poliedrici, etnici, geografici, storici, economici, sociali, ambientali, morali e sicuramente anche politici “statisti, economisti, sociologi e scrittori (elettivamente Giustino Fortunato, figlio di quelle terre) che di quei problemi, anche con affanno e fanatismo ma inanemente, si interessarono, illudendosi che l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno avrebbe, sia pure in parte, riparato precedenti torti ed ingiustizie.
Concluse la conferenza dissertando sui rapporti di correlazione ed interdipendenza tra quei fattori ed una patologia psicosomatica e nutrizionale sempre più presente tra quelle popolazioni.
Di ritorno a Bari, in occasione della celebrazione del 50° Anniversario dell’Università (14 dicembre 1975), Egli, veneto, rivolse alla “sua” Puglia questo accorato e commosso saluto: “Terra di Puglia! Col tuo fascino misterioso e malinconico, col tuo profondo doloroso silenzio, con le tue stupefacenti bellezze, dono aperto soltanto a coloro che le vogliono cercare e sentire; e per sentirle occorre risalire lontano nella tua storia, che tu sembri aver voluto custodire soltanto per te e quasi nascondere agli altri …..
Dell’excursus studiorum del professore Chini non ho fatto cenno. E’ una mia scelta, avendolo fatto in più occasioni, con specifica competenza, tanti suoi allievi
(Commemorazione del prof. Lorenzo Bonomo in Bassano del Grappa il 19 gennaio del 1984; commemorazione del prof. Riccardo Giorgino, tenuta a Bari il 13 dicembre 1983, in una riunione del Rotary Club; scritti dei suoi collaboratori dedicatiGli in occasione della intestazione al suo nome dell’edificio delle nuove Cliniche Mediche dell’Università, 6 ottobre 1986).
E della commossa commemorazione del prof. Bonomo, per 12 anni suo prezioso collaboratore, stralcio alcune toccanti parole, in parte ritraenti la figura del Maestro: “Aveva la vocazione e il talento di affrontare problemi di fisiopatologia e di clinica oscuri e difficili, sempre con una acuta visione di Clinico, partendo da una osservazione clinica e poi giungendo a risultati e conclusioni utili al malato, perché il malato era progressivamente diventato la sua vera passione, ed anche la verifica inappellabile, concreta, di ricerche e di studi che all’inizio potevano apparire molto astratti”.
Aggiunse poi: “Di Lui ricordo tante cose, la passione sempre giovane per le cose nuove e difficili, l’acutezza di un giudizio in cui era quasi infallibile, l’onestà, il disinteresse, la lezione di umiltà per imparare sempre di più di fronte al malato ed alla malattia, l’impegno ad approfondire, ad andare a fondo ……
Indelebili furono il ricordo e la devozione ch’Egli ebbe per il suo primo maestro, Pietro Rondoni e, soprattutto, per il secondo, Cesare Frugoni, cui lo legarono per tutta la vita una profonda gratitudine ed un affetto incommensurabile.

 

Fu sempre palesemente orgoglioso di aver intrapreso ed affinato presso le Cliniche mediche delle Università di Padova e Roma, da Lui dirette, ed in compagnia di altri valorosi allievi (Messini, Meldolesi, Melli, Luisada, Coppo, Magrassi Giunchi, Serafini, tutti poi ascesi alla cattedra universitaria) la sua preparazione scientifico sperimentale, tecnico-metodologica ed etico-professionale.
Fu schivo di medaglie, onorificenze e premi, pur avendone conseguiti e ricevuti, come schiva e silenziosa, quasi furtiva fu, dopo 33 anni, la sua partenza da Bari (all’atto del collocamento a riposo) per la sua città natale: Bassano del Grappa. Per ritrovare il calore degli affetti familiari, rivivere le memorie dei suoi Morti, riodorare il profumo della sua terra veneta e sognare le stelle.
Se le stelle, caro indimenticabile professore Chini, il 9 ottobre 1983 tramontarono (come da una sua poetica rimembranza) “in mezzo al mare”, lo stesso giorno una fiaccola, dalla riconoscenza e dall’affetto dei suoi allievi, infermi, colleghi, amici ed estimatori, fu accesa e continua ad ardere.

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