SCHENA NUNZIO

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SCHENA NUNZIO

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Fasano 1925 – 2003

Editore, umanista e grande meridionalista, convinto del forte legame tra storia locale e storia nazionale

Fondò nel 1947 uno stabilimento tipografico a Fasano con il nome di Arti Grafiche Nunzui Schena (poi Grafischena) per poi cominciare verso la fine degli anni ’50 la produzione editoriale con l’omonima casa editrice, oggi denominata “Schena Editore”. Di pari passo, oltre alla passione per la carta stampata (e stampata bene), cresce in Nunzio Schena sempre più forte l’amore per il libro.
I primi volumi, realizzati interamente nella sua tipografia, datano alla fine degli anni Cinquanta, e da quel momento l’attenzione per la produzione editoriale diviene sempre maggiore.
Nel 1972 il trasferimento in una sede più ampia nei pressi della Stazione ferroviaria e l’assunzione del nome attuale segnarono l’inizio di una più intensa attività tipografica ed editoriale.
Nel 1998 la Casa Editrice ha istituito il Premio Nazionale di Narrativa “Valerio Gentile” destinato a giovani scrittori.
ll catalogo conta oltre 2000 testi, divisi in 16 collane. Numerosi sono gli autori ed i temi pubblicati, che comprendono saggistica locale ed accademica, narrativa, poesia, religione, filosofia, medicina, diritto e gastronomia.
Numerosi titoli della collana Biblioteca della Ricerca sono coediti con istituzioni e società editrici universitarie italiane e francesi, tra cui: Presses de l’Université de Paris-Sorbonne, Università La Sapienza di Roma, Università di Pavia, Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Urbino, Alfred-Gérard .
Sotto la guida di Nunzio Schena la casa editrice persegue la strada della qualificazione editoriale; si moltiplicano gli scambi con le Università pugliesi; nascono le collane di carattere scientifico-letterario e riviste specializzate di respiro nazionale e internazionale.
Di particolare interesse si presenta il volume “Nunzio Schena Tipografo – editore umanista”del prof. Giovanni Dotoli, che viene qui integralmente riprodotto non solo perché illustra in maniera mirabile la grande figura di Nunzio Schena, “dopo una vita spesa per la carta, il libro, la cultura, l’amore per l’altro” ma anche perché, tramite le significative iniziative di Nunzio Schena, percorre le diverse tappe dell’editoria pugliese e meridionale, sottolineando l’interesse degli scrittori ed editori per la crescita culturale del Mezzogiorno, attraverso la diffusione del libro stampato.
Proprio perché è attinente al progetto di valorizzazione della memoria storica pugliese del portale “Nuova Puglia d’Oro” viene qui riportato un brano del bel romanzo su Nunzio Schena scritto con il cuore dal prof. Giovanni Dotoli “Con Nunzio l’intera regione Puglia ha uno slancio di orgoglio. Grazie a lui ne sappiamo molto di più. Tanti paesi e tante città si narrano per la prima volta, uscendo dalla notte della storia, quasi che Nunzio si renda conto del legame tra storia locale e storia nazionale. È come se egli applicasse la lezione della scuola francese delle “Annales”. Nunzio sa che accanto agli eroi, di cui narrano i libri, ci sono i soldati dei paesi e dei borghi, silenziosi costruttori del futuro, tra i quali annovera prima di tutto i contadini e gli artigiani del Sud.
La nostra storia si dipana via via, nelle pagine dei duemila volumi di Nunzio, per dirci chi eravamo, come eravamo, dove volevamo andare, e dove vogliamo andare, oggi e domani.” 

http://www.schenaeditore.it/catalogo/index.php?main_page=about_us/..NUNZIO SCHENA Tipografo – editore – umanista

di Giovanni Dotoli, dicembre 2005, Schena Editore Fasano

La dedica è “A Ignazio (figlio di Nunzio) artista della natura e del libro troppo presto volato tra gli angeli”

Nunzio Schena ci lasciava circa due anni fa, il 31 dicembre del 2003, all’età di 78 anni, in maniera silenziosa, come era solito agire, dopo una vita spesa per la carta, il libro, la cultura, l’amore per l’altro.
Ricordiamo tutti la grande e commossa partecipazione di tanti scrittori, intellettuali, giornalisti, artisti, poeti, autori, nel triste spettacolo della morte e della memoria, che si fondava già su una leggenda.
Sì, una leggenda, perché Nunzio Schena non è un uomo qualsiasi, né un cittadino fasanese o un pugliese qualsiasi. Io lo vedo sulla linea del Presidente della Repubblica Napoletana Ignazio Ciaia, di quegli uomini della sua terra e del Mezzogiorno che sanno sempre volare alto, verso l’infinito, verso progetti concreti e impossibili, con gli altri e per gli altri, con quel senso del bene comune che è proprio degli idealisti concreti della nostra meravigliosa terra di Puglia.
La tipografia di Nunzio Schena è un laboratorio, un luogo di creatività e di azione, di movimento e di sogno.
Eccolo aggirarsi tra macchine e inchiostri, montagne di carta e clichés, fotografie e lastre, caratteri e piombi, con i suoi figli piccoli, in costante dialogo con il personale, e poi lanciare all’improvviso un progetto, di arte, di editoria, di miglioramento di servizi, di elevazione della Puglia e del Mezzogiorno.
Nunzio è l’esaltazione stessa dell’umanesimo del nostro Sud. Lo vediamo tracciare linee per recuperare grotte, monumenti, pietre, memorie architettoniche e ambientali, lame e grandi collegamenti.
Nunzio Schena possiede la storia del mondo come un vate sorridente. La narra, la traccia e la vive con semplicità e profondità, con quel senso dell’onore che solo lui ha, uomo tra gli uomini, uomo tra i suoi collaboratori, uomo tra i suoi sogni.
Nunzio è il segno di una civiltà. Dicono che la sua sia una civiltà di altri tempi, persa nella modernità che ci opprime.
Io credo di no. Nunzio vive con noi, è in noi, vive nel suo messaggio, negli insegnamenti alla famiglia, nel sorriso dolce e forte dei suoi figli, e nel nostro amore per lui.
Uomo antico e giovane, uomo della civiltà e della terra, uomo della macchina e della natura, uomo delle piccole cose e uomo delle grandi cose, Nunzio è sulla linea di Valdemaro Vecchi e di Giuseppe Laterza, e di tutti coloro che sin dall’invenzione della stampa hanno creduto nel riscatto del Mezzogiorno attraverso la cultura, il dialogo, la parola, per dire al mondo l’amore, la storia, la vita.
Lo vedo parlarmi di futuro della Puglia e del Mezzogiorno, con una lungimiranza che pochi capivano.
Tutti erano per industrie e acciaierie, centrali e grandi ciminiere, ma lui preferiva parlare di orti, di paesaggi, di Grand Tour, di mare e di gravine, di muri a secco e di libri che inneggiassero alla pugliesità e al lavoro.
Nunzio va annoverato tra i grandi meridionalisti, con tutti coloro che hanno osato gridare forte la voce dell’uomo e del suo cuore.
Egli annuncia che, per essere veri meridionalisti, non occorrono grandi proclami, ma bisogna agire con l’esempio, e la determinazione del fare quotidiano.
E il fare quotidiano, il saper fare, come i grandi Illuministi del Settecento, è la regola essenziale di Nunzio. Dal semplice biglietto da visita al libro d’arte, tutto deve essere perfetto, e soprattutto bello.
Bello, perché Nunzio ha il senso della bellezza, come i massimi poeti dell’umanità.
Non è forse egli un poeta del cielo e dell’azzurro, della terra e del mare, della pietra e della carta?
I libri di Nunzio sono proverbiali. Sin dal suo apparire sulla scena della carta stampata, nel 1947, con le “Arti Grafiche Nunzio Schena”, poi divenute “Grafischena”, e infine “Schena editore”, egli ci dà quello che oggi si chiama un prodotto di qualità. Nunzio intuisce che la concorrenza si batte solo con la bellezza, con il sogno del bello, con l’amore per le piccole e le grandi cose, fatte, volute e realizzate con grande semplicità.
E questo culto della bellezza egli infonde nei suoi operai, tutti, e nei suoi figli e nei suoi amici e collaboratori, e nei suoi autori, grandi e piccoli. Per Nunzio la bellezza è il grande motore del mondo: prima del racconto del contenuto, viene la forma, che è forma dell’anima, delle mani, del movimento del sogno.
Non uno solo dei circa duemila titoli stampati da Nunzio, e dei milioni di dépliants, dossiers, fogli e quaderni che in cinquantasei anni passano per le sue mani esce da questo schema. Perché per Nunzio la forma è contenuto e il contenuto è forma. Ogni momento mi dice che la bellezza migliora le cose di questo nostro mondo, trascina in avanti, fa avanzare ogni posizione.
Così le sue tante collane, i suoi giornali, le sue riviste, sono oggetti d’arte nel segno dell’umanesimo. Nunzio raccoglie la lezione di operai, contadini, braccianti, artigiani e sognatori di Puglia. Gli autori meno attenti alla forma, una volta seduti di fronte a lui, prendono la strada del bello, mutano il proprio testo, viaggiano per immaginarie biblioteche di qualità.
Così è per Gianni Custodero, Lino Angiuli, Cosimo Damiano Fonseca, i Semeraro di Puglia e della Svizzera, Raffaele, Angelo e Marialuisa, Michele Campione e Raffaele Nigro, Maria Marcone, Giorgio Saponaro e Michele Dell’Aquila, Adolfo Grassi, Onofrio Bramante e Giuseppe Cassieri, Ignazio Schino, Alfredo De Marsico e Santa Fizzarotti Selvaggi, Liana Bertoldi Lenoci e Palmina Cannone, Domenico Cofano e Domenico Colucci, Angelo Di Summa e Pietro Mezzapesa, Donato Palazzo e Elvira Sarli Gianfaldoni, Maria Antonietta Stecchi de Bellis e Joseph Tusiani, Vito De Fano e Daniele Giancane, Alfredo Giovine e Nino Bixio Lo Martire, Pietro Magno e Benedetto Ronchi, Alfredo Tanzarella, Giovanni Acquaviva, Giovanni Amodio, Graziano Bellifemine e Tommaso Turi, Giovanni Ramunni, Antonio Donvito, Vito Maurogiovanni, Fortunato Matarrese, Paolo Malagrinò e Giuseppe Roma, Michele Pizzigallo, Giuseppe Semerari e Pasquale Sorrenti.
E ancora: Mario Frejaville, Bruno Zoratto, Costantino Savonarola e Angelo Bungaro,
Nicola Cavallo, Vito Ciliberti e Giuseppe Brescia, Giacomo Campanelli, Antonio Chionna e Vincenzo De Ruvo, Giacomo Carissimo, Francesco Chiancone e Mauro Civita, Giuseppe de Benedictis, Giuseppe De Troia e Tommaso Dell’Era, Francesco Di Palo, Enea Balmas, Marie Thérèse Jacquet, Matteo Majorano e Fulvia Fiorino, Francesco Galizia, Silvio Iurleo, Giovanni L’Abbate, Vito L’Abbate, Cosimo Lanzo, Guido Malcangi e Pietro Zizzi.
E poi infine: Gino Leone, Giuseppe Di Viesto, Paola Lisimberti e Mariellina Lorusso Cipparoli, Giuseppe Lucatuorto, Giuseppe Marangelli, Rita Marinò Campi e Piero Marinò, Anna Martellotta, Elio Durante e Giovanni Mercadante, Giuseppe Palasciano e Mario e Michele Montinari, Ettore Polito, Emilio Patti e Alessandro Romanelli, Domenico Sangallo, Nicola Sbisà e Aurelio Scardaccione, Antonio Sozzi, Carla Speciale Giorni e Corrado Strada, Alessandro Suma, Antonello Todisco, Albina Tremacere, Gino Volpi, e naturalmente chi scrive, per fare solo una lista in fondo ridotta di nomi – come potrei citarli tutti, dalla schiera infinita che frequenta e venera Nunzio Schena?
Il libro di Nunzio si tinge di sogni, di remoto e di presente, e di futuro. Pittori, scrittori, artisti di ogni genere, piccoli sognatori della carta, entrano nei monumenti della scrittura dalla grande porta della bellezza dell’Arte. Ed è un concerto della nostra terra, di questo lembo d’Italia tra Occidente e Oriente, ombelico del mondo dalla notte dei tempi.
Nunzio Schena vede materialmente questa centralità, da immenso uomo umanista qual è, e si lega con il lavoro e con la vita, con generosità e altruismo, a questa missione assoluta.
Da lui e con lui nascono collane, convegni, incontri, seminari, società, associazioni, gruppi, per culture e letterature del mondo intero, quasi che egli intuisca i grandi pericoli della mondializzazione con la conseguente perdita dei propri valori, per dirci in ogni momento di una globalizzazione fondata sull’uomo, sul dialogo da una finestra all’altra, da un balcone all’altro, come in una stradina della sua vecchia Fasano, dove, in via Egnazia, aveva collocato la sua prima tipografia, e dove oggi è la bella libreria della figlia Angela.
Brindisi, Taranto, Bari, Lecce, Foggia, Matera, Potenza, il nord della Calabria, diventano punti di un dialogo che piano piano raccoglie i pezzi della storia, da sempre ad oggi, a domani. L’editore umanista Nunzio Schena ci regala ogni giorno una pagina di una Enciclopedia del Sud.
Egli ha il senso del territorio e della linea che sta tra mare e cielo.
E come può non dialogare con le altre regioni, con l’Europa, l’America, l’Africa e l’Asia? Ed eccolo con l’italiano d’America Joseph Tusiani a New York, con l’editore Nizet a Parigi, con il Dalai Lama in Asia, da cui riceve la sciarpa di lino in segno di affetto e di stima, con chi scrive per le letterature del Nordafrica e del Nordamerica e per la Francia e con numerosissime università del nostro Paese.
Nel 1985, il 12 dicembre, la Francia lo nomina cavaliere delle arti e della cultura, “Chevalier dans l’Ordre des Arts e des Lettres”, con un decreto del celeberrimo Ministro della cultura Jacques Lang, perché, sull’asse della sua grande tradizione, essa intuisce questo percorso dell’umanesimo di Nunzio.
Il Presidente della Repubblica Italiana Francesco Cossiga, tre anni dopo, il 2 giugno, lo nomina “Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica”, per l’onore che dà al proprio paese, quell’Italia che Nunzio tanto ama.
D’incanto la manualità artistica di Nunzio contagia, fa proseliti, come accade in una bottega artigiana di santi e madonne.
E il cognato Cosimo Iasiello, artista umanista del libro e della carta, dà libero sfogo ai suoi sogni, producendo meraviglie.
Carlo, Antonio, Ignazio, Angela e Roberto, con la Signora Maria, la sua dolce consorte, che con lui condivide i primi sogni di tipografo, fanno viaggi nell’estetica e nella forma che è sostanza, per dirci che questa nostra vita, questo nostro passaggio per il mondo, sono tracciati di sogno.
E in azienda senti parlare gli operai di Nunzio, di Parigi come se la conoscessero, di Nizet e della Sorbona, degli Stati Uniti e dei progetti di Comuni e Province, e della Regione Puglia.
Il concerto ha luogo ogni giorno, sotto la direzione del Maestro di Umanesimo Nunzio Schena. Nascono collane e riviste, sempre più lanciate verso il nuovo che mai lascia il passato, fra tradizione e innovazione, ordine e avventura. Una rivista fondata da Raffaele Nigro, Lino Angiuli e chi scrive non si chiama forse “In/Oltre”, cioè dentro le cose e oltre la linea dell’infinito?
E il motto della mia collana “Biblioteca della Ricerca” non è “Jusqu’où nous pourrons aller”, “Fin dove potremo andare”?
E Nunzio non si appassiona subito per uno scrittore che gli propongo dal lontano 1976, il barese Ricciotto Canudo, vissuto a Parigi dal 1901 alla morte, nel 1923, amico di Guillaume Apollinaire e di Pablo Picasso, di Marc Chagall e Igor Stravinsky, che persino sulla carta da lettera scrive «Ad metam et ultra», «Fino alla meta e oltre»? Così, insieme, nel novembre 1977, organizziamo un grande convegno internazionale su questo intellettuale del Sud, inventore dell’estetica del cinema, tra Bari e Gioia del Colle, sua città natale, nel centenario della nascita.
Nunzio mi favorisce in tutto, con straordinario ottimismo. Riusciamo a realizzare qualcosa di mitico: collegamenti in diretta della RAI, per radio e televisione, proiezione di capolavori di film muti – di Fernand Léger e di Abel Gance –, dibattiti con la partecipazione di nomi celeberrimi come Mario Sansone, Mario Verdone, Michel Décaudin, Gianni Rondolino, Eduardo Bruno, Giorgio Santangelo, François Livi, Arnaldo Pizzorusso, Pasquale Aniel Jannini.
E ci inventiamo la Fondazione Ricciotto Canudo, a Gioia del Colle, con la Regione Puglia, il Comune di Gioia del Colle, la Provincia di Bari e l’Università degli Studi di Bari, un esempio di collaborazione tra enti locali e Università, e fondiamo la collana “Pubblicazioni della Fondazione Ricciotto Canudo”, diretta da me e da Sergio Zoppi.
Tutta la produzione libraria di Nunzio Schena è un racconto, una memoria, una storia, la storia stessa, delle cose e della vita, delle donne e degli uomini, dei ragazzi e dei giovani, quei giovani che egli tanto ama, perché sa che sono il futuro del mondo.
“Aggetti”, “Biblioteche”, “Pochepagine”, “Memoria”, “Viaggiatori Stranieri in Puglia”, “Ori di Puglia”, “La casa rossa”, “Romanzi della Magna Grecia”, “Il Sestante”, “I semi”, “Sapientia”, “Didattica delle lingue straniere”, “Città e monumenti”, “Puglia archeologica”, “Uomini e miti”, “Collana di nuova narrativa meridionale”, “Bellezze naturali e urbanistica”, “Biblioteca di Filosofia”, “Le Gravine tra paesaggio e habitat”, “La Meridiana”, “Peregre”, “Cultura mediterranea”,
“Quaderni del Castello”, “Storia della cultura materiale”, “Il Tempo e le idee”, “Virtuosismi musicologici”, sono i titoli di alcune sue collane, per offrire reportage, studi di storia, avventure di prosa e di poesia.
Nunzio spinge dolcemente alla grande avventura della carta tutti quelli che sono alla prima esperienza e che si presentano a lui con il viso rosso di speranza, per vedere il proprio nome stampato. Tutti egli incoraggia, perché egli sa che il futuro è nella forza della fiducia, nelle capacità dei figli giovani e dell’esercito dei nostri giovani in attesa di lavoro.
La cultura e la formazione sono un’impresa che viaggia per avventure, idee. Dagli anni del piombo, Nunzio Schena si lancia già verso le nuove macchine, la fotocomposizione e i primi computer, e le macchine dalla perfetta quadricromia, pur amando sempre l’odore forte del piombo.
La passione è sempre la stessa, come quella del ragazzo che io ho chiamato “Il ragazzo del libro”, che si inerpica per colline e strade, per andare ad apprendere il mestiere di tipografo a Putignano, dopo le primissime prove nella Tipografia Santorsola a Ostuni.
Nunzio è sempre quel ragazzo, anche quando diventerà “Don Nunzio” e il “Principale”, o il “Direttore”, o il promotore d’arte, nella chiesetta di Laureto, sotto la sua magica dimora estiva.
La sua azione si estrinseca per perle di carta e nero su bianco, come in un film muto dei primi anni del Novecento. Nunzio si affida al dialogo autentico tra le terre, di regioni, province, paesi, borghi e territori. Ne difende le specificità e le cose comuni. Il meridionalista Nunzio Schena è anche un federalista convinto, ma di un federalismo che tutti coinvolge, Università, associazioni, gruppi, partiti, uomini della piazza del paese e scrittori.
L’umanista Nunzio Schena è un esempio centrale del “Popolo di formiche” di cui parla Tommaso Fiore, che era suo amico.
Egli intuisce che l’orizzonte europeo, aperto ad altri mercati, passa per il paesaggio delle Murge e delle colline della Puglia.
Io posso dirlo, con altri e più di altri. Ho scritto che alla sua partenza da questo mondo ho perso il mio secondo padre. Tutta la mia carriera è legata alla persona di Nunzio.
Mi presento da lui nel gennaio del 1970. Ho appena ventotto anni, ricco solo di entusiasmo e di idee. Nunzio mi dà subito fiducia. Le nostre strade coincidono.
Entrambi vogliamo andare lontano, molto lontano, forse troppo lontano. Capiamo subito che, dal profondo Sud, si può e si deve guardare oltre i confini dell’Italia, alla Francia e all’Europa, e dall’Europa al mondo.
Concordiamo che un piccolo editore è piccolo se non ha ambizioni culturali, se non sa ritagliarsi un suo spazio. Così insieme fondiamo la “Biblioteca della Ricerca”, in coedizione internazionale con grandi editori di Parigi, prima Nizet, poi Didier Erudition, infine le Presses Universitaires de Paris-Sorbonne, cioè della più importante università francese, la Sorbona, al centro della grande capitale d’Oltralpe.
Senza battere ciglio, con un entusiasmo fanciullesco, Nunzio accetta che io coinvolga nell’impresa della “Biblioteca della Ricerca” i più grandi nomi della cultura internazionale francese e di altri paesi, per ognuna delle sezioni della collana: Pierre Brunel, Béatrice Didier, Alain Rey, Philippe Desan, Robert Kopp, Ralph Heyndels, Maurice Gross, Michel Décaudin, Pierre Caizergues, Jean-Robert Pitte, Vito Castiglione Minischetti, Jean Pruvost.
A questi nomi vanno aggiunti quelli italiani di Sergio Zoppi, Anna Maria Raugei, Mirella Conenna, Lino Angiuli, Raffaele Nigro, Liana Bertoldi Lenoci, Vincenzo Minervini, Ciro Monteleone, ed ora Franco Punzi e Antonietta Latorre, con una sezione di “Puglia storica” dedicata alle “Fonti storiche per la storia di Fasano”, “Studi storici in onore di Nunzio Schena”, omaggio al suo impegno e al suo amore per la città natale.
E via via prendono corpo edizioni di testi, monografie, atti di convegni, testimonianze critiche, documenti, in una visione unitaria della cultura, in una pluralità metodologica che diventa subito punto di riferimento nel mondo intero.
Le nostre proposte vogliono essere strategiche, per dare un’offerta alle Università e ai Centri di ricerca italiani, francesi e di altri paesi, e della nostra terra.
Così pubblichiamo autori e studiosi europei, americani e africani, tenendo sempre i piedi per terra. Insieme partecipiamo con successo al Salon du Livre di Parigi e ai Saloni del Libro di Francoforte e di Torino.
Nel 1994, insieme presentiamo la “nostra” collana internazionale a Parigi, nel magico incanto del Palais Galiffet, sede dell’Istituto Italiano di Cultura, già sede del Ministero degli Esteri dell’imperatore Napoleone Bonaparte, alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia Luigi Guidobono Cavalchini e del Direttore dell’Istituto Paolo Fabbri. La Collana, allora già con i suoi circa duecento titoli, un record, attira l’attenzione della cultura francese.
La partecipazione è così numerosa che lo stesso sindaco di Parigi non riesce ad entrare in sala! Il TG1 ci dedica un servizio!
Umberto Eco è presente e tesse l’elogio di Nunzio e dei miei progetti editoriali.
E tuttavia, malgrado questa apertura a trecentosessanta gradi, è soprattutto la nostra terra al centro del nostro impegno, prima di tutto di Nunzio, in un dialogo costante con altri paesi.
Da qui nasce la serie di volumi dedicati ai viaggiatori stranieri in Puglia, una vera enciclopedia della nostra regione vista dall’Europa. Da qui nasce l’edizione del cosiddetto esemplare di Bordeaux degli Essais di Michel de Montaigne, in collaborazione con l’Università di Chicago, che una giuria giapponese ha classificato tra i cinquanta libri più importanti e più belli pubblicati in tutto il mondo in apertura del terzo millennio, tra il 2000 e il 2002.
Per l’umanista Nunzio Schena occorre europeizzarsi, ma restando piccoli e di qualità, nel circolo vincente tra cultura locale, nazionale e internazionale.
Nunzio, quest’uomo umile e forte, determinato e entusiasta, è vanto della Puglia, del Mezzogiorno, del nostro Paese e dell’Europa.
Nunzio mi ricorda i tipografi e gli editori di un tempo. Compone a mano i suoi testi come l’artista della bottega. Egli disegna il futuro dell’arte tipografica di Puglia, nel costante rispetto della pluralità delle idee, autentico, profondo, lungimirante, fiducioso nell’Altro.
Sorridente, discreto, pieno di dolce ironia, sempre consapevole delle quotidiane difficoltà, Nunzio va e traccia le linee di ogni giorno, al servizio dell’Altro.
Pacato, talvolta silente, in altri momenti vulcanico, è un Editore che mette al centro della sua opera la signorilità. Disegni, quadri e oggetti d’arte sono la sua passione, tra spirito d’impresa e cultura.
La tipografia di Nunzio ha l’odore fragrante di un forno e di un frantoio. Nunzio crea, impasta, trasforma ogni giorno, ma in lui e intorno a lui tutto d’amore si colora.
Cittadino onorario di vari luoghi, direi che egli è cittadino onorario del mondo, un patriarca che va in punta di piedi, ma con la forza del primo attore, anche se sa essere comparsa, al momento opportuno.
Così può dialogare con il Papa Giovanni Paolo II, con il Dalai Lama e con Giovanni Spadolini, con Giuseppe Giacovazzo e Franco Punzi, Ernesto Quagliariello e tutti i grandi uomini del Paese che hanno la fortuna di passare nella sua azienda.
Tutto per Nunzio è impegno e fatica, quasi che egli applichi il messaggio di San Benedetto: «Ora et labora», «Prega e lavora », nella assoluta fiducia in Dio, anche quando il dolore è sangue, come per la morte prematura del figlio Ignazio.
Testardo e docile come una colomba, con i suoi capelli freschi di vento, Nunzio vuol far uscire l’editoria meridionale dal silenzio che vede solo alcune stelle brillare, e si lancia in progetti folli, nel rispetto di tutti: in trentacinque anni non l’ho mai sentito dire una parola contro.
Nunzio sa solo costruire. Per lui la cultura non è accademia, ma operosità umanistica, dialogo tra intellettuali e racconto della propria terra.
Per Nunzio la storia si fa con le parole scritte, prima che con i fatti. La cultura viene prima dell’economia.
Ah! Se avessero ascoltato il suo messaggio.
Oggi la Puglia e l’Italia non sarebbero certo devastate a questo livello, sulle coste, ai bordi di fiumi e torrenti e sulle colline.
Nunzio l’umanista è lo stampatore e l’editore che sa ascoltare, e che ha il coraggio di dire e di fare, dialogando con il mondo a partire dalla propria terra.
Dal centro del Vecchio Continente, che Nunzio sposta a Sud, nel cuore del Mediterraneo – quanta grandezza in questa sua tesi – egli può spaziare come un gabbiano, quasi in linea con l’imperatore Federico II: non ama egli tanto questo grande meridionalista di circa otto secoli fa, di cui ammira i ritratti di Onofrio Bramante, fino a sceglierne uno per la copertina di una delle edizioni del suo catalogo?
Al centro dell’azione di Nunzio c’è la fiducia, sempre unita all’entusiasmo. Egli sa, prima di tutti, che non è con l’assistenzialismo che si possono risolvere i problemi del Mezzogiorno, ma solo con il senso del fare, sempre nel culto della bellezza.
Nunzio cresce nell’orfanotrofio guanelliano di Don Sante Perna, e presto conosce il senso della vita, come tanti della sua generazione del dopoguerra. La passione lo prende per mano e lo conduce per tutta la sua avventura umana, bella come una fiaba,
malgrado le forti prove cui è sottoposto.
Nunzio conosce le più grandi gioie, ma anche i più grandi dolori, e mai abbandona la speranza che lo guida sin da bambino.
L’autodidatta Nunzio sa sempre quello che vuole.
L’umanesimo è al centro della sua rotta.
Accompagnato da una volontà ferrea, eccolo guidare un’azienda sempre più grande, a partire dagli anni ’70, e diffondere libri, parole, cultura, dal suo proverbiale capannone, per dire il senso dell’onore e della miserabile condizione umana.
Dalla sua scrivania, semplice come quella di un fabbro, faber, colui a cui interessa fare, Nunzio guarda il mondo, con distacco e partecipazione, per lanciare la sua parola d’onore, mitica come le sue mani, il suo incanto, la sua cultura antica.
Tutto egli ci insegna e mi insegna, ogni volta che lo incontriamo e lo incontro. Arrivo trafelato, con la borsa piena di bozze d’ogni tipo, critica, romanzo, poesia, riviste, ed egli mi invita a prendere un caffè al Bar della Stazione di Fasano, per donarmi dieci minuti della sua dolcezza e dei suoi programmi.
Parliamo dell’azienda, dei figli, della famiglia, della Puglia, dell’Italia, del Mezzogiorno, dell’Europa, del Mondo: in pochi minuti attraversiamo l’Universo, e rifacciamo la storia, che è dentro il cuore di Nunzio.
Nunzio non è fatto per le piccole cose.
È nato per spaziare, per planare, per volare, per creare.
Ed ecco che mi parla di libri veri, di libri utili, utilissimi, e poi di libri impossibili, che nessuno leggerà, né oggi né domani, ma che attraversano il nostro incontro, come nuvole bianche, da Fasano all’orizzonte infinito, laggiù, verso il mare blu di Savelletri.
Sì, perché con Nunzio ci sentiamo tutti a nostro agio. Ci unisce una doppia via inedita, e rara, se non introvabile oggi: il binomio tra sogno e realtà. Nunzio non è fatto per stare fermo. Mentre ci parla, egli ascolta, ma la sua mente vola altrove, verso lo spazio, che è sempre spazio del fare.
Egli vuole intorno a lui l’Altro, per parlargli, per donarsi a lui, per aiutarlo, per incontrarlo, per dargli consigli, per attraversare questa vita insieme.
Nunzio è un cavaliere antico, un uomo d’onore, senza mai gloriarsi delle sue qualità e della sua umanità. Porta addosso onorificenze e glorie, italiane e straniere, ma è sempre come un poeta inquieto, tra la bellezza del paesaggio e l’incanto di un sogno.
Con me, con l’incantevole Cosimo, con i suoi figli, con i suoi operai, con i suoi concittadini fasanesi, operosi come lui, con i suoi pugliesi, si dà fino all’esaurimento delle sue energie, per sempre ricominciare, e andare, andare, andare…
E così eccolo partecipare a numerose manifestazioni pubbliche di cultura, in tanti paesi di Puglia, a Roma, a Pavia, a Milano, a Torino, a Parigi. Sogna di andare a Chicago, a New York, e poi un giorno in Australia, dovunque possa far sentire la sua voce e il suo messaggio di grande pugliese con i piedi per terra.
Ci parla di riviste, collane, libri piccoli e grandi, rilegati e cartonati, con copertina all’antica appena abbozzata, o telata, in pelle, con caratteri d’ogni tipo, fino all’oro che splende come i suoi occhi.
Nessuno riesce a fermare Nunzio. Parla di antichità, di racconti, di romanzi, di poesia in italiano e in tanti vernacoli, di lingue straniere, di scuola, di università, di associazioni, di biblioteche.
Lo avevo proposto per una laurea honoris causa dell’Università di Bari, ma egli mi ha detto che per il momento non era il caso, e che dovevamo fare ancora qualcos’altro insieme, fondare qualche altra collana un po’ più universitaria, di saggi, di riflessioni e di critica, perché gli altri dovevano essere convinti del suo valore.
«Una laurea è una laurea – mi diceva Nunzio – e io devo meritarmela sino in fondo ». Gli bastava quella in Lettere che gli aveva dato l’Università di Pavia, nel 1983, per il suo meraviglioso volume Studi in onore di Lorenza Maranini, di cui io avevo curato le varie fasi.
Eppure tutti i miei amici, italiani e stranieri, erano entusiasti della mia idea, e pronti a firmare un appello, una lettera, una proposta.
Chi, se non Nunzio, meritava una laurea di cultura, in Biblioteconomia, se non in Lingue straniere? Sì, perché egli usava la carta stampata, ma soprattutto la parola, la lingua, scritta e orale, per dire, creare e dialogare.
Nunzio ha il senso della memoria. Non lascia una briciola di quanti sono passati prima di noi, contadini, artigiani, preti e professori, il cui sapere silenzioso egli sa raccogliere e tramandare.
Quante volte dialogava con me di viaggiatori stranieri in Puglia? Leggevamo le loro pagine, le loro osservazioni, le loro proposte, i loro sogni, e insieme spaziavamo dalle coste di Puglia, per tutto l’Adriatico, e poi uscivamo dallo Ionio e andavamo Oltre, sempre oltre, verso l’Oriente, e riprendevamo la rotta, percorrendo l’Italia dall’alto e dal basso, per dire le cose che non vanno e proporre come dovrebbero andare.
Nunzio è sempre il ragazzo di tipografia che in bicicletta va da Fasano a Putignano per imparare l’arte della stampa. Cresce, spazia, costruisce l’impossibile, l’oro della sua azienda, tra ulivi, fichi, rocce e grotte, in un luogo di storia meraviglioso, dove si giungeva dall’Oriente, verso le nostre terre, per trovare un poco di speranza, allora come oggi.
I suoi duemila titoli stampati non gli bastano.
Ed eccolo dirmi di nuove collane e nuove visioni. Mi parla di Carlo, Antonio, Roberto, del suo amato figlio Ignazio, che lo ha lasciato troppo presto, e poi di Angela, che vuole accanto a lui. Ed io l’assicuro e lo rassicuro che saranno tutti accanto a lui.
È questione di tempo, perché i suoi figli sono come lui, amano volare e spaziare, per tornare al punto d’incontro e di dialogo.
Nunzio, un uomo che ha cominciato da zero, come me, e questo mi unisce a lui indissolubilmente, sogna sempre di andare avanti. Ha costantemente una marcia in più. Gli amici non gli bastano. Deve allargare sempre il campo.
Nel suo laboratorio giungono giornalisti, scrittori, studenti, accademici, artisti: per tutti ha una parola di certezza, di fiducia, del fare. Per lui c’è sempre da fare, da costruire.
Per le colline di Fasano, Martina Franca, Ostuni, Cisternino, Conversano, Locorotondo, Putignano e Altamura, vola come un angelo, o forse come un’aquila, e cerca sempre ritrovi, oggetti, alberi, pietre, muri, case, colori, e ci dà e ci ridà il senso della Bellezza.
E nascono nuove idee, con pittori, scultori, artigiani, sognatori, sempre tra cultura e impresa, sogno del fare e fare concreto.
Mi diceva ogni volta che per realizzare il Possibile occorre sognare e praticare l’Impossibile, tipologia di azione che ho messo al centro della mia vita, anche e soprattutto grazie a Nunzio.
La mitica sigaretta di Nunzio si perde nell’azzurro. Egli ne insegue il fumo, che parte dalle sue candide mani, per rincorrere un’altra idea. Lo seguo appena, ma sono tranquillo, perché so che sta creando e sognando. Nunzio è un umanista fino in fondo.
Per Nunzio, è sempre tempo di nuovi impegni, di sviluppare la Casa editrice, di essere ancor più ogni giorno mecenate.
Nunzio è un editore galantuomo, uno che sa e che crede, uno per il quale l’amicizia, il lavoro e la famiglia sono sacri.
La sua vita dedicata ai libri è come un romanzo. Vola sempre su una vela di certezze e di speranze, di progetti e di sogni.
Nunzio ha un cuore. Il suo cuore batte, sa, ascolta, dice, festeggia, si agita, segue la rotta del vento e del tempo.
La “Biblioteca” di Nunzio non ha confini.
La mia è la “Biblioteca della Ricerca”, la sua è la “Biblioteca del Tempo”.
Gli ho proposto di unirle e di farne un’Enciclopedia del Sapere. Perché Nunzio è un poco come Denis Diderot, come Jean Le Rond D’Alembert, e come tutti i Filosofi illuministi francesi e napoletani del Settecento, che vedono nella carta stampata una Enciclopedia di azione e di pensiero.
Come loro, egli crede nel rinnovamento del mondo attraverso il Libro, ricco di voci e di tavole del fare e del saper fare, di racconti e di cose concrete, per insegnare come si vive su questa terra.
Ora il messaggio dell’umanista editore e tipografo Nunzio Schena ci è molto chiaro.
La sua lunga storia di parole e di caratteri parla a lettere evidenti. Dai cassetti dei suoi caratteri, dal piombo delle sue macchine, dalle montagne ordinate di carta del suo capannone e del suo magazzino di cui è così fiero, sa ascoltare e sa fare.
E il suo prodotto esemplare è nelle mani del cliente come pan di Spagna. Il piccolo bollettino, gli annunci di un tribunale, il programma di un convegno, il giornale di paese e il libro per il Papa, per il Presidente del Consiglio, per il Presidente della Repubblica, e il manifesto d’ogni tipo, anche di un candidato a una piccola carica pubblica, sono tutti sullo stesso piano. Conta sempre la qualità, lo ripeto con la stessa forza di Nunzio.
Non ci dice Nunzio che la carta stampata è prima di tutto oggetto d’arte? E l’arte non ha dentro la manualità? E non si fa il libro con le mani e con la mente?
Mani di lavoro, mani dure, mani dolci, mani di fata, mani di dolcezza, mani d’arte, mani di sogno: sono le mani di Nunzio.
L’Ambasciatore d’Italia a Parigi Luigi Bono Cavalchini mi dice che Nunzio è unico, e vanto per il nostro Paese, e io sono fiero di avere un amico come lui, e oso dirgli che egli merita di più, che ha altri progetti per la testa.
Sfogliando i suoi libri, gli editori parigini mi dicono: solo in Italia si sa fare un libro così. Con orgoglio, io preciso sempre: forse volete dire che è possibile realizzarli solo a Fasano di Puglia, vicino a Brindisi e a Bari, da dove si partiva per il vastissimo Impero d’Oriente romano e per le Crociate, nello stabilimento di Nunzio Schena?
Nunzio ha nel sangue il senso del Progetto.
Sa che sono un poeta anch’io, e che amo tanto diversi poeti, tra i quali spicca Arthur Rimbaud. Mi chiede perché. Gli rispondo perché questo scrittore è l’uomo folle del progetto, che ha scritto che Je est un autre, «Il nostro io è un altro», e che dunque io e lui siamo sempre un altro, legati dal lavoro e dal sogno.
Che significa, mi chiede? Mi entusiasmo, e spiego che a Rimbaud interessa il progetto, l’altrove, che egli ha inventato mille progetti e che ha scritto due libri tra i più belli mai scritti da un uomo, Une saison en enfer e Illuminations. Parlo a Nunzio di questo secondo libro di Rimbaud. E mi chiedo: non sono forse illuminazioni anche le sue parole, i suoi progetti e i suoi libri? Non è luce e illuminazione il suo fare?
La vita di Nunzio non è un romanzo di appendice, ma un romanzo vero. Inizia nel fondo dell’impossibile, e si tramuta via via in progetto, in fare, in capolavoro, fino a diventare leggenda.
Forse Nunzio merita una biografia, un film, una serie di puntate alla radio o sullo schermo.
I nostri figli hanno bisogno del suo messaggio, per credere nel futuro.
Ogni parola di Nunzio è un tesoro. Egli parla con gli occhi e con la mente. La sua tempra è forte e granitica, e si offre con una generosità che non ha pari. Nunzio è nostro fratello e nostro padre, l’amico e il consigliere, il nostro punto di riferimento e il ragazzo che vorremmo avere per compagno.
La scrivania di Nunzio è piena di carte, ma sempre ordinata. C’è sempre il lavoro del giorno dopo e della settimana e del mese.
Si occupa della sua Fasano, della sua Società Operaia e dei problemi dei suoi operai. Si rimbocca sempre le maniche. Dà a tutti e non chiede nulla in cambio. Il suo mondo si tinge di carta stampata, di storia commossa, di bibliofilia, di disegni, di quadri. Nunzio vuole aiutare tutti i giovani di questa terra, operai, artigiani, artisti e scrittori. Vuole che nessuno emigri. I nostri cervelli, le nostre braccia, i figli delle nostre madri, qui devono restare, mi diceva, con solenne determinazione e mitica dolcezza.
E Nunzio inventa, in tempi difficilissimi, un’azienda più grande di lui, immensa, che guarda al cielo, tra ulivi e lecci, dalla quale egli possa librarsi e planare come un albatro, per incantare con il prodotto delle sue mani e della sua mente.
Nunzio ci dà l’orgoglio di essere pugliesi e meridionali. Rivendica il nostro passato, il nostro presente e soprattutto il nostro futuro.
Ammiriamo la sua eleganza e la sua fiducia assoluta in ogni azione. Al minimo accenno di difficoltà ci dice che ce la faremo, e il bello è che ha sempre ragione.
Il suo fiuto è proverbiale. Sa quale libro vale e quale libro non vale, ma lo sa dire così bene che anche l’autore triste per la cattiva notizia delle difficoltà di pubblicazione se ne va felice.
E che dire della fede di Nunzio? Mi dicono che riviene dalla sua infanzia. Sì, forse è vero, ma io penso che gli venga dal suo amore per il mondo, per la natura, per le piante, per il Creato.
Quante volte mi ha dato consigli per il mio giardino? Mi ha persino regalato un’esile piantina di quercia, che ora è albero forte, che si libra nel cielo, come le visioni di Nunzio.
Nunzio sa che tutto viene da Dio. La sua fiaccola d’Amore è sempre accesa.
Egli vuole che strenne e premi siano sempre libri, illustrati, disegnati, dai caratteri che facciano sognare. Anche con i bambini ha un amore da libro. Quanti bambini di Puglia hanno sognato sui suoi libri?
Nunzio è sempre al centro di una fucina.
Più cresce, più sente la necessità di essere umanista, e umano, fasanese e pugliese, e meridionale, e italiano, anche nel contesto internazionale.
Così crea le riviste “Paradigmi”, con l’Università di Bari, diretta da Giuseppe Semerari, “Il Confronto letterario”, con le Università di Pavia e di Bergamo, diretta da Giorgetto Giorgi, “Analisi storica”, ancora con le Università di Bari e di Lecce, diretta da Matteo Pizzigallo, “Puglia Emigrazione”, rivista dei Pugliesi nel mondo, diretta da Angelo Di Summa, “In/Oltre”, che ho già citato, diretta da me, Raffaele Nigro e Lino Angiuli, la “Rivista di studi canadesi”, organo dell’Associazione italiana di studi canadesi, diretta da me, “Giovani realtà”, diretta da Donato Palazzo,
“La nuova ricerca”, con l’Università di Bari, diretta da Michele Dell’Aquila, i “Quaderni del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne”, con l’Università di Genova, diretti da Giorgio De Piaggi, e poi “Casting”, rivista bimestrale di pesca sportiva, “Nuova Polis”, quadrimestrale di politica e cultura, “Scheda 2001.
Ecologia antropica”, e riprende la meravigliosa tradizione della “Rassegna pugliese”, sotto la direzione di Agostino Cajati. E poi quante riviste, quanti fogli locali, quanti bollettini ha creato e stampato Nunzio?
Tra qualche anno saremo in grado ancor più di capire la grandezza e l’importanza della produzione di Nunzio Schena.
Come un’aquila dalle ali di angelo, Nunzio spazia per le Università italiane estraniere, da tutti apprezzato, amato, riverito.
La sua parola è verità e speranza. Le sue collane sono un modello.
Tutti gli riconoscono il suo impegno e il suo senso del bello. Il Governo francese e il governo italiano lo fanno cavaliere per questo. E la sua città natale gli dà il Premio di Cultura Città di Fasano “Attis d’oro”, nel 1998, alla prima edizione. E poi dappertutto è un fiume di targhe, premi, riconoscimenti, attestati.
Ricordo la splendida serata del 31 luglio 1997, a Martina Franca, nel Chiostro di San Domenico. C’eravamo tutti i suoi autori, e i suoi amici, per celebrare il cinquantesimo di fondazione della sua azienda.
Io mi commossi e quasi piansi, anche perché già vedevo Nunzio con i segni indelebili della malattia.
L’uomo giusto e generoso, l’umanista e l’umano, il maestro d’arte, l’uomo dell’impegno, il manager, l’uomo coraggioso e lungimirante era accanto a me, già segnato dal respiro affannoso. E tuttavia parlammo di progetti che erano al di sopra delle nostre forze.
Volevamo lanciare un ponte con gli Stati Uniti, con l’Università di Chicago e le sue University Press, e con l’Università di Miami. Quell’idea è poi continuata sotto altre forme, con l’edizione dei già citati Essais di Montaigne e con la pubblicazione di alcuni volumi del professor Philippe Desan, preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Chicago, e con la nascita della sezione della “Biblioteca della ricerca”, “Transatlantique”, in collaborazione con l’Università di Miami, ed è sempre in me, perché, forse, con il CIASU, il Centro Internazionale di Alti Studi Universitari che sta sorgendo sulle colline di Laureto, di cui Nunzio intravedeva le potenzialità, potrà essere ripresa e sviluppata.
Con il manipolo di editori pugliesi, Nicola Cacucci, Piero Lacaita, Mario Congedo, Vito Macinagrossa, Diego De Donato, Lorenzo Capone, Piero Manni, Milella, Nunzio Schena è sulla linea di Aldo Manuzio e di Giovanni Battista Bodoni.
Chi sa, forse in altro contesto, in Lombardia, in Piemonte, nel Veneto, Nunzio sarebbe stato senz’altro un Angelo Rizzoli, un Arnoldo Mondadori, un Einaudi, un Rosario Rubbettino.
Ma Nunzio è legato alla sua terra come roccia alla montagna. Deve, vuole operare da grande umanista tipografo del Mezzogiorno.
Così ha un amore tutto speciale per i fogli e i libri che dedica alla sua Fasano e alla sua Puglia.
Vuol tutto scoprire e far sapere della sua terra, dei segreti di un mondo che è nel suo sangue, e si lancia in cento progetti per riportare alla luce segni e monumenti, e opere perdute. Come dimenticare il libro di Marialuisa Semeraro Herrmann su Ignazio Ciaia, che porta il nome di Fasano all’attenzione nazionale e internazionale? E come non ricordare la rivista “Fasano”, pietra miliare per far conoscere la sua città al paese e al mondo? E poi l’amore profondo per il grande concittadino giornalista e disegnatore Bepi Russi?
La gentilezza e la competenza di Nunzio appartengono alla storia. Il suo senso dell’amicizia è proverbiale. Sereno, fiducioso, eroico, lo vedo lanciarsi in avventure pittoriche, con Michele Galizia, Nino Della Notte, Adolfo Grassi, Michele Damiani, Onofrio Bramante, Dina Mosca, Bruno Calvani, Lorenzo Maria Bottari, Manlio Chieppa, e molti altri artisti, in un incanto creativo che tanto ha fatto per riportare l’attenzione nazionale sulla pittura pugliese e meridionale.
Mecenate della pugliesità, della fasanesità e della meridionalità, Nunzio va per colori e personaggi, mari e conquiste umane, vicissitudini vere e inventate, pifferaio magico del giardino della cultura, amico di tutti, signore di vecchio stampo. Tutti sprona e incoraggia, tutti spinge alle passioni e ai viaggi per i libri.
Come non citare i periodici locali “Il Seggio”, “La Notizia”, “Ci siamo anche noi”, “Il Nuovo Minosse”, “Il Furetto”, “Il Tribuno”, “Il Mattatore”, “La Bussola”, “La Voce di Fasano”, “Lo Scudo”, “Il Punto”, “Osservatorio”, “La Piazza”, “PortaNuova”?
Nunzio contribuisce a inserire il proprio territorio in un contesto largo, dal locale al nazionale, e oltre. Egli conta costantemente sulle proprie doti umane, su idee, progetti, incontri, strette di mano, con una naturalezza proverbiale, con il riconoscimento immediato del talento.
Onesto, intelligente, disponibile, Nunzio è convinto di applicare un modello di virtù per salvare il mondo. L’esperienza e l’amore per il libro, uniti all’umanesimo, sono la linea di tutta la sua azione, dalle cavalcate in bicicletta da Fasano a Putignano, fino ai riconoscimenti più prestigiosi.
Bene ha fatto l’avvocato Elio Greco a volere che il premio Ignazio Ciaia da lui creato per la Fondazione Nuove Proposte, nata tanti anni fa dalla collaborazione con Nunzio, venisse intestato anche a Nunzio Schena, accomunando due tra le personalità più importanti di Fasano, che illuminano la libertà dei popoli e la libertà della cultura e della scrittura.
Ricordo una frase di Nunzio, sin dai nostri primi incontri: «Il libro è come il vino, più invecchia più è buono», come dire che non occorre aver paura del mercato e che il libro di qualità ha una lunga rendita, resta nel tempo, si vende nel tempo. E poi, mi diceva, quanti autori trovano la loro fortuna soltanto a tanti anni di distanza dalla loro morte? Come dargli torto? Si pensi a Diderot, Stendhal, Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Cittadino onorario di varie città, Nunzio è cittadino del cuore, dell’anima e del sogno.
Raffinato tipografo, umanista come i suoi antenati del Rinascimento – non crea forse una collana dal titolo “Rinascimento meridionale”? –, incontra tutti coloro che vogliono avviarsi alla carta stampata, aspiranti giornalisti, scrittori in erba, giovani che sognano di lavorare.
Con Nunzio l’intera regione Puglia ha uno slancio di orgoglio. Grazie a lui ne sappiamo molto di più. Tanti paesi e tante città si narrano per la prima volta, uscendo dalla notte della storia, quasi che Nunzio si renda conto del legame tra storia locale e storia nazionale. È come se egli applicasse la lezione della scuola francese delle “Annales”. Nunzio sa che accanto agli eroi, di cui narrano i libri, ci sono i soldati dei paesi e dei borghi, silenziosi costruttori del futuro, tra i quali annovera prima di tutto i contadini e gli artigiani del Sud.
La nostra storia si dipana via via, nelle pagine dei duemila volumi di Nunzio, per dirci chi eravamo, come eravamo, dove volevamo andare, e dove vogliamo andare, oggi e domani.
Chi non conosce i calendari di Nunzio, che sono un vero modello? Ricordo quelli della Cassa Rurale e artigiana di Ostuni, voluti da Orazio Lo Martire, una vera storia a puntate della città di Ostuni, e quelli della Gioielleria di Leonardo Cedro, a Fasano, ambedue legati ai colori di Adolfo Grassi.
Nunzio sa che il libro è l’uomo, e che occorre favorire la lettura, per crescere.
Ogni tanto mi ricordava questa frase di Vittorini, pubblicata nel primo numero del “Politecnico”: «Sapete quando l’Italia sarà un paese davvero civile? Il giorno in cui avrà tante biblioteche pubbliche quante oggi ha chiese parrocchiali, quanti oggi ha campanili».
I “Presìdi del Libro”, fortemente voluti da Giuseppe e Alessandro Laterza, che suscitano un fortissimo interesse, e stanno ottenendo un meritato successo, nascono certamente anche dalla filosofia della lettura di cui spesso mi parlava Nunzio Schena.
Nunzio sa che il Sud può riscattarsi solo con il libro, senza legarsi alla mutevolezza della politica.
Così egli torna all’antico, al periodo in cui stampatore e editore si confondono nella stessa persona. Egli recupera gli aspetti positivi di quel tempo: conservazione della cultura, mecenatismo, professionalità e umanità.
L’identità culturale della Puglia è al centro dell’azione di Nunzio Schena. Se altri editori scelgono l’editoria di scienza e cultura oppure l’editoria d’arte, tenendole ben distinte, egli fonde queste due categorie, con grande impegno culturale e manageriale.
Per Nunzio l’editore è un occhio magico che si proietta sull’intera realtà che parte dalla propria terra, verso la storia totale. Egli afferma che il libro va sottratto alla mera logica dell’industria: «Il libro non è una scatoletta», mi ripeteva sempre.
Nunzio rompe l’asse ancestrale editoriale del Nord. Egli crea una discontinuità, una inversione verso il Sud, che un tempo si fermava a Napoli.
È come se Nunzio conoscesse i veri bisogni del lettore: gusto, piacere, qualità, come in un vero e proprio rito. A fondamento del libro, per Nunzio ci sono idee guida, concezioni filosofiche elementari, quelle che alla lunga sopravvivono.
Forse Nunzio ha poco dell’italiano e molto del meridionale. Accanto alla buona volontà, inserisce sempre la globalità dei problemi. Per lui il libro è un servizio primario, come l’assistenza, come la giustizia, come la scuola. Così egli ci dà anche una lezione politica, per l’uso allargato delle biblioteche, da non vedere mai come chilometri di libri accumulati, ma come sedi vive e operanti sul territorio.
Per Nunzio il libro è la vita, il segno tangibile del progresso. Così, contro il progresso del consumismo, egli propone quello della cultura, contro il progresso della folla dei negozi, quello del libro.
Sempre mi osservava: «Perché in una macelleria c’è tanta gente, e in una libreria c’è poca gente?», aggiungendo: «Eppure il libro fa sognare, e l’uomo ha bisogno di sogni, vive di sogni».
Per Nunzio il libro è una risorsa a lunga scadenza. Esso sarà sempre l’amico, la guida, l’oggetto di fiducia, il segno indelebile della conoscenza. Il libro di Nunzio non è un prodotto artificiale, frutto di campagne pubblicitarie e promozionali, ma un dialogo, che naturalmente rispetti anche le ragioni dell’impresa.
Nunzio colloquia con tutti, e naturalmente ascolta anche la critica. Così per lui è semplice sapere quali libri si salvino: quelli che seguono il circolo triangolare chi scrive / chi pubblica / chi legge, lavorando tutti e tre insieme, con e per l’editore.
Insomma, egli non propone un modello di efficientismo contro la cultura, ma per la cultura, tra creatività e umanesimo.
Nunzio sapeva bene che nessun mezzo elettronico potrà mai sostituire la forza e la bellezza del libro. Perciò, per lui il libro non può essere fittizio, né fatuo, né senza ricerca, né ripetitivo. Egli sa che il vero libro, il libro di cultura, può guardare con fiducia ai tempi lunghi del futuro, purché gli si diano gli strumenti per circolare.
Nunzio asserisce che al libro appartengono le funzioni della riflessione, della trasmissione, della tradizione, della formazione, anche se in maniera non esclusiva.
Egli sa che una formazione culturale senza libro, nella società di oggi e di domani, è impensabile.
Per Nunzio l’editoria ha un ruolo centrale, soprattutto nel Sud, nello sviluppo della società: e per questo il Sud, la Puglia, la loro editoria, devono tornare alla propria identità, partire da essa, senza i magici interventi dall’alto e dal Nord, che devono funzionare da supporto, spinta, aiuto, ma non da idea centrale.
Dobbiamo credere nella riconquista di noi stessi, dice Nunzio Schena, per riappropriarci della nostra identità culturale, perché il sapere, il libro, la trasmissione del sapere attraverso lo scritto, sono nati qui, tra noi, in questo Bacino del Mediterraneo, al cui centro svolge il proprio messaggio di cultura il laboratorio creativo di Nunzio.
Come, allora, gli occhi miti, i capelli candidi e le mani gentili di Nunzio, con i suoi tratti di cavaliere errante e di principe fatato, potrebbero non essere nei nostri cuori?
Imprenditore illuminato, Nunzio vede sempre prima la pianta della cultura e poi quella del commercio. Modello di vita e di azione, è ormai un mito. Più il tempo passa, più ci e mi manca. Come sostituire il suo incanto? Come ritrovare e vivificare il suo messaggio, ogni giorno? Come dare un senso alla sua generosità? Come far crescere il messaggio del suo intelletto, fondato sull’amore per il sapere e per l’altro?
Professori, giornalisti, storici, ricercatori, poeti, scrittori, amanti della Puglia e del Mezzogiorno, e della cultura, dobbiamo avere il coraggio di continuare l’opera dell’umanista tipografo Nunzio Schena. Il Mondo sta rapidamente mutando, e abbiamo sempre più bisogno di credere nel cuore, nel lavoro, nella passione del fare, nel messaggio del libro, come Nunzio.
Così, anche dopo che in punta di piedi Nunzio lascia la sua scrivania, nascono nuove collane, sempre sulla linea della sua azione, “ArtePsiche”, diretta da Santa Fizzarotti Selvaggi, una novità assoluta nel panorama nazionale, “Polimnia”, diretta da Pietro Magno, e “Poesia e racconto”, diretta da chi scrive, da Francesco Marroni e da Giorgio De Piaggi. Quest’ultima è un’altra collana internazionale che accoglie scrittori italiani, francesi, belgi e di altre latitudini.
E nuove università italiane e straniere propongono la loro collaborazione, Napoli, Messina, Catania, Palermo, Nizza, Bordeaux.
Nunzio è il simbolo di ciò che può dare un uomo illuminato alla società civile. E mai come in questo momento di difficoltà noi abbiamo bisogno, il mondo e la nostra terra hanno bisogno, di volare, sulla linea di Nunzio, da questo nostro Sud, madre dell’Europa, sempre con la stessa fede nella forza del lavoro.
E lancio una proposta. È urgente realizzare una bibliografia critica di tutta la produzione libraria di Nunzio, e dei suoi giornali, delle sue riviste e dei suoi bollettini, perché la memoria di questo immenso patrimonio non si perda. Si potrebbe pensare a una tesi di Dottorato di ricerca in Biblioteconomia.
Solo così i nostri figli, i nostri eredi, potranno capire quanto Nunzio ha dato alla Puglia, e quanto continuerà a dare, con il sorriso delle sue certezze di umanista.
Voglio terminare con gli ultimi otto versi della poesia che ho dedicato a Nunzio al momento del suo ultimo viaggio:

Racconti la storia di un ragazzo
Partito dal paese per andare
A imparare il mestiere di carta
Tra macchine e piombi fumanti
E sogni uno spazio azzurro
Sopra una grotta di Cristo
Per dire a Dio e al mondo
Il valore della parola del Libro.

Dio mi ha donato l’amicizia di Nunzio, e io voglio preservarla come la cosa più cara. Egli mi guarda e ci guarda, ci vuole sempre con lui. Come potrebbe abbandonare la sua scrivania? È da lì che tutto parte, per pietre e ulivi, fino a spaziare nell’infinito.
Ora i suoi figli Angela e Roberto, e i suoi nipoti Nunzio, Paola e Mariantonietta, intorno alla dolcezza di Cosimo, e sotto la direzione acuta e silente di Angela, che più di tutti assomiglia a Nunzio, hanno raccolto la sua saggezza, e la praticano ogni giorno con amore, con la stessa determinazione, con gli stessi sogni e con le stesse certezze.
Ed io, lo prometto a Nunzio, alla nobile città di Fasano, ai Pugliesi e alle migliaia di estimatori di Nunzio sparsi per il mondo, sono e sarò con loro ogni giorno, perché senza di lui e senza di loro non posso volare, e andare. La voce calda e appassionata di Nunzio mi sorride in ogni momento.
La seguo, la inseguo. Il suo alito mi incanta.
Sarò sempre grato a Nunzio, perché mi ha insegnato a costruire, ad andare avanti insieme, in questo Sud che amo come lui, e che, ne sono convinto come lui, potrà tornare ad essere la luce del Paese e dell’Europa.
Il faro del messaggio di Nunzio sarà per me e per tutti noi sempre illuminato.
Con metodo e con entusiasmo, e con il contributo di tutti i suoi amici, insieme potremo andare avanti, consci delle difficoltà e dei nostri limiti, ma senza mai scoraggiarci, come tutta la sua lezione ci insegna.
Eternamente saremo grati a Nunzio per tutto quello che ha fatto, per la sua famiglia, per la sua città, per la sua regione, per il Mezzogiorno, per l’Italia e per l’Europa.
Mi impegnerò con i suoi cari figli, con i nipoti, e con il cognato Cosimo Iasiello, e con la sua Fasano, con tutti i suoi concittadini, perché il suo messaggio sia un costante punto di riferimento e di approdo, continuando a contribuire a realizzare i suoi programmi lungimiranti.

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