GORJUX GIUSEPPE

nuova puglia d'oro_total white

GORJUX GIUSEPPE

nuova puglia d'oro_total white

Giornalista, direttore de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, Cavaliere del Lavoro.

Ci sono uomini che racchiudono in sé non solo una storia ma la Storia. Giuseppe Gorjux è uno di questi. E non solo la storia del giornalismo pugliese, ma un pezzo della storia d’Italia. Specie se attraversa un periodo che va dal primo dopoguerra agli anni Duemila, tanto da poter dire: ne ho viste di cose. Il cognome Gorjux rievoca anni del fascismo, anni della seconda guerra mondiale, anni della ricostruzione, anni degli eccessi, anni della crisi. E chiunque avrebbe voluto come lui viverli sulla tolda di una nave capace non solo di solcare le onde ma di osservarne il profilo da lontano, di viverla nel mezzo ma anche di interpretarla con distacco. Perché Giuseppe Gorjux questo è stato: ospite e testimone, protagonista e coscienza critica del suo tempo. Giuseppe Gorjux detto Bepi è stato insomma giornalista. E non solo in orario d’ufficio comprese le feste comandate. In servizio permanente effettivo Una vita. Si è e non si fa il giornalista.
Allora <Stavamo dicendo>, come egli titolò una sua raccolta di articoli di fondo dal 1972 al 1988 pubblicati sulla <Gazzetta del Mezzogiorno>. Era nato a Bari nel 1928, 24 agosto, notte di san Bartolomeo, segno zodiacale Vergine, pare ascendente Pesci, o Acquario, anche se di quei segni mai si curò. Barese in tutto, nonostante un aneddoto che lo riguarda. L’impiegato di un ufficio pubblico doveva consegnare un documento su di lui e non riuscendo a pronunciarne bene il cognome, disse: <Deve essere questo, un francese>. Prego, ducato di Savoia. Dal quale ascendeva la famiglia e il nonno Jules, che dopo aver optato per l’Italia ne discese le vie fino a Torino, Avezzano e Lucera, dove nacque Raffaele, padre del nostro. Colonnello, Jules finisce la carriera a Bari.
Non ci sarebbe stato Giuseppe Gorjux senza il padre Raffaele, ma non ci sarebbe stato Raffaele senza il figlio Giuseppe. Ciò che faceva piacere ad entrambi, nel senso che se il primo fu un fondatore, il secondo fu un successore che dette lustro alla successione. Raffaele giovanissimo esordisce come critico teatrale al <Corriere delle Puglie> nato nel 1887, fra i primi giornali della nuova Italia. Tenta la via americana, ne rientra deluso e disgustato, viene riaccolto dal proprietario e direttore Martino Cassano che ne fa il suo condirettore. Ritiratosi Cassano e venduta la società a un gruppo romano, Raffaele entra in conflitto, esce e fonda la <Gazzetta di Puglia>. Nel 1928 (una data, una predestinazione, ricordate?) si inaugura non soltanto la nuova sede di piazza Roma (oggi Moro), prima volta che un giornale del Sud ha un suo palazzo. Ma cambia la testata in <Gazzetta del Mezzogiorno>, per assorbimento del <Corriere delle Puglie>. Signori, in scena.
Di inevitabile orientamento fascista, altrimenti, per chi conosce la democrazia del tempo, non staremmo a raccontare più niente. Ma non senza dissensi con le alte gerarchie, che avevano della funzione del giornale un’idea diversa da Raffaele. Non riescono a spodestarlo. E quando, il 6 giugno del ’43, muore d’infarto a 58 anni può vantare che il suo giornale non avesse mai interrotto le pubblicazioni nonostante la guerra. Ma Giuseppe, il figlio, non sarebbe stato Giuseppe Gorjux, senza ricordare la madre.

Guglielmina Wanda Bruschi (1888-1976) nata a Bari da famiglia toscana e da padre repubblicano, massone e mangiapreti mandato al Sud perché non disturbasse. Wanda dalla scintillante cultura e dalla grande personalità. Tesi con Benedetto Croce, ritenuta una <gran fascista> dirigendo i fasci femminili, leggeva un libro al giorno, scriveva una recensione quasi ogni giorno, dirigeva la pagina femminile bisettimanale da lei creata sulla <Gazzetta>. Era una intellettuale troppo sopraffina per quella etichetta troppo lontana da chi era capace di pensare. Il crollo del fascismo, l’avanzata alleata, la requisizione della casa, il confino della madre segnano un momento difficile e di stenti, un tristissimo inverno anche per il giovane Giuseppe: 16 anni.
Il quale non si perde d’animo. Inizia anche lui a scrivere. Studia e lavora. Nel 1947 è redattore di <Cinesport> e nel ’48 eccolo finalmente assunto alla <Gazzetta> per la quale fa anche l’inviato negli Stati Uniti, in Francia, Spagna, Inghilterra, esperienze che lo perfezionano sempre di più. Articoli, reportage, inchieste. Viaggia per Paesi asiatici e africani. E si laurea in giurisprudenza col massimo dei voti e la lode, discutendo la tesi di diritto penale dal titolo <Il reato di stampa>. Relatore un docente del quale si sentirà poi parlare: Aldo Moro. Viene nominato redattore capo e quindi vicedirettore nel 1965, consigliere delegato nel 1973 della Edisud, nuova editrice del giornale dopo la dismissione da parte del Banco di Napoli. Dal maggio dell’87 all’ottobre del ’93 è direttore responsabile.

Nel frattempo: Premio Hemingway nel 1988 con Igor Man e Roberto Ciuni, premio <Nuove proposte> nel 1992. Cavaliere del lavoro nel 1987. Componente del Consiglio federale della Fieg (Federazione editori), dell’Ansa, presidente dell’agenzia <Quotidiani associati>, consigliere della <Sviluppo Quotidiani>. Presidente dell’Assostampa di Puglia e Basilicata. Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione della stampa. Dal 1985 al 1993 amministratore delegato del <Mattino> di Napoli, la cui gestione era stata rilevata dalla Edisud insieme a Stefano Romanazzi. Rifondazione dell’edizione albanese della <Gazzetta>.
Una vita. Insieme all’altra sua iniziativa imprenditoriale: la fondazione della Sedit-Servizi editoriali, il più grande e innovativo centro stampa del Meridione, realizzato alla fine degli anni ’80 insieme ai figli. E le cui rotative hanno a lungo stampato per buona parte del Sud il <Corriere della Sera>, il <Corriere del Mezzogiorno>, la <Gazzetta dello Sport> e una serie di altre pubblicazioni periodiche e no, numerosi quotidiani free press, nonché libri (ora quelli della Laterza), riviste, edizioni speciali, prodotti di carattere commerciale.

Ma per raccontare Giuseppe Gorjux non basta tutto questo. Curioso, creativo, infaticabile, divertito e divertente, la sua pipa arrivava prima di lui. Aveva preciso il senso della difficile strada di una stampa quotidiana che avrebbe sofferto dell’evoluzione dei tempi e dei nuovi strumenti attraverso i quali si sarebbe veicolata l’informazione. E ne anticipò le mosse con un sito internet della <Gazzetta> che fu uno dei primi al Sud. Come pure con una emittente televisiva collegata al giornale, <Antenna Sud>. Le sue battaglie per il nodo ferroviario a Bari furono antesignane in un impegno civile verso la sua città, la sua regione, il Sud che lo videro sempre in prima linea. E così le sue battaglie a difesa dei prodotti della sua terra, a cominciare dalla necessità che i produttori di olio d’oliva si riunissero nella forza dei consorzi. Si è sempre definito uno di sinistra, ma giammai comunista, quanto figlio di un’educazione cristiana senza grande osservanza, diceva sornione ma forse dispiaciuto, verso messe e liturgie varie.
E poi la poesia, con vari libretti pubblicati. Ma sempre con discrezione, la delicatezza di chi non voleva disturbare. Più un libro cui teneva molto, <Bari città Levante> con Adriatica editrice, un indirizzo di passato e di futuro per il capoluogo della Puglia. E un cruccio, espresso in una delle sue poesie: <Ma questa città, quando uno/ tenta di uscire/anche soltanto/ per gettare il seme/ di un fiore…tuonano i cannoni/ e sparano/ molti fucili/ e l’incanto/ si ritira/ o cade/ così è la mia città>. Un galantuomo all’antica, si potrebbe dire con definizione abusata, anche se di sicuro gran signore lo era, ma all’antica dobbiamo discuterne. Piuttosto moderno di quella modernità che non si scollaccia ma vede oltre. E mediterraneo di quelli che pongono sempre più in là il limite, guardano sempre a prua e non a poppa. Di eleganza naturale, scoppiava in una risata fresca e infantile, arricciava gli occhi ogni volta che partiva una battuta, si ironizzava su qualcosa, si sdrammatizzava. Ha lasciato appunti che ricordano quelli di Andreotti giorno per giorno, situazione per situazione, personaggio per personaggio. Se il parallelo non lo disturba. Ha scritto: <Sono libero dentro di me. E lo sarei stato anche più integralmente in tempi in cui le persone che volevano essere libere di pensare volevano esser costrette ad esserlo>. Ad averceli, così.

Onorificenza

Nominato Cavaliere del Lavoro il 02 06 1987
Settore Imprenditore Industria editoriale Puglia

POTREBBE INTERESSARTI