CIVITA MAURO

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CIVITA MAURO

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Andria 1933 – Bari 2002

Il restauro artistico tra tecnica e filosofia

Il restauro non è mai soltanto una tecnica, ma una filosofia e pertanto la fabbrica in restauro, nella condizione e situazione in cui si trova è il referente delle nostre attenzioni, premure e proposte”. Così si esprime Mauro Civita nella pubblicazione che raccoglie i risultati scientifici dell’intervento di restauro sul Teatro “G. Garibaldi” di Lucera, uno dei tanti progetti di restauro architettonico da lui realizzati in Puglia.
Se le sue origini sono pugliesi – Civita nasce ad Andria nel 1933 – la sua attività scientifica ha un respiro nazionale ed internazionale. Dopo la laurea in Architettura, conseguita presso l’Università di Napoli nel 1965, infatti, Civita intraprende una notevole carriera accademica: nel 1975 è assistente ordinario di Storia dell’Architettura, nel 1979 diviene professore incaricato di Restauro architettonico, nel 1982 è professore associato e, dal 1990, ordinario della medesima disciplina, realizzando un’ininterrotta attività didattica e di ricerca dapprima presso la Facoltà di Architettura di Pescara e dal 1994 nella Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari.
L’attività svolta nell’università italiana si completa con quella compiuta in varie università estere: Civita tiene lezioni e conferenze nelle università messicane di Guanajuato, Puebla, Morelia, Zacatecas, Merida-Yucatan, Oaxaca, nella Unidad de Posgrado della UNAM a Città del Messico, nella scuola di “Postgraduation” dell’EPAU ad Algeri, nella Facoltà di Architettura dell’Università di Berlino, di Las Palmas nelle Isole Canarie, nell’Università “A. Machado” in Baeza (Granada), nella Scuola Archeologica Italiana di Atene.
Prezioso e molto significativo il contributo del suo pensiero alla riflessione teorica e alla precisazione metodologica del restauro architettonico. Esso si colloca nella prospettiva del “restauro critico” definita e approfondita in Italia principalmente dal suo maestro, Roberto Pane, al quale Civita tributa devozione filiale e del cui rigore morale è fedele erede e continuatore. La ricerca scientifica lo vede promotore di importanti studi su strumenti e metodi di intervento nel restauro architettonico. Indirizza così l’attenzione all’orizzonte mediterraneo: è qui infatti coordinatore di numerose iniziative scientifiche. Fra esse si segnala in particolare una ricerca internazionale che coinvolge, con il Politecnico di Bari, anche le Università di Padova, di Venezia, di Firenze, di Zagabria e l’Istituto per i Monumenti di Spalato promovendo la discussione di importanti temi nel convegno internazionale La tutela del patrimonio architettonico nel bacino del Mediterraneo (Bari 26-27 maggio 2000), i cui atti (a cura di I. Carabellese e G. Dell’Erba), sono successivamente pubblicati con il plauso della comunità scientifica.
Al suo nome, inoltre, sono legati numerosi ed importanti progetti di restauro architettonico, molti dei quali realizzati su monumenti pugliesi. Tra di essi, oltre al già citato intervento sul Teatro “G. Garibaldi” di Lucera, l’architetto di Andria cura il restauro del Teatro comunale “G. Curci” di Barletta, della Cattedrale di Ruvo di Puglia, della casa natale di Niccolò Piccinni (1728-1800) a Bari, solo per ricordarne i più importanti. Nel 1987 è 1° classificato al concorso nazionale per il “Piano di recupero del Borgo vecchio di Termoli”. Civita muore nel 2002.
Al centro della sua riflessione scientifica, espressa in numerose pubblicazioni, in atti di convegni e su riviste specializzate, dunque, spicca il tema della tutela e della conservazione del patrimonio architettonico. Alla base dell’intervento di restauro, secondo Civita, vi è la conoscenza della storia dell’edificio, che si realizza innanzitutto attraverso la paziente ricerca, la lettura e l’interpretazione delle fonti documentarie. Su questo lavoro preliminare si fondano le istanze tecniche da applicare nella fase del restauro vero e proprio. Come egli stesso dice, “nelle operazioni complesse e delicate di un restauro, il ripercorrimento della storia dell’edificio e l’analisi delle sue strutture, costituiscono la continua verifica della progettazione”. Solo dopo questa fase preliminare, s’interviene con materiali e tecnologie che sap­piano fondersi in armoniosa sintesi con il preesistente. In Civita, dunque, fondamentale è la connessione tra fabbrica e fonti.

Il restauro del Teatro comunale “G. Curci” di Barletta‘

Come esempio del metodo applicato da Civita, si può citare il suo approccio al restauro del teatro comunale “G. Curci” di Barletta, iniziato nel 1971. La prima preoccupazione dell’architetto pugliese va alla comprensione del contesto dell’opera da restaurare: l’edificio, di stile neoclassico, è inserito nel corso principale della città, Corso Vittorio Emanuele, rispetto al cui asse il teatro si sviluppa in senso longitudinale e perpendicolare. Parte integrante dell’analisi condotta da Civita è lo studio di eventuali precedenti interventi restaurativi: inaugurato nel 1819, il “Curci” ha subito interventi per tutto il secolo successivo, il più importante dei quali è stato l’ampliamento e dil restauro condotto, dopo una serie di crolli, negli anni 1867-74 dall’architetto Federico Santacroce.

Quando Civita riceve l’incarico di restauro, da anni l’immobile è chiuso,dopo essere stato utilizzato, nel secondo dopoguerra, come sala cinematografica. L’intervento consiste dunque innanzitutto
in una completa disinfestazione degli ambienti, poi nella copertura della platea e del palcoscenico al fine di evitare ulteriori distacchi e deterioramenti di pitture e decorazioni.
Tutto il materiale ligneo, attaccato da funghi o tarlato, è sostituito o piallato. Il manto di tavole è coperto di cartonfeltro bitumato e avvolto da una rete metallica a maglie.

Come testimonia lo stesso Civita, “le strutture murarie non hanno presentato particolari problemi. Sulla parete posteriore in via Ospedale dei Pellegrini sono state praticate iniezioni di cemento per rinforzare una muratura sconnessa dalla eterogeneità dei materiali e delle malte che hanno ovviamente reagito ai carichi in maniera diversa. Le coperture destavano notevoli preoccupazioni e non c’era alcun impermeabilizzante. S’è provveduto al recupero delle tegole utilizzando quelle sane e dopo aver revisionato l’intero tavolame, realizzata una opportuna impermeabilizzazione, sono stati ricollocati i coppi.

Le parti in pietra di coronamento dei timpani e i capitelli sono stati protetti da lastre sagomate di piombo. Il legno, a seconda della sua essenza, dimensione, funzione, collocazione, grado di lavorazione e protezione ha manifestato una consistenza variabile e conseguentemente è stato trattato. Le capriate sono in perfetto stato di conservazione, alcuni scollamenti fra le fibbre delle travi sono il risultato di tensioni interne del materiale dovuto alla stagionatura. […] Ma il teatro è un ambiente nel quale, se pure per poco, bisogna viverci e pertanto va anche termicamente ed igienicamente trattato. Dove realizzare le centrali termiche e di condizionamento, di dovei mmettere aria trattata, di dove riprendere aria viziata, dove e come espellerla? […]

Il condizionamento della sala è stato realizzato immettendo l’aria dall’alto, in uscita da griglie collocate sul controsoffitto, negli spazi che scandiscono i palchi. A queste griglie l’aria trattata arriva da una tubazione che è collocata nell’intervallo che c’è fra il controsoffitto ed il calpestio del sottotetto della platea, sul quale anticamente si dipengevano (sic) le scene. L’aria viziata viene ripresa, per decompressione, da dispositivi collocati sotto le poltrone della platea e dalla fessura longitudinale che accompagna la porta di ogni palco che solo per questa ragione è sollevata. […] La installazione di tutti questi impianti ha richiesto, in ogni istante, il contemperamento delle istanze estetiche, proprie del monumento; tecniche, proprie dell’efficienza degli impianti che si andavano a installare; e di sicurezza, per il teatro e per i suoi fruitori”

Il restauro del Teatro “G. Garibaldi” di Lucera

Il teatro, costruito su progetto dell’architetto napoletano Luigi Oberty tra 1836 e 1838 e soggetto, già nel 1870, ad un primo progetto di ampliamento (rimasto tuttavia inattuato), è sottoposto ad un secondo progetto nel 1899 con il conseguente ampliamento del corpo di fabbrica e, in seguito, ad un ulteriore restauro attuato dall’architetto barese Angelo Messeni, progettista e direttore tecnico del Politeama Petruzzelli, che sorge a Bari proprio in quegli anni (la proposta del progetto del Petruzzelli, approvata dall’amministrazione comunale di Bari, è del 1896).
Messeni realizza un progetto virtuoso sotto molti punti di vista: una serie di accorgimenti tecnici (arretramento del proscenio, abbassamento del piano della platea, sistemazione ad anfiteatro) portano a raddoppiare il numero dei posti in modo economico nei tempi e nei materiali, riuscendo anche a coniugare il miglioramento dell’acustica, della visibilità e della ventilazione.
Il restauro attuato da Civita interviene dunque su quello di Messeni ed è finalizzato innanzitutto al consolidamento e all’adeguamento antisismico, oltre che a finalità di conservazione storico-artistica. Il lavoro preliminare consiste in: ricognizione della forma geometrica, delle fondazioni e del loro
piano d’appoggio, della composizione, consistenza e continuità delle murature, dello stato di conservazione delle strutture lignee e delle copertureedello stato di degrado generale.
Su questa base di ricognizione si procede con l’intervento vero e proprio di restauro: consolidamento strutturale, presidio antisismico, bonifica igienica, inserimento di impianti, decorazione, arredamento. Il presidio antisismico è, ad esempio, realizzato con la predisposizione di un sistema di prepensionamento di cavi, collocati in apposite canne di zinco, le quali entrano in funzione in caso di sisma, opponendosi alle sollecitazioni di tipo ondulatorio del movimento tellurico.

Il restauro della Cattedrale di Ruvo di Puglia

Linea guida seguita da Civita nel restauro della Cattedrale di Ruvo di Puglia, del XII-XIII sec., è “una visione unitaria della conservazione – intesa come continuità di testimonianze”. Partito inizialmente come semplice intervento sulle coperture, infatti, l’intervento si estende ad una considerazione globale del corpo di fabbrica, che, in più parti, presenta “quadri fessurativi propri di schiacciamenti localizzati”.

Il rispetto verso le stratificazioni storiche del sito, consistenti in questo caso anche in importanti ed eterogenei ritrovamenti archeologici nel sottosuolo della cattedrale (tronchi degli antichi pilastri fra nuovi plinti, frammenti di intonaco affrescato sui conci reimpiegati, brani pavimentali di epoche diverse, canalizzazioni urbane, cisterne intonacate, tra gli altri), posti a differenti livelli di affioramento, “suggerivano un progetto che rendesse praticabile l’invaso archeologico ripristinando la quota di calpestio, attrezzando il solaio con zone trasparenti per la lettura dei reperti, altrimenti illeggibili”.
Ecco che Civita progetta e realizza “una struttura in carpenteria metallica fondata su micropali ed orizzontamenti con solai in lamiera grecata; questa avrebbe consentito di evitare casserature. La struttura metallica fu scelta perché: materiali, tecnologie, tempi di preparazione ed esecuzione confluivano nella sintesi di quel progetto di conservazione che coinvolgeva l’esistente con il preesistente inedito; e certamente non pei quel ricorrente equivoco fra mezzi e fini che attribuisce alle strutture in ferro il “pregio” della reversibilità; questa infatti è una possibilità improponibile, perché inesistente in qualsiasi processo vitale, costruttivo 0 restaurativo”.
Dunque l’invaso della navata centrale e quelli delle navate laterali vengono coperti da una struttura metallica, dotata di alcune zone trasparenti che permettono di vedere i resti archeologici nell’ipogeo. I pilastri che sostengono la struttura vengono scelti sulla base di criteri funzionali ed estetici profilati a doppia T, che associano nella forma eleganza funzionalità, come la possibilità di allocarvi l’impianto elettrico, i corpi illuminanti, le tubazioni portacavi.
Per accedere all’ipogeo è costruita una scala in ferro a due rampanti disuguali. Il pianerottolo di sosta è formato da una griglia metallica che consente la trasparenza del piano di fondo. Lo scopo del restauro è stato integrare l’ambiente della cattedrale con l’ipogeo sottostante in modo tale da restituire la chiesa ad una dimensione che ne evidenziasse le diverse fasi storico-artistiche.

Francesca Morgese

Da Scienziati di Puglia (a cura di) Francesco Paolo De Ceglia, Adda Editore, 2007 pag. 499-502

Cenni bibliografici

Letteratura primaria:

Il restauro del Teatro comunale “G. Curci” in Barletta, «Rassegna Tecnica Pugliese – Continuità», XIII (1974), 1-2, pp. 65-86.

Incontro con il Teatro Curci, Estratto da Riapertura del Teatro Comunale Curci, Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Barletta e Canne della Battaglia, Rizzi & Del Re, Barletta 1977.

Il teatro di Barletta e il suo restauro, Adriatica, Bari 1979.

La Cattedrale di Ruvo. Vecchi restauri e Nuovi rinvenimenti,Adriatica, Bari 1979.

Tessuto antico, fra passato e futuro, Giornate dei beni culturali a Conversano, 21-31 gennaio 1979, organizzate dal Centro conversanese Ricerche di Storia ed Arte, Grandolfo, Bari 1979.

Conservare per sopravvivere – conversazioni in Baeza, Universidad Internacional “Antonio Machado” de Baeza, 1984

Attualità e dialettica del Restauro – educazione all’arte, teoria della conservazione e del restauro dei monumenti, antologia di scritti di R.Pane (a cura di M.C.), Solfanelli, Chieti 1987.

Restauro del Teatro “G. Garibaldi” in Lucera (Fg), Schena, Fasano 1988.

Stagioni di una Cattedrale. Ruvo di Puglia, Schena, Fasano 1993.

Il restauro della casa natale di Niccolò Piccinni, Adda, Bari 2000.

Il progetto di restauro e la direzione lavori“, sez.G del Manuale del Restauro Architettonico [ con R. Gabetti e I . Carabellese ], Mancosu, Roma 2001.

Il Santuario della Madonna dell’Altomare in Andria fra storia e restauro ed altri scritti [pubblicazione postuma a cura di I. Carabellese e T. D’Avanzo], Sveva, Bari, 2004

Letteratura secondaria:

Carabellese I., Tutela dell’architettura nella prospettiva della didattica, in I. Carabellese e F. Dicarlo ( a cura di), Conoscere per conservare. L’architettura di Rutigliano, Capone, Lecce 2003.

Varagnoli C., Un’introduzione e un ricordo di Mauro Civita (1933-2002), in Conservare il passato: metodi ed esperienze di protezione e restauro nei siti archeologici, Atti del Convegno, Chieti-Pescara, Fac. di Architettura, 25-26 Sett. 2003, Cangemi, Roma 2005, pp. 9-15.

CIVITA MAURO
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Stagioni di una cattedrale. Ruvo di Puglia
di Mauro Civita | 1 gen. 1993

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