MODUGNO GIOVANNI

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MODUGNO GIOVANNI

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Pedagogista che a Bari ha vissuto il suo “apostolato” di docente, di antifascista, di pedagogo, di “maestro dei maestri”; figura militante nel mondo della scuola che da sempre ha catalizzato l’attenzione degli storici dell’educazioni.

Nasce a Bitonto nel 1880 e a diciotto anni viene processato e assolto per aver partecipato a dei moti contadini. Nel 1909 si candida alle elezioni comunali e ottiene l’istituzione di una scuola di cultura per i lavoratori. Nel 1911 si laurea a Napoli in filosofia e pedagogia. Durante questo periodo intreccia una forte amicizia con Gaetano Salvemini e inizia a lavorare come docente.

Nel 1919 mette da parte la politica per dedicarsi allo studio, all’insegnamento e all’educazione dei giovani. Nel 1925 si avvicina alla fede e fino al 1934 lavora come scrittore. Nel 1931 infatti scrive l’opera più celebre F.W. Forster e la crisi dell’anima contemporanea. Nel 1943 si riavvicina alla politica e fonda una scuola di formazione politica dei giovani. Muore a Bari nel 1957 e si conclude a giugno del 2005 il processo diocesano di beatificazione.

L’educazione morale dei giovani, la fede e la politica furono i temi che hanno caratterizzato la vita di Giovanni Modugno. La reazione di clericalismo moderato che è tipico della giovinezza e l’osservazione delle vessazioni che subivano i contadini spinsero Modugno all’adesione al Partito Socialista Italiano umanitario.

L’obiettivo che voleva raggiungere era quello di poter creare un processo contro le associazioni mafiose e i loro favoritismi. Rimane però deluso dai socialisti che mirano all’educazione di classe e non a quella del popolo.

In una conferenza del 1919 evidenzia le finalità che secondo lui deve avere la scuola: formare la personalità dei ragazzi, di fare in modo che acquisiscano il potere di responsabilizzarsi e di giudicare le azioni proprie e altrui.

Il suo è un pensiero moderno: secondo lui dalla scuola dev’essere bandita ogni forma di obbedienza dispotica perché crea ribelli o servi. Obbedendo al maestro l’alunno deve tener conto che così facendo obbedisce alla parte migliore di sé stesso, della quale il maestro è solo un collaboratore, un sostegno stabile e amorevole.

Giovanni Modugno odia essere sottomesso dalla politica e lo dimostra nel 1923, in pieno fascismo, rifiutando la nomina di provveditore agli studi e continua la sua opera di pedagogista.

Così facendo Modugno denunciò con coraggio gli aspetti devastanti della dittatura, senza pensare che ciò sicuramente avrebbe comportato serie conseguenze

Come indirizzo filosofico Modugno si dedica all’umanesimo integrale e  ad al razionalismo neotomista che vede l’uomo come soggetto di diritto e di libertà.

Il suo avvicinamento alla Chiesa fu dovuto soprattutto alla lettura di opere dei maggior esponenti della cultura europea. I libri di Forster furono quelli che lo aiutarono a tornare al cattolicesimo. Maritain, Fiore, ma soprattutto Forster, furono gli esponenti con cui Modugno ebbe corrispondenza epistolare. Modugno inoltre ebbe a cuore gli operai e, insieme ad Aldo Moro, a Bari dichiarò che l’azione cattolica è ben diversa da quella politica.

Dopo la caduta del fascismo si ritrova nel gruppo di coloro che ritengono sbagliato affidare la politica all’azione cattolica e confondere quest’ultima con la neonata democrazia Cristiana. Negli ultimi anni della sua vita, sottolinea che il Cristianesimo deve essere con i deboli, i poveri e con gli oppressi per prevenire a loro volta l’essere ingiusti e prepotenti.

 

Opere

  • L’educazione della volontà Bari – 1912
  • Il concetto della guerra giusta Napoli- 1919
  • La nuova coscienza di liberta e la scuola nel secolo 20, Bari – 1919
  • Modugno, G. Petraglione, Libro di lettura per la terza classe elementare, Firenze- 1925
  • Per la riforma interiore della scuola elementare e per l’attuazione dei nuovi programmi, Venezia – 1927
  • La nuova scuola elementare, Giovanni Modugno, Firenze – 1937
  • Religione e vita: per l’educazione religiosa e morale dei fanciulli e degli adolescenti Brescia- 1935

 

Bibliografia

  • Modugno, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno. saggi e testimonianze di: p. M. Barbera… [et al.] ; appunti per una biografia, Brescia, La scuola, 1961
  • Caporale, Giovanni Modugno: un pedagogista del Sud, Bari, Cacucci, 1995

https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=142804&print=1

V. Robles, Giovanni Modugno

La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI Secolo
Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino di Carlo De Nitti [1]

 

 

PREMESSA AUTOBIOGRAFICA

 

Lo so bene, lo riconosco in anticipo: sono consapevolmente “di parte” nell’approcciarmi a questo bel volume di VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, che ha visto la luce recentemente a Bari per i tipi delle Edizioni dal Sud nella collana “Memoria”, diretta da Vito Antonio Leuzzi, perché …

sono da trentacinque anni una “persona di scuola” e, come tale, mi occupo quotidianamente di educazione, di pedagogia, di didattica, di organizzazione scolastica, declinate in tutte le loro branche; sono figlio di “persone di scuola” (mio padre Nicola, direttore didattico, mia madre Chiara, maestra) ed, in particolare, di persone che, lavorando nella scuola elementare (come, sino al 2003, si denominava l’odierna scuola primaria) hanno vissuto il loro impegno lavorativo come didattico, educativo e pedagogico; mio padre (1926 – 1986) è stato – al pari di molti altri suoi amici e colleghi, alcuni dei quali citati (don Nicola Milella, Gaetano Santomauro, Salvatore Stangarone), nella maggior parte dei casi, passati a miglior vita – allievo di Giovanni Modugno nell’allora Istituto Magistrale Statale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari e non solo; alla memoria di mio padre, ed al mondo da lui vissuto, sono legati altre figure legate a Giovanni Modugno o suoi studiosi: sia docenti del Bianchi-Dottula, i proff. Vito Centonze (latino) ed Antonio Palmiotto (matematica e fisica), don Jolando Nuzzi (religione); sia studiosi di preclara fama, ad esempio, il prof. Nicola Petruzzellis (1910 – 1988), docente di Filosofia teoretica nella facoltà di Lettere e Filosofia e di Pedagogia nel corso di laurea in Pedagogia della Facoltà di Magistero dell’Università degli studi di Bari tra gli anni ’50 e l’inizio dei ’60 del secolo scorso (facoltà in cui insegnavano pure in quel tornio di tempoiy don Gino Corallo, Gaetano Santomauro, Antonio Corsano, Virgilio Paladini, Mario Sansone); sia religiosi (mons. Carmine De Palma); io stesso, negli anni Settanta del secolo scorso, sono stato allievo del medesimo istituto scolastico in cui Giovanni Modugno, a Bari, ha vissuto il suo “apostolato” di docente, di antifascista, di pedagogo, di “maestro dei maestri”; ho avuto il piacere di avvicinarmi alla figura di Giovanni Modugno attraverso Educazione e politica in Giovanni Modugno, il primo dei volumi, tutti editi dalla casa editrice Cacucci di Bari, che VITTORIANO CAPORALE, un eminente storico della pedagogia, che mi onora della sua amicizia, gli ha dedicato, nel 1988; la quarta copertina che le Edizioni dal Sud hanno pregevolmente realizzato per il volume rappresenta uno stralcio di una lettera che il pedagogista scrisse nel 1935 ad un maestro di Santo Spirito, EMANUELE VALENZA, che, negli anni ’60, da bambino, ho conosciuto di persona, in quanto padre di un cugino di mia madre, il dott. FRANCESCO VALENZA, con cui sono in contatto, e che questo libro ha letto con vera e propria commozione, avendo conosciuto di persona, in anni ormai remotissimi, in quel di Santo Spirito, sia GIOVANNI MODUGNO che GAETANO SALVEMINI. Il volume ha dato la stura in lui ed in me ad una serie innumerevoli di ricordi (scolastici, personali, familiari) sopiti in qualche anfratto remoto delle rispettive memorie; infine, nella mia ormai remotissima adolescenza, ho avuto una breve, ma spiritualmente indelebile in me, frequentazione della città natale del pedagogista.

 

IL SENSO DI UN APOSTOLATO EDUCATIVO

VINCENZO ROBLES – apprezzato storico del Cristianesimo dell’Università degli studi di Bari, fin dagli anni ’60 del secolo scorso – ha dato alle stampe non soltanto una rigorosa ricostruzione della vita e del pensiero di Giovanni Modugno, ma soprattutto il senso profondo di quel “pellegrinaggio” interiore (e non soltanto) che caratterizzò la vita del Pedagogista, suo concittadino, inquadrandolo sempre nel contesto storico da lui vissuto.

Paradigmatico è, in questo senso, il titolo del volume: Il volto umano del Vangelo è apparso all’Autore – e, non si può che concordare con lui – il migliore compendio dell’esperienza umana e religiosa di Giovanni Modugno ed “il suo contributo da pedagogo per la crescita di una coscienza della propria fede e del proprio impegno civile. La ricchezza del suo epistolario, dei suoi manoscritti e delle sue pubblicazioni ci presentano un protagonista non solo della rinascita meridionale ma dell’intera rinascita democratica del Paese” (p. 22) dopo le rovine prodotte dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale. Un titolo rispettosamente fedele in modo assoluto alla poliedrica personalità di Giovanni Modugno.

Ben sottolinea ROBLES fin dalla premessa del suo volume, che “nonostante la maggiore notorietà fuori della sua terra, Giovanni Modugno ha deciso sempre di continuare a servire la sua terra rinunciando anche ad alcuni incarichi prestigiosi, in importanti città italiane. Rimase nella sua terra, senza però lasciarsi chiudere in uno sterile municipalismo, e seppe stringere rapporti di amicizia e collaborazione scientifica con alcuni dei massimi protagonisti, italiani ed europei, della cultura e della politica del suo tempo” (p. 17).

Il percorso compiuto da VINCENZO ROBLES intorno alla figura di Giovanni Modugno inizia dalla Bitonto di fine ‘800 (La realtà politica e sociale di Bitonto ai tempi di Giovanni Modugno, pp. 23 – 36 e Realtà religiosa ed ecclesiastica negli anni di Giovanni Modugno, pp. 37) in cui egli vede i natali il 21 febbraio 1880, secondogenito di una famiglia di agricoltori con una solida tradizione cattolica (nella famiglia dell’adorata madre vi era uno zio,  don Pietro Sannicandro, parroco nella città vecchia e  due zie suore). A partire dagli anni in cui ha frequentato il Liceo Ginnasio, si avvicina agli ideali del socialismo: “Tra gli ultimi anni dell’’800 ed i primi decenni del ‘900, Bitonto visse un momento di rinnovamento culturale […] un discreto numero di intellettuali […] professavano idee repubblicane e socialiste. Un socialismo non ancora marxista e spesso deamicisiano” (p. 56). Tant’è che Modugno stesso aveva fondato un proprio gruppo chiamato significativamente ‘Pleiade’.

“Non è facile comprendere e giudicare gli anni giovanili di Giovanni: fu un giovane ribelle? Fu certamente un giovane che non accettava imposizioni e che lottava contro le ingiustizie” (p. 60). In questo la cifra del suo impegno civile e politico nella sua città natale fino al 1898, allorquando, conseguita la maturità classica a Bari, la lasciò per proseguire gli studi universitari in quel di Napoli presso la facoltà di Scienze della locale Università degli studi, dove conseguì la laurea in scienze naturali con la tesi La classificazione dei vertebrati e dove iniziò ad insegnare. “La lontananza da casa e dai suoi amici gli costava e, con il passare degli anni, diventava ancora più pesante per la mancanza di un ‘volto’, quello della sua amata Maria” (p. 67). Negli anni napoletani, Giovanni Modugno seguì le lezioni del filosofo neokantiano Filippo Masci (1844 – 1922) e di Nicola Fornelli (1843 – 1915), bitontino anch’egli, dopo essersi iscritto nel 1906 al corso di laurea in filosofia.

Dal 1908 Giovanni Modugno, vinto il concorso per l’insegnamento di filosofia e pedagogia, insegnò a Corato: “Densi di avvenimenti furono i sette anni trascorsi a Corato: Modugno accanto all’insegnamento continuò i suoi studi e si impegnò nelle prime pubblicazioni. Furono gli anni del suo matrimonio, del suo impegno politico vicino a Gaetano Salvemini, ma anche della sua partecipazione alla vita culturale e politica di quella città” (p. 75).

Con la sua prima esperienza didattica, Modugno si avvicina al filosofo e pedagogista tedesco Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) ed al filosofo statunitense Josiah Royce (1855 – 1916) che lo accompagnerà in tutto il suo itinerario intellettuale. In loro, egli ritrova – come scriveva nel 1969, in un suo saggio, Gaetano Santomauro (1923 – 1976) già suo allievo al Regio Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari – la spinta al ritorno a Cristo ed al cattolicesimo, attraverso la dottrina morale del Vangelo. “Foerster e Modugno vivono lo stesso periodo storico, sono entrambi impegnati in politica per la difesa della persona umana, ed entrambi finiranno di riconoscere nel cristianesimo il massimo baluardo per una tale difesa” (p. 163)

All’attività di docente e di studioso, Giovanni Modugno affianca quella politica – nel nobile senso con cui egli ha sempre vissuto quell’impegno “lontano da qualsiasi partigianeria e da qualsiasi

strumentalizzazione di uomini e di idee” (p. 95) – e la vita familiare che inizia a costruire con la consorte, dopo aver contratto matrimonio il 22 dicembre 1911, con la nascita nel luglio del 1913 dell’adorata figlia Pinuccia, “elemento essenziale nella vita di entrambi i coniugi e la forza trainante verso la soglia della fede” (p. 91).

Il fulcro dell’impegno di Modugno è l’educazione dei giovani ed a loro si è sempre dedicato nelle tre sedi in cui ha esercitato il suo insegnamento – Corato prima, come si è visto, Barletta poi, dove fu anche Direttore del Ginnasio Magistrale, ed infine Bari, dove approdò nel 1920 – “l’opera educativa che andava svolgendo, pur rimanendo nella sua terra, fu sempre più conosciuta ed apprezzata al di fuori dei confini della Provincia di Bari” (p. 103). Non a caso il professore fu ‘pregato’ da Giuseppe Lombardo Radice di collaborare con lui alla stesura di un volume. Ecco: “Luzzato, lombardo Radice, Zanotti Bianco […] furono autori, alfieri di una democrazia nella scuola e nella società a riconoscere il profondo valore umano e culturale di Modugno” (p. 105).

Quando nel 1920 vinse il concorso per Direttore delle Scuole magistrali egli poteva scegliere sedi con Università prestigiose, ma alla fine decise di non abbandonare la terra di Puglia, trasferendosi a Bari con la famiglia ed abitando in via Cardassi: “La scelta non interruppe i già numerosi rapporti scientifici che Giovanni aveva con i più importanti pedagogisti di quegli anni, anche se, come vedremo, dopo la sua morte, pagherà di aver scelto la sua terra dove non sempre era facile mantenere scambi culturali e seguire la pubblicazione dei propri lavori” (p. 117). Ancora: ”Lombardo Radice, nel 1923, invitava Modugno ad accettare la carica di Provveditore agli studi per la Provincia di Bari. Modugno rifiutò e lo fece personalmente, recandosi a Roma, presso il Ministero. Un rifiuto dettato non dal ‘quieto vivere’ ma ‘per amore di posizioni nette’ (p. 125). Temeva, cioè, che la carica potesse limitare la sua libertà di pensiero e costringerlo a compromessi con il regime che era in fase di costruzione: è solo un caso che nel 1929, al momento della firma dei Patti Lateranensi, Modugno “tace in una Bari osannante” (p. 165)?

 

PELLEGRINO INTERIORE VERSO L’ASSOLUTO

A Bari Giovanni Modugno continua il suo ‘pellegrinaggio interiore’ da ‘viandante’ : “Erano appena passati 4 anni dalla sua nuova residenza barese e dal suo nuovo ruolo di direttore e d’insegnante presso l’Istituto Magistrale, e Modugno sentiva sempre di più il ‘bisogno di Dio’ […] La ‘conversione’ per Modugno non è stata un accadimento, un episodio casuale ed improvviso, è stata invece un’esperienza iniziata e vissuta fin dai suoi primi anni, giorno dopo giorno, nello studio, nella vita sociale, nella vita politica” (pp. 128 – 129). Non è casuale, in questo suo percorso di vita, la vicinanza con Mario Casotti (1896 – 1975): Modugno passa “da un cristianesimo laicizzato a un cristianesimo di fede nella resurrezione” (p. 137). In questo passaggio, la tragedia, cristianamente vissuta, della morte dell’amatissima figlia Pinuccia, il 22 novembre 1934. Alla morte della figlia, i genitori scoprono il suo diario e “con Pinuccia moriva la silenziosa testimone del sempre più chiaro pellegrinaggio veso la pienezza della fede […] Non conosciamo cosa provocò quella lettura e se abbia provato meraviglia nel constatare che la figlia credeva nell’immortalità dell’anima e nel ‘Regno di Dio’ ” (pp. 150 – 151).

Nel suo apostolato scolastico e sociale, Giovanni Modugno potette contare sul sostegno di Mons. Marcello Mimmi, arcivescovo di Bari dal 1933 al 1952: “Mentre il fascismo rivelava sempre di più il suo carattere totalitarista, Modugno, confortato dalla presenza del nuovo arcivescovo ed entusiasta del nuovo cristianesimo maritainiano, iniziava una inaspettata c 8iollaborazione con l’azione cattolica di Bari e Bitonto […] Modugno condivideva il metodo pastorale del suo arcivescovo il cui insegnamento partiva dal Vangelo per aiutare a vivere il tempo presente” (p. 186 – 189). Non a caso egli fu coinvolto anche come pedagogo di molti sacerdoti nel Seminario regionale di Molfetta, ma “nonostante l’amicizia con mons. Mimmi, la fiducia che riscuoteva da parte di alcuni sacerdoti, dei colleghi e l’ammirazione da parte di molti suoi studenti, Modugno ha sempre vissuto questo senso di solitudine, in parte dovuto anche al suo carattere riservato” (p. 197).

Quel carattere che gli fece declinare, dopo la caduta del fascismo, ogni incarico di natura politica, nonostante le molte offerte ricevute, per esempio, tra gli altri, dall’amico Tommaso Fiore (1884 – 1973), così come emerge la totale assenza di qualunque riferimento ad Aldo Moro, anch’egli di

formazione maritainiana e molto stimato da mons. Mimmi.

Nei suoi ultimi anni, Giovanni Modugno “nel ‘Movimento Comunità’ dell’ingegnere Olivetti intravide la possibilità di tradurre un suo antico ideale […] Il concetto di liberazione, il primato dello sperituale che va da Platone a Gesù, sono state le ragioni che hanno caratterizzato il cammino di Olivetti e di Modugno. Anche questa era una consolazione spirituale per chi continuava a considerarsi un solitario!” (pp. 239 – 240).

Probabilmente, per Modugno anche Adriano Olivetti (1901 – 1960) era una di quelle ‘energie religiose secolarizzate’, come egli le chiamava, di cui è ben ricco l’epistolario e di cui viene reso ragione da VINCENZO ROBLES nel capitolo 14 (pp. 255 – 268): Gaetano Salvemini, Tommaso Fiore, Gioacchino Gesmundo, alunno di Modugno Regio Istituto Magistrale di Bari, Antonio Lucarelli, Mauro Carella, maestro di Canosa di Puglia.

 

GIOVANNI MODUGNO VIVANT

 

Modugno rimase per tutta la sua vita fedele alla sua missione educativa: ai suoi studenti, alle sue classi: “Dalla sua scuola di Bari Modugno collaborava con un gruppo straordinario di cattolici che, durante il fascismo, già creavano la nuova coscienza democratica degli italiani […] il suo ideale rimase sempre quello di educare alla libertà, all’uguaglianza, al rispetto della persona” (pp. 159 – 160). Sulla scorta dei suoi Autori prediletti, F. W. Foerster e J. Royce, educava i giovani tanto nella scuola quanto nella sua casa, “un vero laboratorio di pace e di coscienza critica” (p. 179) il suo.

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: il volume di VINCENZO ROBLES – cui c’è da augurare larghissima diffusione – ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e no.

[1] CARLO DE NITTI (Bari, 03.11.1960), laureato in filosofia con GIUSEPPE SEMERARI (24.06.1983), opera nella scuola – docente prima (1986 – 2007) e dirigente scolastico poi (dal 2007 ad oggi) – da circa trentacinque anni, di cui più di venti nel capoluogo di Regione.

La politica è servizio come ci ricorda Giovanni Modugno

Città dell’Uomo, la scuola bitontina di politica, a dieci anni dalla fondazione, ripropone l’urgenza dell’impegno di tutti i cittadini a favore della comunità

di  Pier Girolamo Larovere  15 Dicembre 2018

 

Nell’attuale congiuntura storica, la politica – è triste dirlo ma necessario – non se la passa così bene. Venute meno le grandi tensioni ideali, sociali e utopiche che, a vario titolo, avevano animato la stagione dal secondo dopoguerra al crollo del muro di Berlino (1989), con annessa ingloriosa morte delle ideologie del secolo scorso – comunismo, liberalismo, cattolicesimo – la politica appare oggi sempre più incapace di esprimersi in una dimensione corale. Sembra altresì essersi affievolito il desiderio anche solo di provare a pensare la politica come luogo della decisione rispetto ai meccanismi anomali e autoreferenziali dell’economia, imperanti su tutto il giro d’orizzonte.

Come riattivare, dunque, l’educazione alla politica nel senso letterale di vita “in” e “per” la polis? Su quali basi ripartire per spronare le nuove generazioni alla necessità di realizzare quotidianamente il bene comune? Sono questi alcuni temi che spingono ad avviare una seria riflessione. Per non restare indifferenti allo scorrere del moto storico.

Una riflessione che “Città dell’Uomo”, scuola di formazione politica, promuove con impegno e che ripropone all’attenzione di soci e di quanti ne seguono gli incontri, cercando di eslporare strade e forme sempre nuove. Fondata a Bitonto nel 2008 per iniziativa di alcuni docenti, tra cui Filippo Rucci, Giovanni Procacci, Cecilia Petta, Laura Vitale e Lucia Achille, accomunati dall’impegno civico e dalla forte passione per la politica, l’istituzione ha festeggiato i suoi primi dieci anni.

L’anniversario è stato l’occasione per un bilancio pubblico dell’attività svolta e per una verifica delle ragioni ideali alla base della propria azione, a cominciare dalla riscoperta del pensiero di alcuni maestri, in primis il bitontino Giovanni Modugno, il cui insegnamento ha ispirato la nascita stessa di “Città dell’Uomo”. Noto pedagogista e docente, Modugno fu vicino al Partito socialista e, nei primi anni Venti, strinse con Gaetano Salvemini un sodalizio che durò tutta la vita. Durante il fascismo, denunciati con coraggio gli orrori della dittatura mussoliniana, rifiutò persino la nomina di provveditore agli studi e continuò a perseverare nella sua opera di pedagogista.

Il suo attento sguardo alla carta costituzionale fu profetico, se si pensa che già nei primi anni Cinquanta, un altro grande politico e padre costituente, il giurista Piero Calamandrei, vedeva insinuarsi, nell’animo degli italiani, un duplice sentimento di intorpidimento politico unito a un progressivo svilimento dello spirito patriottico che aveva animato la lotta di Resistenza contro i nazifascisti. Più volte lo statista fiorentino, nei suoi scritti, prese a interrogarsi sull’importanza che la costituzione riveste per la vita del cittadino, al quale sono assegnati diritti e dei doveri da adempiere.

Tuttavia quello che, un tempo, sembrava essere un sentire comune pare oggi cedere il posto allo scetticismo. La costituzione è figlia del passato, una mera espressione di tecnica del diritto, del tutto lontana dalla realtà quotidiana. Questo lo slogan che, da più parti, sentiamo ripetere, a latitudini varie dai mezzi di informazione. Chi proferisce queste parole dimentica che quel documento, frutto del compromesso fra le idee del comunismo e i valori del cattolicesimo, in nome dei quali era stata abbattuta la dittatura fascista, fu scritto con la lungimiranza di chi aveva sofferto la tragedia della guerra.

Del medesimo avviso sono gli organizzatori della scuola di formazione politica. “L’attualità del testo costituzionale è un tema largamente dibattuto, anche se troppo spesso si è inclini a considerare l’aggettivo inattuale, riferito alla Costituzione, come sinonimo di superato”, ha affermato il presidente Filippo Rucci. “Laddove pensiamo si debba ricominciare a discutere

di inattualità nel senso di una non ancora effettiva attuazione dei principi costituzionali”, ha chiarito. Diversamente da altri ordinamenti giuridici, la costituzione italiana non è un regolamento statico che tratta gli individui come meri “osservanti” passivi, bensì è stata plasmata allo scopo di suscitare nuove energie e creare coscienze attive, soprattutto nei giovani.

Il messaggio pedagogico di Modugno invita ad accomiatarsi dal rigido prescrittivismo dottrinale e costituisce, semmai, uno sprone anzitutto per le nuove generazioni a partecipare attivamente alla vita cittadina, ma anche per gli educatori, affinché, “non si astengano dal fare una savia opera di bonifica civile, destando nell’animo degli alunni il proposito di fare miglior uso della libertà politica”. La libertà di manifestare il proprio pensiero e la libertà di coscienza, diritti riconosciuti nel nostro ordinamento costituzionale, costituiscono, per l’appunto, il perno attorno al quale ha ruotato la decennale attività di “Città dell’Uomo”.

La scuola, “apartitica” ma non certo “apolitica”, intende educare i giovani all’impegno sociale e politico sulla base dei valori fondanti della costituzione. In tempi sempre più aridi e intorpiditi dalla noncuranza e dal disinteresse per le sorti comuni, l’attività formativa di “Città dell’Uomo” s’impone come necessità ineludibile per orientare i giovani nella comprensione della multiforme realtà del mondo contemporaneo, rendendoli protagonisti  di un cambiamento concreto, nel segno degli stessi principi costituzionali.

La peculiarità del programma di incontri presentato da Città dell’Uomo per il biennio 2018/19 è che gli studenti, provenienti da vari licei cittadini, grazie all’ausilio dei propri docenti, potranno interloquire direttamente con personalità chiave del mondo politico e intellettuale del panorama nazionale, esprimendo il loro parere sulle tematiche che saranno oggetto del percorso: dalla crisi della democrazia alle nuove forme di partecipazione all’informazione, dall’analisi della carta costituzionale ad alcune figure storiche di assoluto rilievo per la storia bitontina, come Vincenzo Rogadeo.

Quale bussola migliore per orientarsi nella tempesta delle grandi e sempre più rapide trasformazioni che stanno investendo la nostra contemporaneità, che non la conoscenza approfondita e meditata della carta costituzionale? Solo pensando quest’ultima come una mappa di valori condivisi, capaci di forgiare l’identità culturale e civile di un popolo, la politica potrà riconquistare un ruolo nella formazione della coscienza nazionale.

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Quaderni di Intercultura Anno XI/2019

GIOVANNI MODUGNO, MAESTRO DI VITA E DI EDUCAZIONE

Franca Pesare (Ricercatrice di Storia della pedagogia presso Università degli Studi di Bari).

 

La pedagogia di Giovanni Modugno è la più politica di quelle elaborate in Italia nella prima metà del Novecento ed è sempre stata coerente ai principi basilari della democrazia. Ma il Modugno fu qualcosa in più. Apostolo instancabile nell’educazione, nella sua commovente fedeltà ai giovani, egli fu uno di quei rari uomini la cui vita è, per così dire, eccedente rispetto a quanto egli affidò di sé alla carta stampata. Di fronte alla “crisi dell’anima contemporanea” e all’urgente necessità di rigenerare l’uomo e rifondare la società, ogni speranza, per il pedagogista pugliese, può essere riposta solo nell’educazione e nell’educatore. Il “nucleo fondamentale” del metodo educativo proposto da Modugno per l’educazione integrale della persona umana e, in particolare, dei suoi giovani allievi, futuri maestri, può essere considerato una felice sintesi tra morale e vita, vita e morale, tra religione e vita, vita e religione.

L’impegno di Giovanni Modugno (Bitonto, 21 febbraio 1880 – Bari, 18 marzo 1957),  pedagogista e figura militante nel mondo della scuola, da sempre ha catalizzato l’attenzione degli storici dell’educazioni.

Del Modugno, infatti, si sono interessati intorno agli anni Sessanta M. Perrini1, M. Spinelli Modugno, G. Santomauro e, più di recente, Vittoriano Caporale che, tra gli anni Novanta e il primo decennio del Duemila, gli dedica diverse monografie e vari articoli.

Franco Cambi, inoltre, ne delinea un interessante profilo che pubblica nel “Dizionario Biografico degli Italiani” della Treccani.

Al Modugno presta attenzione anche Fulvio De Giorgi il quale, interessandosi dell’attività dell’Editrice la Scuola nel periodo fascista, rintraccia due lettere inedite del maestro pugliese indirizzate negli anni Trenta a Marco Agosti e a Vittorino Chizzolini.

Il percorso di Giovanni Modugno, la sua alacre attività, le sue idee in ambito pedagogico e le interessanti relazioni con gli intellettuali nella prima metà del Novecento, inducono a pensare che sia opportuna una rilettura dei suoi scritti e delle fonti che documentano la sua vivace esistenza dedicata prevalentemente ad arricchire la riflessione educativa.

Il mondo di Modugno, sin dai suoi anni giovanili, ruota attorno alla scuola.

Prima docente di Scienze naturali a Corato, poi direttore del Ginnasio magistrale a Barletta e, in seguito, dal 1920, dell’Istituto magistrale di Bari, studioso di problemi pedagogici e collaboratore di diverse riviste l’interesse di Modugno per la scuola è insieme educativo e politico; è attento alla situazione in cui versa il Mezzogiorno, alla critica situazione economica e sociale della Puglia, all’emergenza educativa dovuta anche all’alta percentuale di analfabetismo. Problema che si ripercuote, per forza di cose, sulla partecipazione politica, scarsissima nelle diverse tornate elettorali che si svolgono nei primi decenni del Novecento in molte città pugliesi.

Modugno coniuga la vita scolastica con l’impegno nella lotta politica, militando attivamente nel partito socialista bitontino, sensibilizzando all’annoso problema della frequenza scolastica degli operai e dei contadini sia i suoi giovani studenti sia i suoi colleghi e scrivendo vivaci articoli di polemica nei confronti degli esponenti del potere locale nei giornali cittadini nei quali denuncia la facile manipolazione della popolazione ignorante da parte di personaggi “egoisti” e “senza scrupoli”. La sua denunzia è diretta a coloro che, non avendo alcuna intenzione di rinunciare ai privilegi conquistati con mezzi subdoli, approfittarono del disinteresse manifestato dalla maggioranza nei confronti della gestione della “cosa pubblica” per rafforzare ulteriormente il potere politico.

  1. Modugno e la sua lotta per la scuola

Convinto sempre di più che la partecipazione attiva e responsabile alla vita civile e democratica della comunità, nel passato come nel presente, sia direttamente proporzionale al livello di alfabetizzazione strumentale ed alla qualità della cultura scolastica in possesso di ogni persona, Giovanni Modugno si avvicina, insieme ad altri  professionisti e educatori, al “popolo alla scuola”, sempre più allarmato dal grandissimo numero di analfabeti fra i contadini e gli operai bitontini. Il suo intento è quello di responsabilizzare il maggior numero possibile di cittadini, sollecitando la coscienza dei diritti e dei doveri.

Insieme all’incremento del numero delle scuole e al miglioramento della metodologia e della didattica, il pedagogista bitontino auspica il superamento di ogni forma di monopolio e di accentramento attraverso una politica scolastica che favorisca il decentramento e l’aumento quantitativo e qualitativo della offerta formativa e professionale. E ciò anche a partire da una maggiore libertà d’azione da affidare a tutti coloro che della scuola sono responsabili. Scrive, a questo proposito, nel 1918, nella Riforma interiore e ordinamento della scuola secondaria:

Per dare dunque alla scuola l’anima che ora le manca è pur necessario dare ai provveditori, ai capi di istituto, agli insegnanti maggiore responsabilità; è necessario non spegnere, ma destare, segnalare, premiare, se occorre, l’iniziativa personale; è necessario far sì che gli insegnanti e capi d’istituto si sentano creatori di quel complesso edificio didattico, ch’è la loro scuola, a cui vorremmo così imprimere una speciale fisionomia nell’opera importantissima di adattare le disposizioni generali ai bisogni locali”.

L’attenzione del Modugno, più in generale, è rivolta alla società che, a causa di un degrado di vecchia data, come ha sottolineato Cincinnati, stenta ad evolversi «a causa della disoccupazione e della grande miseria, largamente diffuse nel Sud d’Italia. In moltissime abitazioni dei contadini e degli operai mancava sia l’acqua corrente che i servizi igienici. E le malattie sociali, soprattutto il tracoma, la scabbia e la pediculosi erano molto frequenti tra i bambini, che frequentavano la scuola elementare».

La maggior parte della popolazione, anche a causa di questo stato di cose, offre al regime fascista una larga adesione, animata dalla speranza che il nuovo governo possa finalmente risolvere i gravi problemi sociali ed economici che da tempo ritardavano lo sviluppo delle comunità.

Un’adesione dalla quale si distanzia il Modugno, persuaso nel mantenere vivo tra i giovani il culto per i valori della democrazia e, come lui, altre figure della scuola pugliese, come quella di Giuseppe Caiati, insegnante in una scuola elementare di Bitonto il quale, nella Relazione finale dell’anno scolastico 1927-1928, denuncia apertamente «l’indolenza o l’incapacità delle classi dirigenti, che, mentre si abbandonano alle volte a spese non strettamente necessarie, non sanno trovare un soldo per l’acquisto di una modesta catinella nella scuola»

Modugno è interiormente libero, come si evince dai suoi scritti e, in particolare, dalle sue pubblicazioni, tra le quali, emblematiche sono quelle sul pedagogista tedesco Forster. In una lettera del 5 novembre 1929, infatti, a Mario Casotti, confessa il suo forte 9 G. Modugno, Riforma interiore e ordinamento della scuola secondaria, in Supplemento all’Istruzione Media, ottobre 1918, in G. Modugno (1945), Problemi della scuola italiana, La Scuola, Brescia, pp. 122-123.

Dopo avere descritto le molteplici affinità e analogie tra le vicende della sua vita e quelle del Forster, preannuncia di avvertire «il dovere» di scrivere sul «suo pensiero religioso, etico e pedagogico» con la sincera speranza di «fare un po’ di bene». Dovere che si concretizza nello scritto, pubblicato nel 1931, intitolato F. W. Forster e la crisi dell’anima contemporanea, nel quale Modugno scrive esplicitamente, con apprezzabile coraggio che il suo intento è quello di far sì che «l’anima contemporanea possa liberarsi da questo tragico disorientamento e pienamente soddisfare le esigenze, a cui le odierne unilaterali visioni della vita invano cercano di rispondere».

 

  1. Per un socialismo del cuore e della mente

Giovanni Modugno sceglie da giovane di essere socialista, quando il socialismo è un ideale di sacrificio. Come sostiene Vittoriano Caporale15, il suo è un socialismo del “cuore” e non della “mente”: esso non rivela uno spessore teorico, ma si manifesta come una forma di “populismo” nel senso più nobile dell’espressione.

L’insegnamento, iniziato con successo già da studente universitario, per mantenersi agli studi, e proseguito poi con appassionata dedizione, come detto, nelle scuole pubbliche di Corato, Barletta e Bari, dà a Modugno la consapevolezza della sua vocazione profonda. La sua è scuola di onestà intellettuale e di risveglio delle coscienze.

Per Modugno la questione sociale è anche, e non in via secondaria, un problema di educazione della persona; la scuola è centrale, è indispensabile per documentarsi, per acquisire un senso critico, per ragionare, per prendere possesso delle proprie capacità e poi esercitarle al più alto grado. Il compito più urgente della scuola, di conseguenza, per il Modugno, è quello di innalzare il popolo alla consapevolezza della sua dignità morale attraverso una tensione continua volta a trascendere la coscienza di classe in una visione etica superiore alle classi, perché avente valore assoluto e universale, e senza cedere mai alla tentazione della violenza e al mito della dittatura liberatrice.

Queste riflessioni del Modugno si esplicitano ulteriormente durante il conflitto, nel 1917, quando, vivamente sollecitato da Giuseppe Lombardo Radice, dà alle stampe Il programma scolastico della nuova democrazia. Le tesi di quest’opera possono essere così riassunte: la scuola a tutti; la scuola materna, primo gradino della formazione umana, in ogni comune d’Italia; una scuola che si prolunghi per tutti oltre le elementari e che privilegi con la formazione civica e professionale l’iniziazione all’umano, cioè alla vita dello spirito che è fatta di poesia e di pensiero, di tolleranza, di fraternità, di gentilezza d’animo, di devozione a una causa superiore all’utile dei singoli e dei clan.

Dopo la cosiddetta normalizzazione, promessa dal fascismo, tra la marcia su Roma del 1922 e le elezioni dell’aprile 1924, l’assassinio di Matteotti e l’instaurazione della dittatura fascista, Modugno moltiplica i suoi interventi nelle riviste pedagogiche, accentua il suo ruolo di educatore di maestri e di professori, difende e suggerisce sul piano dell’ordinamento disciplinare il metodo dell’autogoverno, sviluppando appassionatamente la metodologia e la didattica dell’educazione morale.

In questi anni pubblica Il problema morale e l’educazione morale; d’intesa con Lombardo Radice, che nel 1930 propone al Nostro di succedergli alla direzione della rivista “Scuola Nazionale”, Modugno si adopera a contrastare così, senza rumore, i propositi del partito al potere di fascistizzazione radicale della scuola.

In campo filosofico il problema della fondazione della dignità dell’uomo di fronte alla minaccia e al veleno del bipolarismo totalitario fa toccare con mano al Modugno i limiti negativi di ogni concezione storicistica. Il suo orizzonte mentale diventa sempre più quello del realismo spiritualistico. Il cristianesimo viene da lui concepito come il fondamento della legge morale, la soluzione delle antinomie della vita e la proposta educativa più necessaria all’anima contemporanea. Poiché la verità è inclusiva e non esclusiva, egli cerca di cogliere tenacemente i motivi di convergenza reale tra le parti in dialogo, ma senza confusione e senza ibridismi tattici: vede, in particolare, un terreno concreto di incontro tra educatori di diverso orientamento nella formazione del carattere morale e nel compito storico della scuola italiana di educare ai valori universalmente umani della democrazia.

Dall’autunno del 1943, finalmente in clima di libertà, il Modugno si impegna con tutte le forze ad educare alla democrazia come forma di convivenza e ideale etico-politico, a mostrare agli educatori il disumanesimo dei tre pilastri del totalitarismo e ad insegnare l’arte del dialogo e della integrazione dei veri. Egli è per molti una presenza stimolatrice e un testimone dell’umanesimo cristiano, contro ogni miopia conservatrice così come contro i guasti del clericalismo e le perversioni del totalitarismo.

Intensi in questi anni sono gli incontri e gli scambi di idee con intellettuali di grande spessore come Gaetano Salvemini, Don Primo Mazzolari, Guido Miglioli, Adriano Olivetti, Aldo Moro e i pedagogisti Nicola Petruzzellis, Vittorino Chizzolini, Giovanni Calò e Aldo Agazzi.

Contributi seri e meditati ai problemi spirituali ed educativi della nascente democrazia italiana e alla formazione dei maestri sono le sue ultime opere ossia Problemi della scuola italiana, pubblicato nel 1945, e La preparazione degli educatori, nel 1950.

 

  1. Rileggendo il maestro attraverso le sue Lettere.

Per cogliere gli elementi essenziali della dottrina pedagogica di Giovanni Modugno, fonti di grande rilevanza sono le sue lettere alcune delle quali pubblicate dalla moglie, Maria Spinelli, altre riproposte in opere promosse dall’associazione Prof. Giovanni Modugno ed altre ancora inedite, custodite negli archivi storici, dalle quali emerge, tra l’altro, nella complessiva corrispondenza, anche la grave situazione in cui versa il nostro Paese nei primi decenni del Novecento. È una nazione che, nel giudizio degli interlocutori di Modugno, è gravemente compromessa non solo dal punto di vista più propriamente politico, quanto da quello morale. Gli scrive da Ancona, ad esempio, nell’ottobre del 1919, a guerra da poco conclusa, il collega Rinaldi, denunciando lo stato di grave degrado morale: La guerra, dunque, ha sboccato nel malgoverno. Malgoverno prima, malgoverno dopo la guerra. Noi, democratici per davvero, siamo costretti ora, in questa congiuntura, a volgere gli occhi verso Antonio Salandra,

La guerra non solo non ha portato a una svolta positiva per la soluzione dei problemi del Paese, ma li ha aggravati. La risposta più urgente a questa situazione appare quella educativa.

Modugno e i suoi corrispondenti, uomini di scuola militanti, amanti dell’Italia e della democrazia, ritengono, già negli anni della guerra, che la cosa migliore da fare sia dedicarsi alla scuola e alla riforma scolastica, soprattutto della scuola primaria.

Il Nostro, apertamente schierato contro la guerra, autore di un opuscoletto dal titolo Il concetto della guerra giusta, partecipa alle sofferenze e alle fatiche di chi si trova al fronte e lo fa così come può farlo un uomo di scuola, ossia aprendo un altro “fronte”, quello educativo.

La sua corrispondenza è testimonianza concreta di questo “fronte”; Modugno scrive vivacemente, scambia con i colleghi titoli di libri e di riviste a cui abbonarsi, formula giudizi, offre consigli, e dalla Puglia partecipa attivamente ad una “rete” estesa a tutta l’Italia, dalla Lucania, di Giustino Fortunato, al Piemonte del direttore Richard, alle Marche di Rainaldi.

In questa ricchezza di scambi, Modugno è senz’altro protagonista. Una sua relazione, ad esempio, molto apprezzata, è fatta circolare dai colleghi fuori dalla Puglia; i suoi suggerimenti circa gli abbonamenti a riviste e periodici sono accolti, i suoi libri adottati. Nelle lettere i temi più toccanti riguardano prevalentemente l’educazione e la politica; la cultura classica e le discipline concrete; la scuola e la democrazia; gli stipendi, il materiale didattico, la questione finanziaria; il problema dell’educazione degli educatori; la scuola di stato e la scuola privata; l’avocazione della scuola primaria allo Stato; gli asili e le biblioteche popolari; la poesia e scuola; il problema morale nei classici di filosofia e molto altro ancora.

Uno dei temi centrali è, poi, quello dell’educazione integrale della persona, già dalla scuola elementare, anzi dall’asilo. E questi temi lo portano a considerare con acuta intelligenza anche il lavoro dei suoi contemporanei. Come si evince da una lettera che nel 1914 scrive a Giustino Fortunato22, ad esempio, Modugno fa leggere ai suoi alunni il discorso pronunciato dall’illustre meridionalista alla Camera nella discussione del disegno di legge sul Commissariato civile per la Sicilia, nella certezza che «domani dalla profonda fede che si sprigiona da quel discorso saranno illuminati e riscaldati i miei alunni, gli educatori di domani».

L’uomo deve essere educato allo Stato non per “statolatria”, ma perché l’educazione della persona deve avere come fine il “bene comune”, senza discriminazioni o divisioni particolaristiche. È questo il motivo per cui Modugno privilegia la scuola di stato, pur senza far la guerra a quelle private, nella consapevolezza, però, che uno dei principali problemi da risolvere resta quello dei finanziamenti.

il problema principe è l’argent! Per fare i fautori delle coscienze occorrono mezzi per attirare il migliore elemento umano a servizio della formazione delle coscienze. Contro il programma non si oppone nemmeno il farabutto trionfante, e nemmeno gli organi della legislazione. La lotta deve convergere su questo punto: esaminare le possibilità finanziarie dello Stato, le spese ecc. e indicare le possibili sorgenti dei milioni che occorrono per la scuola. Ho nominato l’argent, vi hai accennato anche tu. Ma il tuo idealismo, quasi hegeliano, non consente alla tesi. Se Aristotele e Tommaso avessero mangiato solo la polenta, né l’uno né l’altro sarebbero stati Aristotele e Tommaso. Certo,

se la maggioranza si sentisse l’eroismo di fare i confessori della scuola, a onta del disagio ecc., meglio sarebbe, ma uno fu Francesco di Sales.

Il problema dei finanziamenti ricade principalmente sui maestri da sempre malpagati. Rinaldi sa già che Modugno aggrotta le ciglia, che il suo idealismo hegeliano guarda all’insegnante come a uno che ha una missione senza prezzo, fino all’eroismo. Ma non tutti sono san Francesco di Sales. Modugno fa bene ad avere le sue idee; la questione è un’altra, ed è una questione di grande attualità, oggi che si tagliano le spese proprio per la scuola e l’università: è da come si finanzia l’istruzione che si vede la preoccupazione educativa, politica e morale di uno Stato.

Sono gli anni in cui si prepara e si attua la riforma Gentile, anni in cui si definiscono corsi e programmi di stato. E si discute allora anche del tipo di formazione da proporre nelle magistrali, una cultura umanistica, ma anche attenta al concreto: un po’ di latino, niente greco, ma anche lavoro manuale e disegno, per una formazione integrale; sono gli anni della guerra e del dopoguerra: alla formazione culturale vanno unite anche delle abilità tecnico-lavorative.

I libri che Modugno pubblica e diffonde in questi anni affrontano i sopraddetti problemi, propongono soluzioni possibili e sono molto apprezzati dagli operatori del settore.

La preoccupazione e l’impegno di Modugno e dei suoi amici per la scuola e l’opera educativa vanno di pari passo con l’impegno politico.

Di fronte a “politici poco intelligenti”, a “lentezze politiche e burocratiche”, alla “morale del sangue dei tedescacci”, alla sostanziale mancanza di democrazia, una più accorta parte degli intellettuali presta attenzione al meridionalismo di Giustino Fortunato e s’impegna per appoggiare, anche economicamente, candidature alla Camera come quella del socialista Gaetano Salvemini; lavora anche perché posti di responsabilità, come quello di presidente dei Direttori dei Corsi Magistrali, siano occupati da uomini come Giovanni Modugno.

La concezione che Modugno ha dell’educazione può essere collocata a pieno titolo nell’alveo della tradizione personalistico-cristiana, della quale egli può considerarsi uno dei rappresentanti più originali.

Come i maggiori pedagogisti personalisti, da Lucien Laberthonnière a Guglielmo Foerster, a Jacques Maritain, egli è convinto che educare consiste essenzialmente nell’educere, nel suo etimo “trarre fuori”, e che il compito dell’educatore è quello di promuovere i “germi” che ogni persona, nascendo, porta con sé sul piano della corporeità, dell’intelligenza, della volontà, della socialità e della religiosità, le cinque dimensioni che strutturano ontologicamente la “persona umana”.

Lo sviluppo del soggetto umano, scrive Modugno nel 1919, non può considerarsi se non come processo autogenetico, che si compie mediante la esplicazione delle sue “autonome attività” e l’educazione “consapevole e sistematica” non può consistere se non nel sollecitare “tutte le attività del soggetto in maniera armonica e progressiva” per potenziare i cinque aspetti della sua personalità.

Pertanto, il fine primario dell’educazione, che ingloba tutti gli altri fini, è per Modugno la perfezione personale, la crescita “integrale”, la piena formazione umana dei giovani. Va, tuttavia, evidenziato che, pur essendo l’educazione un processo unitario e armonico, che coinvolge “integralmente” il soggetto educando, Modugno riserva molta importanza all’educazione morale e all’educazione religiosa.

L’educazione morale è per Modugno essenzialmente educazione della volontà ed è strettamente legata al concetto di fedeltà, che consiste nella capacità di essere fedele a una causa superiore alla propria individualità e di vedere nella vita “un senso e un fine”. Per educare moralmente la volontà, dunque, occorre sensibilizzare la coscienza dell’educando alle “cause superiori”, ossia ai valori perenni dello spirito di verità, di libertà, di giustizia, di amore e di pace, che alimentando ogni suo atto volitivo; ma per essere fedele, egli deve essere “forte, temperante, prudente, giusto” ed aiutare gli altri “ad essere a sua volta fedeli [e a] praticare la carità nella forma migliore e più profonda.

Il nucleo fondamentale del metodo educativo proposto da Modugno per l’educazione integrale della persona umana e, in particolare, dei suoi giovani allievi, futuri maestri, può essere considerato una felice sintesi tra morale e vita, vita e morale, tra religione e vita, vita e religione.

Nella sua nota sull’autoeducazione dei futuri maestri afferma che il tirocinio più importante nella formazione dei futuri maestri è quello dell’autoeducazione, nel quale ognuno può esercitarsi in tutte le ore della giornata e per tutta la vita.

Di fronte alla “crisi dell’anima contemporanea” del suo tempo e all’urgente necessità di rigenerare l’uomo e riformare e rifondare la società, ogni speranza per Modugno può essere riposta solo nell’educazione e nell’educatore, nel maestro. Questa speranza, però, può essere avvalorata e garantita a patto che la morale e la religione siano poste a fondamento dell’intero processo educativo, perché se è vero, come è vero, che al di fuori dell’educazione non c’è salvezza, senza l’educazione morale e religiosa orientata dalla “Parola” del Vangelo, la luce dello spirito si spegne nel mondo opaco degli uomini e delle cose.

Per concludere, è doveroso riportare quanto asserisce il suo prediletto alunno e discepolo, Matteo Perrini, che ha curato, fra l’altro, la voce Giovanni Modugno, nell’Enciclopedia pedagogica:

La pedagogia di Modugno è la più politica di quelle elaborate in Italia nella prima metà del Novecento ed è sempre stata coerente ai principi basilari della democrazia.

Ma il Modugno fu qualcosa di più. Apostolo instancabile nell’educazione, nella sua commovente fedeltà ai giovani, egli fu uno di quei rari uomini la cui vita è, per così dire, eccedente rispetto a quanto egli affidò di sé alla carta stampata. Egli appartiene alla cerchia di quegli spiriti, dei quali il primo è Socrate.

 

Le Lettere di Giovanni Modugno, agli amici e ai discepoli, sono un materiale di straordinaria importanza per la comprensione della vita dell’autore e della storia civile, politica e religiosa del Mezzogiorno durante la prima metà del Novecento. Si tratta di fonti che ancora oggi ci consegnano messaggi importanti per riflettere sul nostro tempo e su quello futuro. La lettera di Modugno all’amico fraterno Caiati, in un momento di scoraggiamento, di ricerca della propria identità nel primo impatto con la realtà scolastica, ad esempio, rappresenta una straordinaria testimonianza e guida per l’attuale generazione di maestri e di quanti intraprendono un percorso di formazione delle giovani generazioni.

Scrive Giovanni Modugno all’amico il 1° dicembre 1901:

Cerca soprattutto di innamorati della scuola, questo è il consiglio migliore che posso darti, ama i tuoi bimbi, abbi per loro le cure d’un padre; pensa che in tutto il villaggio tu hai l’ufficio più bello, più utile, più delicato; ricordati che la parola missione non è solo una trovata retorica, come alcuni vogliono sostenere! No, perdio! Se nella nostra vita non avessimo sacri doveri da compiere, se ognuno di noi non avesse una missione (la ripeto volentieri la calunniata parola), se dovessimo essere tutti dei mestieranti, oh! Sta sicuro che saremmo dei disgraziati, e non varrebbe davvero la pena di vivere!

Amala con entusiasmo la tua scuola, Peppino: verrà il tempo in cui penserai a questo tempo come il più bello e il più utile della tua vita! Ed ora rientra nella scuola; io ti stringo la mano raccomandandoti coraggio.

(Lettera autografata di G. Modugno conservata nell’Archivio del “Centro di Ricerche di Storia ed Arte Bitontina”.)

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